Archivio annuale 2023

31 Dicembre 2023 – A.G.M. – Affetto Geneticamente Modificato

2022, otto anni dopo.

Sono all’aeroporto di Capodichino, devo fare solo due fermate, il tempo di passare a via Posillipo dal Notaio e al Cimitero Monumentale di Poggioreale.

Chi l’avrebbe mai detto?

Tornare a Napoli dopo otto anni passati negli Stati Uniti, mai avrei immaginato di trovarmi qui adesso, esco e l’afa del mese di giugno mi coglie impreparato…

già…

… oramai sono abituato a vivere in ambienti con l’aria condizionata a palla e tra un trasferimento e un altro in aerei dove bisogna indossare il golfino anche d’estate per le temperature basse nell’abitacolo.

Mi avvio verso la postazione dei tassì e dopo un attimo mi trovo a guardare con occhi diversi la mia città, già quella da cui mi sono allontanato dopo la morte della mamma, il cuore si stringe al suo ricordo, era una mattina di fine giugno, prossimo alla fine dell’anno scolastico e lei professoressa nel Liceo più conosciuto e invidiato di Napoli, la mattina mi aveva salutato dicendo

– Allora, nel fine settimana andiamo a Sorrento, sei con noi?

Disse rivolta verso mio padre, immerso nella lettura del giornale

– Alfio, mi hai sentito?

Spostò la pagina degli esteri

– Ma certo cara, andiamo a Sorrento!

Soddisfatta si rivolse verso di me

– E tu?

L’adoravo e nonostante la mia età, quasi ventidue anni, ero innamorato di quella donna, forte e energica quando ci voleva, dolce e mamma sempre

– Si mamma!

Venne per darmi un bacio sulla fronte

– Oggi…

– Vado a ritirare la tesi rilegata a Portici e la deposito in segreteria per la seduta di laurea, la prossima settimana.

Mi abbracciò

– Non posso crederci, hai bruciato tutte le tappe, e poi…

La guardai contento e riposi

-…si vedrà!

Solo allora mio padre spostò il giornale

– Lo sai che potrei darti una mano, vero!

Già, mio padre lavorava presso l’Ambasciata Americana a Napoli come addetto stampa, più volte mi aveva esortato a fare domanda per uno stage all’estero ed io gli avevo sempre risposto

“ Dopo la laurea.”

Ma adesso era il momento, ero prossima alla seduta di laurea, non potevo rimandare oltre

– Farò domanda papà!

Soddisfatto, si alzò e si diresse verso la sua scrivania, prese un foglio e me lo portò

– Se vuoi firma qui.

Lo guardai sorpreso e lui

– Ero certo che avresti accettato!

Vidi la mia richiesta già pronta e senza tentennamenti firmai.

Lui soddisfatto

– Verrà registrata oggi, auguri figlio mio.

Guardai mamma interrogativamente

– Sapevo già tutto!

Mi alzai per abbracciarli e poi come i grani del rosario uscimmo di casa in tre…

…non sapevo quella mattina che a fine della giornata…

… saremmo rimasti in due!

Nascosi il viso, le lacrime scendevano senza che io potessi fermarle, il tassista se ne accorse

– E’ da tanto tempo che manca da Napoli?

Era l’anima dei napoletani, il loto istinto, il desiderio di confortare una persona che sta piangendo seppur sconosciuta, annuii e lui soddisfatto

– E’ bella la nostra città, unica al mondo.

Non poteva sapere cosa mi stesse passando per la testa, ma era contento delle sue parole, lo lasciai fare, la prima fermata fu dal Notaio, chiesi di attendermi al tassista, il tempo di salire e ritirare delle chiavi e scesi, appena entrato

– Al Cimitero di Poggioreale per favore.

La sua faccia lasciva trasparire tutto il suo stupore, ma poi riprendendosi con una certa riverenza

– Subito, signore!

Quando arrivammo, guardai l’orologio non appena uscii dall’auto, avevo solo mezzora prima di prendere il prossimo aereo

– Potrebbe attendermi, ho un volo tra poco.

Stupito

– Già riparte?

Era leggermente deluso

– Si, mi attendono a Bari stamattina.

Aveva gli occhi stralunati

– Certo!

Volevo pagare in anticipo la corsa già effettuata, ma lui

– Mi offendete signore, ci vediamo dopo.

E mi aprì il cofano.

Presi una sacca delle due che avevo con me e non potetti fare a meno di guardarlo

– Posso aiutarla?

– No grazie, devo depositare una cosa e torno.

Quando arrivai alla Cappella della mia famiglia, non avevo più saliva, aprii con le chiavi e tolsi dalla sacca l’ulna con le ceneri di mio padre depositandole nella cripta di fianco a quella di mia madre, tutto era già stato scritto sulla lapide, cercavo di non guardare la tomba di lato, avevo paura di sentirmi male, poi mi feci coraggio e ad alta voce

– Ecco, era quello che avevi desiderato, riposare in pace vicino a lei!

Baciai le due lapidi, e

– Mi raccomando da lassù proteggetemi, adesso sono proprio solo!

Il ritorno verso l’aeroporto fu silenzioso e il tassista nulla mi chiese, ma quando fu il momento di pagare

– Dottore, pagatemi solo la prima corsa…

Rimasi stupito

-…quell’andata al Cimitero la offro io.

Ero senza parole, lo pagai e gli lasciai una mancia notevole

– Grazie.

Ci abbracciamo come fanno due persone che si conoscono da tanto, mi lasciò scivolare un biglietto da vista in tasca e

– Vi ho seguito alla Cappella, ero preoccupato con quella borsa in mano, poi ho capito, per qualsiasi cosa, che so, un fiore, una messa, contate su di me!

Ci stringemmo la mano vigorosamente, avevo le lacrime che scendevano, non mi aspettavo tanta attenzione da uno sconosciuto, per un attimo mi ero dimenticato di essere in un luogo dove tutto può accadere…

…Napoli…

– Grazie per tutto, ci risentiremo presto.

E mi avviai all’imbarco…

… destinazione Bari!…

…segue…

Non sono uno scrittore ma un “sognatore narrante” e questi sono i miei sogni riportati sotto forma di E-Book.
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30 Dicembre 2023 – Un evento indimenticabile!

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Un vecchio detto recita “L’uomo propone e Dio dispone”!

Non sono mai stato un amante dei detti o dei proverbi, ma nella vita non mi aspettavo di dovermi ricredere presto, all’età di trent’anni, dopo aver conseguito una laurea in economia e commercio e un master in Scienze della comunicazione, ero certo della strada che avrei dovuto iniziare di lì a poco.

Presentai il mio curriculum alle più prestigiose Università, a tempo di record, fui contattato dalla prestigiosa LUISS di Milano proponendomi un contratto a tempo indeterminato e dopo i primi sei mesi di prova, una cattedra a tempo pieno.

Ero euforico, avevo tanto studiato, mi appassionava quella materia più delle altre e con dodici pubblicazioni e un meritato centodieci con lode e menzione d’onore dell’Università La Sapienza di Roma, ero certo di poter contribuire nell’insegnamento universitario e trasmettere quella mia stessa passione agli studenti.

Ma!

Già, c’è sempre un ma, nella vita!

La mia famiglia gestiva un’azienda di ortofrutta, acquistava e rivendeva beni  di eccellenza del nostro territorio campano dal mercato ortofrutticolo e da produttori privati su una vasta area della Regione Lazio, la nostra sede era nell’alto casertano, quasi al confine con il mare laziale, avevamo a quell’epoca trenta dipendenti, mia madre gestiva la contabilità e mio padre invece gestiva gli acquisti e la logistica dei corrieri.

Già, avevamo i nostri corrieri, venti persone fidate con dieci furgoni frigoriferi, i quali giornalmente raggiungevano decine di ristoranti per rifornirli di una vasta gamma di frutta e verdure già pronte per essere utilizzate, si questo era il nostro punto di forza, nulla andava sprecato, le verdure erano sfrondate, pulite e preparate in apposite vaschette sotto vuoto, già pronte per essere utilizzate dagli Chef e  ad un costo contenuto, con un prodotto a chilometri zero e la frutta era sempre fresca di stagione….

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29 Dicembre 2023 – L’Orchidea Nera, il fiore conteso! – Romanzo inedito di Araldo Gennaro Caparco

– Pronto?

– Beniamino sei tu?

Il cellulare mi scappò dalla mano rovinando a terra, poche persone mi chiamavano con il mio vero nome e

– Andrea, cos’è successo?

Ecco quello che accadde quel giorno inaspettatamente …

…e…

… il giorno dopo ero sull’aereo per l’aeroporto Fontanarossa di Catania.

Cosa era successo?

– So che sei a Roma, ma ho un problema in fabbrica…

Pausa

– Quale?

Mi raccontò che un’azienda che stava costruendo un albergo a Misterbianco, aveva proposta una commessa di oltre diecimila metri quadri di piastrelle, ma non era stata una richiesta generica, volevano un tipo particolare di piastrella, denominato “rustica” come quelle che avevano tappezzato la Chiesa di Santa Chiara su richiesta della Confraternita, era la Chiesa e la Santa venerata da mia madre e in suo onore mio padre che era un artigiano e conosceva tutti i segreti di miscelazione e di cottura per le piastrelle, inventò quel tipo di piastrella rustica, con una particolarità, era ad uno strato superiore argilla/marmorizzata ed erano stupende e furono apprezzate da tutti

– Capisci, vogliono solo quella e null’altro…

Non riuscivo a capire, ma non dissi nulla per farlo continuare a parlare

-…la “rustica” come tu sai non è da tempo nel nostro catalogo perché mio padre pochi anni prima di morire aveva chiuso quella linea di fabbricazione dopo il pensionamento di tuo padre…

Al ricordo strinsi talmente forte il cellulare…

… già, mio padre…

… aveva lavorato per quarant’anni in quella fabbrica e dopo la morte di mia madre si era reso conto che era arrivato il suo momento di andare in pensione e quando venne a conoscenza della chiusura di quella linea di produzione poco dopo, ci rimase molto male per quella macchina che aveva curato come una figlia, si chiudeva definitivamente il suo percorso, lui la chiamava affettuosamente la “bestia” e dopo qualche anno raggiunse sua moglie in cielo

– Beniamino, ci sei?

Volevo quasi urlare, ma non potevo, io e Andrea eravamo cresciuti insieme, eravamo come fratelli, dovevo mantenere la calma

– Si ci sono, anche se il ricordo…

E mi fermai…

Lui capì

– Lo so, fratello mio, ma è proprio per questo che ti sto chiamando, ho trentuno dipendenti e questa commessa è come la manna dal cielo, ho cercato di far cambiare idea, ma loro hanno detto che mi pagheranno il doppio di quello che chiederò…

Ero perplesso

– …Andrea…cosa vuoi da me?

Pausa

– …solo tu conosci quella macchina!

Stavolta il cellulare volò di mano

-…ma che cavolo dici?…

– La verità, ti prego aiutami!

Non riuscivo a rispondere, in quel momento chiudendo gli occhi, vedevo mio padre che mi insegnava ad usarla ed ero molto giovane, ora a distanza di quasi quindici anni, quel ricordo mi fece tremare

– Tu sei pazzo!

Esclamai, quasi urlando e lui quasi quasi sottovoce

– Forse! Ma vedi ci abbiamo provato, ma non c’è stato nulla da fare, ho chiamato anche Berto…

E si fermò…

..un flash…

…Berto era il migliore amico di mio padre, compagno di briscola e operaio con lui nella fabbrica per quarant’anni, con un groppo alla gola

– E…

Fece una pausa lunga

-…alla fine dopo averci provato,  mi ha detto “…solo Beniamino può farla funzionare…anche se è stata ferma da tempo…lui e il padre passavano ore qui vicino…”…

Chiusi gli occhi e una lacrima scese lungo il viso

-…come tu sai tra sei mesi mi sposo, Perla è figlia di un gioielliere ed è un’affermata disegnatrice di gioielli anche all’estero e io sono abbastanza solido finanziariamente con quello che mi ha lasciato mio padre…ma quelle trentuno famiglie sono il mio chiodo fisso…non vorrei che finissero in mezzo ad una strada…fallo per me…e…

Pausa

… per loro!

E mi convinse!

Quando avvisai il mio superiore, il Colonnello Gisfa, era il mio superiore nel Corpo di cui facevo parte i carabinieri della sanità in qualità di capitano, in attesa di essere promosso maggiore tra qualche mese, stranamente non fece nessun commento, mi diede una settimana di ferie, fu molto strano, ma galvanizzato dalla partenza e dalla sfida che mi aspettava, non ci feci caso…

…e qui sbagliai di grosso!

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Mi trovavo in un capannone di ottanta metri quadri, qui c’era solo la “bestia” come la chiamava mio padre e il forno adiacente, era una macchina che preparava e livellava le piastrelle prima di infornarle, bastava un nonnulla per fare lo scarto e buttare all’aria metri di piastrelle, quando arrivai, venne Andrea a prendermi con l’autista, era raggiante, ci abbracciammo

– Grazie, non so dirti altro!

Ricambiai con affetto, ero emozionato, l’ultima volta che eravamo stati insieme risaliva a cinque anni prima, risposi all’abbraccio e

– Andiamo alla fabbrica!

Non aspettava altro, quando arrivammo, non avevo dubbi per chi mi stesse aspettando, era Berto, sorrise soddisfatto

– Finalmente!

Entrammo e…

…gli occhi si appannarono, era tanta l’emozione e mi assalirono ricordi di una vita, fu Berto a distogliermi

– Abbiamo tentato, abbiamo provato, ma il forno è perfettamente funzionante, ma la livellatrice no…

Si fermò sconsolato

-…abbiamo già buttato un quintale di materiale, alla fine mi sono arreso.

Mettendo una mano sulle sue spalle, lo scrollai

– Proviamo, che dici?

Mi guardò come se fossi un alieno, ma i suoi occhi brillavano

– Si, facciamolo!

Seguirono due giorni molto intensi, pur essendo ospitato a casa di Andrea, non riuscii a vedere ne la sorella Enrica, ne la madre Sara, alle cinque già ero in fabbrica e lì mi raggiungevano Berto e due operai, avevo controllato tutti gli ingranaggi superiori, valutata la quantità di argilla e l’umidità necessaria e la polvere di marmo, ma quando…

…provammo…

…fu un disastro!

Così il primo giorno e anche il secondo, riprovammo per tutto il tempo e distrutto tornavo a casa con Andrea a notte inoltrata, un bicchiere di latte al volo e poi a letto.

Ma il mattino del terzo giorno…

…un poco per la stanchezza, un poco perché mi sembrava scortese non salutare chi mi ospitava, mi attardai ad alzarmi, mi ero già vestito dopo una doccia prolungata quando sentii bussare alla porta

– Avanti!

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– Dottoressa buongiorno.

Era il titolare della gioielleria, mi accolse con un sorriso a quarantadue denti

– Buongiorno…

Risposi rispondendo la sorriso

-…proprio non riuscite a chiamarmi per nome, vero?

Divenne rosso

– Deformazione professionale, scusatemi, vi chiamo subito mia figlia, Perla vieni c’è la dottoressa…

E scomparve nel retrobottega, in un attimo uscì fuori Perla, era una donna che poteva avere qualche anno in meno, ma dotata di una vitalità unica

– Idra, finalmente!

Esclamò, mi prese per mano

– Vieni!

Salimmo delle scale al centro del negozio, eravamo nel suo mondo, il suo laboratorio, era raggiante

– Chiudi gli occhi!

E mi fece sedere su una poltrona al centro della stanza, sentivo che stava trafficando con un tavolino e poi

– Adesso, apri!

Portai le mani alla bocca per non urlare, era tanta la meraviglia, davanti a me sul tavolino c’era una striscia rossa di raso con sopra due contenitori d’avorio e…

…dentro due anelli…

…li guardai…

– Ma sono stupendi!

Mi alzai di scatto per abbracciarla

– Sei stata fantastica!

Le brillavano gli occhi

– Tu hai avuto l’idea e io non ho fatto altro che metterla in pratica.

Guardavo i contenitori illuminati da un led ognuno, erano proprio come me li ero immaginati, su ognuno in rilievo c’erano due colombine, una aveva il solo occhio visibile in verde e l’altro in celeste

– Ma come ci sei riuscita?

Gongolava

– Mi hanno fatto penare parecchio, ma come sai sono testarda e dopo diverse prove, eccoli, gli anelli nuziali per il quarantacinquesimo anniversario del matrimonio dei tuoi genitori adottivi.

Una lacrima scese dolcemente sul mio viso, già, i miei genitori adottivi che mi avevano curato e diretta nella vita per oltre trent’anni, prima di…

…asciugai la lacrima…

… ero imbarazzata, lei se ne accorse e mi porse i due anelli per distrarmi

– Sono tutti tuoi!

Li baciai ad uno ad uno e poi come una reliquia li rimisi a posto

– Sei stata fantastica, aveva ragione il Rettore quando mi ha indirizzato qui da te, mi disse ”…solo una persona può esaudire il tuo desiderio…Perla…”, e aveva ragione.

Mentre lei disponeva i cofanetti in un contenitore bianco immacolato, mi ricordai la prima volta che ero entrata un mese prima nel negozio, lei era da sola, intenta a fare un cruciverba, non appena si chiuse la porta d’ingresso, nascose il cruciverba

– Desidera?

Divenne paonazza quando vide che cercavo di vedere quello che aveva nascosto

– Desidera?

Raschiandomi la gola

– Sono venuta da parte del Rettore Desiderio…

Si illuminò

– Allora lei deve essere quella persona che vuole un anello particolare…

E così dicendo si spostò dal bancone per venirmi a salutare e in quel momento cadde il cruciverba che aveva sulle gambe, fui più veloce di lei e lo preso tra il suo imbarazzo…

…guardai e per finire mancava una sola parola…

…lei mi sbirciava…dopo aver letto la domanda…

– …schiaccianoci…

Mi guardò

– Cosa?

Prese il giornale e…dopo aver controllato

– Giusto, per la miseria…

Guardandomi

– Grazie!

E da allora iniziammo a frequentarci, spesso ci ritrovavamo a fine serata, sorseggiando un aperitivo o a fare dei cruciverba insieme, come un fiume in piena, mi raccontò nel tempo tutta la sua vita, mi disse che fra sette mesi si sarebbe sposata con l’uomo della sua vita Andrea, voleva tanti figli, amava sua suocera Sara e sua cognata Enrica  anche se lei le aveva confidato che presto sarebbe andata in Scozia dal suo fidanzato e che non si sarebbe sposata a Misterbianco, poi

– E tu?

Fui presa alla sprovvista

– Stendiamo un velo pietoso!

Non mi chiese più nulla e di questo le fui grata, le raccontai l’idea regalo che volevo fare ai miei genitori e fu entusiasta, ecco, adesso c’era riuscita, era al settimo cielo.

– Idra?

Mi risvegliai, era lei che mi stava porgendo il bauletto

– Scusami!

– Di nulla! Senti perché stasera non vieni con me, ti faccio conoscere il mio futuro marito Andrea, vuoi? Mi farebbe piacere!

Disse quasi sottovoce, non ero nell’animo giusto, ma non potevo e non volevo che rimanesse male ad un mio rifiuto

– Perché no!

Lei

– Grazie, ti veniamo a prendere alle venti, va bene?

– Si, ma dove andiamo?

E lei strizzando gli occhi

– E’ una sorpresa!

Scendemmo, pagai con la carta di credito gli anelli e rivolto al padre

– Avete una figlia meravigliosa, talentuosa e sensibile!

E lui, commosso, si abbassò sotto al bancone e ne uscì con un raccoglitore

– Lo so bene, grazie, ecco questo è per lei, ci sono alcune fotografie dei posti qui intorno dove Perla ha studiato per farvi quegli anelli!

Perla

– Ma papà!

E lui abbracciandola

– E’ una sorpresa per la dottoressa!

Rispose all’abbraccio nascondendosi nel suo torace per la commozione e io uscii da lì emozionata e commossa da tanto amore.

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– Avanti!

Ma nessuno rispondeva, mi alzai ad aprire la porta e una donna mi abbracciò tra il mio stupore, quasi non la riconoscevo, era Enrica la sorella minore di Andrea

– Ma come diavolo…

Dissi, e lei ridendo

– Non mi hai riconosciuta, vero?

– Certo che no! Cinque anni fa ho lasciato una ragazzina che compiva i diciotto anni e oggi ti ritrovo donna…

Pausa

-…e che donna!

Divenne paonazza

– Grazie!

Ci accomodammo sul letto con le mani intrecciate

– Sono contenta di averti rivisto.

– Anch’io, so da tuo fratello che stai per partire per la Scozia…che ti sei laureata in veterinaria con il massimo dei voti…e… ora vai a curare i cavalli scozzesi…

Sorrise

-…si, me l’ha detto, vuoi sposarti lì, ma perché?

Appoggiando la sua testa sulla mia spalla

– Lo so di dare alla famiglia un dispiacere, ma il mio lui non voglio sradicarlo dalla sua città, lo amo e lui ama me, alleva cavalli e io posso fare quello che mi piace, la veterinaria, ha una scuderia invidiata da tutta l’Inghilterra e seppure mi ha detto che mi seguirebbe ovunque, so, che è legato alla sua terra e io di contro, per amore, rimarrò con lui.

L’accarezzai la guancia

– Segui il tuo cuore!

Mi guadagnai un bacino sulla guancia, poi diventò seria

– Che c’è?

Girò il viso da un’altra parte

– Enrica?

Dissi spostando il viso verso di me

– Volevo vederti, ma non è solo per questo che sono salita…

Tentennava

– …mi ha chiamato Marmo…

Mi irrigidii, lei se ne accorse, era il nomignolo di un ex amico nostro Filippo

-…no, non è per me…

Mi rilassai

-…vuole parlare con te, ma non vuole farsi vedere da mio fratello, sai, quei due non si sopportano…

Fece una pausa

– … come sai bene.

Si fermò e d’un tratto mi ritornarono alla mente noi tre, inseparabili, fino a quando Filippo detto Marmo, il suo nomignolo era per la sua espressione facciale, impenetrabile, era fidanzato con Enrica, ma al suo diciottesimo compleanno la lasciò spezzandole il cuore, quello che successe nella notte, fu una scazzottata tra Andrea e lui, poi cacciarono i coltelli, dovetti sudare sette camicia per staccarli e da allora erano nemici giurati

La guardai, era in attesa

– E…

– Ti aspetta all’uscita posteriore della villa, ha detto che è importante.

Così dicendo si alzò, mi diede un bacino sulla fronte

– Ci vediamo dopo!

Quando uscì, sferrai un pugno sul materasso, ero combattuto se andare o non andare, poi decisi, dopo poco ero fuori nel giardino

– Ben sono qui!

Riconobbi la voce e mi avviai verso la magnolia, quella grande nel giardino dove da ragazzi noi tre giocavamo…

…uscì fuori…

…non era cambiato per nulla solo i capelli erano brizzolati…vestito sempre perfettamente, si avvicinò, avevamo la stessa età

– So che sei sorpreso, sono certamente l’ultima persona che ti aspettavi di vedere…

Non dissi nulla, lo guardavo diritto negli occhi

-…sono contento di rivederti e so perfettamente a cosa stai pensando, ma non sono venuto per litigare…

E si fermò

– Perché sei venuto?

Si meravigliò, non se l’aspettava, divenne serio, anzi troppo serio

– …sono venuto per darti un messaggio…

E si fermò

– …stamattina verrai contattato per una missione…

Alzai la testa

-…si so bene chi sei e cosa sei diventato…sei un esperto nella ricerca degli idrocarburi e dei materiali nocivi della sanità dei carabinieri…sono stato avvertito…ascoltami…accetta quell’incarico che ti verrà proposto…

Stupito

– Cosa?

Era in difficoltà

– …non posso essere io a spiegartelo, ma sono venuto per anticiparti che io sono dalla tua parte e già da un mese sono coinvolto con i miei uomini in questa operazione…

Si fermò e stava per andarsene, quando si girò all’improvviso e appoggiò qualcosa sul ramo più vicino

-…questo cellulare ha un solo numero in rubrica…il mio…in qualsiasi momento puoi chiamarmi…addio.

E scomparve!

A me stesso non potevo nasconderlo, vederlo dopo tanti anni mi aveva fatto una certa impressione, il mio primo impulso era stato quello di abbracciarlo…

…nonostante tutto…ma adesso…

…cos’era questa novità…

…un incarico?…

…e chi mi avrebbe dovuto contattare?…

Mi avvicinai all’albero e Filippo aveva lasciato un cellulare, guardai la rubrica…

…c’era solo un numero “amico”!

Lo misi automaticamente in tasca e interdetto mi stavo per avviare dentro casa quando squillò il mio cellulare

– Pronto?

Riconobbi la voce e per poco non mi veniva un infarto, era il mio colonnello

– Colonnello!

Con voce pacata

– Come procedono i lavori alla fabbrica?

Stupito

– Sono alla ricerca del problema…

Stavolta con un tono diverso, più consono alla sua figura

– Mi ascolti bene maggiore…

Maggiore?

-…ero al corrente di un caso a Catania, non sapevo chi inviare della squadra poi è venuto lei con il problema della fabbrica dove aveva lavorato con suo padre in gioventù  a Misterbianco prima di arruolarsi, ho chiesto l’autorizzazione al Generale e mi ha dato via libera…

Pausa

-…solo a lei potevo proporre una missione simile…

…segue…

 

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28 Dicembre 2023 – Le clienti di Bibò! – Romanzo inedito di Araldo Gennaro Caparco

La vita è strana, la vita è bella, ma la vita è anche piena di sorprese e quando meno te l’aspetti…

“Che ci faccio qui?”

Ecco quello che pensavo quel pomeriggio assolato d’agosto, ero su una jeep guidata da un sessantenne loquace parlava, parlava e non la smetteva più, mi stava descrivendo luoghi a me sconosciuti, dopo l’autostrada mi stavo guardando intorno, solo campagna e poi campagna, ero scombussolata e non mi ero ancora ripresa dal viaggio in aereo, a Roma ebbi solo il tempo di prendere due cambi e metterli nel trolley, ho letto e riletto più volte i messaggi del mio (ex) datore di lavoro, lavoravo da poco con lui ed era successo di tutto e di più.

“Kim ho un grande piacere da chiederti, sono partito per Tokio all’improvviso, scusami per la cena da te,  ma non è giusto licenziarti, ho sbagliato, lo so, ma non lasciarmi così, dammi il tempo per spiegarmi, ora ho un’urgenza improvvisa e solo tu puoi risolverla, ti prego fammi sapere”

Ma chi si credeva di essere?

Continuai a raccogliere la mia roba, dovevo allontanarmi da quell’ufficio, gli avevo inviato un messaggio, mi licenziavo e lui era diventato il mio ex datore di lavoro, altro messaggio

“Solo di te mi posso fidare, ti prego!”

Aprii l’ultimo cassetto da svuotare e spuntò la rosa rossa che mi aveva regalato, mi sentii stringere il cuore, quanto ho fantasticato su quel gesto, come potevo dirgli di no adesso, si è vero,  l’ho colto all’improvviso ma se l’era meritato, ma il mio cuore diceva altro, decisi di fargli quest’ultimo regalo, quell’uomo misterioso mi aveva colpito e ancora non sapevo quanto,  glielo dovevo

“Va bene, ma sarà l’ultima cosa che farò per te! Dimmi?”

Immediatamente

“Grazie, Kim ci speravo, ma non ci credevo, grazie, preparati, tra quindici minuti verrà un’auto e ti porterà all’aeroporto di Fiumicino, destinazione Napoli, all’uscita troverai una jeep color rosa che ti condurrà nella Tenuta Maria Immacolata alla Foce del Sele, li troverai ulteriori istruzioni. p.s. Portati il necessario per il fine settimana. Grazie. Bibò”

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Solo pochi mesi prima avevo perso l’ultimo lavoro, certo, sono abituata a tutto o quasi tutto, non è facile essere l’assistente personale di nessuno, ma ancora di più di un noto commercialista di Roma, ma era l’unico lavoro e per di più  a tempo determinato per tre mesi che avevo trovato, fui liquidata con una laconica frase “è…tempo di crisi!” e amen.

Questa storia, sta diventando una farsa, gli ultimi tre incarichi persi con la stessa frase e con lo stesso discorsetto di commiato…

“…sei brava, onesta e capace, troverai di certo qualcosa di meglio, ci dispiace…”

…poi, un assegno cumulativo, la lettera di licenziamento per “sopraggiunte difficoltà finanziarie aziendali” da portare all’INPS e così dicendo sono passati cinque anni che sommati agli altri cinque, tre di conoscenza e due di convivenza con un imbecille maniaco sessuale, mi hanno tolto un terzo della mia età tutta da cancellare irrimediabilmente.

Pensavo di aver toccato il cielo con un dito dieci anni fa quando conobbi all’epoca Romeo, giovane venticinquenne mio coetaneo, giornalista cattolico impegnato in una televisione cristiana, in quei tre anni di conoscenza, presi entrambi da impegni nazionali e internazionali era riuscito a mascherarsi, lui per seguire i viaggi internazionali cattolici e io invece assistente personale di un broker finanziario americano con sede a Roma e New York, la mia città natale.

Già, New York!

Nata li, da padre romano e madre americana, abbiamo vissuto dieci anni in quella bellissima città, ancora oggi serbo di quel luogo i miei migliori ricordi infantili, poi mia madre decise di tornare in Italia, a Roma città che amava e dove aveva conosciuto suo marito e convinse mio padre ad acquistare una tenuta a Tarquinia e lì ci trasferimmo vendendo il ranch e la casa a Newark, oggi allevano cavalli e sono felici, io un poco di meno, ma all’epoca, poco contava la mia delusione nel dover lasciare l’America.

Poi, gli studi, la laurea in scienze finanziarie internazionali, mi travolsero e mi ritrovai a lavorare quindici giorni prima di laurearmi a venticinque anni, venivo retribuita molto bene, dopo non molto tempo acquistai un monolocale a Roma a Monte Sacro, 25 metri quadri e mi trasferii, mi sentivo libera e appagata, ogni tanto andavo a trovare i miei a Tarquinia e furono anni favolosi, ricchi di esperienze fantastiche lavorative e amorose.

E fu allora che incontrai Romeo!

Il più grosso sbaglio della mia vita fino ad oggi, parlava di matrimonio, era gentile, garbato, premuroso ed io…ero innamorata pazza, ma poi…non volevo ancora legarmi con un matrimonio, avevo venticinque anni, mi propose dopo tre anni di alterni incontri occasionali, di convivere e fu solo allora che gettò la maschera, clericale fino al collo in ambito pubblico ma un viscido maiale in ambito privato, sembrava invasato, era ammalato di sesso sfrenato e nonostante le mie ripetute proteste, cercava in tutti i modi, anche usando delle droghe per riuscire a convincermi.

Ma con me aveva sbagliato!

Lo lasciai una notte legato con delle manette ai polsi e alle caviglie al letto, urlante come un ossesso, da allora non ne avevo più sentito parlare.

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Mi stavo perdendo nei ricordi, non volevo pensare sempre alla stessa cosa, poi all’improvviso dopo una curva, una distesa azzurra come il cielo si aprì davanti a me, non potetti fare altro che rimanere a bocca aperta

Il mare!

  • Eccola signora, da qui inizia la Tenuta.

Mi risvegliai immediatamente, guardai quella persona di fianco come se l’avessi visto per la prima volta e sbottai

  • Signorina prego!

Ammutolì!

Non lo guardavo, ma mi resi conto di essere stata sgarbata, non volevo, ma quel “signora” mi mandava in bestia e che cavolo avevo solo trentacinque anni, oggi, era un modo per difendermi, non volevo accettare che il tempo era passato anche per me, cercai di scusarmi

  • Mi scusi, non volevo essere sgarbata!

Mi sorrise, lo guardai meglio, era bruciato dal sole

  • Non si preoccupi signorina, non ci siamo nemmeno presentati, io mi chiamo Carmine e sono il fattore della tenuta.

L’avevo fatta grossa, pensavo un lavorante

  • Mi scusi, mi chiamo Kim e non so ancora perché il mio capo mi ha inviato qui in fretta e furia.

Non mi rispose, ma non mi sembrò per nulla meravigliato, non rispondeva, continuai

  • Se vuole può darmi del tu, non sono proprio così arcigna.

Non potrò mai dimenticarlo, nonostante la strada avesse diverse curve, mi guardò amorevolmente

  • Se le fa piacere, potrebbe essere mia figlia che non ho mai avuto, Bibò mi aveva avvertito…

Mi feci attenta

  • …di cosa?

Poi solo nel sentire quel diminutivo mi allertai, si, era il suo diminutivo, ma nessuno tranne le sue clienti lo chiamavano così

  • …di cosa?

Fermò dolcemente la jeep in un ansa della strada, poi

  • Lui è fatto così, lo conosco fin da bambino, mi ha telefonato ad ora di pranzo e mi ha detto “Carmine hai preparato quei documenti, vedi che sarei dovuto venire io per esaminarli, ma non posso, verrà con l’aereo la mia assistente personale, non intimorirla, si chiama Kim, è brava e conosce il proprio lavoro, di carattere è un poco spigolosa…

Sgranai gli occhi

  • …ma è dolce e nemmeno lo sa di esserlo…

Rimasi a bocca aperta

  • …le ho mandato una mail, per spiegare cosa deve fare, trattala bene, un abbraccio”

Ero senza parole a bocca aperta, lui se ne accorse, ma fece finta di nulla

  • Sei sorpresa?

Non riuscivo a parlare, accennai solo un sì con la testa, riprese la marcia con la jeep sorridendo.

Ed io?

Allibita!

Era la prima volta che ascoltavo per interposta persona un complimento da lui, finalmente chiusi la bocca e gli occhi e in un attimo, ricordai i primi due mesi con lui…

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  • Kim sei tu?

Assonnata guardai il cellulare, Ester

  • Ester, cos’è successo?

Risata

  • Stavi dormendo?
  • Si
  • Allora svegliati.
  • Perché?

Guardai l’orologio, era mezzogiorno

  • Scusami e che…
  • Dopo, dopo, ora ascolta…

Venni a sapere da Ester, di una persona che aveva chiamato il suo ufficio di collocamento per chiedere di me

  • Com’è possibile?
  • Ascolta…

…e iniziò a raccontarmi, alla fine, meravigliata e incredula, iniziò la giostra… doccia veloce, cambio veloce, dovevo attraversare tutta Roma, avevo il colloquio alle quattordici al Viale delle Scienza n 365, vicino all’Università La Sapienza ed io ero a Monte Sacro, non presi l’auto, mi sarei ingolfata nel traffico del pranzo, chiamai un tassì, il tempo di asciugarmi i capelli, citofono, tassì e via per le strade di Roma, mi risuonavano ancora le parole di Ester

“ E’ stato il tuo vecchio datore di lavoro di New York Bob a fargli il tuo nome, il Dottor Aldomaria Baldo di Petroso, noto commercialista di Roma ha bisogno di un’assistente personale a tempo pieno per tre mesi, ha cercato in giro una sostituta con alcune caratteristiche ed è stato fatto il tuo nome, l’impiego è full time per cinquemila euro al mese più i contributi e l’alloggio gratis, hai due ore per prepararti se accetti, alle quattordici c’è il colloquio, allora che ne pensi?”

Accettai il colloquio senza dire una parola di più!

Ultimo piano, ascensore e due porte, mancavano cinque minuti alle quattordici, mi guardai nello specchio dell’ascensore, avevo messo un vestito a fiori dopo molte perplessità, ma lo ritenevo di buon augurio, me l’aveva regalato mia madre il mese prima per il mio trentacinquesimo compleanno, non dovetti nemmeno bussare, si aprì una delle due porte

  • Prego si accomodi.

In inglese perfetto, ringraziai nella stessa lingua e mi trovai in una stanza finemente arredata con due divani e quattro poltrone, ma vidi poco, osservavo quell’uomo che era davanti a me, poteva avere una quarantina d’anni, brizzolato, vestito Armani, sguardo aperto e sorriso per niente affettato, era un bell’uomo, aveva un fascino particolare

  • Di qua, prego!

Stavolta in francese, nonostante la mia meraviglia risposi immediatamente in spagnolo, avevo capito, ecco cosa stava facendo, stava sondando il mio curriculum, sorrise ed entrai

  • Questo è l’ufficio della mia assistente e di là c’è il mio studio.

Stavolta in italiano, l’ufficio era grande come la stanza all’ingresso, luminosissimo, con ampi vetrate, due scrivanie affiancate e quattro mega monitor e una sola tastiera, arredato con cura con sedie ergonomiche, frigobar e armadi di quercia alla parete.

Il suo studio era in stile inglese, notai due porte  dietro la sua scrivania enorme di rovere, mi fece segno di accomodarmi su una delle poltroncine, era soffice e comodissima, diedi uno sguardo sulla scrivania perfettamente ordinata, c’era il mio curriculum, ci stavamo studiando a vicenda

  • Grazioso il suo vestito!

Non so perché, arrossii senza volere

  • Grazie
  • Amo i fiori portano gioia e felicità al cuore e agli occhi.

La sua voce, mi colpì, era sì severa, ma dolce e poi quelle parole mi colpirono, solo allora notai aveva un piccolo telecomando in mano, si sedette non dietro alla scrivania

  • Avrà notato certamente il suo curriculum sulla scrivania.
  • Si
  • Quindi non le farò un colloquio formale, Bob è stato completo quando mi ha fatto il suo nominativo, desidero solo farle una domanda…

E ora?

  • Ringrazio Mister Bob, ho lavorato bene con lui …

Alzò la mano per fermarmi

  • Lo so bene, ma non è questo quello che voglio chiederle, lei sa mantenere i segreti?

Mi spiazzò, ma chi cavolo pensa di essere questo?  Ecco quello che pensavo in quel momento, lo guardai diritto negli occhi e con un certo impeto

  • Certo!

Dissi stizzita e lui per tutta risposta, pigiò un tasto del telecomando e dall’alto discesero quattro monitor, guardò l’orologio al polso, inutile dire un Rolex d’oro

Mi girai e vidi in uno dei monitor un ufficio più grande della mia stanza, stavano entrando delle persone, tre per l’esattezza e un quarto si posizionò sulla prima scrivania, accese il monitor

  • Dottore siamo operativi.

Rispose

  • Perfetto, buon lavoro.

E si misero a lavorare, chiuse l’audio

  • Quello che vede è il mio ufficio di commercialista sullo stesso pianerottolo, in questo ufficio ci saremo solo noi due e i miei clienti che non avranno mai contatti con loro…

Mi venne spontaneo

  • Dottore Aldomaria…

Mi fermò

  • Solo Dottore, prego.

Mi morsi un labbro, lui lo notò, ma non disse nulla

  • Dottore, ma i suoi clienti…

Capì immediatamente, sorrise, mi piaceva quando sorrideva

  • Mi ascolti Kim….

Alzai la testa, non mi aspettavo di essere chiamata per nome

  • Posso?

Imbarazzata

  • Si, se vuole.
  • I miei clienti non sono persone di malaffare, ma non vogliono essere riconosciuti, poi capirà.

Dissi di sì, ma ero poco convinta, si accese un secondo monitor, era un pianerottolo con una grossa vetrata, c’erano due porte

  • Quella porta alla mia sinistra dietro alla scrivania, porta ad un ascensore per i due appartamenti di sopra, quello di destra è il suo appartamento.

Sgranai gli occhi dallo stupore, si accese il terzo monitor, era la stanza all’ingresso che avevo visto prima e poi il quarto monitor che portava ad un ingresso a piano terra del palazzo

  • E la porta alla mia destra, dietro alla scrivania e di un ascensore che porta all’ingresso secondario di questo palazzo, da dove usciranno i miei clienti.

Mi venne spontaneo

  • Quindi i suoi clienti non si incontreranno mai, nella sala d’aspetto!

Era meravigliato

  • Esatto, allora Kim per il resto avremo tempo, che dice accetta?

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  • Siamo arrivati!

Riaprii finalmente gli occhi e non riuscivo a crederci, eravamo in un ampio cortile, c’erano molte persone indaffarate, Carmine si fermò nei pressi di una villetta bianca come il latte, era accecante con la luce del sole d’agosto, poi guardai meglio e notai tante fioriere tutto intorno, di fianco erano presenti altre tre villette uguali alla prima, sulla sinistra invece un enorme capannone, dove entravano e uscivano diverse persone, dietro dei silos enormi, ne contai quattro, al centro  in lontananza una costruzione diversa dalle altre su due piani, molto bella, era datata ma completamente ristrutturata, ero talmente rapita da quella visione all’improvviso

– Venga, per di qua!

Era la voce di una donna, guardai meglio mi stava sorridendo

– Sono Maria la moglie di Carmine.

Lui stava dietro, aveva notato tutte le mie espressioni, le diedi la mano

– Mi scusi, ma non mi aspettavo…

E lei

– Questo?

Dissi di si, Carmine

– E non ha ancora visto nulla!

E si diresse con il mio trolley verso la villetta, Maria

– Ha bisogno di qualcosa?

– No grazie, vorrei solo rinfrescarmi un poco.

Lei

– Carmine, non ti preoccupare, ci penso io alla…

L’anticipai

– Mi chiami Kim, la prego.

Era contenta

– …a Kim, io sono Maria.

Carmine

– Allora ci vediamo dopo, vado al caseificio per provvedere alla consegna serale.

Stavamo per entrare in casa, mi girai

– Carmine, mi farebbe vedere la tenuta tra una mezzora?

Lui contento

– Certo! A tra poco!

Entrammo in casa, tutto era in ordine, Maria mi guidò, un saloncino con l’angolo cottura, poi una stanza da letto molto spaziosa e un bagno annesso, un guardaroba seminascosto da una finta parete, grande come il bagno e una stanzetta più piccola con un lettino a castello corredato d’armadio, tutto profumava di pulito e l’odore dei fiori profumati in tutte le stanze, rilassavano, alla fine non riuscii a contenermi

– E’ molto bello qui!

– Si vero, è stato il dottore che le ha fatte costruire e arredare tre anni fa.

Ed abbassò la voce, rotta da qualche emozione, cosa che non mi sfuggì, ma fu lesta ad andare nell’altra stanza

– Venga, si può rinfrescare qui e poi le ho preparato degli abiti più comodi e un paio di stivali, se vuole vedere la tenuta potrebbe farle comodo.

Ero meravigliata, guardai tutto su una poltroncina nella stanza da letto, erano della mia misura

– Ma come hai fatto?

Indicando i vestiti

– E’ stato il dottore a darmi le misure!

E sull’uscio della porta esterna

– Ci vediamo dopo!

Ma come cavolo aveva fatto?

Erano perfetti, mentre stavo facendomi una doccia ristoratrice ricordai, ecco sapevo chi poteva essere stata, Gilda, una delle clienti dello studio, era stata di certo solo lei a dargli le mie misure e continuai a ricordare il nostro incontro al colloquio.

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Stava aspettando, ma faceva in modo di non farmelo notare guardando nei monitor, con qualche perplessità, dissi con sicurezza

– Accetto!

Era soddisfatto e non fece nulla per nasconderlo

– Alle diciassette abbiamo i primi appuntamenti, ce la fai a portare le cose che ti servono nell’appartamento?

– Certo!

Passò dietro alla scrivania, mi passò un contratto da firmare, la cosa che notai immediatamente, una postilla

“Periodo di prova di tre mesi propedeutico ad un contratto a tempo indeterminato con aumento del fisso mensile del trenta per cento”

Una manna dal cielo!

Notò che mi ero soffermata, la penna era tremolante

– Se tutto va bene, potresti rimanere…

Firmai immediatamente, lui controfirmò e mi diede una copia per me, prese delle chiavi dal cassetto della scrivania e mi disse che con l’ascensore normale del palazzo, inserendo una chiave potevo salire direttamente al pianerottolo del mio appartamento

– Benvenuta nella squadra, ci vediamo alle diciassette!

– La ringrazio Dottore, a più tardi.

Non stavo nella pelle, ma non potevo rilassarmi, avevo un lavoro e questo mi bastava., tornai a casa e presi le cose di prima necessita e dei vestiti, quando ritornai le sorprese non erano finite, l’appartamento era fantastico, all’ingresso un living con angolo cottura, un enorme televisore al plasma, la mia stanza da letto era a dir poco meravigliosa e il bagno era per una regina, trovai sul tavolo della cucina, tutte le provviste appena acquistate, caricai il frigorifero e controllai il contenuto degli armadietti, il colore delle pareti, quello dei mobili erano una favola, mi girava la testa.

Se avessi saputo cosa mi aspettava, forse… …forse sarei stata meno contenta!

I primi dieci giorni furono terribili, non avevamo orari, la sera tornavo talmente distrutta che dopo una doccia ristoratrice non vedevo l’ora di mettermi a letto, il lavoro era notevole, dovevo fare i conteggi, coordinare gli impiegati, prendere gli appuntamenti, alle volte capitava anche di ricevere persone dopo le ventitré.

In quel periodo dimagrii di cinque chili e non ero per niente contenta, già non ero una ragazza formosa, anzi direi il giusto, alta un metro e ottanta per ottanta chili di peso, curve al punto giusto con un seno non prorompente ma nemmeno minuscolo, per pranzo e cena non mi dovetti mai preoccupare, arrivava direttamente dal ristorante sotto casa, bastava che facessi uno squillo con il cellulare e arrivava puntualmente a qualsiasi ora, io e lui ci vedevamo di rado, perché quando non c’erano appuntamenti, lui non c’era mai nello studio, quasi sempre in viaggio in Europa e oltre, l’ufficio era affidato a me e se c’erano delle decisioni improvvise o urgenti non dovevo fare nient’altro che digitare il suo numero di cellulare, solo qualche volta pressata dagli impiegati per avere una risposta, avemmo un diverbio telefonico, ma poi dopo aver…

…segue….

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Non sono uno scrittore ma un “sognatore narrante” e questi sono i miei sogni riportati sotto forma di E-Book.
Per tutti i miei “romanzi spontanei sgrammaticati” sono pubblicate le prime dieci pagine, per darvi l’idea della storia presente, così potrete scegliere se continuare e acquistarla o fermarvi e passare ad altro romanzo
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Sono i dettagli e la storia originale a fare la differenza!
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Araldo Gennaro Caparco

26 Dicembre 2023 – Il coraggio di resistere!

Aeroporto di Milano

Cosa stavo pensando?

Un anno fa, mi trovavo nella stessa sala d’attesa, quella mattina dovevo partire per Madrid in Spagna, avevo vinto una borsa di studio di tre mesi per un approfondimento della Legge internazionale sulle adozioni, ma…

…già, ma…

…squillò all’improvviso il cellulare…

…e tutto cambiò!

La mia vita non era stata facile, orfana dei genitori a quattordici anni, io e mia sorella più grande di cinque anni ci trovammo all’improvviso catapultati in un’altra città, Caraglio in provincia di Torino, a casa della nonna materna, fu lei che da quel momento in poi ci accolse e ci guidò.

Poi, purtroppo mia sorella una sera tornando dal lavoro a soli trent’anni perse la vita per un maledetto tir che la travolse…e per me fu un colpo mortale, fui fortunata che la nonna, ormai oggi novantenne con uno spirito di una trent’enne, cercò di risollevarmi dal buio completo in cui ero caduta

– Figlia mia, lo so che ti manca, ma la vita deve andare avanti.

Piangevo, erano due settimane che non uscivo di casa

– Ma come faccio nonna, sono rimasta…

Lei mi accarezzò i capelli

– Non sei sola, siamo insieme!

E mi abbracciò!

Già, quella telefonata in aeroporto mi cambiò la vita e ancora non sapevo di quanto, guardai il display, era la clinica dove era ricoverata per un controllo mensile la nonna

– Pronto…

E tutto cambiò!

Raccolsi le mie cose, mi fiondai alla ricezione dei voli e mi feci rimborsare il biglietto, fui fortunata, non volevano, mancavano pochi minuti all’imbarco, ma c’era una ragazza più o meno della mia età, non era riuscita a trovare un biglietto per Madrid e quando sentì quello che stavo chiedendo

– Vendilo a me!

Non ci pensai due volte e glielo feci pagare la metà, non la finiva di ringraziarmi e poi, di corsa alla stazione dei tassì, entrai nel primo

– Clinica Nostra Signora di Guadalupe prego.

Tornai a casa a notte inoltrata, mi raggomitolai sul divano e piansi tutte le lacrime che mi erano rimaste, in clinica

– Lei è la nipote Cloe?

Lo guardai, avevo un velo davanti agli occhi

– Si

– Mi dispiace averla turbata, sua nonna non voleva, sapeva che era in aeroporto…

Lo fermai, stropicciandomi gli occhi per scacciare il velo

– Mi dica!

Fu sorpreso

– Così giovane e così determinata!

– Grazie.

– Sua nonna ha bisogno di un intervento chirurgico urgente, purtroppo non è in convenzione con l’ASL, dobbiamo intervenire sul cuore prima che sia troppo tardi, mi dispiace….

Le sentivo, le gocce di pianto, ma le ricacciai

– Quanto verrebbe a costare?

Era titubante

– Dottore?

– Tutto compreso…

Si fermò

-…diecimila euro! Cinquemila all’accettazione e gli altri al termine dell’operazione dopo la degenza.

Un colpo allo stomaco mi avrebbe fatto meno male…

…diecimila euro…un’enormità!

Con quest’animo l’indomani mattina mi recai a Torino, ero determinata a chiedere un prestito dando in garanzia il monolocale che avevo acquistato un anno prima con i soldi che mi avevano lasciato i miei genitori, il risarcimento dell’incidente di mia sorella e una quota parte dei soldi che mi aveva voluto donare mia nonna per evitare che facessi la spola tra Milano e Caraglio e la Facoltà di Giurisprudenza di Milano.

Ma nulla!

I soldi mi servivano in una settimana e tra banche e finanziarie, pur essendo notevolmente interessate ad acquisire la garanzia del monolocale, risposero che per istruire la pratica e portarla a termine ci voleva circa un mese.

Presi il treno ad alta velocità per Milano delle diciotto, ero stanca e delusa, non sapevo proprio a quale santo votarmi, ero a digiuno e mi avviai verso il distributore automatico per prendere qualcosa, lì vicino c’erano due ragazze che stavano parlottando concitatamente, pur non volendo

– Ma io lo denuncio…

Disse la più giovane sui ventitré anni…

E l’altra

– …ma perché non mi hai fatto entrare…

– Non ha voluto…

– Ma cosa è successo?

Lei diventando rossa dalla rabbia, guardandola diritto negli occhi

– …mi ha offerto del denaro per restare incinta…

Mi scappò il caffè dalle mani, si accorsero di me solo allora e disorientate immediatamente

– Andiamo via!

E lasciò cadere un biglietto in tanti pezzi a terra!

Giuro, non sapevo cosa fare, le guardai allontanarsi, ero sola nel vagone ristorante, quasi in uno stato ipnotico raccolsi quei quadratini, nascondendoli in tasca come se avessi rubato qualcosa.

Arrivai a Milano verso le diciannove, c’era un treno in partenza sul binario opposto, guardai, era diretto a Torino, non so cosa, saltai sul treno…

– Pronto?…

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…segue…..

Storia originale di Araldo Gennaro Caparco

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Dicembre 2023 – Sereno Natale 2023 da Araldo Gennaro Caparco

Buon Natale 2023 da un sognatore che tale rimarrà per sempre…

…un abbraccio sincero!

Dicembre 2023
“A tutti i folli. I solitari. I ribelli. Quelli che non si adattano. Quelli che non ci stanno. Quelli che sembrano sempre fuori luogo. Quelli che vedono le cose in modo differente. Quelli che non si adattano alle regole. E non hanno rispetto per lo status quo. Potete essere d’accordo con loro o non essere d’accordo. Li potete glorificare o diffamare. L’unica cosa che non potete fare è ignorarli. Perché cambiano le cose. Spingono la razza umana in avanti. E mentre qualcuno li considera dei folli, noi li consideriamo dei geni. Perché le persone che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo sono coloro che lo cambiano davvero” (SJ)
Auguri di Buon Natale a te, a noi che siamo affamati di sogni, amore, serenità e felicità con le nostre famiglie!”

Araldo Gennaro Caparco

http://www.isognidiaraldo.it

22 Dicembre 2023 – Una vita a metà. – Romanzo di Araldo Gennaro Caparco

(Anteprima di lettura di tre pagine su settantacinque pagine)

Il treno correva veloce, vedevo scorrere le immagini senza che riuscissi a focalizzarle, i miei pensieri erano altrove ed anch’io correvo veloce con i miei pensieri!

Per distrarmi sfogliavo un giornale del mattino e sorridevo, c’era un titolo a carattere cubitali nella pagina dedicata alla cultura e arte:

“Il Falco è scomparso!”

poi su due colonne, veniva raccontata parte della vita del Falco, la sua scoperta e il suo successo e sempre la stessa domanda

“Chi era il Falco?”

Già!

Chiusi gli occhi e come in un film iniziarono a passare le immagini di quello che era realmente successo nei miei primi trent’anni della mia vita, fotogrammi di attimi vissuti intensamente e pieni di contrasti.

Amavo l’odore dei colori e fin da piccolo disegnavo tutto quello che mi colpiva realmente imbrattando quello che potevo per la disperazione di mia madre, dalle pareti domestiche alle tovaglie della tavola.

Già, mia madre…

… sopportava tutto quello che facevo e nonostante la perdita precoce del marito, con solo le sue forze, riuscì ad inculcarmi i valori reali della vita, l’amore per la bellezza e il giusto rispetto per i soldi, era fiera dei miei progressi a scuola, ma nonostante ciò, quando terminai il liceo classico e le dissi che volevo iscrivermi all’Accademia delle Belle Arti, si rifiutò di ascoltarmi.

E così mi ritrovai iscritto alla Laurea di Giurisprudenza!

Otto anni sono passati dal giorno della mia laurea, ricordo ancora oggi quel giorno…

– Signore biglietto.

E l’incanto svanì all’improvviso!

Mi risvegliai e persi i ricordi di allora, avevo la fronte madida si goccioline che scendevano silenziose.

Ma cosa stavo facendo?

Ero a Milano solo pochi giorni prima, si stava inaugurando una Mostra dei miei quadri, c’era tanta bella gente e io mi crogiolavo nell’ascoltare i loro commenti.

Nessuno sapeva che ero lì accanto a loro ed ero l’autore di quei quadri, solo una persona ne era a conoscenza, Loly la mia super agente, come se l’avessi evocata per telepatia, sentii un sussurro all’orecchio

  • Ti stai divertendo?

Non la risposi, spostandomi lateralmente, intercettai un cameriere con un vassoio con dei bicchieri di spumante, presi due flute dal vassoio al volo e mi girai

  • Si e no!

Aveva l’aria così meravigliata,  non potetti fare a meno di sorridere, ma lei senza perdere il suo self control

– Che diavolo vuoi dire ? Sai bene che qui tutti vorrebbero conoscere l’autore di questi quadri, nella prima ora della Mostra sono stati venduti già tre tuoi quadri e sono certa che basterebbe che dicessi che l’autore è tra di noi si scatenerebbe il putiferio per accaparrarsi una tua opera e avere una dedica sul retro del quadro….

Accigliato

  • Non ti permettere…

Stavolta sorrise

-Non lo farò, stai tranquillo, non voglio perdere il mio autore preferito!

Tranquillizzato

-Si, sono contento di tutte queste persone, no, perché sono certo che quello che sto per dirti non ti piacerà.

-Cosa?

La presi sottobraccio e ci spostammo sulla terrazza, mentre il banditore dell’asta urlava

– Venduto!

In quel momento il treno ad alta velocità entrò in stazione, ero a metà viaggio, era arrivato a Roma Termini, presi i miei bagagli, era la mia fermata, mentre guidavo l’auto a noleggio, ricordavo quei momenti

– Tu sei pazzo!

Loly aveva gli occhi fuori dalle orbite, non riusciva a calmarsi, alla fine mi diede le spalle imbronciata e preoccupata dalle mie parole

– Non fare così, ne ho bisogno per davvero…

Passai davanti a lei in modo che mi potesse guardare negli occhi

-…devi capirmi, sono stanco di vivere la mia vita a metà…

Se avesse potuto mi avrebbe fulminato con quello sguardo

– Che significa?

Le presi la mano e la guidai verso un tavolino della terrazza, lei mi seguì senza dire nulla, ci accomodammo

– Non ti sto abbandonando, so quello che hai fatto per me in questi anni, ti voglio un bene dell’anima per questo ma…

Si svegliò dal torpore

– Ma?…

…segue…

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21 Dicembre 2023 – Una seconda opportunità. – Romanzo di Araldo Gennaro Caparco

Erano le quattro e mezza del mattino e a quell’ora le strade erano deserte, il vento soffiava forte e la temperatura era intorno ai due gradi, ma noi tre, liberi dal lavoro, eravamo spensierati e tra una battuta e un’altra mi accompagnavano a casa perche ero il più giovane del gruppo, poi loro due raggiungevano le loro abitazioni poco distanti dalla mia.

Eravamo tre amici inseparabili e avevamo solo due passioni all’epoca, la musica e la cucina!

Mi chiamo Rino e i miei due amici Dino e Ludo, già Ludo, nome criptico, un dono dei suoi genitori, convinti della nascita di una femminuccia per tutta la durata della gravidanza avevano illusa la nonna paterna promettendo la continuità del suo nome, Ludovica, quindi quando tra lo stupore di tutti, nacque un bel maschietto, per non deluderla lo vollero chiamare Ludo, un nome da lui mai accettato e lo marchiò per tutta la vita.

Ci eravamo esibiti in un pub, Dino era compositore, voce solista e suonava la chitarra, Ludo si alternava al basso e al pianoforte ed infine io ero il batterista e alle volte sassofonista, suonavamo canzoni degli anni ’70/80, arrangiate a modo nostro.

Durante la settimana studiavamo e la sera lavoravamo in un ristorante, io e Ludo come lavapiatti e Dino invece alle fritture, ci pagavano a giornate e con quella paghetta io e Dino riuscivamo a comprarci qualcosa di vestiario, Ludo non ne aveva bisogno, ma volentieri, incurante delle discussioni con la sua famiglia ci accompagnava, all’epoca io ero sedicenne, mentre Ludo era diciottenne e Dino ventenne.

Il nostro momento fortunato capitò un sabato sera e non ne eravamo a conoscenza ma tra il pubblico era presente una persona in cerca di talenti e il giorno successivo, lo ricordo molto bene, come se fosse oggi, Dino mi chiamò al telefono

– Rino, ti passiamo a prendere tra poco!

Ancora assonnato, guardai la sveglia sul comodino, erano le dieci del mattino

– Per cosa?

– Dobbiamo andare al locale, vogliono farci un provino, passo al garage di Ludo, prendo la nostra attrezzatura e ti passiamo a prendere tra un’ora, vestiti!

Ero meravigliato, un provino? A noi?

Non mi diede nemmeno il tempo di rispondere riattaccò, e io?

Ancora assonnato corsi come una meteora in bagno, mio padre notò tutto dalla cucina

– Ma dove vai a quest’ora?

Non risposi, il tempo di farmi una doccia, vestirmi, raccontare della telefonata a mio padre…

…suonò il campanello, erano loro!

E questo fu l’inizio della fine!

Con una velocità impressionante, fummo travolti dal successo, quella persona in questione, il talent scout era proprietario di un’etichetta musicale la SingSong, ci scritturò e con le canzoni scritte da Dino fummo lanciati nel mondo della musica, il nostro complesso in pochi mesi raggiunse un successo insperato, il nostro nome:

“The boys band”

I soldi, tanti soldi, arrivarono in breve tempo, i nostri dischi andavano a ruba ed anche la nostra vita cambiò in un amen, nel bene e nel male, furono cinque anni di continui tour, presenza nelle radio principali e poi anche in televisione, eravamo giovani, incoscienti,  increduli …

…e così, ci perdemmo!

Imparai la lingua inglese, ma quando si dice che il successo da alla testa, non è un modo di dire, ma verità assoluta!

Oltre ai soldi, alle ragazze che ci saltavano addosso, arrivarono anche le droghe, prima leggere, poi sempre più pesanti, eravamo sottoposti a stress incalzante, dormivamo poco e male, fui l’unico a rimanere con i piedi ben piantati a terra, anche perché dopo due anni circa di quella vita, persi mio padre per un tumore che raggiunse mia madre, morta dandomi alla luce.

Fu il suo ultimo triste regalo!

Con un aereo dall’Inghilterra, messo a disposizione dalla produzione, lo raggiunsi prima di morire in ospedale tra le mie lacrime e con un filo di voce mi disse

“Ricordati quello che eri prima e cerca di non perderti!”

Mai parole furono più profetiche!

Quella frase rimase così impressa nella mia mente che da allora tutto cambiò, ma per Ludo e Dino purtroppo non andò così, nell’ultimo periodo Dino dovette essere ricoverato più volte per disintossicarsi dalla droga e Ludo subì la sua stessa sorte, non solo per la droga ma si aggiunse anche l’alcol.

La nostra avventura durò otto anni e poi?

Ci perdemmo di vista!

Passarono altri cinque anni da allora e quando mi informai su di loro, venni a conoscenza che Dino lavorava in Inghilterra come Chef in un ristorante di Plymouth e Ludo a Berlino oramai era parte integrante di una comunità di gay, queste furono le ultime notizie dei miei amici.

Quando il complesso si sciolse, cinque anni prima, mi ritrovai da solo, impiegai molto tempo per disintossicarmi da quell’incredibile successo improvviso e decisi di iscrivermi ad una scuola alberghiera, diventai Chef di partita addetto alla griglia e alle fritture, ero taciturno, mi stavo rinchiudendo sempre di più.

Di quell’incredibile avventura mi rimase solo un anello, era in oro con una placchetta nera in superficie con le nostre iniziali a forma di cuore incrociate, fu un regalo che ci facemmo il primo anno, pezzi unici forgiati da un artigiano olandese, promettendoci di non toglierlo e non cederlo mai a nessuno.

Ed eccomi oggi, quasi trent’enne, con un camper come casa e la mia attività al seguito, un food truck, grande come una roulotte per sei persone, modificato e acquistato a Parma.

Prima mi ero trasferito a Lecco, avevo lavorato in diversi ristoranti a Novara, Varese e Como, mi volevano bene tutti, ma non mi sentivo soddisfatto, mi piaceva far parte di una brigata, ma non mi piaceva essere un sottoposto, troppe pressioni in cucina e poi non sopportavo l’arroganza degli Chef, avevo messo da parte i soldi guadagnati con la musica e furono quelli che mi salvarono e mi diedero l’opportunità di finire gli studi e…altro!

Una sera uscendo dal ristorante di Como, una folata di vento a mulinello mi travolse,  riuscii a mettermi al riparo e mi ritrovai tra le mani un volantino, era la pubblicità di una Fiera a Parma dove venivano presentati modelli di automezzi adatti per la ristorazione mobile, nuovi e usati, quella notte non riuscii a dormire, ero alla ricerca di trovare la mia strada, poteva essere quella giusta, decisi di visitare la fiera.

E il giorno dopo…

…fu la giornata che cambiò tutta la mia vita!

– Come va oggi?

Ero in ospedale, pregavo e la guardavo, com’era bella, nonostante le ecchimosi sul viso fossero diventate viola, chiudendo gli occhi per un attimo, la rivedevo come la prima volta che l’avevo incontrata, una ragazza bella,  solare e piena di vita.

Adesso i suoi capelli biondi lunghi scendevano sulla copertina del letto d’ospedale inerti, gli occhi erano chiusi, ma conoscevo bene il loro colore, celesti come il mare, dai documenti della cartella clinica, ero venuto a conoscenza della sua età, trentuno anni, la mia stessa età, era in coma, respira solo con una mascherina e il suo corpo era avvolto in un vestaglia bianca come la neve attaccato a delle macchine che controllavano il suo stato di salute, avevo gli occhi velati dalle lacrime, sentii dei passi, alzai lo sguardo, era Nico il suo datore di lavoro, aveva un’agenzia pubblicitaria e lei aveva accettato di fare da promoter per un food truck di una compagnia inglese, era un brav’uomo, sui sessanta anni, venne alle mie spalle

– Non è stata colpa tua!

Era già passato un mese da allora, ma non riuscivo ancora a capacitarmi!

Quel giorno mi ero avvicinato a quel padiglione, l’ultimo della fiera…

… c’era tanta gente, bambini urlanti, venditori di ogni cosa, dai food truck fuoriuscivano profumi deliziosi, panini, patatine, sfogliatine, frittelle a ripetizione, fino a quel momento nulla mi aveva colpito, anche perché confesso non ero pienamente cosciente del perché fossi venuto, la giornata era fredda e nonostante i numerosi pannelli radianti accesi per emanare calore sia in basso che in alto appesi al soffitto, non si poteva passeggiare senza essere ben protetti tra i padiglioni.

Nulla mi aveva attratto veramente, la giornata era passata senza nessuna emozione, ero in procinto di allontanarmi dalla fiera, verso una delle uscite, notai un padiglione con i colori inglesi e una doppia bandiera enorme, quella inglese e quella americana, mi era di strada, mi incuriosì e quando mi avvicinai, la prima cosa che mi colpì, fu una ragazza, disinvoltamente vestita solo con una gonna e una camicetta invogliava le persone a visitare lo stand, la vidi batteva i denti, ma nonostante tutto elargiva un sorriso per tutti quelli che passavano vicini, anche per quelli che non rispondevano al suo invito, non so proprio perché lo feci, ma poco distante, c’era un piccolo bar montato su un automezzo, presi due cioccolate bollenti e

– Posso?

Era di spalle, si girò meravigliata

– Cosa?

Poi vide il boccale bollente, colmo di cioccolata con panna che le stavo offrendo

– Ma?

Le sorrisi

– Scusami, ti ho visto che battevi i denti…

Rispose al sorriso, prendendo il boccale

– Grazie, ma ci conosciamo?

– No, ma se è solo per questo, io mi chiamo Rino e tu?

Mi persi nei suoi occhi celesti, mi guardava incuriosita, mi stava analizzando

– Solitamente non sono mai così diretto, ma mi è venuto spontaneo, io qui coperto con cappotto, sciarpa e cappello come tutti qui dentro e tu…

Diventò rossa all’improvviso

– Spogliata?

Abbassai la testa, mi vergognavo, si è vero, l’avevo immaginata così

– …disinvolta!

Risposi…

…e sorridemmo, seguirono dei minuti imbarazzanti, sorseggiammo la bibita calda, mi ringraziò e ci sedemmo nei pressi dell’automezzo

– Mi chiamo Ivvy.

Un perfetto italiano con una inflessione straniera, spontaneamente

– Non sei italiana?

– No, sono irlandese e studio a Londra, il mese scorso ho risposto ad un annuncio di un’agenzia italiana per questo lavoro, il colloquio l’ho fatto a Londra, cercavano una ragazza inglese che conoscesse bene l’italiano, sai, questa Fiera è internazionale e la società produttrice di questi automezzi, voleva essere certa di raggiungere il maggior numero di persone di tutte le nazionalità, amo l’Italia e quindi ho colto l’occasione, mi veniva pagato alloggio e vitto per due settimane da trascorrere in Italia, oltre la Fiera, e tu?

Preso alla sprovvista con un grumo di cioccolata alla gola bollente

– Cosa?

Ero goffo, rosso dallo sforzo di ingollare quel grumo bollente

– Come mai sei qui?

Riacquistato un minimo di normalità mi resi conto che aspettava che parlassi, ma non avevo la risposta e così sinceramente

– Non lo so!

Non dimenticherò mai la sua espressione, era sbigottita, ma non aggiunse nulla, fummo distolti da una sirena

– La fiera sta per chiudere, riapre domani, devo andare, mettere in ordine, scusami, grazie per la cioccolata.

E si alzò, feci appena in tempo

– Ci vediamo domani?

Si girò contenta

– Se vuoi, io sarò qui!

Sorrisi

– A domani allora!

Quella ragazza mi aveva colpito, non riuscivo a chiudere gli occhi senza immaginarla, dormii pochissimo in attesa dell’alba ma il giorno dopo non potetti andare di mattina, fui chiamato da un avvocato per chiudere il rapporto di lavoro con l’ultimo ristorante, non potevo non andare, dovevano liquidarmi e quei soldi mi servivano  e solo nel pomeriggio inoltrato riuscii dopo aver definito la pratica con il mio ex datore di lavoro, accettai pur di andarmene via una somma lievemente inferiore a quella che mi doveva.

Presi l’auto e dopo due ore d’auto finalmente entrai in fiera, mi recai direttamente al suo padiglione, eccola, era la, stava parlando con una persona, mi vide, sorrise e i suoi occhi si illuminarono, aspettai poco distante e poi quando si allontanarono

– Pensavo che non saresti più venuto!

Fu sincera e io stupito e contento, aveva una sciarpa bianca al collo

– Scusami, sono stato impegnato, ma ce l’ho fatta!

Ero contento, mi stava aspettando, stranamente in questo secondo incontro ebbi l’impressione di un’aria familiare ma mi ripresi immediatamente pensando ad una sciocchezza, poi  fui distratto dall’avvicinarsi di una persona alle sue spalle, lei seguì il mio sguardo e lo vide, mi prese immediatamente per mano

– Venga le faccio vedere il food truck.

E mi trascinò verso l’automezzo, l’uomo

– Ivvy, non è possibile, tra poco suona la sirena di chiusura della fiera e dobbiamo andare.

Ma lei incurante delle sue parole

– Venga, le faccio vedere!

E così entrammo nell’automezzo

– Scusami, ma non potevo fare in altro modo, oggi è l’ultimo giorno della fiera, almeno qui non entrerà nessuno.

Non ascoltavo nulla, guardavo solo la sua bocca, era bella e a forma di cuore, rimasi incantato, mi venne un’idea

– Se vuoi ti aspetto fuori, nulla di impegnativo, mi farebbe piacere, andiamo a mangiare una pizza come due amici, conosco un posticino poco distante, è carino, è confortevole….

Mi fermò, con la sua mano appoggiandola sulla bocca, chiusi gli occhi per un attimo, mi piaceva quel contatto, poi li riaprii immediatamente, era meravigliata ma annuì contenta e uscimmo, mi feci da parte per farla uscire per prima e…

…tutto accadde in un attimo, un pannello radiante si staccò dalla cupola e la colpì di striscio, feci appena in tempo a rientrare nell’automezzo e poi la vidi lì per terra con il sangue che le usciva dalla testa, urlai e non si capì più nulla, dopo poco si sentì la sirena dell’autoambulanza!

Mentii spudoratamente in ospedale, con la mia auto seguivo l’autoambulanza in modo spericolato, entrò nel pronto soccorso era in codice rosso in sala operatoria, volevo seguirla, ma mi fermarono

– Lei è?

Immediatamente

– Il suo… fidanzato, fatemi andare, voglio vederla…

Ma fui bloccato da due agenti della sicurezza, mi portarono di peso nella sala d’aspetto

– Stia qui!

Ecco quello che successe in quella giornata indimenticabile, paonazzo mi guardai intorno e vidi quell’uomo, quello della fiera con un cappotto e una borsa di donna in mano, aveva appena ascoltato la mia risposta agli agenti della sicurezza, si avvicinò

– Non sapevo che avesse un fidanzato qui in Italia, ora capisco, perché ha accettato, ecco tenga.

E mi diede il suo cappotto e la sua borsa, non dissi nulla

– Non si preoccupi, vedrà si riprenderà!

Singhiozzavo, se solo non l’avessi raggiunta in serata, nulla sarebbe accaduto, ma ora? Chissà colpito dalla mia reazione, abbracciavo con forza quello che mi aveva dato, disse con una voce dolce

– Stia tranquillo, vedrà tra poco avremo buone notizie.

Ma così non fu!

Arrivò un agente, mi scortò dal medico di servizio, dalla borsa presi i suoi documenti per la registrazione e mentre lui digitava al computer

– Dottore?

E lui scuotendo la testa si alzò e con fare premuroso e preoccupato mi strinse la spalla con la mano

– E’ in coma!

Ero sul punto di sentirmi male, mi cadde il mondo addosso!

Lui continuava a parlare ed io ascoltavo come se fosse stato lontano chilometri, il pannello aveva colpito la parte superiore del cranio, era stata operata per rimuovere un edema, ma aveva perso i sensi ed era in stato incosciente, in coma.

I primi cinque giorni furono terribili, Nico, quell’uomo che l’aveva assunta faceva la spola tutti i giorni ed io non mi spostai dall’ospedale, era nel reparto di rianimazione e aspettavo con ansia il momento di entrare e starle vicino, ma era…

…difficile esprimere a parole quello che sentivo, ero vuoto dentro, non mangiavo da giorni, tant’è che il personale del reparto con dolcezza mi obbligarono dopo un poco a mangiare qualcosa

– Se non stai bene, lei come farà a riconoscerti?

Li accontentai di malavoglia, fu allora che presi quella decisione, non mi sarei allontanato da lei!

Nico mi assicurò che tutte le spese mediche sarebbero state coperte dall’assicurazione, la dirigenza della fiera stava valutando il….

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…segue…
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20 Dicembre 2023 – Tesla. – Romanzo di Araldo Gennaro Caparco

Dati anagrafici:

Nome Lino, Età 40 anni compiuti da poco,Celibe,Lavoro – Investigatore, Città – Napoli. Bello vero, mica tanto!

Dopo aver avuto un’esperienza in campo lavorativo per dieci anni in una multinazionale, una mattina ti svegli e sei disoccupato!

Smarrimento, farmaci, depressione e chi più ne ha più ne metta, 11 anni di convivenza, stessa modalità, stesso destino, neanche un biglietto, neanche a guardarsi negli occhi ed essere sincera, un sms sul cellulare, il giorno del mio licenziamento “Non ce la faccio più, vado via, parto con un amico in Australia. Addio”.

Ma si può essere così aridi, non dico che la nostra relazione fosse tutta rose e fiori, stavamo bene insieme, almeno credevo, più volte le avevo chiesto di regolarizzare la nostra posizione, e lei niente, “Stiamo bene così!”, figli? Nemmeno a parlarne, dovevamo rifuggire tutte le occasioni che si presentavano, con i nostri amici, che nel frattempo, avevano prolificato.

Avevo accettato tutto, per lei, e ora? Uno sms e si chiude la partita!

Dopo la fase di analisi, coadiuvato da un amico psicologo, durata 24 mesi, alla fine ho concluso, che era una stronza, una grande stronza!

Ed io… un coglione!

Ed eccomi qui, fresco di diploma.

E già a quaranta anni!

Non avendo altre  possibilità nel mio campo lavorativo, oramai sempre più tecnologico dove internet fa il lavoro di dieci uomini o donne in strada a vendere, incontrai per caso alla villa comunale, una domenica, un mio compagno di scuola Pietro. Non mi aveva riconosciuto, lo chiamai io, ci sedemmo su una panchina e dopo cinque minuti, il tempo di raccontare la sua vita, mi interroga sulla mia.

Dopo trenta secondi, avevo finito, tra lo sbalordimento e tre mosche che erano entrate per esplorare la sua bocca, per poi uscirne senza che se ne accorgesse, era solo per stupore, le sue prime parole, anzi la sua unica parola, “Cazzo!” e terminò la conversazione. Seguì un imbarazzante silenzio, che durò diversi minuti, mi offri una sigaretta e accettai di accenderla, poi “Devi rifarti una vita”, lo guardai senza rispondere “Sei stato sempre il più studioso e curioso della nostra classe, tutti, ma proprio tutti, ti avevano come  “confessore”, uomini e donne, perché sapevano che quello che ti rivelavano era come se fosse chiuso in una cassaforte, la tua!”, lo ascoltavo e non capivo, ma mi nascondevo dietro la nuvola del fumo della sigaretta.

– Ascolta, io lavoro da tempo per un’agenzia interinale, l’altro giorno è venuta una nostra cliente a portarci dei volantini, ha un’agenzia investigativa e sta promuovendo un corso, il primo nella Regione Campania.

– E io che c’entro?

– Devi muoverti,  cambiare, scrollarti la negatività che hai addosso, si vede da lontano che sei uno straccio, che ti costa? Vacci a parlare, dammi in tuo numero di cellulare che quando vado a casa ti invio tutto tramite sms, l’indirizzo e il numero telefonico.

Lo feci contento, ma giusto per non farlo dispiacere, ci salutammo e rimasi su quella panchina.

Mi guardavo intorno, famiglie con bambini, nonni con nipoti, badanti con anziani, l’immancabile uomo dei palloncini, le urla di un neonato, nulla mi dava fastidio!

Ero solo immerso nei miei pensieri, nel pomeriggio, Pietro mi inviò quello che avevo promesso, ringraziai e… me ne dimenticai!

Era passata una settimana, la mia giornata era divisa in questo modo, la mattina all’ufficio di collocamento, due fette di pane in cassetta con una sottiletta, era il mio pranzo, poi letto e televisione, televisione e letto. Nel fare lo zapping tra i canali, mi capitò di vedere una pubblicità con una bella signora che invogliava le persone ad iscriversi al primo corso per informatore commerciale.

Fu un lampo, mi ricordai tutto, l’incontro con Pietro e il resto, presi il cellulare e chiamai!

Fu un periodo bellissimo e stancante, non avevo i soldi per pagarmi il corso, e quindi raggiunsi un accordo commerciale con la titolare dell’agenzia, la mattina lavoravo per lei gratis all’archivio e il pomeriggio frequentavo il corso, mille ore, tutti i pomeriggi, escluso la domenica.

Il corso era cofinanziato dalla Regione, era di alto livello, i vertici regionali avevano affidato questo corso a una persona che aveva l’agenzia da moltissimi anni, erano tre generazioni di investigatori. I docenti provenivano da diverse località italiane, studiavamo diverse materie, tra cui oltre la criminologia, il codice penale, le tattiche investigative, lo studio delle armi convenzionali e tecnologiche,  anche un corso di autodifesa personale con “incontri” tra noi studenti.

Ero il più anziano, partimmo in 20 alunni, rimanemmo alla fine in cinque, gli esami furono rigorosi e durarono tre giorni, ma alla fine fui tra i primi tre a conquistare il diploma.

Una stanza della mia abitazione, la trasformai in ufficio e con l’aiuto della titolare, iniziarono a venire i primi casi da risolvere, era già un anno che facevo questa attività e i riconoscimenti si alternavano agli (per fortuna) insuccessi.

Non potrò mai dimenticare quel giorno, era il primo aprile, avevo da poco finito di preparare una fattura per un caso di “tradimento familiare” lavoro molto impegnativo che mi aveva tenuto occupato per tre mesi tra pedinamenti e appostamenti, arrivò una raccomandata, portata da un pony express.

Era una busta gialla, di quelle commerciali, a sacchetto, strano pensai, mandarla per raccomandata, nessun mittente, solo il mio indirizzo, ancora più strano il contenuto, c’era un biglietto aereo per le 14.00 da Napoli per Catania e un altro già pagato per il ritorno senza data, una chiave e un bigliettino con un numero di cellulare.

Li per li, pensai onestamente ad un pesce d’aprile, ma tutte le mie impressioni scomparvero nel momento della mia telefonata all’aeroporto e alla compagnia di volo, ero stato prenotato per quel pomeriggio, la cosa mi intrigava, ma chi mai poteva essere l’autore di questa richiesta di avermi a Catania?

Non mi restava che chiamare il numero di cellulare, per avere spiegazioni, ma fu del tutto inutile, perché dopo aver fatto il numero, la persona che mi rispose dopo aver chiesto chi ero, mi disse solo “cassetta di sicurezza dell’aeroporto n. 38” e riagganciò!

Delle due, l’una o era un tranello di qualche marito che avevo scoperto o di una donna, perché no! Oppure era un nuovo caso! Il lavoro che avevo intrapreso, mi aveva già dato delle opportunità strane in quest’ultimo anno, volli pensare in positivo, preparai la valigia, dovevo essere due ore prima in aeroporto e cosi fu!

Mi guardavo con naturalezza intorno, ma sentivo di essere osservato, ma era inutile cercare di capire da chi, l’aeroporto era un brulicare di persone, appena arrivato mi avviai alle cassette di sicurezza, ero in anticipo di un quarto d’ora sull’orario previsto, apro la cassetta n.38, c’era una busta.

Mi allontano all’area di imbarco, prima di entrare, vedo il contenuto, un foglio e mille euro in biglietti da 20 euro, sul foglio “1 aprile, stanza n.238 dell’albergo Garibaldi al centro città, sarete contattato in giornata” firmato Tesla.

Sempre più strano, tramite il cellulare chiamo l’albergo, mi danno conferma della stanza a mio nome, in attesa per le 15.30, orario d’arrivo dell’aereo.

Il viaggio, fu tranquillo, ma quella sensazione di essere sotto controllo non si allontanava, ed ebbi la conferma quando ero in attesa del bagaglio che avevo imbarcato, oltre al sottoscritto, c’era una coppia giovane, poi due persone ben vestite, uno dei due si avvicinò

– Queste sono le chiavi della macchina per lei, parcheggio n.15, sosta 34.

Non mi ero ancora ripreso dallo stupore, i due scomparvero dalla mia vista, avevo solo notato un neo sull’occhio destro di quella persona, la mia sensazione era esatta, avevano fatto il volo con me, quindi sapevano chi ero.

Presi l’auto, una mercedes pluri accessoriata, tramite il navigatore già posizionato all’indirizzo dell’albergo, in pochi minuti raggiunsi la meta e fui nella stanza.

E ora? E ora era tempo di attendere, la macchina era nuova, l’avevo ispezionata per vedere se c’era qualcosa che mi potesse interessare, ma nulla, il libretto era intestato ad una rivendita del luogo, come auto di prova, scesi nella hall a prendere un caffè, controllai il cellulare fosse carico e feci una passeggiata nel parco adiacente, non c’è che dire, era un albergo di lusso con una vista meravigliosa sulla città, appena trovai un tavolino libero, il tempo di sedermi, si avvicinò un cameriere

– Gradisce qualcosa?

Lo guardai interdetto, non l’avevo sentito arrivare

– Si, grazie un aperitivo.

– Subito.

Scomparve per riapparire con dei salatini e un coppa di gelato con un aperitivo, nemmeno il tempo di ringraziare, era già scomparso, intorno non vedevo nessuno, ma memore di quello che era accaduto all’aeroporto, ero certo che qualcuno mi stesse osservando.

C’erano dei giornali sopra al tavolino, erano locali, iniziai a sfogliarli per fare qualcosa, ma nel frattempo mi guardavo intorno, nulla, il cellulare muto, non mi restava che andare nella mia stanza per cambiarmi per la cena.

Sul comodino trovai questo biglietto, tavolo 15, ore 19.00.

Iniziavo a fantasticare, chi era? perché? Stanco del viaggio e del lavorio mentale, mi appoggiai sul letto e mi addormentai, alle 18.30 squilla il cellulare, nessuno risponde, ma mi rendo conto che sono controllato, era una sveglia evidentemente, mi preparo e scendo.

Al tavolo 15 era apparecchiato per due persone, il cameriere mi porta il menu, inutile dire, faccio finta di vedere il menu, ma mi guardo intorno per vedere chi è il mio commensale, alle 19.15 arriva il cameriere

– Mi dispiace, ma ha telefonato la persona che aspettavate, mi ha detto di riferirle che non è potuta venire, quindi le augura una buona cena.

E così mi ha dato buca!

Non mi rimane altro da fare che cenare, inutile dire che la cena fu favolosa, i prodotti siciliani sono tra i migliori della nostra penisola e mi avviai nella stanza.

Non avevo sonno, accesi il televisore e mi misi sulla sponda del letto, ma rimasi sbigottito, qualcuno aveva anticipato le mie mosse, il televisore non stava trasmettendo delle immagini delle televisioni nazionali o regionali, ma c’era un avviso

“Legga bene prima di rispondere”

guardai meglio, c’era una videocassetta collegata al televisore nascosta che si era attivata, dopo pochi secondi altro messaggio

“Benvenuto nella nostra terra Lino, abbiamo un incarico per lei”

oramai muto dallo stupore vedevo scorrere delle immagini, erano delle montagne, poi un gregge con un uomo e un bambino, bello, riccioluto poteva avere sei anni, con un bastone cercava di mantenere ordine nel gregge, poi una casa, modesta con giardino, un uomo abbastanza anziano che stava intagliando qualcosa, poi più nulla.

Attesi, dopo qualche minuto si materializzò una cartina geografica dell’Albania, il porto di Durazzo e cerchiata in rosso la zona detta Klos del Distretto di Croia, non potetti fare a meno

– E che cazzo!

Esclamai, la mia voce era rimbombata nella stanza, mi parve di sentire qualcuno che ridacchiava, ma di certo era una mia impressione, non c’era nessuno tranne il sottoscritto.

Messaggio con in sottofondo l’immagine del ragazzo, nitida per farla memorizzare

“Nel cassetto del suo comodino, troverà cinquemila euro, un passaporto e biglietti per il traghetto con partenza da Bari. Questo è il suo incarico, riportare in Italia il ragazzo, si chiama Andrea. Ad operazione conclusa riceverà altro diecimila euro per la sua prestazione. Tesla”

Quell’immagine, non la dimenticherò mai, un volto di donna nascosto in un cappuccio nero, si vedeva solo il naso e abbozzato una parte della viso!

Ero ammutolito, non esclamai nulla, ma feci riavvolgere il nastro e lo rividi per due volte, iniziavano le domande ad affollare il cervello, perché mai io? chi erano queste persone? chi era il ragazzo, l’uomo, l’anziano? e poi sempre più forte, perché tanto mistero?

Domande senza risposta!

Aprii il comodino e trovai quello che mi era stato detto, presi il passaporto, era datato tre anni prima, aveva una foto di un bimbo piccolo, Andrea Zyca, nato a Catania il 19 settembre di due anni prima dall’emissione del passaporto, c’era solo un nome come tutore Tesla………….e poi non era chiaro il cognome (era troppo lungo) , erano presenti solo due annulli, uno per Durazzo e un altro per Bari e null’altro.

Lo tenevo in mano e lo guardavo, ma che storia è questa?

No, non era possibile, dovevo andar via, chiamai la reception e chiesi il collegamento con l’aeroporto di Catania, il primo aereo per tornare a Napoli era alle 24.00, ora erano le 22.00. Non persi tempo raccattai tutto quello che avevo tolto dal bagaglio, presi i soldi che mi erano stati inviati nella busta gialla e li aggiunsi ai soldi del cassetto e con il passaporto li lasciai dentro al comodino, nella busta gialla.

Scesi, mi feci chiamare un tassi, lasciai le chiavi della mercedes alla banconista dell’albergo, dicendo che qualcuno sarebbe venuto a prendere l’auto e mi feci portare all’aeroporto.

Non ci potevo credere, ma perché proprio io, certo conoscevo quei luoghi, avevo lavorato al commercio estero nella multinazionale prima che mi licenziassero per cinque anni, la ditta aveva collegamenti con l’Albania, avevo imparato quello che mi serviva parlando con loro con la loro lingua, ma chi era il ragazzo? E poi, un particolare da non trascurare, non avevo nessun mandato per iscritto, avrei dovuto avere altre informazioni e poi valutare e decidere, ma così no e certo che no!

Qualcuno si stava facendo beffa di me, cosa ci avevo guadagnato, nulla, una cena, forse, ma per il resto, nulla, solo pensieri e preoccupazioni, non vedevo l’ora di essere in volo, per Napoli.

Speravo che nessuno mi contattasse, tenevo il cellulare acceso, poi all’imbarco lo spensi e finalmente sul volo, arrivai a Napoli e tornai a casa, con poche certezze e mille dubbi, cercai di pensare ad altro, domani era domenica, avevo appuntamento nella Basilica di San Gennaro, con mia madre, era l’anniversario della morte di mio padre e come ogni anno ascoltavamo la messa insieme e dopo andavamo a pranzare con la pizza da Donna Sofia.

La mattina successiva mi svegliai molto tardi, mi preparai in fretta, resettando il cervello su quello che mi era accaduto, la notte alternativamente avevo sognato il ragazzo e la donna, poi finalmente mi ero addormentato profondamente.

Arrivai alla basilica con un certo anticipo, stavo salendo i gradini, quando arriva un messaggio sul cellulare

“Amore mio, questa volta non posso venire, ho un brutto raffreddore ma non ho febbre, Irina la badante e con me, vai tu a messa per tutte e due”

Mi dispiacque, era una delle poche volte, dopo che ci eravamo riappacificati che ci vedevamo, scattai una fotografia dell’ingresso del Duomo, e la inviai, immediatamente “Grazie” e entrai.

Se avessi immaginato!

Se solo quella mattina non mi fossi alzato!

Ma andiamo per ordine.

Il rito era sempre lo stesso, prima facevo una vista alla Cappella di San Gennaro, poi ascoltavo la messa e infine, prendevo un biglietto per scendere al Tesoro di San Gennaro, lo conoscevo a memoria, ma ero sempre contento di rivederlo, stranamente quel giorno c’erano poche persone, forse il caldo aveva dirottato molti per la prima vista al mare, meglio così, pensai, me lo godrò ancora meglio.

Ero nei pressi della teca con la mitra tempestata di pietre preziose del Santo, erano enormi,  frutto della devozione di tanti potenti della terra, che avevano voluto donargli qualcosa di prezioso, alle mie spalle, ad un tratto

– Non girarti!

Era una voce di donna, bassa ma imperiosa, mi bloccai

– Cosa vuole?

– Sono Tesla!

Appena sentii quel nome, feci un movimento con la testa per girarmi, ma mi bloccai, tra la scapola destra e il torace, avvertii qualcosa di duro metallico, sembrava una pistola, immediatamente ritornai nella posizione originale

– Ma è pazza?

– No!

– Cosa vuole?

Silenzio

– Incontrarti!

Dovevo assecondare, non ero in condizione di fare altro

– Dove?

Sentii che metteva una mano nella tasca destra, poi più nulla, attesi qualche minuto, mi girai, non c’era più nessuno!

Avevo urgentemente bisogno di trovare un toilette, salii sulle scale, mi ritrovai nella cappella, di lato a sinistra c’era una porta che portava alle toilette, mi liberai e dopo lavato e asciugato le mani, presi quel biglietto nella tasca

“Primo piano, alle Clarisse, chiedi di Suor Maria”.

Avevo due possibilità, sparire o andare all’appuntamento, sparire era inutile, visto che era riuscita a trovarmi e poi il mio istinto mi consigliava di incontrarla, avrei avuto maggiori informazioni e se non fosse stato il caso di accettare, rifiutare il lavoro e tornarmene finalmente a casa tra storie di tradimenti, cornuti e donne tradite.

Usci dal Duomo e mi diressi lateralmente a sinistra, c’era il portinaio del Convento, chiesi di Suor Maria e dissi il mio nome, mi fece entrare, con l’ascensore arrivai al piano e fuori c’era in attesa una suora di una certa età

– Lino?

– Si

– Venga.

Ci infilammo in un lungo corridoio, poi alla fine mi fece entrare in una stanzetta divisa da una grata, l’altra metà era al buio, potevo solo intravedere, passarono qualche minuto, poi

– Sono contenta che sia venuto.

Mi gelai, stava già li, mi aveva solo fatto attendere per vedere le mie reazioni, quasi con rabbia

– Cosa vuole da me?

La sua voce era tranquilla

– Stanotte abbiamo fatto il viaggio insieme.

Per la miseria, ero talmente stravolto, non avevo notato nulla

– Come? Cosa?

– Avrei potuto fermarti ieri sera in albergo, ma poi ho pensato che era meglio così, ti ho visto

Ma come ha fatto?

– Dall’espressione del tuo viso ho capito tutto, non hai toccato un euro di quello che ti avevo lasciato e questo mi ha convinto sulla tua onestà e mi ha invogliato a seguirti per poterti parlare da vicino.

La curiosità ebbe il sopravvento

– Perché stai nascosta? Cos’è questa storia? Il ragazzo, chi è? E il resto?

Silenzio, poi prese con una mano qualcosa e mi passò la busta gialla nella finestrina, la lasciai li, in attesa

– Non sono una suora, mi appoggio qui quando sono a Napoli,  mi chiamo Tesla dei Santarosa di Palermo, sono la madre di quel ragazzo Andrea, il padre l’ha rapito tre anni fa raccontandogli che ero morta, ho cercato tutte le strade legali per poter riavere mio figlio, ma ho fallito, nonostante le ingenti somme che ho elargito a destra e a manca.

Lei parlava, a bassa voce e io trasalivo

– Questo è l’estratto di nascita di Andrea e questa è la mia carta d’identità

Ovviamente la fotografia era stata coperta

– Il mese scorso, ho partecipato ad un Master qui a Napoli e ho conosciuto il Prof.Acava

Ecco, perché!

– Ho chiesto e ottenuto un incontro privato, ho raccontato tutto e lui mi ha assicurato che si sarebbe informato per poi darmi un consiglio. La settimana scorsa mi ha chiamata e mi ha parlato di te, sue testuali parole “Il vostro caso non è usuale, come non dovrà essere usuale il conferimento del mandato, ma in base alle mie informazioni, solo una persona può aiutarvi, ma non so se accetterà, solo in caso estremo faccia il mio nome, lui capirà. E’ bravo e non ha paura di nulla è l’uomo che può fare al caso vostro”

Ero orgoglioso, il mio professore, nonché il Presidente dell’Associazione degli investigatori privati, veniva da Roma a farci lezione tre volte a settimana, ma non dissi nulla, rimasi in ascolto

– Noto che lo conoscete bene?

Ma come ha fatto? Certo ha visto le mie espressioni

– Si, è stato troppo buono!

Non disse nulla, la sua voce mi piaceva ascoltarla, cercavo di vederla ma non ci riuscivo, aveva un cappuccio in testa, vedevo solo il naso e la bocca

– Presi le mie informazioni e decisi di convocarti, ma dopo la tua reazione ho pensato opportuno incontrarti per spiegare le mie ragioni, quello che voglio è avere il bambino con me, fargli sapere che non sono morta e riportarlo in Italia, te la senti? Il padre è un violento, sono in attesa della risposta per il divorzio dopo la mia denuncia per sottrazione di minore. Non ho voluto che si intromettesse  la mia famiglia in questa faccenda, l’avrei risolta in breve tempo, ma ci sarebbero stati dei morti sicuramente, ed io non voglio. Il compenso se è inadeguato sono disposta a raddoppiarlo o triplicarlo, non ho problemi, ma ora aspetto una tua risposta, non ora, lo capisco, ma aspetterò altre ventiquattro ore con ansia.

Così dicendo, si alzò prima che potessi dire una parola, lasciando la busta gialla e i documenti e una cassetta per il videoregistratore, il messaggio era chiaro, sono tuoi, se poi dovessi decidere di no, so che ritorneranno indietro.

Lasciò nell’aria un profumo dolcissimo di zagara e scomparve!

Mi alzai imbambolato, misi tutto nella tasca interna della giacca e mi rintanai in una pizzeria, poco distante, dove andavo sempre con mia madre, ordinai la mia preferita, la pizza marinara e nel frattempo, nonostante la folla, mi misi a pensare al caso, ero talmente assorto che non mi ero accorto di Ivan che mi stava chiamando

– Signor Lino, è pronta!

Mi risvegliai ,

– E tu, che ci fai qui?…”….

…segue…
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Araldo Gennaro Caparco

19 Dicembre 2023 – Suma e il bacio rubato! – Romanzo di Araldo Gennaro Caparco

“Quella notte non riuscivo a dormire, ero in un albergo di prima classe a Rynek Starego Miasta di Varsavia, avevamo raggiunto il nostro scopo, c’erano voluti tre mesi di pedinamenti, appostamenti, ma la squadra aveva funzionato, invece di essere contento e soddisfatto, pensavo a  lei a quella stronza di Nadia, è vero, era passato un anno ma mi bruciava ancora, tornai da una missione in Cina e non la trovai più, solo un biglietto:

“In questa busta ci sono i documenti da firmare per il divorzio, non ho mai smesso di amare il mio ex e da due anni abbiamo una relazione, stiamo partendo per un nuovo lavoro in Australia, ti ho preso in giro, pensavo che i soldi mi avrebbero fatta felice, ma non mi sono bastati, amo un altro, addio!”

Non c’è cosa peggiore per un astemio, di attaccarsi ad una bottiglia di liquore per lenire la rabbia e il dolore… una sbornia colossale, una sola fortuna… i miei collaboratori!

Mi risvegliai completamente nudo nella vasca da bagno, l’acqua era gelida, il tempo di realizzare, da solo non potevo esserci caduto dentro, si aprì la porta

– Finalmente sei sveglio!

Era Cizia la mia collaboratrice e senza attendere risposta verso un secchio di ghiaccio nell’acqua

– Ma, sono nudo!

Sorrise

– Sai che sorpresa!

E uscì ridendo.

Cizia era una componente del mio team, trent’anni ben portati, esperta in armi e in arti marziali, maga nei travestimenti, collaborava con me da cinque anni, elemento prezioso e insostituibile, single per scelta, una volta uno sceicco si innamorò perdutamente di lei, ma lei lo snobbò lasciandolo a bocca asciutta, alta un metro e ottanta, capelli biondi fino alla schiena, due occhi celesti come il mare e un corpo da amazzone da far girare la testa.

Mi chiamo Lio, soprannominato la tigre, trentacinque anni, esperto investigatore nell’ambito bancario e finanziario, risolviamo casi di truffe d’alta finanza, pochi sono quelli che conoscono la nostra squadra, oltre a Cizia c’è un altro collaboratore esperto informatico Teo, esperto anche lui con le armi e peso massimo, quaranta anni ma ne dimostra trenta ed è la nostra guardia del corpo quando siamo in azione, il suo peso è ininfluente, nei cinque continenti molte persone sono andate in ospedale con prognosi da trenta giorni in su, per essersi scontrati con lui.

Ed  eccolo la, sta cucinando

– Allora capo come va?

– Anche tu qui?

Risero a crepapelle

– Quando Cizia mi ha chiamato, non riuscivo a crederci, tu, sbronzo…

– Poi, però quando gli ho mandato la foto dei documenti per il tuo divorzio…

– In cinque minuti, sono arrivato e ti ho trovato già svestito e nella vasca da bagno, ora non pensarci abbiamo un lavoro che ci aspetta, sto cucinando e vedrai che dopo questa colazione all’inglese ti sentirai più in forma che mai.

Mi ricordai tutto e già aveva ragione, senza parlare mi avviai verso il bagno

– E brava Cizia, faccio una doccia calda.

Non dissero nulla!

Il mio tono era eloquente, mi ripresi e li ringraziai e mi ricordai di tutto, la sera prima avevamo cenato con un nostro cliente, contento di aver risolto il suo problema, era da poco passata l’una di notte quando mi ero appoggiato sul letto sperando di poter riposare prima di partire per Roma il giorno successivo, ma notai sul cellulare un messaggio nella segreteria, lo lessi

“Tigre so che siete a Varsavia, un amico comune mi ha detto come rintracciarvi, vi aspetto domani nella mia sede di Amburgo per mezzogiorno o dove volete in quella città, ho un incarico per voi, ho versato sul vostro conto il dieci per cento dell’ammontare dell’incarico, quale acconto, aspetto conferma, Wrote – President of Bank of America”

Saltai dal letto, presi il mio computer e controllai il conto corrente e il nominativo, chiamai i miei collaboratori e li misi al corrente dell’incarico.

E questo è tutto!

Eravamo in auto, direzione Amburgo.

– Lio, non mi sono ancora svegliata, ma mi hai detto che l’acconto…

Teo era alla guida, sorrisi

– Centomila euro…

Un fischio da parte di Teo

– Quindi, l’incarico è di…

Cizia

– Un milione di euro!

Ecco perché eravamo in auto alle due e trenta della notte, avevamo sette ore e mezzo di viaggio per arrivare ad Amburgo, dovevamo essere puntuali, non era un cliente qualunque

– Cizia?

Silenzio

– Cizia?

– Sto già lavorando Lio, non mi distrarre!

Questa era lei, silenziosa e efficiente come non mai, arrivammo alle undici precise, alloggiammo in un albergo vicino alla sede della Banca d’America, presi una suite per noi tre, qui avremmo montato l’ufficio portatile, quando eravamo in giro, portavamo lo stretto necessario, tre computer, registratori da indossare, microfoni direzionali d’alta qualità e ancora altri supporti tecnologici comandati da Teo, mentre Cizia era addetta alle registrazioni

– Trovato qualcosa Cizia?

– Si, forse, vediamo cosa chiedono.

Mi stavo avviando all’appuntamento

– Spogliati!

Era Cizia

– Che intenzioni hai?

Sorrise

– Lo sai quello che dobbiamo fare.

– Ma è necessario?

– Certo!

Dopo avermi nastrato con registratore e auricolare, mandai un messaggio, eravamo di fronte alla Banca d’America

“Ristorante albergo Park Hyatt Hamburg, ore dodici-Tigre”

Erano le undici e quarantacinque, immediatamente

“Perfetto”

  • Teo andiamo!…”

——————————

Splash!

——————————

E’ in attimo, mi ritrovai, bagnato con una spugna maleodorante impregnata di detersivo all’aceto

– Lio, ma sei tonto, tra un quarto d’ora arriva la brigata di cucina!

Oddio, era tutto un sogno, ecco la verità, avevo sognato ancora una volta ad occhi aperti!

– Arrivo, arrivo, ho finito.

– Se continui così ti licenzio!

Chi ha parlato è il mio capo squadra, e già, faccio le pulizie in un ristorante la mattina e il pomeriggio curo l’archivio di un agenzia di investigazioni.

Mi chiamo Lio, età venticinque anni, nato in Sicilia, a Palermo per l’esattezza, nella mia infanzia ho incontrato persone di ogni tipo, ma la maggior parte erano figli di portuali come mio padre, avevo avuto da loro un’istruzione di strada, non per scrivere e leggere, quegli anni mi maturarono più della mia età anagrafica, ero curioso per natura, ma mi insegnarono la scaltrezza e la furbizia e il coraggio della paura, imparai a sopravvivere ed ero in gamba, dopo anni di insuccessi guadagnai il rispetto di tutti a suon di scazzottate, poi…sono emigrato a Milano dopo la morte dei miei genitori in un incidente stradale, diplomato in ragioneria, ramo internazionale, disoccupato cronico, conosco bene l’inglese, mia madre era di Bristol.

Lavoricchiavo in nero, ovviamente!

Ho provato diversi concorsi, ma nulla, dopo aver passato un anno a registrare fatture sul computer di un commercialista, con la promessa di essere assunto in pianta stabile come impiegato, rimborso cento euro a settimana lavorando dalle otto alle diciotto, tutti i giorno compreso il sabato, decisi di abbandonarlo, e ora?

La mattina lavoro e faccio le pulizie in un ristorante, in sala e cucina, così mi guadagno il pranzo e la cena, il pomeriggio in un’agenzia di investigazioni e guadagno venti euro al giorno e pago il fitto di un letto.

Aspirazioni:

–  tante, dopo il diploma, ho partecipato anche ad un corso per investigatore, vorrei mettere su una mia agenzia specifica per le truffe bancarie, ma ad oggi i gestori dell’agenzia dove faccio le pulizie, mi hanno utilizzato qualche volta nei pedinamenti e appostamenti o come guardia personale di qualche cliente, li ho aiutati anche nella gestione amministrativa, sono soddisfatti, ma non mi avevano ancora assunto stabilmente, ero uno dei quattro avventizi a chiamata presenti in agenzia.

Il sabato lavoravo mezza giornata in agenzia, così è accaduto anche quel famoso sabato che ha cambiato la mia vita… dopo aver messo tutto in ordine, stavo per chiudere la porta e andarmene quando sentii gracchiare il fax, era in arrivo qualcosa, feci il pari e dispari, poi decisi di attendere, mi avvicinai e lentamente uscì un foglio intestato

“Bank D’Arabia

Si richiede un incontro urgente oggi, ore 15.00 aeroporto di Milano, area scalo tecnico, ripartiamo alle 15.30, chiediamo conferma appuntamento.

Firmato Il Presidente Abdul Azeem.”

Rilessi più volte il messaggio, telefonai alla titolare, al figlio, agli impiegati, ma niente, nessuno dei cellulari o dei numeri fissi rispondeva, non sapevo cosa fare, poi un’idea pazzesca si fece largo nella mente…

… ci sarei andato io!

Non presi un foglio intestato, ma totalmente in bianco e lo rispedii al numero del fax di partenza, solo con un “Si”, non avevo infranto nessuna legge, avevo solo dato conferma.

Erano le 14, dovevo muovermi in fretta, chiesi alla signora Maria, l’affittacamere dove dormivo di stirarmi l’unico vestito che avevo, era di colore grigio scuro, dal mio coinquilino mi feci prestare una cravatta, l’unica che avevo era nera, l’ultima volta era stata usata per il funerale dei miei genitori, periti in un incidente stradale in Sicilia, il colpevole era fuggito dopo aver travolto la nostra utilitaria e uccisi i miei genitori.

Misi l’unica cosa preziosa che avevo al momento, oltre il documento d’identità, il tesserino di investigatore, me l’ero guadagnato e ne ero fiero, sentivo che le gambe mi tremavano, ma oramai ero in ballo, avrei trovato forse il modo di dire la verità alla titolare o se fossi stato scoperto e questo mi dava la forza di continuare.

Presi un tassì per arrivare all’aeroporto di Milano Linate, portavo con me una valigetta 24ore, praticamente vuota, c’erano solo dei fogli bianchi e una penna, ma faceva scena, mentre stavo per arrivare, fui preso dal panico e se avessero controllato e se avessero contattato la titolare, se…, se…, tanti se!

Ero arrivato, pagai e in un attimo mi passò davanti tutta la mia vita, quella che avevo vissuto fino ad oggi, no, non potevo tornare indietro, no, non l’avrei fatto, aspirai una quantità d’aria che avrebbe gonfiato un palloncino con un solo soffio, ed entrai.

All’ingresso in sala d’aspetto, mi bloccarono due persone, ovvero due guardie del corpo, mi chiesero i documenti e mentre stavano registrando e chiedendo l’autorizzazione per farmi entrare, mi sentii osservato, mi girai e la vidi, era una ragazza molto giovane, con un pantalone di lino bianco  una camicetta multicolore, alta quasi quanto il sottoscritto, un metro e ottanta, era con due donne, i nostri sguardi si incontrarono, fu un attimo, ma mi bastò, ero ipnotizzato, sorrise una spallina lasciò intravedere parte della spalla e notai una testa di tigre tatuata, piccola, non invasiva e mi ricordai del sogno ad occhi aperti di una settimana prima, e sparì

– Signore prego è atteso!

C’è qualcuno?

Non sentivo niente, mi sentii toccare sulla spalla, mi girai

– E’ atteso!

E mi indicò una saletta alla sua sinistra, una terza persona mi aprì la porta e mi trovai di fronte, un uomo sulla cinquantina, vestito in modo elegante, era di spalle, guardava giù nella hall dell’aeroporto, seguii il suo sguardo, guardava lei che stava andando via, chissà chi era, tossii, l’uomo si girò e la sua espressione fu di stupore e meraviglia, in inglese

– Lei è dell’agenzia investigativa?

Giuro che parlavo prima, ma i suoi occhi erano fissi sui miei, per radiografarmi dalla testa ai piedi

– Si signore per servirla.

Sempre più stupito

– Perfetto il suo inglese.

Arrossi

– Grazie, mia madre era inglese.

– Di dove?

– Di Bristol signore!

Mi fece segno di accomodarmi

– Non pensavo che la vostra agenzia avesse delle persone così giovani!

Primo problema

– La nostra titolare è un’illuminata, crede nelle nostre potenzialità.

Era soddisfatto

– La conosco bene, quindi non mi meraviglia affatto, il tuo nome?

E ora?

– Lio

– In azione?

Cosa vuole dire?

Poi in un decimo di secondo realizzai, un nome in codice, mi ricordai della ragazza e il sogno

– Tigre!

Sorrise colpito

– Perfetto, vorrei continuare questa discussione e sapere altro su di te Tigre, sono curioso, ma mi hanno anticipato il volo, ho una riunione urgente a Londra, questa cartellina racchiude il mio incarico, ci risentiamo tramite skype martedì mattina alle nove, domande?

E che vuoi domandare?

Anche dire la verità in quel momento era inutile, presi la cartellina e con una sicurezza che era data dalla paura che avevo dentro di essere scoperto

– A martedì!

Un ordine secco, in una lingua che non conoscevo, vidi entrare uno degli armadi umani che mi aveva accolto all’ingresso e mi indicò con delicatezza l’uscita.

Mi sentivo svuotato, di certo qualche chilo l’avevo perso per la tensione, ma mantenni un contegno, sicuro di essere osservato, appoggiai la mia valigetta, misi con calma la cartellina dentro, poi salutai cordialmente e con passo tranquillo uscii dall’aeroporto, solo nel tassì ebbi un mancamento, ma riuscii a mantenermi fino a casa, ma arrivato sotto casa… avevo deciso…

…no,  non potevo continuare, diedi l’indirizzo della signora, la titolare dell’agenzia e iniziai a pregare.

Bussai ripetutamente, ma nessuno mi apriva, poi finalmente si aprì la porta e vidi Federica, la nipote della signora Maregillo, viveva con loro da alcuni anni dopo la perdita dei genitori a distanza di sei mesi l’uno dall’altro per il male del nostro secolo, un tumore maligno

– Lio, come hai saputo?

La guardai strano

– Cosa?

– Della caduta?

Stavolta entrando meravigliato

– Quale caduta?

Arrivò la signora,  aveva un braccio al collo e un turbante che le fasciava la testa, mi cadde la valigetta per terra

– Signora?

Era stupita

– Anche tu qui? Ma chi ti ha avvertito?

Non dissi nulla, con l’altra mano mi prese e mi portò nella stanza di Gaetano, suo figlio, c’era un’infermiera che stava praticando una flebo

– Gaetano? Ma che è successo?

Senza accorgermene avevo quasi urlato

– Zitto, vieni!

E ritornammo nel salone… li mi raccontò tutto, la notte l’avevano passata in ospedale, dopo una caduta accidentale di Gaetano dalla scala su di lei, la sera prima era salito per dare una mano alla madre per prendere degli scatoloni per il cambio di stagione, lei era al di sotto alla scala, si era sbilanciato ed era caduto su di lei, ma purtroppo lui si era fratturate entrambe le gambe  e un braccio e lei solo un braccio e varie escoriazioni sulla testa, ascoltavo sgranando gli occhi

– Mi dispiace, non sapevo nulla!

Federica, mi guardava strano, poi

– Come sei elegante, come mai?

Era sorridente, ci piacevamo, è vero, avevamo avuto una storia due anni prima, ma poi, avevamo concluso che non c’era nulla tra di noi, tranne una grande amicizia, nulla di più, io la consideravo una sorella, quella che non avevo mai avuto e lei nei miei confronti era dolce come se fossi stato suo fratello

 

– Grazie Federica.

 

Dissi diventando rosso come il pomodoro, fu solo allora che la signora, attenta investigatrice

 

– E’ vero, allora, come mai sei qui?

 

Ecco, e ora, come me la cavavo, avevo la valigetta che avevo ripreso sulle ginocchia, lei fece una smorfia di dolore

– Signora non adesso, vi vedo dolorante.

Si riprese immediatamente

– Lio cosa mi nascondi?

Era arrivato il momento!

Capitolai e raccontai tutto, sotto lo sguardo stupito delle due donne, alla fine, aprii la valigetta e le diedi la cartellina, la vedevo, il suo viso si fece di mille colori, la tenne in mano, ma non l’aprì con fare severo

– Sai che hai fatto una cosa che non avresti dovuto fare?

– Si

– Sai che adesso ti dovrei cacciare fuori?

– Si

Federica

– Ma zia…

– Zitta!

Urlò!

Non aspettai la sentenza, mi alzai e mi stavo avviando verso l’uscita con Federica

– Fermati!

Mi bloccai, sempre di spalle

– Perché l’hai fatto?

Mi girai, abbassandomi all’altezza dei suoi occhi, cosa avevo da perdere e

– Signora sono cinque anni che lavoro e collaboro con voi, ho un sogno, aprire un’agenzia e voi lo sapete bene, conoscete i sacrifici per diplomarmi al vostro corso, per sdebitarmi ho fatto tempo fa anche le pulizie nel vostro ufficio e continuo tuttora collaborando con voi, non conosco il contenuto di quella cartellina, si per un attimo ho pensato di continuare da solo, ho venticinque anni, devo trovare la mia strada, ma non a queste condizioni. Quando ho letto il fax, sapevo di chi si trattava, il vostro miglior cliente, potete controllare, ho chiamato tutti voi, non avendo risposta, sono andato, non mi sono spacciato per un altro, ho detto che ero un vostro collaboratore e che voi eravate un imprenditrice illuminata che scommetteva sui giovani, controllate, se volete, ma alla fine non potevo ripagarvi in questo modo e sono venuto qui per raccontarvi tutto. Mi dispiace per quello che vi è accaduto, non sapevo, ma ora che sapete tutto, posso andarmene più sereno, ho la coscienza a posto, arrivederci.

E così dicendo, mi alzai, diedi un bacio sulla guancia a Federica e stavo per uscire dal salone

– Fermati!

Mi girai sbigottito

– Perché?

– Perché hai detto la verità, ecco perché! Vieni siediti e controlliamo insieme il contenuto della cartellina, tu sei un aiuto nell’agenzia e da oggi sei assunto a tempo pieno a quaranta ore settimanali con un contratto regolare, che ne dici?

Non dissi nulla, felice e meravigliato com’ero, ma l’abbracciai stando attento a non farle male, ero emozionato e anche loro due, Federica si sedette vicino a me

– Sono orgogliosa di te!

Finalmente sorrisi

– Grazie sorella.

.-.-.-.-..-.-.-.-.-.-.-.-.-.

Siamo su un aereo di linea Milano – Roma, si siamo, io e Federica, ma andiamo per ordine.

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

La signora era impedita ad aprire la cartellina, l’aprì Federica, c’era una lettera scritta a mano, una foto e una busta, me la diede per leggerla ad alta voce…

…continua…

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Non sono uno scrittore ma un “sognatore narrante” e questi sono i miei sogni riportati sotto forma di E-Book.
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