Archivio annuale 2020

27 Aprile 2020 – Quattordicesima puntata: “Una seconda opportunità” di Araldo Gennaro Caparco

“Le storie sono magiche. La nostra capacità di essere umani è raccontare storie. Le storie uniscono le persone e ti rendi conto che anche gli altri hanno le tue stesse paure, hanno i tuoi stessi sogni. Le storie creano empatia e danno una “ragione di esistere”

.-.-.-.-.-.-.-.–.-.-

27 Aprile 2020…

Quattordicesima puntata: “Una seconda opportunità”.

…un mio nuovo “romanzo spontaneo sgrammaticato” in diretta web ogni settimana, cinque pagine da condividere con voi!!

Prossima puntata il 4 maggio 2020.

Araldo Gennaro Caparco
.-.-.-.-.-.-.–.-.-.
…festeggiamenti, avevano una certa età e si vergognavano, conoscevano tutto quello che mi era accaduto negli ultimi mesi e solo la settimana prima Rosa
“Deciditi, non puoi continuare così, ti ammalerai”
Ed ora eccomi qui!
Entrai nella trattoria
– Padron Rino!
Mi girai stupito, guardai meglio, era Liam
– Liam!
Il nostro abbraccio fu spontaneo e violento al tempo stesso, non riuscimmo a parlare nessuno dei due
– Allora!
Ci girammo, era Rosa sorridente, aveva però gli occhi lucidi, mi rifugiai tra le sue braccia e lei in un orecchio
– Bentornato, vieni.
Salutai Liam e per mano ci avviammo verso la cucina, incurante degli sguardi dei clienti curiosi, ai fornelli c’era Nino
– Guarda qui chi è arrivato?
Era Nino, lo riconoscevo anche di spalle per la sua stazza, buffo con quel cappello rovesciato sulla testa, si all’incontrario, si girò con una frusta in mano, stava sbattendo delle uova, mi vide, la frusta saltò dalla mano rovinando sulla cucina e spargendo lembi di uovo dovunque
– Dio santo, allora è vero!
E in un attimo ci ritrovammo abbracciati tutti e tre e forse per la prima volta mi sentii sereno, anche la stanchezza era passata, ma Rosa, dopo che avevo rifiutato di mangiare qualcosa, mi fece accompagnare da Nino nella stanza di sopra, in quel momento realizzai che mi stavano aspettando, tutto era in ordine e su un tavolino, c’era un termos e dei pasticcini, tant’è che rivolto a Nino
– Ma…
Sorrise
– Domani Rino, domani, ora riposa!
E se ne andò!
Dormii come un sasso, fui svegliato dal trillo di un messaggio sul cellulare, lo presi al volo e una lacrima scese senza far rumore, sulla mia posta certificata era arrivata una notifica di una denuncia di diffida per l’episodio davanti la mia ex casa e di seguito una convocazione a trenta giorni al Tribunale della Sacra Rota per l’inizio della procedura per l’annullamento del matrimonio, non era possibile, mi sembrava di impazzire, ero stato proprio io a chiedere che si facesse la doppia funzione, civile e religiosa e Nina era d’accordo, e ora?
Non era bastato il divorzio civile, anche l’annullamento, ma perché?
Iniziai a singhiozzare piano, poi sempre più forte, presi un cuscino e tamponai la bocca per poter urlare senza essere sentito da nessuno, avrei perso tutto, anche mia figlia!
Alla fine, cercai di ricompormi e scesi giù in sala, guardai l’ora, era quasi mezzogiorno, tutti erano impegnati a preparare il servizio per il pranzo, ma quando Rosa mi vide
– Madonna santa, sei bianco come un cencio, Nino vieni adesso!
Mi trascinò verso un tavolo al lato opposto dalla cucina, Nino arrivò affannato, ma il fiato si fermò non appena mi vide
– Che ti è successo?…
Raccontai tutto, feci vedere il messaggio e poi li misi al corrente delle ultime notizie, erano a bocca aperta e Rosa ogni tanto cercava di tranquillizzarmi con la sua mano sulla spalla, ero arrabbiato, deluso, frastornato, oramai sconfitto.
Rosa e Nino, nei giorni successivi, avevano cercato in ogni modo di tranquillizzarmi, lei mi offrì un posto di lavoro in cucina, ma non volli accettare, cercai di mettermi in contatto con Nina, ma non rispondeva alle mie chiamate o per meglio dire il suo numero di cellulare e quello di casa, non erano più attivi, chiamai Didier, più volte, lasciai un messaggio sulla segreteria, ma non ebbi risposta, mi allontanai dalla trattoria, non perché mi dava fastidio, Nino e Rosa si comportavano come dei genitori per me, ma avevo bisogno di stare da solo, trovai un monolocale al lato opposto della città, per dieci giorni provai e riprovai, chiamando anche al ristorante dove ero stato il direttore, ma la risposta fu sempre la stessa
“Non sappiamo nulla, il proprietario è in viaggio con la famiglia.”
Prima di andar via Nino mi chiese se avesse potuto fare qualcosa per me, e io
– Trovami un lavoro!
Rosa
– Ma tu puoi rimanere qui, un lavoro c’è per te lo sai!
L’abbracciai
– No Rosa, non ci riesco oggi, forse un domani, ma oggi no, grazie.
Tramite Nino diedi l’incarico ad un avvocato di patrocinarmi alla Sacra Rota, solo per accettare l’incarico versai cinquemila euro, per fortuna avevo ancora da parte i soldi dell’assicurazione del camper e del food truck, senza mi sarei visto perso, per ora stavo utilizzando i risparmi che avevo sul conto corrente a Marsiglia, frutto del lavoro come direttore del ristorante, accarezzai l’idea di recarmi di persona a casa, ma il viaggio per Marsiglia sarebbe costato e quindi dovetti desistere, poi un giorno
– Pronto.
– Rino sei tu?
Era Didier riconobbi la voce, non riuscivo a parlare
– Rino?
Ispirai tanto fiato da gonfiare un pallone
– Si, finalmente!
– Come stai?
Non risposi
– Scusami se non ci siamo sentiti prima, ma solo oggi ho potuto chiamarti…
– Perché?
Silenzio
– Didier, perché? Ho chiamato Nina, l’ho chiamata a casa, sul cellulare, ho chiamato te e nessuno rispondeva, perché? Come sta mia figlia, lo sai che tra dieci giorni devo presentarmi per la causa di annullamento del matrimonio davanti ai giudici della Sacra Rota? Ma cosa sta succedendo, perché tanto accanimento? Non bastava il divorzio?
Sentivo solo il respiro lievemente affannato
– Parla, ti prego!
Solo allora
– Denis.
Stupito
– Cosa Denis?
– Ha fatto tutto lui e se potesse farebbe in modo di mandarti in galera pur di non vederti più…
Urlai
– M perché’ ? Cosa gli ho fatto io?
Non mi rispondeva
– Didier?
– Stamattina è partito per tornare a Marsiglia, noi siamo ancora a Stoccolma, dopo il tuo ultimo gesto a Marsiglia per contattare Nina siamo partiti per una crociera nei Mari del Nord, l’altro ieri siamo arrivati qui e lui aveva già programmato di acquistare un locale per un ristorante e ha coinvolto Nina in questa ricerca, lei ora non è in albergo in giro per vistare dei locali con la tata e Nives con un agente immobiliare…
Lui parlava ma io non lo sentivo, solo quando parò di lei e di Nives
– Come stanno?
– Nives chiede spesso di te tra l’amore della mamma e la disperazione del nonno, Nina spesso è assente, non riesce ancora a credere che tu possa averla tradita, è provata, ma suo padre riesce sempre in qualche modo a tenerla impegnata, più d’una volta mi ha chiesto se fossi a conoscenza di qualcosa su di te, le ho detto quello che sapevo…
Ero contento, stava pensando a me allora
– Lo sa che sono in Italia?
Silenzio
– No!
– Perché non glielo hai detto?
– Non ho avuto la possibilità!
Stava dicendo una bugia lo sentivo
– Didier cosa devo fare?
Sentii un sospiro
– Ecco, questa è la domanda giusta, ascolta mi hai raccontato tutto quello che è successo e se le cose sono andate veramente così, devi dimostrarlo…
Ecco dove voleva arrivare!
– …lo so che è difficile, ma è l’unico modo.
Piangevo in silenzio!
In sede del tribunale Nina nemmeno era presente, c’era solo il suo avvocato per procura, l’avvocato della famiglia, ma venni lo stesso a conoscenza tramite Didier che non aveva avuto modo di vedere le foto, vietate dal padre e la sentenza emessa fu il definitivo tagliarmi fuori dalla famiglia, non ero mai esistito e non avevo il permesso di vedere mia figlia, feci subito opposizione al Tribunale presso la Commissione Europea, entro sessanta giorni avrei ricevuto la risposta, mi sembrava di impazzire, come poteva essere che non ricordavo nulla?
Dopo il consiglio del mio avvocato di non essere presente alla Sacra Rota, caddi in depressione, la sentenza per annullamento fu confermata, l’avvocato mi disse che c’erano delle prove schiaccianti della mia infedeltà chiesi e ottenni, dietro il pagamento degli oneri di norma, notevoli, tra l’altro di ricevere copia delle prove, quando le vidi, 10 fotografie, rimasi senza parole, ritraevano quello che non riuscivo a ricordare e c’eravamo solo noi due, io e Sima, due corpi nudi, ma guardando meglio mi resi conto che su sette fotografie delle dieci, erano false, non ero io, galvanizzato dalla scoperta tentai di mettermi in contatto con Nina, con Didier, ma nulla, i numeri di telefono risultavano liberi o sconosciuto quello di Nina.
Misi al corrente il mio avvocato, ma fu lapidario
“E’ la vostra parola sulla sua, dovete dimostrarlo per poter richiedere il rifacimento del processo!”
Non era possibile che accadesse tutto ciò, non riuscivo a farmene una ragione e più volte tentai di mettermi in contatto con mia figlia, ma inutilmente, ero sull’orlo di fare una sciocchezza, volevo scomparire dalla faccia della terra, suicidarmi forse era l’unica soluzione, avevo perso tutto, cosa mi rimaneva?
Ma la provvidenza non si era dimenticata di me!
Nino riuscì a trovarmi un lavoro, Rosa continuava a pregarmi di lavorare con lei, ma non volli, accettai il lavoro, era a tempo determinato come operatore ecologico per tre mesi, quello che mi spinse ad accettare fu il mio aggrapparmi alla vita e l’amore per mia figlia Nives, dovevo tenermi impegnato e così accettai i turni più faticosi e meno appetibili per gli altri, lavoravo dalle due di notte alle dieci di mattina, riposavo solo due ore per poi andare a cucinare alla mensa dei poveri all’altro lato della città di Parma, preparavo pranzo e cena e servivo ai tavoli quando c’era bisogno, tornavo a casa distrutto, poche ore e ritornavo al lavoro, al Mercato Generale, si proprio quello dove avevo iniziato la mia attività con il food truck.
Nei primi giorni nessuno si accorse di me, poi qualcuno iniziò a farmi domande,
“Sai assomigli molto….”
“Ma tu sei già stato qui…”
Ero imbarazzante, ma dopo qualche perplessità accettai di rispondere alle domande senza entrare in ulteriori particolari, ma evidentemente le mie risposte non avevano esaudito la curiosità di qualcuno dei miei vecchi compagni di mercato, si informarono e mi resi conto dopo qualche giorno che sapevano tutto di me e della mia storia sfortunata, furono gentili con me, mai una parola sul passato, mi “adottarono” senza mai lasciarmi da solo, così dimostrarono il loro affetto nei miei confronti.
Non avevo più notizie da due mesi da Marsiglia, provai a chiamare Didier, ma non rispose, ma il giorno del mio compleanno, venni chiamato nel pomeriggio dal capo turno
– Ho un grosso problema.
– Ditemi?
– Potresti anticipare il turno di stanotte?
– Perché?
Era stato sempre gentile con me, era lui che mi aveva assunto
– C’è stata una manifestazione presso il Pro Consolato inglese in Corso Stati Uniti, ho bisogno di personale per ripulire, ci sono solo due addetti sul luogo, so che oggi è il tuo compleanno, ma….
– Vado!
Era contento
– Grazie, avrai il doppio della paga per questa giornata.
– Grazie…..
.-.-.-.-.-.-.-.
…la prossima puntata il 4 maggio 2020…buona lettura…

 

20 Aprile 2020 – Tredicesima puntata: “Una seconda opportunità” di Araldo Gennaro Caparco

20 Aprile 2020…

Tredicesima puntata: “Una seconda opportunità”.

…un mio nuovo “romanzo spontaneo sgrammaticato” in diretta web ogni settimana, cinque pagine da condividere con voi!!

Prossima puntata il 27 aprile 2020.

Araldo Gennaro Caparco
.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
…quindici contratti per altrettanti matrimoni da eseguire entro la fine dell’anno
Ero su di giri, avevo telefonato a Nina per raccontarle l’andamento, inviato fotografie e quando le avevo detto della chiusura dei nuovi contratti mi passò suo padre
– Hai fatto proprio un bel lavoro figlio mio.
Rimasi di sasso, era la prima volta che mi chiamava così, mi sentii orgoglioso… e per l’ennesima volta sbagliai a credergli, recita un proverbio del mio Paese “Chi nasce tondo, non potrà mai morire quadro”!
Sima era stata efficientissima, sapevo che l’indomani sarebbe dovuta partire per la Thailandia e quindi quando venne a salutare in cucina, non mi meravigliai di nulla
– Ti ringrazio, senza di te questa settimana me la sarei vista di brutto!
Mi guardò interrogativamente, sorrisi, rispose al sorriso
– Senza di te, mi sarei trovato a disagio nel coordinare tante etnie e relativi menu, sei un’interprete fantastica, mi dispiace doverti salutare.
Mi abbracciò, nell’orecchio
– Lo faremo più tardi!
E sparì!
Come un’ebete la vidi scomparire in quella nuvola bianca di vestito svolazzante
– Signore noi andiamo!
Mi girai, erano gli avventisti, aspettavano la paga e questo mi distolse, quando finalmente spensi l’ultima serie di luce, su un ristorante, già ripulito e pronto per la domenica mattina, con i tavoli già preparati, guardai l’orologio, erano le quattro e mezzo, avevo tanta energia positiva, uscii fuori sulla terrazza del locale di fronte al mare e inalai tanta aria per quanto ne potevano contenere i miei polmoni e mi avviai verso l’albergo per il meritato riposo di alcune ore.
Appena entrai nella hall, il portiere di notte
– Signore è atteso nella sala grande.
Era sovrappensiero, continuai per la mia strada verso l’ascensore, mi richiamò
– Signore!
– Dica?
Sorrise, stranamente era uscito dalla sua postazione, mi prese un braccio e strinse
– E’ atteso…
Ero stupito, lo guardai bene, mi rimase impresso un neo piccolo nero sul sopraciglio dell’occhio di sinistra, mi guardai intorno
– Dove?
– Nella sala grande!
Indicandola, aprii la porta e…
…tutto era buio, poi si illuminò, sul palco in fondo c’erano i ballerini indiani che avevano allietato uno dei momenti del matrimonio, una musica dolcissima e martellante, iniziò e con essa loro a muoversi, il ritmo aumentava sempre di più, meravigliato mi accomodai e in quel momento entro in scena Sima, ogni ballo in India racconta una storia, fui affascinato da lei, era con degli abiti che mettevano in evidenza tutto il suo corpo con generosi spacchi laterali che lasciavano intravedere nascondendo, non stava ballando, ma con i gesti e le movenze, la storia raccontava di un Amore che era nato, più d’una volta si avvicinò e potevo sentire il suo profumo, gli occhi penetranti e gli sguardi ammiccanti, ero estasiato.
E fu la mia fine! E che cavolo, mica ero fatto di pietra!
I ballerini scomparvero, l’alba era prossima ad arrivare, vedevo il suo corpo di riflesso, mi prese per mano e dopo poco ci ritrovammo nella mia stanza, opposi una flebile resistenza, quasi impercettibile la sua voce
– Ora ti posso salutare come voglio e desidero io, vuoi?
La mia stanza era una suite all’ultimo piano dell’albergo, era composta di una stanza all’ingresso con due porte per i bagni e poi la stanza da letto, sul tavolino in quella stanza c’erano dei bicchieri e una bottiglia di spumante
– Vengo subito!
Disse stampandomi un bacio sulla bocca, oramai ero rapito e rosso dal desiderio
– Ti aspetto!
E scomparve in bagno per riapparire dopo un poco con i capelli bagnati e completamente nuda, mi portò lo spumante, lo stappai e lei mi diede le spalle conscia di quello che faceva vedere, versò e venne verso di me con i calici dopo aver stampato un bacio sul mio bicchiere, brindammo e non volle spegnere le luci, la sua pelle, il suo profumo invase tutto il mio corpo e…
…fu la mia fine!
Sentivo tuoni in lontananza, strano pensai, aprii gli occhi e non riuscivo a vedere nulla, c’era uno slip sulle mie orecchie e copriva i miei occhi, era rosa, in un attimo cercai di realizzare cosa stesse succedendo, qualcuno alla porta bussava con vigore, mi guardai intorno, tutto era in subbuglio, il reggiseno di Sima era sul mio bicchiere, il suo vestito per terra, il lenzuolo era disseminato dal rosso porpora del rossetto, la testa mi ronzava, vidi l’ora, mezzogiorno, i colpi alla porta aumentarono, cercai di trovare il mio slip ma non lo trovavo, presi la prima cosa che trovai sulla sponda del letto, un telo da doccia
– Vengo, arrivo!
Urlai, aprii la porta, era Nina con suo padre!
E come una tragedia, tutto da quel momento, andò a rotoli!
In pochi giorni, mi ritrovai, senza figlia, senza famiglia, senza lavoro, quello stesso giorno fui buttato letteralmente fuori casa, a nulla valse raccontarle la verità, le dissi che ad un certo punto non mi ricordavo più nulla, le mie ricerche per trovare Sima furono inutili, era partita la mattina stessa per la Thailandia e poi si era dissolta, sparita nel nulla, non volle sentire ragioni, era rabbiosa spalleggiata dal padre, riuscì ad avere in un tempo record anche l’affido esclusivo di Nives e mi era stato permesso di vederla una sola volta al mese con la sua governante per poche ore!
L’unico che mi diede una mano fu Didier di nascosto da Nina, riuscì a trovarmi una sistemazione in un affittacamere in un paesino vicino Marsiglia, i loro avvocati chiesero con urgenza una seduta della magistratura per la sentenza di divorzio e con una velocità impressionante, mentre ero assistito da un avvocato d’ufficio, mi ritrovai divorziato.
Nei mesi successivi, cercai in ogni modo di vedere mia figlia Nives, al di la delle visite programmate, ma vi riuscii solo due volte di sfuggita, mi sembrava di vivere in un incubo, non dormivo, non mangiavo e spesso a piedi facevo quei tre chilometri per arrivare nei pressi del ristorante con l’assurda speranza di poterla vedere, di parlarle, ma più d’una volta mi ritrovai a terra, malmenato da buttafuori del locale, arrivai ad incatenarmi davanti alla villetta dove erano, ma fui allontanato dalla polizia e mi beccai tre denunce per molestie.
Ero diventato l’ombra di me stesso!
Ogni notte rivivevo quel momento, come un film si srotolava nei miei ricordi, la notte prima di andare davanti alla scuola di Nives, dopo aver pianto per l’ennesima volta per tutta la notte, mi svegliai spossato ma deciso a cercare una soluzione, non poteva andare a finire così, volevo la mia famiglia, mia figlia ed ero certo di non aver fatto nulla di male e di essere caduto in una trappola, ne ero convinto, ma dovevo dimostrarlo e non era certo facile.
Fu Nives che mi vide per prima e incurante del grido della tata corse verso di me
– Papà!
Se avessi avuto le ali, in quel momento sarei volato verso il Cielo con lei, ci abbracciammo forte, con la coda dell’occhio vidi arrivare la tata
– Buon primo giorno di scuola piccola mia, papà ti vuole tanto, ma tanto bene!
Mi guardò sorridendo
– Anch’io!
Un attimo dopo era stata presa in braccio dalla tata e fu allontanata da me!
Vederla andar via così senza nemmeno poterla salutare, fu una sferzata che mi colpì profondamente e non so ancora oggi come capitò, ma dopo una corsa folle, mi ritrovai davanti alla mia ex casa, bussai il campanello una decina di volte, sentivo del trambusto al di la della porta, ma nessuno mi apriva
– Nina so, che stai dietro la porta,aprimi….
Nulla
-…ascoltami bene, quello che ti ho raccontato è la pura verità, sono stato raggirato, ma non ce la faccio da solo, ho bisogno di te, ti amo, ho bisogno di mia figlia, il mio grande amore dopo di te e ho deciso di dimostrarti che ho ragione, non so ancora come, ma da questo momento in poi, lavorerò per farlo, non riesco ad odiarti, ti amo troppo, dammi una seconda opportunità!
Nel silenzio irreale di una situazione irreale, i sensi si acuiscono, la sentivo, stava piangendo, il mio primo impulso fu quello di scagliarmi contro quella porta e abbatterla, ma avrei sbagliato un’altra volta, sentii la sirena di un auto della gendarmeria in avvicinamento, qualcuno evidentemente aveva avvertito suo padre della mia presenza lì
– Abbi fede in me!
E mi allontanai velocemente!
Non potevo restare inattivo, non avevo mai perso i contatti con Ines e avevo telefonato ad Alfio spesso, era arrivato il momento di partire da zero, dovevo combattere se volevo raggiungere il mio obbiettivo, quindi mi avviai a piedi verso il garage dove avevo ancora l’attrezzatura acquistata anni prima, quella degli eventi, volevo vedere in che condizioni erano e se potevo utilizzarle ancora, ma con mia somma sorpresa, trovai il garage vuoto, telefonai al proprietario e mi disse che molti mesi prima, erano arrivati dei traslocatori con un ordine firmato da Denis per portare via tutto.
Non avevo più nulla!
Nei giorni successivi, cercai di trovare lavoro nei ristoranti, ma era stata fatta terra bruciata intorno a me, ne ebbi a certezza quando mi avviai verso la pescheria di Alfio, appena mi vide mi venne incontro abbracciandomi, sua figlia Ines non c’era, aspettava un bambino, si era sposata con Andrè e fu lì che venni a sapere che Denis aveva velatamente minacciato chiunque mi avesse offerto un lavoro, lui non aveva paura e mi disse che se volevo potevo restare come dipendente nella sua pescheria
– Ti ringrazio, ma non è il caso.
Meravigliato
– Che farai?
Di getto
– Parto!
– Per dove?
– Torno in Italia!
Era la prima volta in assoluto, mai e poi mai mi sarebbe sfiorata l’idea di tornare a Parma e inconsciamente decisi di farlo, il tempo di arrivare all’affittacamere, raccattare in un borsone le mie cose, telefonai a Didier per avvertirlo, era stato l’unico a darmi una mano, stranamente non disse nulla augurandomi buon viaggio e partii con la mia auto destinazione Parma.
Furono otto ore via Monaco, Genova e poi Parma, terribili, ogni tanto dovevo fermarmi per riprendermi, non dalla stanchezza, ma perché le lacrime mi annebbiavano la vista, arrivai alle prime luci della sera nei pressi della trattoria da Rosa, a fatica uscii dall’auto, avevo tutti i muscoli indolenziti, mai e poi mai mi sarei aspettato di tornare, spesso in quegli anni di lontananza ci eravamo sentiti, sapevo che si erano sposati civilmente, non avevano voluto …

.-.-.–.-.-.-.-.-
…la prossima puntata il 27 aprile 2020…
Buona lettura

13 Aprile 2020 – Dodicesima puntata: “Una seconda opportunità” di Araldo Gennaro Caparco

13 Aprile 2020…

Dodicesima puntata: “Una seconda opportunità”.

…un mio nuovo “romanzo spontaneo sgrammaticato” in diretta web ogni settimana, cinque pagine da condividere con voi!!

Prossima puntata il 20 aprile 2020.

Araldo Gennaro Caparco

.-.-.-.-.–.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
– Votre hôte est également le bienvenu avec M. Didier. (Anche il vostro ospite e gradito con il signor Didier)
Didier tradusse.
Ero meravigliato, Nina mi guardò e sorrise
– Merci d’accord. (Grazie, va bene)
– Nous viendrons vous chercher à dix heures, au revoir et merci. (Verremo a prendervi alle dieci, arrivederci e grazie)
E ripartirono!
Tre anni dopo.
Eccomi qui come un mendicante in attesa dell’elemosina, non sono i soldi che mi interessano, sono fuori la scuola di mia figlia Nives, oggi è il suo primo giorno di scuola all’asilo, sono due mesi che non la vedo, lei e la madre sono andate in vacanza in Inghilterra in estate con Denis suo padre.
Non sono andato a casa stanotte dopo aver lavorato, volevo trovare il posto giusto almeno per vederla e non farmi vedere, perché… ho combinato un casino ed ora mi trovo in queste condizioni.
Le luci dell’alba sono ancora lontane, ho freddo!
Eppure tutto andava a meraviglia o almeno era questo che pensavo, iniziando da quella sera in Corsica, mi ricordo bene dopo la partenza della corvetta
Didier rivolta a Nina
– Hai fatto bene ad accettare, lo sai che non potevi rifiutarti.
Lei
– Lo so! Sono certa che è stato papà ad avvertirli che ero in zona.
Li guardavo stupiti, si girarono
– Rino te la senti di venire con noi?
Era stato Didier, guardai lei, aspettava
– Nina se non ti dispiace, vorrei rimanere qui, non mi sentirei a mio agio, sarei impacciato per le fasciature e poi se ho ben capito è un invito che non puoi non accettare, ti accompagnerà Didier e io nel frattempo cercherò di recuperare le forze riposando.
Era dispiaciuta, lo vedevo, lo sentivo e questo mi piaceva, si avvicinò e accarezzandomi una guancia
– Grazie, anche se mi dispiace di doverti lasciare da solo.
Sorrisi
– Me la caverò, stai tranquilla!
E così si avviarono, dopo essersi preparati, vedevo quel puntino bianco del motoscafo allontanarsi e già sentivo la sua mancanza, decisi che quelle fasciature erano troppo ingombranti e quindi dopo aver tolto quella del torace, medicai la ferita alla testa e applicai un semplice cerotto piuttosto largo, impiegai quasi un’ora da solo, ecco, ora andava meglio, respiravo!
Ero in procinto di mettermi a letto nella mia cuccetta, quando sentii un motore in avvicinamento, diavolo era già finito il galà, sentii i passi di qualcuno che scendeva, il motore si allontanava, mi avviai sul ponte e…
…eccola, era lei, meravigliato
– Siete già tornati?
La vedevo sulla scaletta, il corpo fasciato in un abito lungo celeste, ma per un gioco di luci si intravedeva tutto il suo corpo, sorrideva, aveva qualcosa di strano nei suoi occhi, anche loro sorridevano e scendeva lentamente facendomi arretrare
– Non potevo stare lì… Didier è rimasto, sono solo io…per te.
E la natura fece il suo corso!
Fu una settimana meravigliosa, navigavamo ed era più il tempo che eravamo sottocoperta che fuori al ponte, era stupenda, eravamo felici e innamorati pazzi, l’uno dell’altra.
Ma l’incanto finì quando ritornammo a Marsiglia, solo allora mi resi conto che non sarebbe stato facile far accettare al padre la nostra relazione, furono mesi tormentati, il padre non riusciva ad accettare che sua figlia fosse innamorata di uno spiantato, si, così mi chiamava, lui che aveva fondato un impero, due alberghi, quattro ristoranti.
Ci vedevamo di nascosto con l’aiuto di Didier, avevo provato in tutti i modi a farmi accettare da lui, ma non ne voleva sapere, fino a quando…
Didier
– Rino ti vengo a prendere a casa alle tredici.
Guardavo il cellulare incredulo, solo la sera prima c’eravamo incontrati in uno degli eventi che avevo organizzato, era venuto per avvertirmi che Nina era stata bloccata dal padre per una cena con l’Ambasciatore inglese
– Perchè?
– Denis ti vuole parlare!
Mi cadde il cellulare da mano, Denis era il padre di Nina
– Cosa vuole?
Lo dissi urlando, non era la prima volta che ci incontravamo e alla fine tutte le volte doveva intervenire Nina per dividerci, ero stanco di vederlo, ero arrivato al punto di chiederle di scappare con me pur sapendo che non l’avrebbe mai fatto, voleva troppo bene a suo padre e mi mortificai quando piangendo disse
– Ti amo Rino, ma non posso lasciarlo da solo è tutta la mia famiglia, lo capisci?
Didier
– Te lo dirà lui!
Eravamo nel suo appartamento, una suite all’ultimo piano di uno dei suoi alberghi, il più prestigioso, da lì si poteva intravedere tutta Marsiglia, seduti l’uno di fronte all’altro, mi aveva accolto freddamente, ci divideva solo una scrivania con la copertura di una lastra di cristallo, muoveva ritmicamente una penna sul cristallo, ero sul punto di scoppiare, ma non volevo dargli la soddisfazione di parlare per primo
– Tu sai cosa penso di te!
Mi alzai di scatto
– Certo! Era questo che volevate dirmi, allora posso andare.
E mi girai per andarmene, ma lui
– Quanto vuoi?
Dovetti contare fino a dieci prima di girarmi, il sangue affluì violentemente alla testa, ero rosso come un pomodoro
– Mi state offendendo!
Avrei voluto dire ben altro, ma non volevo provocarlo, lentamente dalla tasca interna della giacca prese un libretto d’assegni, scarabocchiò qualcosa, lo staccò
– Penso che questo ti possa convincere.
E spostò l’assegno verso di me, non lo guardai nemmeno
– State sbagliando, io….
Non riuscii a terminare di parlare, entrò Nina, strano non era preoccupata, anzi, era luminosa, Didier era dietro di lei
– Finalmente, i miei due uomini insieme…
Prima di andarle incontro, mi girai verso di lui, sulla scrivania l’assegno non c’era più
– Nina, come sei radiosa!
L’abbracciai, era eccitata
– Sediamoci!
E mi portò verso uno dei divani della stanza
– Vieni papà.
Didier rimase all’ingresso
– Cosa c’è di tanto importante bambina mia.
Lei non lo curò proprio, mi fissò negli occhi
– Sono felice Rino, ti amo e so che anche tu provi la stessa cosa, non so proprio come dirtelo…
Mi prese le mani e le stringeva a più non posso
-… aspettiamo un bambino e…
L’abbracciai forte
– Ma è meraviglioso, che bello!
Si sentì un tonfo, Denis, suo padre, era svenuto!
Didier chiamò il 118, Nina piangeva sul viso del padre, ricovero, lieve infarto e quando si riprese fu deciso che ci saremmo sposati e contemporaneamente avremmo fatto il battesimo del bambino, nella stessa funzione, non stavo nella pelle, io padre, era meraviglioso, andammo a convivere in una villetta acquistata dal padre per noi e Denis voleva che lavorassi nel più grande ristorante dei quattro, ma i rapporti tra noi non erano cambiati, era livido di rabbia, ma per amore della figlia evitava di farsi scoprire, non accettai, decisi di lavorare nel più piccolo, il quarto in ordine e grado, settanta posti, alla periferia di Marsiglia, accettò di buon grado, almeno così sembrava e così fu per tutta la gravidanza.
Poi nacque Nives!
Descrivere la nostra gioia è difficile, ero un padre molto ansioso e preso in giro da lei, sempre più bella, la gravidanza l’aveva ancora di più fatta diventare donna e spesso ringraziavo Dio di avermela fatta conoscere, due mesi dopo ci sposammo, fu una festa meravigliosa, in piena estate con quasi duecento invitati, suo padre volle che firmassimo un accordo pre matrimoniale, voleva tentare un’altra carta, nonostante fosse felice di essere nonno, c’era una postilla “in caso di divorzio nulla del patrimonio mi era dovuto”, gli diedi l’ulteriore schiaffo, firmando senza battere ciglia.
Se avessi intuito, se non fossi stato così accecato dalla felicità, forse… sarei stato più attento!
Ma così non fu!
Durò due anni, Nives iniziava allora a camminare, per stare più vicino alla famiglia, accettai di diventare il direttore del più grande dei quattro ristoranti, era ad un isolato da casa nostra, non appena potevo lasciavo il lavoro e correvo a casa
– Che bello averti qui!
Nina aveva deciso di non lavorare fino ai tre anni d’età della piccola, era una perfetta mamma e moglie, sempre contenta delle mie improvvise apparizioni
– Ti amo.
Più d’una volta, complice il riposino della bimba, passavamo delle ore nella nostra stanza da letto.
Il lavoro per me era bellissimo da quando Denis, dopo i primi mesi, perennemente presente, non si faceva più vedere nel locale, avevo dodici dipendenti, due uomini e dieci donne al servizio in sala, tra cameriere e sommelier e il ristorante andava alla grande, avevo stravolto i menu, inserendo pietanze italiane, gradite dai nostri clienti, ma…la fine era dietro l’angolo!
E io fui un coglione!
Quella settimana fu terribile, uno sceicco aveva deciso di sposarsi a Marsiglia e la futura moglie di origini locali, aveva scelto il nostro ristorante per il ricevimento del matrimonio, le sue richieste furono precise e dovetti assumere temporaneamente altro personale, gli invitati erano una marea e i menu, per il rispetto delle varie religioni dei partecipanti, erano complessi, sudai sette camicie per metterli insieme e farli accettare, per cinque giorni preparammo ogni giorno un menu diverso per essere certi della buona riuscita e fu proprio colpa delle diverse etnie che dovetti assumere un interprete.
E che interprete!
Si chiamava Simi, era di una bellezza straordinaria, parlava dodici lingue, le sue origini erano indiane, alta quasi due metri, un corpo statuario, due occhi verdi e una folta capigliatura liscia nera come la pece, vestiva sempre con sari multicolore, stravolse tutti, fu inviata da un agenzia dove Denis si rivolgeva in Inghilterra, era la mia ombra e fu la mia rovina.
Denis aveva invitato Nina per una settimana alle Baleari, lei non voleva lasciarmi solo, ma quell’impegno con lo sceicco era troppo importante per noi per rinunciare , ero certo, bastava che dicessi una parola e lei non sarebbe partita con Nives e Didier, non la dissi, anche perché ascoltai senza essere notato una telefonata con suo padre e da lì venni a sapere che era felicissima di accettare
Quindi non avendo la necessità di tornare a casa, per poter seguire da vicino tutti i preparativi, Denis mi fece mettere a disposizione una camera nell’albergo poco distante di sua proprietà, sarei dovuto essere più attento, ma l’impegno che mi ero assunto e la necessità di far fare una buona figura alla società, annebbiarono i miei cinque sensi.
Inizialmente non me ne resi conto, ma Sima sul lavoro era costantemente presente con me e così dopo i primi tre giorni, anche stupito dalla sua poliedrica esperienza non solo nelle lingue straniere, ma anche competenza sui cibi e gli ingredienti che dovevamo preparare e servire, diventammo una “coppia fissa”, anche per il pranzo e la cena.
Più volte al giorno sentivo la piccola al telefono e Nina, mi raccontò che il posto era bellissimo e suo padre aveva deciso di prolungare di due giorni la loro permanenza perché intenzionato ad acquistare un ristorante sul mare ed aveva chiesto consiglio a lei.
Era contenta, non me la sentii di protestare!
Il matrimonio si svolse il sabato e fu una giornata infernale, 600 invitati, 60 camerieri, dieci cuochi in cucina con le varie brigate, Sima sembrava un angelo con un sari bianco e una collana di topazio al collo, non ci fermammo un minuto dalle quattordici alle due di notte, quando finalmente tutto finì, con i ringraziamenti pubblici della coppia felice, gli apprezzamenti degli invitati e …

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.
…la prossima puntata il 20 aprile 2020…
Buona lettura

6 Aprile 2020 – Undicesima puntata: “Una seconda opportunità” di Araldo Gennaro Caparco

6 Aprile 2020…

Undicesima puntata: “Una seconda opportunità”.

…un mio nuovo “romanzo spontaneo sgrammaticato” in diretta web ogni settimana, cinque pagine da condividere con voi!!

Prossima puntata il 13 aprile 2020.

Araldo Gennaro Caparco

.-.-.-.-.-.-.-.-

Dopo un attimo di smarrimento, realizzai, sapevo bene cosa potesse significare, detto e fatto, presi un giubbotto, una cintura con dei pesi, lui intuì quello che volevo fare
– Ma non può farlo lei è infortunato!
Gridò, urlai
– Vado io!
Con una mano feci cenno di mettermi sulle spalle la bombola piccola di ossigeno, strinsi la cinghia, inserii il boccaglio e dopo aver messo le pinne un salto in acqua, l’impatto non fu proprio da manuale, ero scoordinato, quando risalii in superficie localizzai la boa e nonostante i dolori, a bracciate la raggiunsi, per poi immergermi, non vedevo nulla, seguivo la corda, ogni tanto davo uno strappo, sperando in una risposta, ma nulla, furono secondi interminabili e quando raggiunsi la fine mi spaventai, lei non c’era, il gancio si era impigliato in un cespuglio di corallo, lo strattonai e lo inserii nella cintura, pregavo di vederla, girai a 360 gradi intorno a me stesso, furono delle bollicine che mi diedero la direzione, provenivano da una cavità poco distante, le bollicine stavano diminuendo, l’ossigeno era quasi terminato, come una furia con le pinne in modalità motore, inserii la mano nella cavità, presi una gamba, recalcitrava, la tenni stretta e tirai, era semi incosciente, staccai il mio boccaglio e il suo facendo inalare l’ossigeno, solo allora aprì gli occhi, mi riconobbe, velocemente, le staccai le due bombole e abbracciandola, tirai il sondino del giubbotto, sganciando la cintura che avevo sui fianchi, si gonfio e con forti pinnate stavamo volando verso l’alto.
Era svenuta!
Ero talmente intento nello sforzo verso l’alto che non mi resi conto di un’ombra in superficie, feci giusto in tempo a spostarla ma non potetti fare a meno di colpire la vetroresina, in un attimo un dolore violento alla testa e dopo poco una chiazza di sangue intorno a me
– Lasciate, la prendo io!
Furono le parole che sentii appena fuori dall’acqua e due poderose mani la issavano a bordo, solo allora la lasciai andare, la stessa mano dopo poco agguantò il mio braccio e riuscii anch’io a salire
– Siete ferito!
Urlò, la guardavo non si era ancora ripresa, sembrava morta, a mia volta
– Andiamo alla barca!
Le slacciai la tuta fino all’inguine, il cuore batteva ma era flebile, il viso cereo, iniziai a insufflare ossigeno dalla bocca alternando ritmicamente con le mani sul torace, ero senza fiato, ma non mi fermavo, lanciai un urlo e continuai, vedevo avvicinarsi la barca, continuai , diventò rossa all’improvviso e un getto d’acqua annebbiò la mia vista, ero seduto, l’abbracciai per consentire di cacciare l’acqua
– Vivaddio!
Tossiva!
Agganciata la barca, attaccai la scaletta con lei sulle spalle, l’uomo salì velocemente dopo di me, la posai con delicatezza su un gavone
– Nina, Nina…
Non rispondeva, sentii solo la sua mano che cercava di stringere il braccio
– Tenga questo, a lei provvedo io.
Era un asciugamano per tamponare il sangue, come un fuscello, la prese e la portò giù sotto coperta, finalmente mi sfogai piangendo!
Ero disorientato, lentamente iniziavo a ricordare e a pormi delle domande, ma ora il mio pensiero era per lei, non so quanto tempo ho passato su quel ponte, il sangue cessò di uscire, avevo solo un gran mal di testa e il torace dolorante
– Venga che l’aiuto a togliere e a farle la medicazione.
Mi girai
– Ma lei è?
– Didier, questo è il mio nome.
– Come sta?
Sorrise finalmente
– Lei è arrivato giusto in tempo, era molto agitata, le ho fatto un’iniezione calmante e l’ho messa a letto, continuava a chiedere di lei, quando le ho detto che stava bene, ha acconsentito a mettersi a letto, ora venga le tolgo le bende.
Meravigliato
– L’ha messa a letto?
Iniziando con le forbici a togliere la fasciatura al torace
– Non è mica la prima volta, sono vent’anni che la conosco l’ho vista crescere…
Sgranai gli occhi
– …lei per me è come una figlia e io per lei il vice padre.
– Mi chiamo Rino, sarei onorato se mi deste del tu!
– Anche tu Rino.
Con una precisione e senza parlare, mi medicò la ferita alla testa e rifece la fasciatura al torace
– Grazie.
Si spostò verso il timone
– Ecco, adesso vai, guido la barca nel porto più vicino, scendi, sono certo che la vuoi vedere.
Nonostante tutto, scattai in piedi e scesi giù, la porta era aperta della cabina, respirava bene, com’era bella, mi accoccolai ai piedi della cuccetta in silenzio, ma evidentemente lei aveva avvertito qualcosa, cercava con la mano, la presi
– Sono qua Nina, riposa.
E tutto mi ritornò alla mente!
Spossato mi addormentai ricordando, non so per quanto tempo dormimmo, non sentivo più la mia mano si era addormentata, poi all’improvviso iniziai a respirare male, avevo mancanza d’aria, strinsi più forte la mano, si svegliò
– Che succede Rino?
Non riuscivo a rispondere, con l’altra mano battevo sul petto, la bocca aperta e gli occhi fuori dalle orbite
– Aiuto, Didier presto!
Arrivò e mi alzò come un fuscello per portarmi in coperta, Nina piangeva
– Che è successo?
– Una crisi respiratoria, aspetta lo libero dalle fasciature al torace.
– Cosa devo fare?
– Vai al timone, vai a manetta verso Bastia, siamo a pochi chilometri.
Era tutto ovattato, ascoltavo senza poter rispondere, l’aria fredda della sera aveva avuto un effetto benefico, Didier non perse tempo, con il coltello che aveva nella cintura, con un taglio netto lacerò la fascia che mi teneva stretto il torace, alla fine, iniziai a respirare, sentii urlare Nina
– Allora?
– Tutto tranquillo Nina, sta respirando, vieni.
Pochi secondi e una massa di capelli mi coprì il viso
– Mi farai morire!
Rimanemmo in silenzio, arrivammo con le prime ombre della sera, eravamo in rada, da lontano si vedevano le luci della città, il respiro fino ad allora affannato stava diminuendo, lei sonnecchiava, accarezzai i suoi capelli
– Grazie.
Alzò la testa e forse solo allora si rese conto che non avevo più l’aria smarrita e disorientata di prima
– Come stai?
Invece di risponderle
– Chi l’avrebbe mai detto, da un autobus ad una barca.
Le strappai un sorriso, era raggiante
– Ti sei ripreso allora?
Si avvicinò Didier
– Sarà stato il colpo di testa che hai dato sotto il barchino di vetroresina.
Lo guardai
– Si certamente…
Poi guardando lei
-… ma cos’è successo Nina, il mio ultimo ricordo è quando ho colpito qualcosa al porto e…
Contenta con la mano sulla mia bocca
– Inizia a fare freddo quassù scendiamo e ti racconto tutto.
Didier aveva preparato la cena e mentre Nina raccontava cosa era accaduto, non riuscivo a mangiare
– E’ venuto Giosef?
Ero meravigliato
– Si, ma è dovuto andare via perché avevano fermato quelle auto alla stazione dell’eurostar…
– E poi cos’è successo?
Era diventata rossa all’improvviso
– Sono stata nel tuo appartamento.
E mi guardò, rimasi a bocca aperta
– Perché?
Si girò dall’altra parte
– Non potevo lasciarti solo, sapevo che qui non conoscevi nessuno, i medici avevano detto che potevi andare a casa e ho deciso, è venuto mio padre…
E saltò il mio primo boccone
– Cosa?
Divertita, stava per rispondermi, quando una sirena ululò, Didier
– E’ una corvetta della Capitaneria.
E si avviò all’esterno, guardai Nina
– Sarà per un controllo…
Ma non riuscì a proseguire, Didier l’aveva chiamata sul ponte, ci alzammo e quando uscimmo in coperta, un fascio di luce la illuminò, c’era un ufficiale della marina con un megafono
– Mlle Legroxe, le directeur du capitaine m’a envoyé pour vous inviter au dîner de gala ce soir. (Signorina Legroxe il Direttore della capitaneria mi ha inviato per invitarvi stasera alla Cena di Gala)
Non avevo capito nulla, Didier lo capì
– E’ stata invitata stasera ad un galà in Capitaneria…
Nina
– Je le remercie, mais je suis avec un invité. (Lo ringrazio, ma sono con un ospite)….
.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

Buona lettura la dodicesima puntata sarà pubblicata il 13 aprile 2020

30 Marzo 2020 – Decima puntata: “Una seconda opportunità” di Araldo Gennaro Caparco

30 Marzo 2020…

Decima puntata: “Una seconda opportunità”.

…un mio nuovo “romanzo spontaneo sgrammaticato” in diretta web ogni settimana, cinque pagine da condividere con voi!!

Prossima puntata il 6 aprile 2020.

Araldo Gennaro Caparco

.-.-.-.-.-.-.-.-
Immediatamente, rossa come un peperone
– Certamente!
Ci salutarono e rimanemmo solo noi due
– Che storia incredibile!
Mio padre parlava da solo, nel prendere un fazzoletto nella borsa, avvertii il gonfiore del portafoglio, lo presi e stavo dando uno sguardo, c’era l’indirizzo della casa a Marsiglia, stavo continuando a sbirciare nel portafoglio ma fui distolta
– Si è svegliato, venga signorina!
Era un infermiere inviato dai medici, mi alzai di scatto
– Dove vai?
– Da lui!
– Vengo anch’io?
Lo bloccai con la mano
– Fammi un piacere, aspettami qui se vuoi!
Rimase di sasso!
All’inizio del corridoio c’era l’accettazione del pronto soccorso, l’infermiere mi fermò per chiedere le generalità del paziente per le dimissioni, presi il documento d’identità di Rino dal portafoglio e dopo averlo registrato, finalmente entrai nella camera, era rannicchiato su se stesso in posizione quasi fetale, un infermiere cercava di convincerlo a girarsi, ma lui scuoteva solo la testa in senso negativo, mi avvicinai, provavo un misto di tenerezza e paura per la sua reazione, feci un cenno all’infermiere, si allontanò un poco, con la sinistra presi il suo braccio
– Dobbiamo andare!
Iniziò a tremare, con l’altra mano accarezzai le sue spalle
– Rino, dobbiamo andare, girati!
Non potrò, finche vivo dimenticarmi il suo volto quando si girò, era terrorizzato
– Dove?
Feci uno sforzo immenso per sorridere poi con decisione
– A casa…
Si dovette convincere, i suoi occhi mi fissavano, solo allora si tranquillizzò, con l’aiuto dell’infermiere lo rivestimmo, era molto debole e a tratti il dolore al torace lo lasciava senza fiato, si appoggiò in uno di quei momenti sul mio seno, poi si rese conto, si alzò all’improvviso
– Scusami!
Ero diventata di fuoco, quel contatto mi aveva procurato una grande emozione e gioia nello stesso tempo, come un bambino ubbidiente terminò di vestirsi, cercava di mettersi le scarpe, ma non ci riusciva
– Faccio io!
E lui fermandomi
– No, grazie, ce la farò da solo!
Cento contorcimenti, ma alla fine ce l’aveva fatta, si aggrappò al mio braccio, guardava la porta della stanza, una lacrima iniziò a scendere sul viso, riprese la sua paura e il panico
– Aiutami, non ricordo nulla, non so chi sei, non so chi sono, ho paura!
Le mie gambe stavano per cedere, la sua era l’espressione di un disagio interiore che non aveva limiti, ed io finii di domandarvi perché stavo lì, con lui, tutto mi era più chiaro, con voce ferma
– Ci sono io!
Fuori c’era mio padre che aspettava, quando uscimmo
– Salve.
Rino sobbalzò, guardava a terra cercando di non inciampare
– Salve signore.
Poi rivolto a me
– Dove vai?
– Lo porto a casa sua.
– E…
Stizzita, sapevo bene quello che voleva dire, ma non ero in animo di litigare con qualcuno e non era proprio il caso di farlo con Rino aggrappato a me come una cozza
– Ci vediamo stasera al locale!
Troncai così la conversazione e mi avviai all’uscita, lasciandolo a bocca aperta, in auto, finalmente iniziò a prendere colore il viso, guardava fuori e quando era sicuro che non lo guardassi, si girava
– Ho una casa?
Per poco non scoppiai a ridere, ma non era il caso
– Si.
Si fermò un attimo, evidentemente aveva presa coscienza
– Grazie.
Lo disse quasi sottovoce, mi fermai nei pressi di un supermercato, mi girai
– Di cosa?
Abbassò la testa
– Tutto questo è irreale, scusami, non so chi sei e nessuno ad oggi si era preso così cura di me…
Fece una pausa per prendere fiato
– … i medici hanno detto che sono caduto ed è per questo che non ricordo nulla, poi sei arrivata tu…sono confuso e disorientato, non so chi sono, cosa faccio, ma quando sono con te sono tranquillo, sereno, grazie.
Ma come diavolo può succedere…
… la sua voce scendeva ai minimi livelli e invece il mio cuore innalzava il ritmo, quasi mi vergognavo, ma che mi sta succedendo, mai mi ero sentita così, per fortuna lui non se ne accorse, mi sentivo il viso in fiamme, prima di scendere
– E’ momentaneo, stai tranquillo, ora faccio la spesa e poi ti accompagno a casa.
Scesi dall’auto come una furia, prima che potesse dire qualcosa, ero turbata per la prima volta in vita mia, si avevo conosciuto altri della mia età, ma mai, avevo sentito quel trasporto che adesso mi incuteva paura e timore, di cosa? Non lo so!
Quasi meccanicamente, presi il carrello e lo riempii delle cose essenziali che potevano essere utili, giunta alla cassa, guardai verso la mia auto nel parcheggio, lo vedevo da lontano, teneva la testa tra le sue mani scuotendola
– Ti ha trovato poi il tuo amico?
Feci un salto, mi girai era Andrè
– Chi?
Meravigliato
– Qualche sera fa è venuto al mio ristorante, Rino, quel tuo amico era in compagnia di Alfio, sai quello che ha una grande pescheria al centro città…
Fece una pausa
– …c’era anche Ines.
E si fermò!
Ines, quella cavallona bionda? Si, eravamo amiche, ma sempre mi aveva soffiato i ragazzi che si interessavano a me, a scuola, eravamo l’una diversa dall’altra e fra noi due, sceglievano lei.
Cosa ci faceva con lui?
Poi Alfio? Certo che lo conoscevo, dovevo tagliare corto, ero preoccupata per Rino nell’auto
– Si, grazie, ci siamo sentiti!
Pagai, salutandolo frettolosamente
– Ciao, buona giornata.
Appena entrai nell’auto, dopo aver depositato la spesa nel cofano
– Ho avuto paura che non venissi più!
Era spaesato
– Andiamo!
Quando arrivammo a casa sua, sgranai gli occhi, era tutto sottosopra e mi resi subito conto che pur mettendo a posto, era troppo piccola per ospitare due persone, si è vero, avevo pensato di restare con lui, il tempo necessario, ma era evidente che non potevo farlo, si guardava intorno come se l’avesse vista per la prima volta e per nulla sorpreso dal disordine
– Sono stanco!
– Mettiti qui sul divano, vado a prendere la roba in auto.
Quando ritornai sopra, lui era disteso sul divano, era nel mondo dei sogni, solo allora mi resi conto di quanto fosse diventato importante per me, l’osservavo così inerme, avrei voluto accarezzare quel viso, mi sentivo strana, era la prima volta che succedeva, si avevo avuto delle storie, l’ultima era stata disastrosa, ma oramai era un ricordo lontano, e ora, questa sensazione quasi opprimente, questo desiderio di non lasciarlo da solo, mi lasciava senza fiato e dopo averlo coperto con uno scialle, uscii fuori al balconcino che dava sul porto, avevo preso una decisione, digitai un numero sul cellulare
– Papà…
Iniziò a fare una raffica di domande, non mi lasciava parlare, lo bloccai quasi urlando
– …ascoltami, l’appartamento e invivibile, non posso lasciarlo qui…
Silenzio, lo immaginavo a bocca aperta
– Che vuoi fare?
La voce era tremolante, mi conosceva bene e sapeva che se avessi deciso qualcosa era difficile farmi cambiare idea
– Non voglio portarlo a casa..
Un sibilo era niente in confronto al sospiro di mio padre in quel momento
– …armo la barca e lo porto lontano da qui!
Silenzio totale o era svenuto oppure era sul punto di farlo
– Papà?
Finalmente
– Perché?
E subito dopo
– Sola con lui? Con uno sconosciuto? Ma ti rendi conto…
Ecco la vera ragione, per tranquillizzarlo
-C’è Didier con te?
Era la mia carta vincente, lui per me era come un vice padre, era l’uomo di fiducia di papà e mi aveva visto crescere dopo la morte della mamma, una presenza costante e discreta, ero la figlia che non aveva mai potuto avere non essendosi mai sposato
– Si
– Passamelo!
Un attimo dopo
– Piccola dimmi?
Mi svegliai e mi preoccupai!
Avevo appena aperto gli occhi e il lampadario sopra di me ondeggiava ritmicamente, mi guardai intorno, tutto mi era sconosciuto, la cuccetta dove mi trovavo era incassata sotto ad un piccolo armadio di noce, tutto profumava di mare, chiusi gli occhi e iniziai a fantasticare, ero in cielo?
Mi domandavo, allora ero morto!
Riaprii immediatamente gli occhi, toccai il bordo del letto e mi resi conto della morbidezza del legno, allora ero vivo, con una mano tastai la testa, avevo come un cerchio, c’era una fasciatura, con l’altra esplorai il torace, identica fasciatura, ma dove mi trovavo, mi sporsi dalla cuccetta, inforcai le pantofole e mi guardai nello specchio di fronte, ero in tuta, un colore che mi era sempre piaciuto, un celeste mare e sulla maglietta un timone di una nave, in basso a sinistra, una scritta “Nina”!
Oddio ero su una barca!
Come se avessi ricevuto una scossa elettrica, nonostante la testa che ronzava e il dolore fisso al torace, mi fiondai per il corridoio e dopo pochi istanti, salita la scaletta, vidi il cielo azzurro che si fondeva all’orizzonte con il mare, visione celestiale per me e improvvisa, guardai la parte inferiore, non c’era nessuno sul ponte, mi girai verso la prua e vidi un signore, era curvo e stava cercando di mettersi una tuta
– Dove sono? Lei chi è? Nina dov’è?
Sorpreso di ascoltare la mia voce si girò in malo modo e finì per cadere su un rotolo di corde
– Nina è in acqua!
Esclamò e con la mano indicava una boa
– Da qualche minuto la boa non si muove…
Pausa, poi abbassando la testa
-…sono preoccupato!….
.-.-.-.-.-.-.-.-

prossima puntata il 6 aprile 2020…buona lettura

23 Marzo 2020 – Nona puntata: “Una seconda opportunità” di Araldo Gennaro Caparco

Nona puntata: “Una seconda opportunità”.

…un mio nuovo “romanzo spontaneo sgrammaticato” in diretta web ogni settimana, cinque pagine da condividere con voi!!

Prossima puntata il 30 marzo 2020.

Araldo Gennaro Caparco
.-.–.-.-.–.–.-.-.-.-.
…La luce scomparve all’improvviso e l’uomo con una scarpa premeva forte sul torace
– Non ce l’ho più!
La stretta della scarpa si allentò
– Menti!
Sentivo il sangue in bocca, gridai
– No!
Sempre in inglese
– A chi l’hai data?
Stavo per perdere i sensi, non riuscivo a ricordare, la scarpa continuava ad affondare, mi toglieva il respiro, annaspavo, cercai di allontanarla con l’altra mano, senza nessun esito
– Parla, a chi?
Non riuscivo a ricordare, poi un lampo, un ricordo all’improvviso
– Caprì, il generale Caprì!
Un’imprecazione e poi…
… tutto successe in un attimo, ricevetti un calcio nel torace mentre si sentiva il rombo dell’avvicinarsi di un elicottero, un faro di luce illuminò a giorno l’auto, fui catapultato fuori dalla macchina e finii direttamente sbattendo la testa su un pilastro di cemento, quello per evitare che le auto potessero parcheggiare, sentii lo sgommare di ruote delle auto e l’elicottero che le seguiva, un dolore violento alla fronte e sangue che continuava a colare dal naso, sirene in lontananza, la vista si annebbiò e tutto fu buio.
– Posso entrare?
– Lei chi è? Lo conosce?
– Sono la sua fidanzata e…
– E’ in uno stato confusionale, l’abbiamo medicato, ha due costole incrinate e il colpo che ha preso in testa ha procurato un vuoto di memoria, continua solo a ripetere “Nina, Nina” e null’altro.
– Oddio, sono io Nina!
Una mano sulla fronte, sensazione di freddo, testa fasciata, torace fasciato, apro gli occhi…
…una visione, una ragazza, una montagna di capelli rossi arruffati, mi sta accarezzando, com’è bella, sorride, ma il viso esprime altro, preoccupazione, incrocio i suoi occhi, scende una lacrima
– Chi sei?
Stupore, apprensione,meraviglia si fondono in un attimo, il volto si rattrista
– Nina!
Cerco di sollevarmi, non ci riesco, quel nome è l’unico che ho in testa, ma non so chi è, mi volto dall’altra parte, mi vergogno, mi sento svuotato, lei continua
– Sono io, Rino sono Nina!
Dolcemente con l’altra mano mi fa girare, stavolta sono io che ho le lacrime che scendono copiose
– Non ricordo nulla!
Il cuore iniziò a pulsare all’impazzata, la macchina segnalava il mio disagio, mi martella, non lo sopporto, sento il sangue sale, sale, chiudo gli occhi, sento il suo urlo
– Aiuto!
E nulla più!
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
– Oddio!
Vedevo quelle persone che lo manipolavano, prima di svenire era riuscito a prendere la mia mano e la teneva stretta, mi mancava l’aria, ma che ci facevo qui?
– Si sposti signorina.
Era un medico, mi guardava strano
– Non posso, la sua mano!
Esclamai ad alta voce, immediatamente mi sciolse da quella stretta micidiale, mi allontanai di qualche metro, quando l’avevo visto poco prima nel ristorante all’improvviso, il cuore era salito in gola, tante volte ero sul punto di chiamarlo, ma mio padre mi teneva sotto osservazione, qualcuno, la sera in cui lo lasciai di punto in bianco al ristorante la Costa D’Oro, mi aveva visto a Parigi con il suo fidatissimo cliente e glielo aveva detto, quella sera ci fu una scenata epica, urla e grida da parte sua, terminata con una telefonata bollente, al suo cliente ed io…reclusa in casa e guardata a vista.
Dopo molti giorni, solo quella sera, mi diede il permesso di uscire, era addolorato, ero l’unica figlia, mia madre era morta pochi anni prima e lui non riusciva a credere che avessi fatto quella cosa alle sue spalle, tradendo la sua fiducia, conoscendolo avevo accettato dopo proteste e pianti, di essere reclusa a casa, lo avevo fatto per affetto, vedendolo sconvolto e proprio in quei giorni pensavo a quella persona incontrata per caso su un autobus e forte era il desiderio di chiamarlo, ma non ci riuscivo per due ragioni, la prima che non potevo vederlo e la seconda che lui non poteva venire a casa da me, pena l’ira di mio padre.
Quando mi chiese aiuto, non mi domandai nulla, non appena fu uscito dal retro del locale, chiamai quel numero
– Pronto
– Sono Nina, il numero me l’ha dato un mio amico Rino, mi ha detto di dirvi che è in pericolo.
Dall’altro lato, nessuna sorpresa, ma solo due domande
– Dove? Mi dia l’indirizzo!
E riagganciò!
Da lontano notai tutta la scena, c’erano delle persone che l’avevano preso sottobraccio, fu portato in un auto, avevo paura per lui senza sapere il perché, ero sul punto di uscire fuori per raggiungerlo ma dovevo avvertire mio padre, non riuscivo a trovarlo, era con dei clienti, stravolta tornai in cucina, le auto erano sempre lì, dopo poco il rumore di un elicottero che arrivava e quasi contemporaneamente lui fu scaraventato fuori dall’auto centrale, uscii fuori, le auto scomparvero sgommando e con il cellulare in mano, vedendo da lontano che non si muoveva, chiamai il servizio d’emergenza, arrivammo quasi in contemporanea io e l’autoambulanza, lo misero su una lettiga, volevo salire, ma non mi diedero il permesso, ritornando verso il locale, un cameriere mi disse che lo aveva visto scendere da un furgone lì vicino, mi avvicinai, c’erano ancora le chiavi nel cruscotto, una busta con dei soldi sul sedile di guida e un portafogli con altre chiavi, automaticamente li presi e mi avviai alla mia auto per andare in ospedale, mettendo tutto al sicuro nella mia borsa.
Arrivammo quasi contemporaneamente, non ascoltando le proteste l’auto era dietro l’autoambulanza raggiunsi la lettiga, fui bloccata da un agente di guardia
– Lei chi è?
Senza pensarci due volte
– E’ il mio fidanzato, lasciatemi passare!
Urlai, si fece da parte, c’era una porta che si stava chiudendo , l’aprii…
…ed ora sono qui in un angolino, squilla il cellulare
– Pronto, Nina dove sei?
Era mio padre, non potevo dirgli una bugia erano le quattro del mattino, certamente qualcuno l’aveva avvertito di quello che era successo fuori dal ristorante, no, non potevo inventarmi una scusa
– In ospedale…
Silenzio
– Arrivo!
Oddio!
Vedo i medici indaffarati, ma lui non si sveglia, un infermiera, risponde al telefono della stanza, mi fa cenno di uscire dalla stanza, non vorrei, esco, e…
…ci sono tre uomini sulla porta, il più anziano, mi prende per mano
– Venga!
Siamo nella sala d’aspetto completamente vuota, uno dei tre si avvia alla macchinetta per il caffè, la mano di quell’uomo è ghiacciata
– Chi siete?
– Sono Giosef quella persona a cui ha telefonato!
Mi portano il caffè, non solo per me, quei due si spostano, uno all’ingresso e l’altro fuori la porta dove è stato portato Rino, in silenzio sollecitata da quell’uomo, sorseggio il caffè, ogni tanto guardo verso quella porta, vorrei stare lì
– Non si preoccupi, verrò avvertito appena si riprenderà…
Aveva seguito il mio sguardo
– Ho paura per lui, i medici mi hanno detto che ha un vuoto di memoria ma che continuava a gridare un nome, il mio…
Con fare paterno, la voce si è addolcita
– Evidentemente è stato l’ultimo ricordo impresso nella mente, mi vuole raccontare come ha fatto ad avere il mio numero di telefono?
Ero meravigliata, ma mi sentivo più tranquilla e così iniziai a raccontare, ero quasi alla fine, sento un vociare all’ingresso, mi girai, era mio padre e quell’uomo non lo faceva passare
– Papà!
Solo un cenno della testa e
– Nina, ma che cosa è successo? Chi è quest’uomo? Come stai?
Era preoccupato, l’abbracciai
– Sto bene, non ti preoccupare, questa persona è un amico di Rino…
Meravigliato
– E chi è Rino?
E lui
– Mi chiamo Giosef e sono un capitano dei carabinieri, ecco il tesserino.
Sgranò gli occhi
– Mia figlia?
– Stia tranquillo, non siamo qui per lei, ovvero, è stata proprio lei che ci ha chiamato…
La situazione era tragicomica, vedevo mio padre guardare alternando me e lui e poi l’uomo che aveva impedito l’ingresso, si mise le mani in faccia
– Non capisco più nulla!
Arrivo un medico, ci alzammo, rivolto a me
– Signorina, siamo riusciti a risvegliarlo, ma era troppo agitato, ha detto frasi sconnesse e chiesto più volte di lei, abbiamo detto che eravate assente per la deposizione dai carabinieri, solo allora si è calmato, ma abbiamo deciso di fargli un tranquillante, ora riposa, tra qualche ora potrà lasciare l’ospedale al suo risveglio.
Non riuscivo a crederci
– Grazie dottore!
Mi lasciai andare pesantemente sulla sedia
– Allora?
Era mio padre, squillò il cellulare del capitano, si spostò per rispondere
– Ora ti racconto!
Nell’ascoltare il racconto, mio padre rimase senza parole, mi fermò solo quando raccontai dell’autobus
– Come senza soldi?
Lo guardai stizzita ora per allora
– Ti sei dimenticato che avevi bloccato tutte le mie carte di credito per farmi ritornare il prima possibile da Parigi?
Abbassò la testa, alla fine
– Quindi lui non sa chi sei?
– No
– E tu che sai di lui? Cosa fa qui a Marsiglia? Te l’ha detto?
Mio scappò una risata nervosa, se ne accorse, stavo per scoppiare, in quel momento si avvicinò il capitano
– Devo andare, sembra che quei delinquenti siano stati bloccati al confine, alla stazione dell’Eurostar per l’Inghilterra e si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, mi dispiace, vorrei esserci quando si risveglierà.
Mio padre
– Ma è un delinquente?
E guardò verso il corridoio dove si trovava l’altro uomo di guardia, si girò e ammutolì, il capitano serissimo lo fissò negli occhi
– Assolutamente no! Ne avessi di persone come lui…
E in modo conciso raccontò quello che era successo a Parma, rivelando delle cose che Rino non mi aveva detto, concluse con
– Ha perso tutto a Parma!
Eravamo allibiti
– Signorina può farmi la cortesia di avvertirmi del suo stato di salute?….
.-.-.-.-.-.-.-
prossima puntata il 30 marzo 2020…buona lettura

16 Marzo 2020 – Ottava puntata: “Una seconda opportunità” di Araldo Gennaro Caparco

16 Marzo 2020…

Ottava puntata: “Una seconda opportunità”.

…un mio nuovo “romanzo spontaneo sgrammaticato” in diretta web ogni settimana, cinque pagine da condividere con voi!!

Prossima puntata il 23 marzo 2020.

Araldo Gennaro Caparco

.-.-.-.-.-.-.-.
…centralmente c’era invece il mio tavolo, visibile da tutti, da lì avrei insegnato la tecnica per friggere e preparare il pescato.
Prima di allora, alla fine della quinta giornata, dopo la prova generale effettuata nella pescheria un applauso spontaneo da tutti mi ripagò delle nottate insonni a preparare nella mia cucina a casa la gestualità e la dialettica per rendere facile la comprensione della pietanza che dovevamo preparare
– Figliolo, devo dire che avevo delle perplessità, ma stasera non ne ho più.
Questo fu il commento di Alfio siculo-francese!
Ero gasato e in attesa di mettere in pratica l’evento, desideravo condividere con una persona e il pensiero ricorrente era per lei, Nina, cercai di chiamarla, ma niente, mi tuffai a capofitto nella preparazione dell’evento, quella sera stanco di provare al suo cellulare, volevo recarmi nel ristorante dove eravamo stati insieme, anche per avere sue notizie e colsi l’occasione di invitare Alfio e sua figlia Ines per festeggiare la prova generale, l’invito fu subito accettato da Ines con una certa felicità, fui sorpreso, ma poi capii il perché, arrivai in anticipo, ma loro già mi stavano aspettando dentro, vedevo di spalle una persona che parlava con loro, mi avvicinai
– Rino questo è il proprietario…
Non lo feci terminare, tra la sua meraviglia, stendendo la mano
– Salve Andrè!
Quando realizzò chi ero, il suo sorriso si spense e rimase con la bocca aperta
– Sai lui è lo Chef dell’evento, stavamo parlando proprio di te con Andrè.
Era Ines, lui balbettò
– Ma tu non sei l’amico di Nina?
Sorpreso
– Si, sono io, perché?
Chiudendo la bocca e cercando di fare il disinvolto
– No, nulla, sono stato sorpreso, non sapevo che eri uno Chef, ma Nina lo sa?
Stavolta ero io meravigliato
– No, non penso!
– Scusatemi!
E scomparve in ritirata, vidi Ines che martoriava un tovagliolo e Alfio che la fissava
– C’è qualche problema Ines?
Di getto
– Non sapevo che conoscevi Nina!
C’era rabbia nelle sue parole, Alfio
– Da quando?
Non mi piaceva la piega che stavamo prendendo e non volevo avere degli attriti con loro, proprio adesso che stavo per ultimare i preparativi dell’evento
– L’ho conosciuta in autobus quando sono venuto qui a Marsiglia ed è una parola grossa amico, siamo quasi due estranei, l’ho invitata a pranzo una volta per ringraziarla dei consigli che mi aveva dato per la mia permanenza qui, ma dopo non l’ho più rivista.
Vidi Ines tirare un respiro di sollievo, grande come un tsunami e poi ridiventare luminosa
– Scusatemi.
Si allontanò presso i servizi, Alfio
– Scusala, credo sia gelosa di Nina, lei e Andrè si conoscono da una vita, non lo vuole ammettere ma ha una cotta per lui da tempo.
Ecco perché!
E’ inutile aggiungere, quando ritornò Ines, parlammo d’altro e non si parlò più di Nina, anche se io volevo avere qualche altra notizia su di lei, ma mi guardai bene dal dirlo, anche durante la cena, parlammo dell’evento, mettemmo a punto diversi argomenti e per evitare discussioni sul conto, anticipai senza dire nulla e mi recai presso la cassa, dove era stabilmente il proprietario, nel vedermi, mi accolse guardingo
– E’ stato tutto ottimo!
E il volto si illuminò
– Ti fanno i complimenti, specialmente Ines è stata colpita delle ostriche magistralmente preparate.
Divenne rosso come un peperoncino
– Sono contento!
Pagai e stavo per andare via, quando
– Per caso sai Nina dov’è, non la vedo da diversi giorni.
Lui, oramai conquistato dai complimenti, gentilissimo
– No, anch’io non la vedo in giro da diversi giorni.
Evitai di chiedere altro Andrè mi segui e dopo un caloroso saluto con Alfio e un abbraccio ad Ines, cosa che la fece diventare paonazza dalla contentezza, ci salutammo per darci appuntamento per la mattina successiva.
Per non incorrere in un flop, decisi di non pubblicizzare eccessivamente l’evento, continuavo a pensare…
… e se fosse andata male?
Ero scaramantico ma Alfio fece promozione con i suoi clienti aiutato dalla figlia, l’appuntamento era per le 21.00, ordinatamente arrivarono i 20 partecipanti, erano quasi tutti clienti della pescheria, appartenevano alla classe medio alta di Marsiglia, avvocati, medici, commercialisti, notai, ma questo lo venni a sapere dopo.
Nell’imbarazzo iniziale mi presentai
– Ringrazio chi ha voluto partecipare a questo primo evento, mi chiamo Rino e sono un Chef di partita, stasera cucineremo insieme i vostri acquisti fatti in questa pescheria, un grazie va al signor Alfio e a sua figlia che hanno accettato questa mia idea particolare e originale, sono certo che insieme formeremo una bellissima squadra e gusteremo quello che insieme prepareremo, gustando la freschezza di un prodotto fresco di giornata, certo che possiate replicare a casa quello che stasera faremo qui, prepareremo i Tocchetti di salmone grigliati ai quattro formaggi e misticanza di erbe spontanee.
Inizia a spiegare nel silenzio assoluto corredato da cenni storici della gastronomia nel silenzio generale, ma la cucina avvicina e permette di relazionarsi, Ines aveva stabilito i componenti delle cinque postazioni e inframezzavo le spiegazioni cucinando, ma spesso mi allontanavo e seguivo ogni tavolo all’opera replicando quello che io avevo fatto, questo fu gradito da tutti e dopo una mezzora, ogni gruppo parlavano, ridevano e cucinavano, avevo raggiunto lo scopo, forse!
Preparai anche dei fuori programmi, delle conchiglie ripiene di salmone crudo insaporito con delle spezie e con l’aiuto di Alfio e della figlia venivano proposti e accettati favorevolmente, ero quasi alla fase finale, ma avevo la sensazione di essere osservato e non sbagliavo, quando fu il momento per ogni coppia d presentare il loro piatto preparato, in fondo alla sala vidi qualcuno che stava osservando, mi staccai dalla postazione con un piatto in mano ma non arrivai per tempo, quella persona non c’era più.
Non ebbi modo di soffermarmi, perché uno dei componenti di una coppia a nome di tutti, volle ringraziarmi e chiedevano a gran voce applaudendo la data per il prossimo evento, Alfio sottovoce
– Rino la settimana prossima.
Ed io
– Perfetto!
L’annuncio fu ri sottolineato con un applauso e Ines prese già le prenotazioni.
Mentre con Alfio stavamo riponendo tutta l’attrezzatura in un furgone da me preso a nolo, carico del successo dell’iniziativa, elaborai la possibilità di replicare lo stesso evento in altri locali, finimmo verso le due, ero stanchissimo, le gambe erano al limite della loro portata, non vedevo l’ora di parcheggiare in garage il furgone e mettermi a letto.
Ma l’uomo propone e…
…non arrivai mai nel mio letto!!
Ero contento, il tempo di partire, Alfio aveva voluto darmi il compenso per la serata detratto dalle spese e dal suo utile, era una bella cifra, avevo visto giusto, l’iniziativa aveva bisogno di essere limata, ma il format funzionava, si, avevo trovato una formula, che strano, in quel momento avrei voluto dirlo a qualcuno, si quella testa rossa con gli occhi neri come la pece, Nina, chiusi gli occhi e vidi nitidamente il suo volto, che sciocchezza, mi dissi, girai la chiave dell’avviamento, avevo percorso solo qualche chilometro
– Fermati immediatamente!
Mi bloccai, era la voce di un uomo e sentii all’altezza del mio orecchio destro il freddo di una canna di pistola, sempre in inglese
– Vai verso il porto!
– Ma…
Cercai di girarmi, ma la canna stava per entrarmi nel collo
– Ora!
Arrivammo nei pressi di un gran ristorante sul mare, lessi l’insegna Costa d’Oro, di fronte c’erano tre auto in attesa
– Scendi e vai verso l’auto al centro!
– Ma cosa volete da me?
Urlai, e lui
– Qualcuno ti aspetta!
Le auto erano al di la della strada, scesi e guardai nel ristorante lì vicino, una festa era ancora in atto a quell’ora, poi guardai le auto, l’uomo era sul punto di scendere dal furgone, ora o mai più, pensai e invece di attraversare la strada mi fiondai nel locale, immediatamente sentii la portiera del furgone sbattuta e un’imprecazione, appena entrato, mi bloccai, stavano facendo il trenino e la musica era assordante, e ora?
Avevo paura, cosa volevano da me quelle persone, perché mi aspettavano?
Sulla destra in fondo, vidi il cartello dei servizi, pensando di trovare l’uscita posteriore e dribblando il trenino, mi avviai di corsa, ero sul punto di arrivare, guardai indietro, una persona mi stava seguendo, lo riconobbi, era quell’uomo della metropolitana, lo stesso che con una spallata mi aveva avvertito di non entrare nella metro perché seguito, iniziai a sudare, ma quando è lungo questo salone, entrai nell’avanti porta e….
– Rino ma che fai qui?
Era Nina con un vassoio in mano
– Dove vai?
L’abbracciai
– Nascondimi, presto!
Immediatamente mi prese per il braccio e mi tirò nella cucina
– Vieni!
Sentii distintamente un’imprecazione al di la della porta, mi stava cercando, tremavo
– Sei stravolto, ma che ti è successo?
Con la mano cercai nella tasca il mio portafoglio senza risponderle
– C’è un’uscita qui?
Aveva gli occhi sgranati
– Si, ma…
Presi un cartoncino, quello di Giosef
– Non posso spiegarti nulla adesso, chiama questo numero per me, si chiama Giosef, digli che ho bisogno d’aiuto e dove mi trovo.
Lei lo prese, in quel momento si stava per aprire la porta, Nina lanciò un coperchio d’una pentola verso la porta, si richiuse, io ero a terra
– Vai, in fondo a sinistra!
Mi alzai immediatamente e mi avviai, aprii la porta e…
…ricevetti un pugno in testa!
Ero tramortito, ma vigile, due uomini mi presero di peso e attraversarono la strada, una portiera si aprì, fui buttato come un sacco di patate dentro, era tutto buio, i finestrini erano oscurati, una voce distintamente
– Dov’è la macchina fotografica?
Sbattendo sul pavimento dell’auto, sentii un dolore al naso, usciva del sangue, avevo la mano destra bagnata, urlai
– Ma che volete da me? Chi siete?
Sentii una mano che premeva sulla testa, bloccandomi sul pavimento dell’auto
– Dannazione, dov’è la macchina fotografica di Robin?
Ecco chi erano!
Sperando che Nina avesse fatto la telefonata, pur nella situazione tragica in cui mi trovavo, cercai di prendere tempo
– Non conosco nessuna Robin!
La mano continuava a premere, ma stavolta mi prese per i capelli, una luce improvvisa e mi mise davanti agli occhi il passaporto, quello di Robin
– Questa!
Ma come diavolo avevano fatto, dove l’avevano preso, erano stati nel mio appartamento allora, diavolo e ora?
– La macchina fotografica!…
.-.-.-.-.–.-.
Buona lettura la prossima puntata il 23 marzo 2020

9 Marzo 2020 – Settima puntata: “Una seconda opportunità” di Araldo Gennaro Caparco

9 Marzo 2020…

Settima puntata: “Una seconda opportunità”.

…un mio nuovo “romanzo spontaneo sgrammaticato” in diretta web ogni settimana, cinque pagine da condividere con voi!!

Prossima puntata il 16 marzo 2020.

Araldo Gennaro Caparco

.-.-.-.-.-.-.-.-.-
…- Ti ringrazio per avermi aiutata, mi dai il tuo numero di cellulare, vorrei restituirti…
La fermai.
No, non era il caso, dovevo io ringraziarla
– E’ stato un piacere incontrarti, no, non mi devi nulla…
– Grazie, ma se me lo dai lo stesso, potremmo prenderci un caffè insieme, se poi non vuoi…
Presi il biglietto dell’autobus e le scrissi il numero
– Con piacere!
Le nostre mani si incrociarono e lei colse l’occasione per scrivere il suo numero di cellulare sul palmo della mia mano, mi dispiaceva lasciarla, ma alle volte non servono solo le parole per esprimere quello che abbiamo dentro, ci fissavamo negli occhi senza parlare, arrivò un taxi, prima che aprisse la portiera
– Vogliamo prendere qualcosa di caldo insieme adesso?
Lo dissi istintivamente, ma mi resi conto di essermi spinto oltre, mi guardò con una espressione mista di sorpresa e tristezza insieme
– Devo andare, ma sono certa che prima o poi ci incontreremo!
Mi strinse il braccio sorridendo ed entrò nel taxi.
La guardai andar via, ma cosa mi aspettavo?
Nulla, è vero!
Ma vederla scomparire… mi procurò un certo disagio, mi guardai intorno, continuare a pensarla, era inutile, sono quegli incontri che non ti aspetti e ti cambiano qualcosa, accadono e basta!
Mi avviai verso un’insegna rossa, la vedevo lontano immersa nella nebbia mattutina, sentivo solo l’aria di mare, ero in un posto sconosciuto e da solo!
Dopo una settimana dal mio arrivo a Marsiglia, fui tentato di telefonare a quella ragazza, Nina, poi dicevo, non era il caso, lei non si era fatta viva, evidentemente aveva bel altro da fare ed io, ero stordito, insoddisfatto e intontito, non sapevo quello che volevo fare, rimanere, partire… ritornare a Parma? No, non ci pensavo proprio!
Troppi ricordi e Parma ne faceva l’ultimo posto dove avrei voluto essere.
Marsiglia era molto bella e accogliente, per giorni passeggiai senza un perché per le sue strade, alla fine mi decisi, mi piaceva, entrai in un’agenzia immobiliare e dopo due giorni presi possesso in locazione di un monolocale nei pressi del porto, l’esperienza del food truck era terminata, ma mi aveva insegnato molto, tornare a lavorare presso un ristorante mi allettava, c’erano molti locali ed erano ben frequentati, ma non era quello che volevo, poi avevo una cosa in sospeso, cedetti e una mattina digitai il suo numero di cellulare, rispose immediatamente
– Ne hai messo del tempo per chiamarmi!
Esclamò, non so perché sorrisi, era tipico del suo carattere
– Ma a quanto pare nemmeno tu avevi tanta voglia di sentirmi.
L’avevo sorpresa, non rispose
– Ci sei?
– Ci sono, dove sei?
– A Parma!
Immediatamente
– Te ne sei andato subito a quanto pare.
Mi divertiva, avvertii la delusione, cambiai discorso
– Allora com’è è stato il rientro?
– Turbolento!
– Racconta…
Pausa
– Perché dovrei?
– Perché te l’ho chiesto, mi interessa saperlo.
Con soddisfazione
– Peccato!
– Cosa?
– Peccato che sei andato via, mi avrebbe fatto piacere raccontartelo di persona.
Era il momento
– Sei certa?
– Certissima!
– Bene, allora sei libera stasera?
Pausa
– Nina, allora?
– Perché?
– Volevo invitarti a cena.
– A Parma, ma tu sei matto!
Mi scappò una risata, non riuscivo a mantenere il cellulare
– Sei libera allora?
– No, forse a pranzo, ma non credo proprio di arrivare puntuale a Parma per le 13.00.
Disse ridendo
– Alle 13.00, ti aspetto alla Brasserie Le Soleil a Marsiglia, che ne pensi?
Colpita e affondata, così almeno pensavo, invece
– Sei un bas….
La bloccai, stava ridendo a crepapelle
– E’ un si?
– Vedremo!
E chiuse la telefonata!
Per tutta la durata del pranzo, ci scrutammo a vicenda, era molto conosciuta in quel locale ed è forse per questo che non le andava di parlare, mi piaceva come era vestita, arrivò con circa trenta minuti di ritardo
– Scusami, ma non sono riuscita a liberarmi prima.
Era molto casual, senza ombra di trucco e un’enorme treccia costringeva i suoi capelli, sorrideva sorniona
– Qualcosa mi dice che non eri convinta ad accettare il mio invito, sbaglio?
Girò il viso dall’altro lato, lasciai correre, il locale era bello, aveva in mostra tanti attrezzi di marina, un poco alla rinfusa, ma l’atmosfera era calda, lasciai che lei scegliesse il tavolo, volle mettersi quasi sulla veranda, da lì si poteva ammirare tutto il porto e ordinammo
– Perché hai telefonato?
– Ero curioso!
– Di cosa?
Contrattaccai
– Hai aspettato la mia telefonata!
Immediatamente
– Chi io? Non ti illudere!
Ne ero certo, non era quello che pensava, i suoi occhi dicevano altro
– Io illudermi? E di cosa? Ero curioso di sapere come era andato il ritorno, poi hai aggiunto…
Arrivo il cameriere
– Andrè mi ha detto di farvi assaggiare questo, è un omaggio da parte sua come aperitivo.
Posizionando una sperlonga grande con due aragoste su un letto di insalata al centro del tavolo
– Grazie.
Ero stupito, la guardai
– Andrè è il proprietario di questo ristorante, vedrai che fra uno, due, tre….
Si avvicinò un bel ragazzo sulla trentina, con un sorriso a tutta bocca
– Buongiorno, ciao Nina, mai avrei immaginato stamattina di avere il sole nel mio ristorante.
E lei
– Non sono stata io a scegliere, Rino è un amico italiano e mi ha invitato qui da te…
Solo allora si girò verso di me
– La devo ringraziare, è difficile per lei ammettere che da tempo desiderava venire qui…
Si girò verso di lei, ma ricevette un’ occhiataccia, si bloccò
– …vi auguro una buon pranzo.
Battendo in ritirata, quando si fu allontanato abbastanza
– Sbaglio o ti ha fatto un complimento?
– Per me può aspettare cent’anni!
E attaccò l’aragosta, per il resto notai che era una buona forchetta e non chiesi altro sull’argomento fino al dolce, parlammo d’altro, ma non mollai
– Allora?
Riluttante
– Quel porco ha telefonato a mio padre per avvertirlo che sarebbe venuto, poi non so come ha chiesto di me, in quel momento passavo vicino e lui mi diede il cellulare, voleva un chiarimento, non potevo parlare, avrei voluto gridare tutto quello che tenevo in corpo, ma mi dovetti contenere, non salutai nemmeno e chiusi la telefonata, la sera stessa chiamò sul mio cellulare, disse le solite cose che si dicono in questo caso, disse che stava per separarsi e tante altre cose, prima di riattaccare gli ho detto “Fatti vivo e riceverai una pallottola destinata a te”.
Stavo per strozzarmi, avevo ingoiato un profitterol per intero, provvidenziale fu il bicchiere d’acqua, ero diventato paonazzo, quando ripresi fiato
– E lui?
– E’ sparito!
– Hai fatto bene, certo però che arrivare a…
– Sapeva che l’avrei fatto!
Alzai le mani come per arrendermi e lei scoppiò in una grande risata
– Ecco, sei avvertito!
In quel momento squillò il cellulare, si allontanò dalla tavola e vidi che stava discutendo animatamente, tornò paonazza
– Scusami, devo andare, grazie per il pranzo.
E’ scomparve, lasciandomi senza parole.
Strana la vita, strana quella ragazza, era un mordi e fuggi continuo, cercai di farmene una ragione e nei giorni seguenti inizia a pensare ad un lavoro, si, avevo i soldi dell’assicurazione in banca, avrei potuto proseguire a non far nulla per diverso tempo senza farmene una preoccupazione, ma non era certamente nel mio dna, avevo fatto una scelta, telefonai a Rosa per avvertirla e rimase sorpresa
– Marsiglia, perché?
Sorridendo
– Perché no! Devo cercare una strada, se non ci riesco ritorno da te.
– Ti aspetto!
Si, è vero, avevo detto una bugia, ma era a fin di bene.
E la provvidenza mi diede una mano!
Un giorno mentre stavo facendo la spesa in una pescheria, ammirai il pescato, c’era l’imbarazzo della scelta, pesci di ogni tipo e molluschi giganti, avevo il desiderio di preparare una zuppa mista di cozze e vongole, aggiungendo delle meravigliose fasulare, stavo scegliendo da solo, il proprietario era intento in una conversazione con una persona
– Come sempre del pesce di ottima qualità, complimenti.
– Grazie, peccato che non riesco a raggiungere tante persone, potrei raddoppiare la vendita e spesso a fine giornata, devo congelare una buona parte per venderlo nei giorni successivi.
– E’ proprio un peccato, potrebbero gustare la freschezza del giorno e non accontentarsi di qualcosa di scongelato!
Disse il cliente sconsolato andando via, fu allora che mi venne un’idea, iniziai ad elaborarla attardandomi nei pressi dei banchi di pesce, poteva funzionare, mi dicevo, il locale era ampio, chiusi gli occhi e immaginai la scena, mi piaceva, ma ora dovevo proporla, detto e fatto mi avvicinai al proprietario, guardò il mio cestino pieno
– Che bella scelta, è tutto pesce fresco di giornata, complimenti.
Era il momento
– Grazie, avrei una proposta da farle.
Mi guardò meravigliato e attento
– Prego dica!
Dieci giorni dopo.
Era la sera dell’inaugurazione, ero emozionato, era una prova generale, avevo destinato una cifra per gli arredi e nei cinque giorni precedenti, avevo fatto delle prove sul campo con i dipendenti della pescheria e i loro familiari, avevo previsto cinque postazioni, ad ogni postazione la possibilità di ospitare quattro persone, ognuna era fornita di vaschetta con l’acqua per la pulizia, tagliere, corredo di coltelli e cinque vaschette dove venivano riposti i componenti per creare il condimento, due forni a microonde, grembiuli e copricapo….

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
Buona lettura, la prossima puntata il 16 marzo 2020.

2 Marzo 2020 – Sesta puntata: “Una seconda opportunità” di Araldo Gennaro Caparco

2 Marzo 2020…

Sesta puntata: “Una seconda opportunità”.

…un mio nuovo “romanzo spontaneo sgrammaticato” in diretta web ogni settimana, cinque pagine da condividere con voi!!

Prossima puntata il 9 marzo 2020.

Araldo Gennaro Caparco

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
…segue
La presi alla sprovvista e prima che si coprisse riuscii a vedere una massa di capelli rossi che fuoriuscivano dal cappuccio
– Di sicuro non sono affari miei, ma insisto, cosa ci fai qui sotto?
Non rispose, si girò e mostrò la schiena, chiusi la torcia
– Se questa è la risposta, vado a chiedere spiegazioni al secondo conducente…
Non finii nemmeno di parlare
– No, non lo fare!
Stavolta la voce era insicura girandosi
– Sto andando!
Come un artiglio, sbucò la sua mano da qualche parte bloccandomi
– Ti prego, non ho il biglietto!
Mi stava incuriosendo, questa storia inaspettata, forse anche perché cercavo di non pensare a quello che mi era accaduto qualche ora prima, si scoprì il cappuccio e uscii qualche centimetro da lì sotto, era all’apparenza più giovane di me, volto piccolo pieno di lentiggini, capelli rossi, occhi celesti come il mare, per un attimo i nostri occhi si incrociarono, non sapevo cosa fare dopo
– Potresti essere una terrorista, potresti essere chiunque, no non posso…
– Non sono né l’uno, né l’altra e nemmeno una ladra…
– Questo lo dici tu, a proposito sei appoggiata sul mio borsone…
Come se fosse stata punta da uno spillo, alzò la testa con una certa velocità andando a sbattere sotto il sedile
– Ahi!
Non volendo mi morsicai la lingua e istintivamente cercai di toccarla con la mano
– Ma che fai?
La ritirai immediatamente
– Nulla! Volevo solo controllare che non ti fossi ferita!
– Tranquillo, ho la testa dura, mi chiamo Nina.
Cercai di convincerla con un tono un pochino più dolce
– Dai, esci fuori!
– Ma non posso!
– Perché?
– Stiamo per arrivare a Lione e controllano i biglietti!
Immediatamente distesi la mano, stavolta non fece in tempo a rintanarsi e riuscii a prenderla per un braccio, la sentii tremare
– Lo pago io, dai esci fuori, mi chiamo Rino, non posso sopportare questa tua situazione, dai!
Fece un timido tentativo di ritrarsi, ma poi lentamente uscì con vari contorcimenti aiutata da me, era gelata, si sedette solo per un attimo, le luci blu della notte del bus non erano molto forti, ma finalmente riuscii a vederla, stava tremando
– Grazie, colgo l’occasione per andare in bagno, non ce la facevo più.
E corse verso la toilette, a metà dell’autobus!
In quel momento vidi il secondo conducente alzarsi, stava controllando i biglietti e dopo poco sarebbe arrivato all’altezza del bagno di servizio, mi alzai, raggiungendolo prima che bussasse
– E’ occupato, c’è la mia ragazza dentro, sa è riuscita a prendere l’autobus all’ultimo minuto a Parigi, stiamo andando a Marsiglia e non è riuscita a fare il biglietto, mi dica quanto le devo, lo faccio adesso.
Mi guardò strano, ma la mia disponibilità a pagare fece centro, con una macchinetta di fianco stampò il biglietto e pagai quaranta euro, lo ringraziai e tornai al mio posto, presi il suo bagaglio al di sotto del sedile e il mio borsone e l’appoggiai sopra, passarono diversi minuti prima che arrivasse, era infagottata con le braccia incrociate, fu sorpresa di vedere sopra la sua borsa, un sacco da marinaio, le feci spazio e quando si sedette
– Tieni questo, ti riscalderà!
Le passai un plaid caldo preso nel mio borsone e il biglietto, era meravigliata, senza dire una parola preso il plaid e mi lasciò il biglietto accoccolandosi sul sedile, solo allora
– Grazie, e tu?
– Non ne ho bisogno, ne hai preso del freddo qui sotto, vedrai questo plaid ti riscalderà, è peggio di una stufa portatile.
Sorrise, mi sentii meglio, erano le tre di notte, cercai di trovare una posizione per farla stare comoda occupando meno spazio possibile e dopo poco aveva chiuso gli occhi, feci altrettanto, anche se spesso con un occhio solo e senza farmene accorgere la controllavo.
Non so dopo quanto tempo, sentii il bus che si fermava, mi risvegliai completamente, lei dormiva beata, guardai fuori, eravamo a Lione, l’interfono gracchiò qualcosa e riuscii a capire che era in sosta per un quarto d’ora, guardai l’orologio, erano le quattro di mattina, mancava ancora un’ora e mezzo per Marsiglia, con delicatezza spostai le sue gambe, scendendo.
Non lo nascondo, la scoperta di lei così inaspettata era riuscita a distogliere la mia mente da quello che mi era accaduto, presi un caffè caldo e ordinai, acquistandoli due contenitori per bevanda termici con cioccolata bollente, dormiva ancora quando ripartimmo o almeno così pensavo, dopo qualche minuto
– Dove siamo?
Fui sorpreso
– Ma non dormivi?
– Si, ma mi sono svegliata all’improvviso…
– E…?
– Ho guardato l’orologio, tu non c’eri, ma ho visto il borsone, non ho avuto la forza di alzarmi…
Sorrisi, era impacciata
– Abbiamo lasciato adesso Lione!
Era surreale questo dialogo tra noi due perfettamente sconosciuti, le passai il contenitore con la cioccolata sorprendendola, solo allora, cercò di sedersi per bene
– Ho pensato che ti avrebbe fatto bene!
– Grazie.
Iniziammo a sorseggiarla, poi
– Sai che stavo per uscire qualche ora fa…
Un fascio di luce della strada, la illuminò all’improvviso, vidi i suoi occhi celesti che mi scrutavano
-…perché hai pianto tanto!
Mi spiazzò, mi guardai intorno, volevo dissolvermi nel nulla, pur di non rispondere, ma non era possibile e tutto mi ritornò alla mente, lei si avvicinò, appoggiandosi su una spalla
– Perché?
Sarà stata l’atmosfera o la stanchezza oppure quel gesto di intimità da parte sua iniziai a raccontarle quasi tutto, era molto attenta, almeno quelle volte che riuscii a guardarla in faccia, stava albeggiando e ora potevo vederla meglio, più volte si aggiustò i capelli, le espressioni mutavano all’andamento del racconto, quando arrivai a raccontarle di averli visti e di aver preso l’autobus al volo
– Quindi l’hai fatto…
– …solo per nascondermi, mi sentivo un imbecille e non volevo farmi riconoscere, quando sono salito ho saputo che andava a Marsiglia.
Era senza parole, poi sottovoce
– Sono stata fortunata allora…
E non continuò ma riuscii a sentirla, alla fine
– Bella stronza!
Mi lasciò di stucco, non me l’aspettavo e i suoi occhi lanciavano fiamme!
– Cosa?
Abbassò la testa e divenne più rossa in viso
– Scusami!
Incassai, ma poi a ripensarci per bene, era vero, era stata una stronza, mi sentii liberato, avevo un peso in meno
– E tu? Cosa mi racconti?
La spiazzai, cercò di evitare il mio sguardo, ma forse si rese conto che ero stato sincero e quindi non poteva non contraccambiare, personalmente non mi aspettavo nulla, ero ancora senza fiato al pensiero di aver raccontato quasi tutto ad una bella sconosciuta, si, perché nonostante quegli abiti impolverati, quel cappuccio eternamente calcato sulla testa, aveva un qualcosa di particolare, di diverso, ora la vedevo bene aveva qualche anno in meno a me, delle mani molto curate, nessuna ombra di trucco, un viso che esprimeva fiducia
– C’è ben poco da raccontare, ho detto una bugia a casa per andare a Parigi, da un anno avevo una relazione con un uomo più grande di me, ci vedevamo solo quando veniva a Marsiglia, lui…
Qui si fermò e vidi le mani stringersi a pugno
-…viaggiava molto, volevo fargli un’improvvista…ho detto a casa che andavo ad un corso, ho impiegato un mese per trovare dove abitava e invece l’ha fatta lui a me, la sorpresa, sposato con due figli piccoli, quel maiale, ed io una perfetta imbecille, innamorato di un porco, se lo venisse a sapere mio padre, lo ammazzerebbe prima che potesse dire un amen, si fidava di lui come se fosse stato un parente e alla fine si è rivelato quello che effettivamente era, un depravato.
Era rabbiosa, diventò quasi viola in viso, aggrottò le ciglia e digrignò i denti, sono certo che se l’avesse avuto in quel momento davanti, quell’uomo sarebbe finito in ospedale come minimo, ero senza parole, mi uscì spontaneo
– Azz!
Poi immediatamente
– E lui?
– Per qualche mese avrà qualche problema…
Si fermò guardando verso il mio inguine
– …non potrà più usarlo!
Istintivamente stavo per portare le mani all’inguine, mi fermai giusto in tempo, ma strinsi così forte le gambe senza rendermi conto del un suo piede sul mio, il risultato fu una sua risata di gusto, tanto forte, le vennero le lacrime agli occhi.
Oramai eravamo arrivati, non so se fosse stata una mia impressione ma entrambi senza parlare aspettammo che fossero scesi tutti e poi ci avviammo lentamente verso l’uscita, faceva freddo, l’aria gelida del mattino ci accolse, eravamo solo noi alla stazione dei bus, gli altri già erano andati via, riparammo dietro ad uno dei piloni della stazione
– Dove sei diretto?
Lei ruppe il silenzio imbarazzante che si era creato
– Non lo so!
Era meravigliata, non rispose, poi….

Buona lettura, la prossima puntata il 9 marzo 2020.

Sogni.

“Chi sogna, non è mai solo!”

Araldo Gennaro Caparco