23 Marzo 2020 – Nona puntata: “Una seconda opportunità” di Araldo Gennaro Caparco

23 Marzo 2020 – Nona puntata: “Una seconda opportunità” di Araldo Gennaro Caparco

Nona puntata: “Una seconda opportunità”.

…un mio nuovo “romanzo spontaneo sgrammaticato” in diretta web ogni settimana, cinque pagine da condividere con voi!!

Prossima puntata il 30 marzo 2020.

Araldo Gennaro Caparco
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…La luce scomparve all’improvviso e l’uomo con una scarpa premeva forte sul torace
– Non ce l’ho più!
La stretta della scarpa si allentò
– Menti!
Sentivo il sangue in bocca, gridai
– No!
Sempre in inglese
– A chi l’hai data?
Stavo per perdere i sensi, non riuscivo a ricordare, la scarpa continuava ad affondare, mi toglieva il respiro, annaspavo, cercai di allontanarla con l’altra mano, senza nessun esito
– Parla, a chi?
Non riuscivo a ricordare, poi un lampo, un ricordo all’improvviso
– Caprì, il generale Caprì!
Un’imprecazione e poi…
… tutto successe in un attimo, ricevetti un calcio nel torace mentre si sentiva il rombo dell’avvicinarsi di un elicottero, un faro di luce illuminò a giorno l’auto, fui catapultato fuori dalla macchina e finii direttamente sbattendo la testa su un pilastro di cemento, quello per evitare che le auto potessero parcheggiare, sentii lo sgommare di ruote delle auto e l’elicottero che le seguiva, un dolore violento alla fronte e sangue che continuava a colare dal naso, sirene in lontananza, la vista si annebbiò e tutto fu buio.
– Posso entrare?
– Lei chi è? Lo conosce?
– Sono la sua fidanzata e…
– E’ in uno stato confusionale, l’abbiamo medicato, ha due costole incrinate e il colpo che ha preso in testa ha procurato un vuoto di memoria, continua solo a ripetere “Nina, Nina” e null’altro.
– Oddio, sono io Nina!
Una mano sulla fronte, sensazione di freddo, testa fasciata, torace fasciato, apro gli occhi…
…una visione, una ragazza, una montagna di capelli rossi arruffati, mi sta accarezzando, com’è bella, sorride, ma il viso esprime altro, preoccupazione, incrocio i suoi occhi, scende una lacrima
– Chi sei?
Stupore, apprensione,meraviglia si fondono in un attimo, il volto si rattrista
– Nina!
Cerco di sollevarmi, non ci riesco, quel nome è l’unico che ho in testa, ma non so chi è, mi volto dall’altra parte, mi vergogno, mi sento svuotato, lei continua
– Sono io, Rino sono Nina!
Dolcemente con l’altra mano mi fa girare, stavolta sono io che ho le lacrime che scendono copiose
– Non ricordo nulla!
Il cuore iniziò a pulsare all’impazzata, la macchina segnalava il mio disagio, mi martella, non lo sopporto, sento il sangue sale, sale, chiudo gli occhi, sento il suo urlo
– Aiuto!
E nulla più!
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
– Oddio!
Vedevo quelle persone che lo manipolavano, prima di svenire era riuscito a prendere la mia mano e la teneva stretta, mi mancava l’aria, ma che ci facevo qui?
– Si sposti signorina.
Era un medico, mi guardava strano
– Non posso, la sua mano!
Esclamai ad alta voce, immediatamente mi sciolse da quella stretta micidiale, mi allontanai di qualche metro, quando l’avevo visto poco prima nel ristorante all’improvviso, il cuore era salito in gola, tante volte ero sul punto di chiamarlo, ma mio padre mi teneva sotto osservazione, qualcuno, la sera in cui lo lasciai di punto in bianco al ristorante la Costa D’Oro, mi aveva visto a Parigi con il suo fidatissimo cliente e glielo aveva detto, quella sera ci fu una scenata epica, urla e grida da parte sua, terminata con una telefonata bollente, al suo cliente ed io…reclusa in casa e guardata a vista.
Dopo molti giorni, solo quella sera, mi diede il permesso di uscire, era addolorato, ero l’unica figlia, mia madre era morta pochi anni prima e lui non riusciva a credere che avessi fatto quella cosa alle sue spalle, tradendo la sua fiducia, conoscendolo avevo accettato dopo proteste e pianti, di essere reclusa a casa, lo avevo fatto per affetto, vedendolo sconvolto e proprio in quei giorni pensavo a quella persona incontrata per caso su un autobus e forte era il desiderio di chiamarlo, ma non ci riuscivo per due ragioni, la prima che non potevo vederlo e la seconda che lui non poteva venire a casa da me, pena l’ira di mio padre.
Quando mi chiese aiuto, non mi domandai nulla, non appena fu uscito dal retro del locale, chiamai quel numero
– Pronto
– Sono Nina, il numero me l’ha dato un mio amico Rino, mi ha detto di dirvi che è in pericolo.
Dall’altro lato, nessuna sorpresa, ma solo due domande
– Dove? Mi dia l’indirizzo!
E riagganciò!
Da lontano notai tutta la scena, c’erano delle persone che l’avevano preso sottobraccio, fu portato in un auto, avevo paura per lui senza sapere il perché, ero sul punto di uscire fuori per raggiungerlo ma dovevo avvertire mio padre, non riuscivo a trovarlo, era con dei clienti, stravolta tornai in cucina, le auto erano sempre lì, dopo poco il rumore di un elicottero che arrivava e quasi contemporaneamente lui fu scaraventato fuori dall’auto centrale, uscii fuori, le auto scomparvero sgommando e con il cellulare in mano, vedendo da lontano che non si muoveva, chiamai il servizio d’emergenza, arrivammo quasi in contemporanea io e l’autoambulanza, lo misero su una lettiga, volevo salire, ma non mi diedero il permesso, ritornando verso il locale, un cameriere mi disse che lo aveva visto scendere da un furgone lì vicino, mi avvicinai, c’erano ancora le chiavi nel cruscotto, una busta con dei soldi sul sedile di guida e un portafogli con altre chiavi, automaticamente li presi e mi avviai alla mia auto per andare in ospedale, mettendo tutto al sicuro nella mia borsa.
Arrivammo quasi contemporaneamente, non ascoltando le proteste l’auto era dietro l’autoambulanza raggiunsi la lettiga, fui bloccata da un agente di guardia
– Lei chi è?
Senza pensarci due volte
– E’ il mio fidanzato, lasciatemi passare!
Urlai, si fece da parte, c’era una porta che si stava chiudendo , l’aprii…
…ed ora sono qui in un angolino, squilla il cellulare
– Pronto, Nina dove sei?
Era mio padre, non potevo dirgli una bugia erano le quattro del mattino, certamente qualcuno l’aveva avvertito di quello che era successo fuori dal ristorante, no, non potevo inventarmi una scusa
– In ospedale…
Silenzio
– Arrivo!
Oddio!
Vedo i medici indaffarati, ma lui non si sveglia, un infermiera, risponde al telefono della stanza, mi fa cenno di uscire dalla stanza, non vorrei, esco, e…
…ci sono tre uomini sulla porta, il più anziano, mi prende per mano
– Venga!
Siamo nella sala d’aspetto completamente vuota, uno dei tre si avvia alla macchinetta per il caffè, la mano di quell’uomo è ghiacciata
– Chi siete?
– Sono Giosef quella persona a cui ha telefonato!
Mi portano il caffè, non solo per me, quei due si spostano, uno all’ingresso e l’altro fuori la porta dove è stato portato Rino, in silenzio sollecitata da quell’uomo, sorseggio il caffè, ogni tanto guardo verso quella porta, vorrei stare lì
– Non si preoccupi, verrò avvertito appena si riprenderà…
Aveva seguito il mio sguardo
– Ho paura per lui, i medici mi hanno detto che ha un vuoto di memoria ma che continuava a gridare un nome, il mio…
Con fare paterno, la voce si è addolcita
– Evidentemente è stato l’ultimo ricordo impresso nella mente, mi vuole raccontare come ha fatto ad avere il mio numero di telefono?
Ero meravigliata, ma mi sentivo più tranquilla e così iniziai a raccontare, ero quasi alla fine, sento un vociare all’ingresso, mi girai, era mio padre e quell’uomo non lo faceva passare
– Papà!
Solo un cenno della testa e
– Nina, ma che cosa è successo? Chi è quest’uomo? Come stai?
Era preoccupato, l’abbracciai
– Sto bene, non ti preoccupare, questa persona è un amico di Rino…
Meravigliato
– E chi è Rino?
E lui
– Mi chiamo Giosef e sono un capitano dei carabinieri, ecco il tesserino.
Sgranò gli occhi
– Mia figlia?
– Stia tranquillo, non siamo qui per lei, ovvero, è stata proprio lei che ci ha chiamato…
La situazione era tragicomica, vedevo mio padre guardare alternando me e lui e poi l’uomo che aveva impedito l’ingresso, si mise le mani in faccia
– Non capisco più nulla!
Arrivo un medico, ci alzammo, rivolto a me
– Signorina, siamo riusciti a risvegliarlo, ma era troppo agitato, ha detto frasi sconnesse e chiesto più volte di lei, abbiamo detto che eravate assente per la deposizione dai carabinieri, solo allora si è calmato, ma abbiamo deciso di fargli un tranquillante, ora riposa, tra qualche ora potrà lasciare l’ospedale al suo risveglio.
Non riuscivo a crederci
– Grazie dottore!
Mi lasciai andare pesantemente sulla sedia
– Allora?
Era mio padre, squillò il cellulare del capitano, si spostò per rispondere
– Ora ti racconto!
Nell’ascoltare il racconto, mio padre rimase senza parole, mi fermò solo quando raccontai dell’autobus
– Come senza soldi?
Lo guardai stizzita ora per allora
– Ti sei dimenticato che avevi bloccato tutte le mie carte di credito per farmi ritornare il prima possibile da Parigi?
Abbassò la testa, alla fine
– Quindi lui non sa chi sei?
– No
– E tu che sai di lui? Cosa fa qui a Marsiglia? Te l’ha detto?
Mio scappò una risata nervosa, se ne accorse, stavo per scoppiare, in quel momento si avvicinò il capitano
– Devo andare, sembra che quei delinquenti siano stati bloccati al confine, alla stazione dell’Eurostar per l’Inghilterra e si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, mi dispiace, vorrei esserci quando si risveglierà.
Mio padre
– Ma è un delinquente?
E guardò verso il corridoio dove si trovava l’altro uomo di guardia, si girò e ammutolì, il capitano serissimo lo fissò negli occhi
– Assolutamente no! Ne avessi di persone come lui…
E in modo conciso raccontò quello che era successo a Parma, rivelando delle cose che Rino non mi aveva detto, concluse con
– Ha perso tutto a Parma!
Eravamo allibiti
– Signorina può farmi la cortesia di avvertirmi del suo stato di salute?….
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prossima puntata il 30 marzo 2020…buona lettura

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