Archivio annuale 2023

18 Dicembre 2023 – Tre chicchi d’uva! – Romanzo di Araldo Gennaro Caparco

Febbraio – Carnevale

Che festa fantastica, non avrei voluto partecipare, ma non potevo far un torto ad una mia cara amica Duna, una villa stupenda sul mare di Posillipo, una terrazza per innamorati e tanta allegria, fiumi di spumate, stavamo festeggiando la proposta di matrimonio di Alberto, l’aveva chiesta in sposa e lei aveva accettato, quando seppe che stavo all’aeroporto d Los Angeles

– Lo devi fare per me, appena arrivi a Roma, chiamami,

E così feci e all’aeroporto di Napoli, trovai l’auto di famiglia che mi aspettava per condurmi alla festa, eccola

– Ti stai divertendo?

Ero stanco morto, ma cercai di fare un sorriso

– Certo!

E nemmeno il tempo di rispondere, ecco Alberto con il trenino e la musica a tutto volume

– Vieni poltrone.

Mi agguantò per il torace e fui a capo del trenino, scendemmo lungo lo scalone d’ingresso, giuro, se avessi avuto la possibilità, sarei scappato in quel momento, ma niente da fare, Duna si mise davanti a me

– Saliamo sopra!

E vai, ancora una volta, le scale, le ginocchia non mi mantenevano, a metà scala, il papa di Alberto, Ilvo

– Ti do il cambio!

L’avrei abbracciato, se avessi avuto le forze, ma volentieri lasciai la presa di Duna e lui mi sostituì, come Dio volle, mi nascosi in una nicchia in mezzo alle scale e mi feci piccolo, piccolo, per non farmi notare.

Erano pazzi, si, di gioia e innamorati!

Chi l’avrebbe mai detto!

Solo due mesi fa, erano dei perfetti sconosciuti, Duna era stata mandata dalla sua azienda ad affiancarmi, per perfezionare un trasferimento di una partita di vino dell’area vesuviana per i paesi dell’est, avevano fatto una ricerca di mercato e per loro la nostra azienda di import ed export era la più affidabile, mi arrivò un fax per avvertirmi del suo arrivo, era un affare da migliaia di euro e non potevo far finta di nulla, quando Ivano il mio segretario mi avvertì che aveva telefonato dall’aeroporto e mi stava aspettando me ne ero completamente dimenticato, stavo pianificando il mio giro di clienti in Inghilterra e poi negli Stati Uniti e mi ero completamente tolto dalla testa il suo arrivo

– Cavolo e tu che gli hai detto?

Sorpreso

– Sta arrivando!

E ora?

Stavo lottando per il mio lavoro, era il momento di fare il salto di qualità, dovevo rendermi autonomo e quella mattina avevo parlato con il proprietario dell’azienda per avvertirlo che al mio ritorno mi sarei licenziato, lui cercò di trattenermi, voleva aumentare lo stipendio, ci volle il bello e il buono per fargli capire che per me era il momento, non era una questione di soldi, ma a trenta e più anni, non potevo fare a vita il globetrotter per il mondo, alla fine sconsolato dovette registrare la mia volontà, avevo dato appuntamento ad Alberto,il figlio del titolare all’aeroporto di Capodichino per metterlo al corrente che avevo parlato con il padre e mi ero dimenticato di Duna, presi il cellulare

– Alberto?

– Si Mino

– Dove sei?

– Ti sto aspettando sono all’aeroporto.

E vai!

– Ascoltami, sono in ritardo, ma c’è una nostra e tua cliente che viene dai paesi dell’est per acquistare i nostri prodotti, potresti sostituirmi, nel frattempo che arrivo?

E incrociai le dita

– Certo!

– E vai! Grazie, si chiama Duna e ti sta aspettando agli arrivi.

Stupito

– Vado!

E questo fu!

Un colpo di fulmine, quando finalmente mi liberai, chiamai per dire che stavo arrivando, ma mi dissero che non c’era bisogno, erano in auto e stavano andando in azienda e così partii per Londra, quando feci tappa a Los Angeles, Alberto mi telefonò per ringraziarmi “Ho trovato l’anima gemella, ed è tutto merito tuo, un abbraccio”.

Ecco perché ci tenevano che fossi alla festa quel giorno, ma io non ero proprio in condizione di stare sveglio, avevo il jet lang che mi procurava un fastidioso affanno, dalla nicchia dove mi ero nascosto, guadagnai l’uscita, chiamai il tassi e dopo poco ero a casa, vestito mi buttai sul letto, abbassai tutte le tapparelle e mi addormentai profondamente.

La mattina successiva, l’ultimo di Carnevale, dopo una colazione abbondante e dopo aver ascoltato i messaggi sulla segreteria, tramite il computer inviai gli ordini che avevo collezionato nel mio viaggio, neppure il tempo di inviare le email con le copie delle credenziali e dei bonifici che erano stati effettuati dalle aziende che avevano acquistato, partite di bottiglie del nostro vino, un messaggio sul cellulare, era la mia banca che mi avvertiva di un bonifico effettuato in quel momento di venticinquemila euro, era stato effettuato da Ilvo il titolare dell’azienda, ma c’era un errore, ben quindicimila euro in più, lo chiamai

– Sono Mino!

Sentii forte una risata

– Dimmi?

– Forse avete fatto un errore nel fare il bonifico adesso.

– Nessun errore.

– Ma allora?

– Non sono riuscito a trattenerti nella nostra azienda e questo è un nostro regalo, una gratificazione per il lavoro che hai svolto in questi ultimi ordini, poi riceverai la liquidazione per il tuo lavoro prestato, un abbraccio.

Era sempre stato di poche parole, riuscii solo a dire

– Grazie, non me l’aspettavo.

E lui

– La nostra azienda avrà sempre un posto per te, ricordatelo!

E riattaccò!

Sprofondai nella poltrona e in un attimo rividi questi ultimi anni della mia vita, la nostra famiglia aveva un azienda non molto grande a san Giuseppe Vesuviano, imbottigliavamo il vino di diversi produttori e poi li commercializzavamo ai ristoranti della zona vesuviana e sorrentina con il nostro logo, una piccola raspa e tre chicchi d’uva, solo per un vezzo all’età di diciotto anni mi feci fare un piccolo tatuaggio sulla spalla destra uguale e identico al nostro logo.

Gli affari andavano a gonfie vele e mio padre, vedovo dalla mia nascita, si, perché mia madre nel darmi alla luce, perse la vita, aveva preteso dopo la mia laurea in agraria che mi diplomassi anche come enologo e non vedeva l’ora di lasciarmi le redini dell’azienda e ritirarsi a Sorrento, il luogo che più amava in Italia, era li che aveva conosciuto mia madre, ed era lì che voleva tornare, ma un brutto giorno, un attentato camorristico fece saltare in aria l’azienda e mio padre per il dolore fu colto da infarto e morì sul colpo.

Avrei potuto ricostruire il tutto, l’assicurazione aveva pagato tutti i danni, ma non ero certo nell’animo di volerlo fare, avevo ventidue anni, troppo giovane per assumermi la responsabilità di ricostruire, poi un pensiero mi assillava, avevo paura che ripetessero l’attentato con gli operai nell’azienda e così decisi di non fare nulla, Ilvo, amico fraterno di mio padre fu il mio confessore, a lui raccontai tutto e fu sempre lui che mi propose di acquistare il terreno dove c’era la nostra azienda e mi propose di lavorare con lui come responsabile commerciale.

I mandanti e gli esecutori dell’attentato furono arrestati e solo allora accettai la sua proposta, ecco questo era tutto, non volendo lavorare nei luoghi dove ero conosciuto proposi di lavorare per l’estero, fu accettato, ed erano quindici anni che passavo più tempo fuori che a casa.

Da qui la voglia e il desiderio di fermarmi, iniziavo a sentire la stanchezza, il desiderio di una relazione stabile con qualcuno, si in quegli anni avevo conosciuto tante persone e più d‘una volta avevo iniziato anche qualche relazione, naufragate dopo qualche anno miseramente, anche per colpa mia, lo riconoscevo, ma mai in quegli anni ero riuscito a trovare la persona giusta, quasi tutte straniere, con altri abitudini ed altri modi di vivere distanti dal mio.

Dovevo muovermi, avevo un aereo nel pomeriggio che mi avrebbe portato a Palermo, avevo dei contatti con delle aziende e il mio curriculum li aveva incuriositi e interessati, aspettavano solo il momento di conoscermi, dopo aver scacciato una lacrima, mandai un messaggio ad Alberto, per salutarli, immediatamente dopo pochi minuti

“Ciao fratellone, ti aspettiamo il mese prossimo al nostro matrimonio. Duna”

Ero contento!

Avevo preparato le valigie, era venuto il proprietario per vedere se tutto era in ordine, mi disse di lasciare le chiavi in portineria, feci l’ultima telefonata dal telefono fisso per avvertire la compagnia dell’invio di una mia email di disdetta a far data da fine mese, ero in prossimità della porta, sentii lo squillo del telefono fisso, pensando ad una verifica della compagnia, risposi

– Buongiorno parlo con il signor Mino……

– Si, mi dica?

– Volevamo avere notizie per quella cascina nelle Langhe.

Pensando ad uno scherzo di carnevale da parte di qualche mio amico

– Che cosa?

L’altro sorpreso

– Chiedo scusa, ma questo è il numero che ho chiamato 081 45……

– Certo!

– Abbiamo preso il numero sul podere…

Non lo feci terminare, se ero uno scherzo, era di cattivo gusto, pensai di scherzare anch’io

– Mi ha preso alla sprovvista, sto per partire per Palermo, ma di quale delle mie proprietà parla…

E sorrisi, con la mano sulla bocca

– Ho qui i documenti, sono intestati a suo nome, la cascina si trova vicino ad Alba.

– Mi ascolti, potrebbe essere così gentile da inviarmeli sulla posta elettronica, mi scusi, ma vado di corsa, arrivederci.

E chiusi la telefonata, contento di non aver dato credito a qualche imbecille, sarà rimasto con un palmo di naso, presi le valigie e mi avviai all’aeroporto, ero in procinto di fare il ckekin, squillò di cellulare, messaggio

“Ecco i documenti da lei richiesti” e di seguito c’erano due allegati DreamImmobiliare di Cuneo.

Ero curioso, abituato ad utilizzare il mio cellulare come un ufficio portatile, mentre seguivo la fila, aprii gli allegati e dopo due minuti, mi allontanai dalla fila senza parole.

Pensai di aver letto male, in uno dei punti di internet point, scaricai su un computer la mia posta elettronica e gli allegati, mi mancava il respiro, tant’è che una hostess di passaggio, vedendo il mio stato

– Si sente male signore?

Avevo la vista appannata, le lacrime agli occhi, il viso paonazzo, sentii solo le sue mani che mi slacciavano la camicia, poi

– Aiuto, datemi una mano.

Due o forse quattro braccia mi sollevarono dalla poltroncina, mi stesero  a terra e con la valigia sotto le miei ginocchia, stavano slacciando la cintura dei pantaloni

– Un attimo, sono un medico, fatemi spazio.

Fu l’ultima cosa che sentii, una voce di donna preoccupata e tutto fu buio!

– Ma dove sono? Devo partire, il mio aereo per Palermo…

Una mano mi bloccò il torace e con una certa insistenza premeva per non farmi alzare, com’era duro quel letto e chiudendo gli occhi avvertii un sentore di alcol molto forte

– Stia fermo!

La voce era perentoria e non ammetteva repliche, qualcosa stringeva il mio braccio destro, poi sentii il puff di qualcosa che si premeva e la stretta era maggiore

– Allora dottoressa?

Sentivo in lontananza una voce

– I battiti stanno scendendo, la pressione è buona…

– Lo trasferiamo in ospedale?

– No, aspettiamo, la tempra è forte, non è stato un attacco cardiaco, ma qualcosa di molto forte , un’emozione forse, aspettiamo ancora.

– Ma il suo aereo?

Chi era? Chi erano queste persone? Feci uno sforzo per aprire gli occhi

– Dove sono?

Vedevo solo una luce fortissima che colpiva gli occhi

– Stia fermo, guardi in alto…

Invece mi girai verso la fonte della voce, era una donna giovane, occhi scuri e una montagna di capelli neri, stava esplorando con una piccola torcia i miei occhi

– Che fai?

Stavolta guardai la bocca, piccola a forma di cuore, sorrise

– Non ricordi nulla?

Arrossii

– No.

Non disse nulla, continuò  con la torcia, poi si alzò, si rivolse a qualcuno

– Va bene, si sta riprendendo, tra poco lo potete sollevare.

E stava per andarsene, feci appena in tempo ad agguantare una mano, la sinistra

– Ti prego!

Lei si girò

– Cosa mi è successo?

Riuscii a liberarsi della mia mano con la destra

– Sei svenuto e ti abbiamo portato qui nell’area di emergenza sanitaria dell’aeroporto, ti ho fatto un’iniezione per far calmare i tuoi battiti, erano accelerati, ma ora stai bene, devo andare il mio aereo parte tra qualche minuto.

Avevo paura, poi la sua stretta prima di lasciare la mano, mi aveva fatto bene

– Come ti chiami?

Sorpresa

– Sofia.

Sorrise

– Grazie Sofia.

E scomparve!

Dopo un bel poco, due persone mi sollevarono

– Ora stia fermo!

La testa mi girava, ma dopo poco, tutto si fermò intorno a me

– Riesce a scendere?

– Cerco.

E fui sorpreso, mi sentivo bene, mi imposi di rimanere in equilibrio

– Tutto bene, grazie!

Mi ricomposi, loro si allontanarono, poi uscii dalla camera e trovai i miei bagagli e una cartellina

– Questi fogli erano per terra, li abbiamo messo qui dentro.

Li abbracciai, dopo riempii dei moduli per l’uscita, li ringraziai, uscii per ritornare di nuovo immediatamente

– Scusatemi un’informazione, la dottoressa?

L’uomo sorrise

– E’ partita un’ora fa!

La delusione si leggeva chiaramente sul mio volto

– Volevo ringraziarla!

– L’avevo capito, ma adesso è in volo.

Balbettando

– Per dove?

– Cuneo, sta ritornando a casa sua.

– Se la sentite potete ringraziarla a nome mio?

Dissero di si, era inutile proseguire oltre, stavo uscendo, la ragazza che era con lui mi aprì la porta per farmi passare con le valigie, le allungai la mano per salutarla e sentii una cosa metallica che passava nella mia mano, sussurrò sorridendo

– Io non ne so nulla!

E scomparve, mi allontanai un poco dalla loro postazione, in un angolo aprii la mano, era una targhetta

“Dott.ssa Sofia Calamandrei – Aeroporto di Capodichino”

ero contento, mentalmente ringraziai quella ragazza e sentivo la necessità di un caffè, ne pagai altri due con delle sfogliatelle e chiesi la cortesia di portarle al posto di emergenza.

Cosa fare adesso?

Non lo sapevo, riaprii la cartellina e tutto mi ritornò prepotentemente, mi ricordai di tutto, mi sforzai di mantenermi calmo, ma non era umanamente possibile, tutto era strano, su quei fogli, c’era il mio nome e la mia data di nascita, ed io ero all’oscuro di tutto, rilessi più volte i documenti, avrei voluto parlare con qualcuno, ma sinceramente in quella situazione non sapevo cosa fare e poi in Piemonte, perché lì mi domandavo, cercai di ricordarmi se in qualche viaggio per lavoro ero già stato in quella regione e mi ricordai solo di una volta, verso Asti anni prima, fui chiamato da un’azienda per risolvere come enologo un problema al loro vino e da allora ogni anno, ci sentivamo per i saluti e gli auguri di Natale e Pasqua, erano affezionati a me, ma in altre zone non c’ero mai stato.

Guardai l’ora e mi avviai verso il tabellone delle partenze e decisi, dovevo andare a fondo e quindi l’unico modo era andare sul posto e rendermene conto e acquistai il ticket per Cuneo, dopo un’ora c’era un aereo, quando arrivai cercai di riposare qualche ora in un albergo lì vicino, ma non ci riuscivo, trovai due messaggi sul cellulare, erano di due aziende di Palermo, mi chiedevano un appuntamento, risposi che mi sarei fatto vivo io e in aeroporto presi un’auto a noleggio, per i miei frequenti viaggi, ero in possesso di una carta oro per il noleggio che mi dava l’opportunità di utilizzarla in qualunque stato europeo, scelsi una jeep pluri accessoriata a quattro ruote motrici, e partii.

Destinazione Alba!

Mi incantai nel vedere il panorama, dopo aver lasciato l’autostrada, all’altezza di Pallenzo il navigatore mi fece fare una variazione, avevo inserito l’indirizzo che c’era sulla mappa catastale che mi era stata inviata “Via degli Oleandri – Villa Borgo di Alba”, filari e filari di vigne a destra e sinistra, collinette morbide e terreni puliti da sotto vegetazione, case rurali che si vedevano in lontananza, il sole non era molto forte e dopo una curva, una distesa di filari di vigna con degli uomini al lavoro, stavano potando, mi fermai perché il navigatore non mi dava più segnalazioni, mi avviai per un piccolo varco tra i filari

– Prego, ha bisogno di qualcosa?

In controluce non riuscivo a vederlo per bene, poi mi spostai e lo vidi perfettamente, era una persona anziana, aveva una tuta di lavoro e le forbici in mano, mi accolse con un sorriso

– Si, scusatemi, sono diretto verso Villa Borgo, ma ad un certo punto il navigatore ha smesso di funzionare, può indicarmi la strada?

Sorrise

– Si, qui c’è un problema di ricezione, ma non può sbagliarsi, prosegua per dieci chilometri, poi alla rotonda sulla prima a destra e la porterà direttamente a Villa Borgo.

Lo ringraziai e mi stavo avviando, quando squillò il cellulare, era lo stesso numero del giorno precedente

– Pronto.

– Si, mi dica.

– La chiamo per quel casale…

Mi meravigliai, come poteva avere il mio numero di cellulare

– Mi tolga una curiosità, ma come ha fatto ad avere il mio numero di cellulare?

Silenzio

– Mi dica?

– Abbiamo telefonato a casa sua e ha risposto una persona, quando abbiamo chiesto di lei, ha detto che eravate partito e avevate lasciato la casa e quindi abbiamo chiesto se avesse avuto il vostro numero di cellulare e dopo qualche resistenza, l’ha fornito.

Ecco, perché, di certo era il mio proprietario

– Ora capisco, ditemi?

– Volevamo incontrarla.

– Dove siete?

– Ad Alba, all’ingresso sulla sinistra, fino alle tredici e poi dalle quindici alle diciotto.

Il signore nel frattempo aveva assistito a tutta la telefonata

– Se per voi non è un problema ci vediamo alla riapertura dell’agenzia…..

….segue…

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Araldo Gennaro Caparco

17 Dicembre 2023 – Sognando per vivere. – Romanzo di Araldo Gennaro Caparco

Il cielo come ogni mattina era plumbeo, così diverso da quel cielo della mia terra, sempre azzurro e limpido, da casa mia potevo vedere le isole, con lo sguardo le accarezzavo, immaginandomi di fare un salto e trovarmi li,  in mezzo al mare o su una montagna a respirare aria limpida e salubre a pieni polmoni.

Invece!

Invece, eccomi qui, in una città, non la mia,  a mille chilometri di distanza, sono qui da un anno, lavori saltuari di ogni tipo, ma i miei risparmi si stanno assottigliando, la pensione dove abito non costa molto, ma per me, si!

Sono alla ricerca di un lavoro, certo ho trovato anche qualcosa, sono sopravvissuto, ma quel qualcosa non mi accontentava, avevo dei sogni e volevo realizzarli.

Come tutte le mattine, scendo al bar sotto casa e faccio colazione e pranzo, un cappuccino e un cornetto, la titolare è cinese Liu Jang, esperta sommelier così come attestato in numerosi quadretti alle pareti.

C’era molta gente quella mattina,  e già, le persone vanno di fretta di mattina per andare a lavorare, beati loro!

Lei e la sua aiutante sfornano in continuazione, caffè e cappuccini, non ho fretta, attendo, prendo il giornale e inizio a sfogliarlo.

Cosa sto cercando?

Un luogo per dormire! Leggevo gli annunci, non mi ero reso conto di Liu si era materializzata all’improvviso davanti a me

  • Ti ho visto sai, ecco il solito!

Mi risveglio dal torpore

  • Grazie Liu, sei un angelo.

Mi sorride con quella espressione buffa di tutti o quasi gli orientali, apre la bocca, sorriso a tutto denti, si arriccia il naso e gli occhi si socchiudono.

Mi piace guardarla così, lei lo sa

  • Cosa stai cercando? Lavoro?

Si, per la mia consuetudine giornaliera, conosce bene il mio problema

  • No, cerco casa a poco prezzo!

Si fa seria

  • Ti hanno cacciato?
  • No, per il momento, ma manca poco.

Con aria dispiaciuta si avvia al bancone Teresa la sta chiamando per la cassa, lascio raffreddare un poco il cappuccino e cerco di non perdermi neanche una briciola del cornetto, scorro gli annunci ma sono troppo cari per me, mentre sorseggio a piccoli sorsi il cappuccino, vedo arrivare Teresa

  • Liu ti vuole, vai al banco.

Sorpreso, con il cucchiaino prendo l’ultima nuvola d’aria di latte e mi alzo

  • Ascolta Mino, se non fossimo già in otto a casa, con mio marito i tre bambini e i genitori ti ospiterei, ma hai mai preso in considerazione di andare presso una famiglia che affitta una stanza?

Conoscevo questa coabitazione, ne avevo sentito parlare

  • Si, ma non saprei a chi domandare!

Si illuminò

  • Conosco una famiglia, posso parlarci io e se non è tardi troverai una sistemazione, due mesi fa tramite loro ho aiutato due ragazze, so che hanno un’altra stanzetta, il bimbo è piccolo e quindi potrebbe essere libera.
  • Grazie, ma se chiedono garanzie, io non ne ho per il momento.
  • Garantisco io, ora va, cerca un lavoro e io penso al resto.

Le ero riconoscente, avevo voglia di abbracciarla, ma non sapevo se potevo farlo, allora sorrisi come faceva lei imitandola, capì si fece una bella risata.

Mi aveva dato la carica, mi ero ripreso dal grigiore del mattino!

Avevo diviso la città in quattro rettangoli, il modo di operare era sempre lo stesso, cercavo lavoro nella ristorazione, era l’unica cosa che sapessi fare, ma quella mattina, decisi di fermarmi in ogni negozio, era l’ultimo rettangolo, dovevo trovare  assolutamente qualcosa.

Ero determinato, quelle porte sbattute in faccia non mi demoralizzarono, all’ora di pranzo, iniziai con i ristoranti, kebabberie, osterie, trattorie, pizzerie e fui fortunato!

“Osteria  da Davide” trattoria tipica.

Entrai nel locale gremito di persone, ne contai una cinquantina e vidi questo giovane con i capelli racchiusi in una coda di cavallo che si faceva largo tra i tavoli, carrozzine e sedie, portando dei piatti fumanti, chi lo chiamava, chi chiedeva dell’acqua, invece di stare ad aspettare alla cassa come facevo di solito con il mio foglio e il curriculum, mi avvicinai appena fu ad un passo da me

  • Ti serve una mano?

Non ci pensò due volte, mi squadrò

  • Certo!

Tanto mi bastava!

Mi tolsi giacca e cravatta, presi un grembiule di lato alla cassa e iniziai a ritirare dei piatti vuoti ad un tavolo, in tasca c’era un notes e presi l’ordinazione, così feci sistematicamente per altri tavoli vicini e senza dirci una parola ci dividemmo in due la sala e i tavoli e li servimmo in perfetta sintonia.

Una signora si affacciò quando depositai l’ennesimo biglietto

dell’ordinazione, stupita

  • E tu chi sei?

Di rimando, lo indicai

  • Aiuto lui!

Sorrise e continuammo.

Erano le 16.00, quando servimmo l’ultimo, continuai nello sparecchiare i tavoli, poi arrivò la signora , mi passò il tovagliato pulito e dopo aver pulito dei residui i tavoli, con il giovane iniziammo ad apparecchiare per la sera

  • Ciao io sono Davide.
  • Io Mino.

Il tutto sempre lavorando

  • Ci sai fare!
  • Grazie, cerco lavoro!

Si fermò

  • Di che tipo?
  • Di tutto, nella ristorazione.
  • Cameriere?
  • Certo!

Iniziai a pulire a terra.

Mi piaceva questa discussione, tra una tovaglia e le posate da mettere, Davide mi stava studiando lo vedevo, imperterrito continuavo, con un occhio al lavoro e l’altro in cucina dove era andato

  • Vieni Mino, ti presento mia madre.

Andammo in cucina, ordinatissima, fui presentato, c’era la signora Amelia e due indiani

  • Ti ho visto, mio figlio mi ha detto che cerci lavoro, avremmo pensato di tenerti da oggi in prova fino a sabato, servizio pranzo e cena, cinquanta euro al giorno compresi i contributi.

Non urlai in quel momento di gioia solo per non farmi internare, certo non era sicuro, ma era qualcosa, toccava a me farmi apprezzare

  • Accetto, grazie!
  • Ci vediamo alle 18.00.

Amelia mi diede un pacco

  • Ecco ti ho messo qualcosa da mangiare, certamente avresti voluto mangiare prima, ma poi ti sei messo a lavorare.
  • Grazie ma non dovevate.
  • Di nulla, a stasera.

Davide mi accompagnò

  • Se mamma è contenta come lo sono io, hai trovato lavoro.

Avevo le ali ai piedi, mi avviai di buon passo e…

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…segue…
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Araldo Gennaro Caparco

16 Dicembre 2023 – Il coraggio e la paura. – Romanzo di Araldo Gennaro Caparco

E con questo, è il terzo lavoro che perdo in sei mesi.

Ma si!

E’ mai possibile accettare sempre dei compromessi?

No, basta!

Negli altri due, non mi pagavano mai. Ma in questo?

Se l’è meritato, certo sono stato licenziato, ma non potevo, non dovevo, andare avanti, anzi, ho aspettato fin troppo, ma quella mattina non ne potevo più.

Stavo come sempre al lavoro di prima mattina, avevo già più volte espresso il mio rammarico, di non poter fare la spesa per il locale, ma niente, ottuso e braccino corto, mi rispondeva

– Quando hai accettato il lavoro, ti avevo avvertito, la spesa la faccio io e tu cucini.

Certo, cucino, ma non avveleno le persone!

L’avevo già avvertito, quel giorno del riposo del locale, lo avevo intravisto mentre facevo una passeggiata per il rione, acquistava della merce nei posti più disparati e a basso prezzo

– Se continui così, me ne vado!

Gli dissi, e lui,  quasi con un mezzo sorriso di sogghigno

– Si. E dove vai?

Era questo che mi frenava, non avendo casa, accettavo solo dei posti dove mi fornivano l’alloggio, ovviamente il fitto me lo defalcavano dallo stipendio.

Alloggio?

Se quello si poteva chiamare alloggio, una stanzetta con un letto e un comodino, senza finestre, ricavato dallo sgabuzzino.

Ero pieno di idee al servizio militare, si ci ho provato, ho fatto tre anni, ma poi alla fine, non mi hanno arruolato e così mi trovai in mezzo ad una strada all’improvviso.

La famiglia, manco a parlarne, era distante mille chilometri e già da soli avevano problemi finanziari, quando seppero che mi avevano bocciato all’esame per rimanere sotto le armi, mi dissero “e ora arrangiati!”.

Eh già, una sorellastra, ragazza madre con due bambini da due padri, un fratellastro, entrava ed usciva dai centri di tossicodipendenza,  mia madre in cielo da tre anni e poi un padre, anzi patrigno, che passava le sue giornate al bar sotto casa a bere birra e a giocare a carte.

No, grazie!

Meglio dimenticarseli! Era proprio inutile sperare in qualcosa da loro.

Quei tre anni, furono per me una palestra, perfetto sconosciuto senza una raccomandazione, finii in cucina, a lavare pentoloni maleodoranti e padelle incrostate, l’unica cosa positiva fu la conoscenza con uno dei cuochi anziani, quando era il suo turno, mi insegnava a cucinare.

Fu proprio lui che avendo notato una certa predisposizione per la cucina mi invogliò ad iscrivermi ad un Corso online, per conseguire il titolo di cuoco.

Non era certamente l’Accademia, ma le basi, si!

Lo conquistai!

Quando uscivo la sera, dopo aver terminato il servizio di cucina, invece di fare come gli altri, alla ricerca di ragazze da abbordare, me ne andavo per librerie, alla ricerca di libri di cucina usati e dopo averli letti e riletti, li rivendevo ad altre librerie in cambio di altri libri.

Ero stufo, quella mattina, il padrone della trattoria, decise che quel lunedì dovevamo fare la lasagna e mi buttò letteralmente sulla tavola, circa tre chili di carne macinata e un filoncino bianco che lui definiva fiordilatte, dieci scatole di pasta fresca per lasagne.

– Ecco, cucina, oggi lasagne e polpette per secondo.

E se ne andò, vidi la scadenza della pasta fresca, era di un mese prima, poi passai al filoncino, era duro come una pietra, congelato e poi alla carne e qui, dovetti turarmi il naso, puzzava.

I nostri avventori erano degli operai di una vicina fabbrica, quasi sempre mangiavano da noi un piatto caldo per poi la sera arrangiarsi con pane e qualcosa.

Non potevo fare loro questo!

Come un pazzo, uscii dalla cucina, arrivai alla cassa, dove si trovava il padrone

– Secondo te, dovrei cucinare quella merda?

Avevo gli occhi fuori dalle orbite.

E lui, come se fosse la cosa più placida del mondo

– Certo! Ci metti gli aromi, la passi al forno e vedrai che nessuno se ne accorgerà, le altre le friggi.

– Tu sei pazzo, io non intendo avvelenare le persone.

Rideva, quello stolto, rideva.

Mi guardai attorno, c’era uno scaffale con delle bottiglie di vino scadente, ne presi una e la lanciai.

Non rise più, l’avevo centrato all’altezza degli occhi!

– Ti faccio arrestare!

Esclamò

– No, ti faccio arrestare prima io, chiamali i carabinieri, così faccio vedere quello che hai acquistato.

Si manteneva la fronte, stava rovistando nel cassetto, ma prima che potesse prendere la pistola, con un calcio lo chiusi chiudendogli la mano destra dentro, lanciò un urlo

– Fuori da qui!

Il tempo di prendere la sacca e ed ero in strada.

Quel lurido straccione, non mi aveva nemmeno pagato quel mese, diceva domani, avevo 150 euro in tasca, ma se lo meritava.

E ora? Cosa faccio?

La città non era molto grande, avevo poche possibilità di trovare altro, delle due trattorie e quattro ristoranti, ne avevo frequentati tre e mi erano bastati.

Via, dovevo andare via e di corsa, prima che quello scellerato, mi denunciasse per qualcosa che non avevo fatto per vendetta.

Presi a piedi la strada che portava alla stazione, come sempre mal frequentata, guardai il tabellone, c’erano cinque treni dell’alta velocità in partenza da li a poco, due per la Francia, e tre per delle stazioni italiane, Verona, Bolzano e Parma, optai per Parma, feci il biglietto e dopo un quarto d’ora ero in treno, mentre viaggiavo cercai qualche ostello dove dormire, chiamai e c’era un posto con un coinquilino, a 19 euro per notte, prenotai per cinque notti e con questo i miei ultimi cento euro erano partiti.

Per fortuna quando arrivai,  dovetti pagare solo la prima notte, senza anticipo, avevo ancora un margine in tasca.

Invece di andare a dormire, lasciai la sacca, il mio coinquilino non c’era e mi diressi verso il centro città dove si trovavano i locali, alla ricerca di un lavoro, il metodo era sempre lo stesso, entravo andavo alla cassa e chiedevo se c’era opportunità di lavoro in cucina, prima mi dicevano di no e poi mi chiedevano il curriculum e le referenze.

Niente da fare, così  fu il primo giorno, così anche il secondo, non potevo continuare, saldai quello che dovevo all’ostello prima di rimanere senza soldi e riandai alla stazione ferroviaria, fino a quel giorno avevo mangiato un panino con qualcosa solo a pranzo.

Presi il treno per Bologna, tramite il mio coinquilino, seppi che c’era un centro d’ascolto molto attivo alla Basilica di San Petronio, con una mensa per i poveri, e fu li che mi presentai.

Di lato un ingresso, il freddo fuori era pungente, passai la doppia porta, un piccolo atrio, non c’era nessuno, mi guardai intorno, poi iniziai ad avvertire un buon odore, sarà stato il freddo o la fame, cercai di seguire quel profumo, ma non feci in tempo ad arrivare alla sala, svenni.

Non so quanto tempo rimasi svenuto, ma so che quando mi risvegliai ero in un ambulatorio medico, cercai di alzarmi, ma non ce la facevo, avevo un cerchio alla testa, forse avevo sbattuto contro qualcosa, mi toccai con la mano, e mi uscì un grido di dolore.

Entrò una suora

– Ma che fai benedetto figliolo!

Venne vicino e mi fece stendere

– Ha detto il dottore che non ti devi muovere.

E mi guardava per capire se l’avessi ascoltata, feci segno con la testa di si.

– Sei molto debole, chissà da quando non mangi, ora ti portano qualcosa, stai tranquillo.

Ecco cosa mi era capitato, ora ricordavo, dopo un poco rientrò la suora e alzando il lettino, mi fece mangiare un poco di carne nel brodo, mi imboccava, presi da solo il cucchiaio e la ringraziai con gli occhi, terminai tutto, mi sentivo meglio, solo mal di testa.

– Stasera potrai mangiare qualcosa di più solido, adesso solo questo.

– Grazie.

– Mi vuoi raccontare perché sei venuto da noi?

Onestamente non ne avevo voglia, ma non potevo stare li muto, su un lettino, con calma le raccontai quasi tutto e nel sentirlo notavo che il suo viso cambiava espressione.

Cosa le raccontai?

Che ero stato licenziato, che lavoravo in cucina, che non avevo ne casa ne parenti, con pochi soldi in tasca, avevo cercato lavoro prima a Parma e poi consigliato da un amico mi aveva detto che c’era un Centro d’ascolto, dove forse mi potevano aiutare a Bologna.

– Come ti chiami?

– Dino

Mi guardò amorevolmente

– Vorrei tanto aiutarti, ma abbiamo solo dodici posti letto e tutti occupati, stasera puoi riposare su uno di quei letti, ma domani devi andare, perché la persona che lo occupa verrà dimesso dall’ospedale, poi ti farò parlare con gli operatori del centro di ascolto.

– Grazie Madre

– Suor Agi

– Suor Agi, grazie, sono mortificato, non avrei mai immaginato di ridurmi in questo stato.

Era sorpresa

– Il Signore toglie, il Signore da, tranquillo, vieni che ti accompagno.

Così quella notte dormii nel letto di Antonio, un professore universitario che era ridotto sul lastrico dopo un divorzio con una donna senza scrupoli, i miei vicini di letto mi raccontarono che aveva tentato il suicidio.

Cercai di dormire, il dolore lentamente sparì, riuscii all’alba ad appoggiarmi sul cuscino e fui risvegliato dalla suora

– Dino, svegliati è tardi.

Ci vollero cinque minuti buoni per riprendermi, mi lavai e rasai, cambiando l’abito della sera prima con un altro jeans e una felpa di lana, faceva freddo, presi il giaccone e mi recai da Suor Agi

– Dove devo andare?

Notai che era favorevolmente colpita dal cambio d’abito, sintomo che non ero uno sbandato, mi accompagnò a fare colazione, poi mi indicò la porta del Centro di ascolto, mi disse di farle sapere.

La ringraziai, presi un numero, ero il diciottesimo e mi sedetti su una delle sedie disponibili, c’erano tante persone, di tutte le età, gocce di umanità allo sbaraglio, venne una mamma con un figlio piccolo attaccato al seno, guardai il suo numero, cinquantaquattro, non ci pensai due volte, le offersi il mio numero, l’accettò sbalordita

– Grazie.

Quando venne il suo turno, la vidi, il bimbo dormiva beato e lei era più tesa, poi all’uscita aveva un largo sorriso, venne vicino

– Grazie, se non fosse stato per lei non avrei avuto la possibilità di trovare lavoro, vado a fare la babysitter e porto mio figlio con me, Dio la benedica, grazie.

E mi abbracciò!

Eh già, qui chi prima arriva, forse trova lavoro, ma ero contento, il suo sorriso mi aveva emozionato, sia quello che sia!

Dopo tre ore eravamo al quarantaquattresimo numero, mi mancavano ancora dieci persone, poi sarebbe stato il mio turno, vidi avvicinarsi Suor Agi

– Vieni con me!

Ero stupito, volevo dirle che tra poco era il mio turno, ma non feci in tempo, mi prese per mano e la seguii, stavamo entrando nel convento, corridoi enormi, con stanze ai due lati, in fondo una vetrata artistica con il battesimo di Gesù da parte di Giovanni, eravamo arrivati, mi guardò, mi aggiustò il giubbino

– Andiamo dalla Madre Superiora, lascia qui la sacca, nessuno la toccherà.

Dalla Madre Superiora, io? E perché?

Ma feci quello che mi era stato detto, entrammo in una stanza molto grande, era semplicemente arredata, in fondo una grande scrivania con un crocefisso e il telefono, poi la vidi, di spalle una donna molto alta, stava inginocchiata, stava pregando, attendemmo in piedi in silenzio.

Terminò e si girò, era una donna con un volto stupendo, nonostante l’età, sui settant’anni, mi guardò con aria severa, poi la sua bocca si allargò in un sorriso

– Ecco madre, questo è il giovane.

Non diceva una parola, mi fece segno di sedere, cosa che feci subito, poi lei passò dietro la scrivania

– Dimmi, perché hai cambiato la tua prenotazione?

Ero sorpreso, come faceva a sapere

– Mi è sembrata la cosa più giusta da fare, ho sbagliato?

Sorrise

– No, ma non potevi sapere che quella donna era qui da sei mesi, fin dalla nascita del bimbo e non avevamo trovato nessuna occupazione.

– L’ho vista preoccupata con quel bimbo attaccato al seno, per caso ho notato il suo numero e ho pensato che avrebbe avuto dei problemi ad attendere tutte quelle persone, io potevo darle una mano e le ho dato il mio numero.

– E’ venuta qui piangendo dalla gioia, dopo che aveva raccolto le sue cose,  mi ha raccontato tutto.

– Sono contento per lei.

Ero imbarazzato, cosa ci facevo io li, tra poco era il mio turno, stavo perdendo tempo, ma i suoi occhi erano fissi sui miei, ero inchiodato alla sedia.

– Vuoi raccontarmi quello che ti è accaduto?

E perché dovrei farlo? Cosa voleva da me?

Guardai Suor Agi, mi fece di si con la testa, stava seduta vicino a me.

Come se fossi stato in uno stato ipnotico raccontai tutto, ma proprio tutto, dalla mia infanzia ad oggi, per finire tra le lacrime senza ritegno, non avevo nemmeno il fazzoletto, fu Suor Agi che me ne diede uno, poi finalmente alzai gli occhi

– Scusatemi!

La vidi, era colpita, aveva nello sguardo l’amore di una mamma verso un figlio, si alzò lentamente e venne a sedersi vicino

– Come ti chiami?

– Dino.

Mi asciugò le ultime lacrime

– Tu oggi hai fatto una buona azione, quando è andata via con il bambino ho chiamato Suor Agi e le ho chiesto se conosceva un giovane sui 28 anni che si trovava al centro di ascolto, lei mi ha raccontato quello che è successo ieri sera e ho voluto conoscerti.

– Vi ringrazio, ma non credo che la mia storia possa interessarvi.

Ero sincero, veramente ero anche arrabbiato con me stesso, per aver detto tutte quelle cose ad una sconosciuta, ma oramai l’avevo fatto.

– Non è proprio così, ascolta ho un’idea, tu ti fermerai stanotte qui, dormirai nel locale di fianco alla cucina, poi domani alle dieci ci vediamo di nuovo qui, che dici?

La guardavo, ma era come se non la vedessi, ero ancora debole

– Va bene.

Mi congedò, Suor Agi mi accompagnò alla cucina,  mi fece vedere la stanzetta, mi disse che era per il cuoco che ora era in ferie, posai la sacca e andai a pranzo con gli altri.

Cosa mi aspettava domani? Perché mi aveva voluto far rimanere? Aveva un’idea, quale?

Non potevo stare con le mani in mano per tutto il pomeriggio, finito il pranzo aiutai gli altri a togliere i residui, poi mi misi un camice e aiutai in cucina a pulire, non mi fermai un attimo, li vedevo erano stupiti di vedere questo giovane che senza parlare, lavava, asciugava e aiutava a preparare la cena, finalmente stanco morto, ma finalmente in forze, andai a dormire.

La mattina successiva mi svegliai per tempo, andai in cucina e aiutai a preparare la colazione, poi verso le 9.30 venne Suor Agi per accompagnarmi

– Tutti mi hanno chiesto di te.

Sorpreso

– Chi?

– Quelli della cucina.

– Grazie.

Era orgogliosa, lo sentivo, arrivammo con dieci minuti di anticipo, lei scomparve dalla Madre Superiore ed io fuori ad attendere

– Vieni

Era sorridente

– Vieni Dino, accomodati

Stavo in attesa, ma la vedevo era contenta

– Suor Agi mi ha raccontato quello che hai fatto in cucina

– Non ho fatto nulla, ho solo aiutato

– Hai fatto molto invece, se avessi avuto qualche esitazione nell’aiutarti, si sarebbe dissolta e non ti nascondo che se avessi la possibilità di assumerti lo farei, ma non posso, tu hai bisogno di un luogo stabile e di avere una vita serena con uno stipendio.

Quelle parole erano balsamo per me, ma non capivo dove voleva arrivare

– Poco lontano da Bologna ho una sorella a Budrio

Ero attentissimo

– Ha un piccolo ristorante, l’ho contattata e le ho chiesto se avesse avuto bisogno di personale in cucina, mi ha chiesto il perché e ho raccontato qualcosa di te, ma non tutto, alla fine mi ha detto che era disponibile a farti fare un periodo di prova come aiuto chef, che ne dici?

La guardai, sorridente

– Quando posso partire?

Rise stavolta

– Anche adesso, c’è un autobus che passa davanti al convento tra dieci minuti, allora?

Mi alzai, prima abbracciai Suor Agi, poi mi avvia verso di lei con la mano stesa

– Non so come ringraziarvi.

Non volle rispondere alla mia mano, sorridente, mi volle abbracciare e mi diede un biglietto con l’indirizzo e il suo numero di cellulare

– Che il Signore ti accompagni, avverto mia sorella, vai.

E mi congedò

Ero al settimo cielo, in prova, in un ristorante, piccolo ma che importava, ero sull’autobus con il cellulare guardai delle notizie su questa cittadina, non era molto grande, meglio pensai, poi mi misi a guardare il paesaggio, da Bologna ci voleva meno di un’ora per arrivarci, l’autobus mi lasciò sulla piazza centrale, mi avviai ad un bar poco distante e chiesi indicazioni, furono gentili e mi indicarono la strada.

Ero nel centro storico, vidi l’insegna “Nuova ocarina”, era il giorno di chiusura, trovai l’ingresso dell’abitazione di lato sulla destra, strano, mi sentivo osservato, ma non vedevo nessuno, bussai

– Si

– Signora sono Dino

– Si accomodi

Si senti un click e la porta si aprì, era un ingresso piuttosto piccolo, c’era una scala, di lato una cremagliera che saliva, iniziai la salita e poi mi resi conto che alla fine c’era una di quelle sedie per persone di una certa età per salire e scendere

– Venga giovanotto, sono qui

La voce veniva dalla stanza sulla sinistra, lasciai il sacco ed entrai

– Permesso

Grande fu il mio stupore nel vedere la seconda Madre Superiora, erano identiche, solo che questa era su una sedia a rotelle, ma avevano lo stesso sguardo e lo stesso viso, notò il mio stupore

– Si, siamo gemelle, venga accomodati, ti do del tu potresti essere mio figlio.

Inebetito, cercai la sedia più vicina

– Grazie, scusatemi, ma sono rimasto interdetto.

Sorrise, aveva un volto buono, era ben vestita con uno scialle rosso e nero sulle spalle, vicino al camino acceso

– Sono abituata, tutti hanno questo effetto quando ci vedono, mi chiamo Maria, mia sorella mi ha chiamato poco fa per avvertirmi della tua venuta, allora?

Allora cosa? Ero ancora senza parole, ma cercai di darmi un tono

– Sono venuto come lei sa per lavorare.

– Si questo lo so, ma non mi vuoi chiedere altro, che so lo stipendio….”…

…segue…
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Araldo Gennaro Caparco

15 Dicembre 2023 – La finzione diventa realtà.

Prima parte – La finzione

(Promemoria sotto copertura – nome: Sara)

Il mio nome sarà Sara, da sette anni responsabile in un negozio di informatica progettazione e sviluppo, 32 anni, single, non per necessità ma per scelta almeno per il momento.

E già, per scelta!

Ma oggi, inizio ad avere dei dubbi, vivo da sola, fotografa paesaggistica per passione, lavoro con quattro uomini, due sposati, due single, uno troppo anziano e uno troppo giovane.

Spesso, mi capita di essere chiamata da amici e parenti, a fare delle foto per qualche evento, mi diverto molto, e non nascondo che ogni volta, penso inconsciamente  “forse questa è l’occasione giusta”, per conoscere qualcuno, che faccia al caso mio.

Esatto!

Perché con l’età si iniziano ad avere dei dubbi, sulla persona che si vorrebbe vicino, certo, non mi sono mancate le occasioni di incontrare qualcuno, ma le motivazioni non erano quelle che canonicamente si conosce, conoscenza, innamoramento, fidanzamento e matrimonio!

Oggi ci si incontra, uno sguardo d’intesa, una parola, si passa la giornata, e poi, qualche ora a letto, per poi:

– Ci vediamo in giro, ciao!

– Ciao.

Solo e soltanto desiderio occasionale e ormonale!

Surrogato dell’amore!

Ecco, questa è la mia vita oggi, non sono brutta, leggermente rotondetta, ma ai posti giusti, mediamente alta, capelli neri, occhi castani, seno nella norma e tanti dubbi nella testa.

I miei colleghi, quando un cliente è single, cercano di dirottarmelo, non ho mai parlato con loro dei miei problemi, ma evidentemente hanno capito.

Cosa?

Quelli che tutto dicono in famiglia, devi pensare al domani, vuoi essere sola tutta la vita? vuoi mettere avere dei figli? vuoi…e tanto, ma tanto ancora.

Non rispondo, perché sarebbe inutile, ma, quando sono da sola, mi pongo le stesse domande, in silenzio senza confessarlo a nessuno.

Domani compio 33 anni, non ho voluto festeggiare con tutti, ma ho invitato due amiche, al pub, per bere qualcosa insieme.

Oggi invece, in negozio mi hanno festeggiata a sorpresa, torta e pasticcini, non me l’aspettavo, ma all’ora di pranzo hanno chiuso le saracinesche fatto largo su di un tavolo, ho spento le candeline, tra baci e abbracci.

Sono finalmente a casa, faccio una doccia ristoratrice, stasera voglio essere al top, ho acquistato un vestito che mi sembra adatto alla serata, inforco i miei stivali preferiti, lascio in ordine l’appartamento, (non si sa mai), ecco lo squillo al cellulare, sono loro, scendo:

– Come sei bella?

Lei e Mia, una ragazza di origine thailandese, sempre carina nei giudizi.

– Ma sei una favola?

Lei è l’altra, il mio alter ego, bella da morire, bionda, occhi azzurri, potrebbe avere chiunque, ma non le sta bene nessuno, Elga.

Leggermente arrossita:

– Grazie, su andiamo che si fa tardi.

Il pub è distante una decina di chilometri da casa, Mia è venuta con la sua auto, parcheggiamo ed entriamo.

Il pub, è stracolmo, stasera c’è una gara tra chi beve più birra senza stramazzare a terra, il social ha fatto il suo dovere, molti hanno risposto all’appello, ci sediamo ad un tavolo e ordiniamo.

E’ il momento dei regali, Mia mi ha regalato un fantastico foulard mille colori, apro il pacchetto di Elga, una spilla, un’agenda e un biglietto da visita.

La guardo interrogativamente e lei:

– Sono anni che ti conosciamo, ma da qualche mese sei cambiata, sei diventata più triste, io e Mia ce ne siamo accorte e abbiamo cercato di capire il perché, ma non ci siamo riuscite. Allora, la spilla è il mio regalo con il tuo segno zodiacale, lo scorpione, mentre l’agenda…

Mia:

– L’agenda ti servirà a scrivere cosa vorresti nella vita adesso, diciamo una sorta di diario, dove mettere per iscritto i tuoi desideri e una volta che l’hai fatto…

Elga:

– Tutto potrebbe essere più chiaro! Ma se non dovessi riuscire, e il tuo massimo desiderio oggi è di origine sentimentale, potresti rivolgerti a questo numero di telefono.

La cosa iniziava ad incuriosirmi, le abbraccio ringraziandole, ma confesso che non ho capito il significato del bigliettino da visita.

Elga:

– Guarda dietro, mentre noi andiamo a prendere qualcosa da bere.

Si alzarono, prima che potessi dire qualcosa e rimasi li, con quel bigliettino di forma quadrata, color oro, con un numero di cellulare sulla prima facciata, poi lo girai, ero curiosa!

“Agenzia fantasma

– Sei single?

– Vorresti una vita coniugale, ma ti fa paura?

– Hai coraggio?

– Sei temeraria?

Chiamaci!!”

Cosa vuol dire?

Inizio a fantasticare, sarà forse un’agenzia di toy boy, forse un’agenzia matrimoniale, un collocamento per single maschili, ma che accidenti sarà?

Eccole, sono tornate con tre bicchieri di birra alla spina.

Mia

– Allora?

Non volevo essere sgarbata, le guardai:

– Penso che non sono ancora pronta a far decidere ad altri, se voglio un toy boy, un marito o un appuntamento al buio.

Mi guardarono divertite, non erano arrabbiate, io si!

Elga:

– Schiocca, nulla di tutto questo.

– Come?

– E già, devi sapere – era Mia – una mia collega al lavoro, diede di matto, buttò tutto all’aria, i campioni dei profumi saltarono dal tavolo, pensammo tutti che fosse impazzita, ma il capo reparto, una persona molto saggia, mi chiese di accompagnarla a casa e di farle compagnia per quel giorno e volle aiutarla.

Mi feci molto attenta.

– Quando fui a casa con lei, dopo essersi sfogata, le preparai del te, e lei si aprì, parlando. Mi raccontò che era stanca della sua vita solo per il lavoro, voleva fortemente avere una famiglia ma aveva paura. Non sapeva a cosa poteva andare incontro! Una sua amica, le aveva dato un bigliettino e le aveva consigliato di fare una prova.

Una prova?

Elga:

– Si, una prova!

– Cosa vuol dire?

– Se hai pazienza, anch’io rimasi di stucco quando me lo raccontò e chiesi di avere qualche altra informazione, e lei, si una prova, vivere con qualcuno e capire se si è pronti per una vita coniugale. Ma è pazzesco, le dissi. La mia amica l’ha fatto, ed ora è felicemente sposata, mi disse lei.

Ma è pazzesco!

Ci guardammo negli occhi e ripetemmo la stessa cosa.

– E poi, cosa accadde alla tua amica?

– Mesi dopo, mi sembra due mesi dopo, un giorno venne in laboratorio e ci portò le partecipazioni per le sue nozze, mi prese in disparte e in una bustina mi diede il bigliettino, non volle aggiungere altro, disse solo, se un domani dovessi averne bisogno, usalo ti porterà fortuna, mi è costato un poco ma mi ha fatto bene.

Ero senza parole! Ma cosa vuol dire, una prova?

Le amiche capirono che mi stavo imbarazzando e intristendo:

– Andiamo in pista a festeggiare, poi ci penserai.

E andammo.

Fu una serata memorabile, ma anche stancante, non mi ricordo tutto, complice le birre, ma fui felice.

Inutile dire, facemmo tardi, ed eravamo anche leggermente brille, stramazzai sul letto com’ero vestita e mi addormentai.

La mattina successiva, era domenica, mi svegliai verso mezzogiorno, mi buttai sotto la doccia, poi con l’accappatoio mi misi sul letto, sulla sponda, la mia borsa cadde e uscirono l’agenda e il bigliettino.

Non volevo toccare, ne l’una, ne l’atro!

Mi ricordai tutto, ma che pazzia? E poi perché fare una cosa simile? Una prova? E in che cosa consiste?

Mi preparai una ricca frittata, misi un tovagliolo e iniziai a mangiare, era una bella giornata, il sole faceva capolino e un raggio impertinente raggiunse la mia camera, guardai la traiettoria, si fermò sul bigliettino, il riflesso si puntò su di me.

Che sciocchezza!

Sparecchiai la tavola, passai sulla poltrona, accesi il televisore, ma non lo guardavo, presi l’agenda e una penna, iniziai a scrivere, erano tutte domande senza risposta, ma chi diavolo mi doveva rispondere, quasi inconsciamente presi il bigliettino, feci il numero:

– Pronto

– Si, prego

Una voce calda al di la del telefono mi colpì, senza inflessioni dialettali:

– Ho ricevuto questo numero da un’amica.

– Certo, il nostro passa parola, desidera?

– Non lo so?

– Sono Rino il titolare di questa agenzia, se ha telefonato e perché desidera fare delle domande.

– Si

Come cavolo aveva fatto a pensarlo?

– Mi dica, sono qui per questo.

– Di cosa si tratta?

– Semplice, noi forniamo accompagnatori a seconda delle sue esigenze.

– Toy boy?

– No, non trattiamo questo genere di cose.

La voce era diventata seria:

– E allora?

– Mi ascolti, noi forniamo accompagnatori, per una serata, per un fine settimana, per un mese, per far vivere una vita coniugale senza legami sentimentali, escludendo il sesso, chiedo scusa per la crudezza.

Ero allibita:

– No, ha fatto bene!

– Il nostro personale, è formato su questa linea, si tratta di un periodo transitorio, dove le persone che non hanno vissuto questa realtà, possono viverla anonimamente e poi decidere con calma se perseguirla o meno nella loro vita normale.

Ora era più chiaro.

– Ci sei?

– Si, ci sono, sto riflettendo.

– Bene, ora è compito mio farle delle domande, posso?

– Il suo nome

– Sara

– L’età

– 33, appena compiuti.

– Auguri allora, è single?

– Si

– Mi può inviare una sua foto alla mia email?

– Si

– Questo è l’indirizzo …….…..@gmail.com, se vuole può riflettere e se lo desidera mi può richiamare, quando vuole.

Questa non me l’aspettavo, non ha insistito, non ha voluto convincermi:

– Si.

– Grazie, allora arrivederci.

Per tutto il pomeriggio feci delle ricerche su internet, solo verso le 20.00, trovai un forum, dove si parlava di esperienze di questo tipo, le lessi tutte, inviai la mia foto e telefonai:

– Pronto, sono Sara

– Si, ho visto, mi dica?

– E’ inutile dire che mi sembra un’idea pazzesca, forse sto perdendo la coscienza di me stessa, ma vorrei provare.

– Capisco il suo stato d’animo, le consiglio di andare a vedere il nostro Forum

– Già fatto

– Non avevo dubbi, per questo ha mandato la foto.

– Si

– Allora, le spiego in poche parole, se desidera provare, le posso consigliare un fine settimana, anche se è il servizio che costa di più.

– Mi dica?

Ero curiosa.

– Il servizio consiste nell’accompagnarla a cinema o a teatro o altra manifestazione che desidera, segue cena in ristorante e passeggiata, l’indomani gita fuori porta dove vuole con pranzo, ore 20.00 fine servizio, costo 2000 euro tutto compreso.

Azz!!

– Dimenticavo, tutto compreso assicurazione e fattura al 20%.

– Assicurazione?

– Certo, lei sarà assicurata dai LLody di Londra per qualsiasi problema che possa avere con il nostro accompagnatore, fino ad un massimale di 1.000.000 di euro.

– Cosa vuol dire?

– Il nostro personale è collaudato, ma se le dovesse capitare qualche incidente con questa persona, verrà risarcita immediatamente.

Facendo due calcoli, il vero servizio veniva a costare 1500 euro.

– E’ una cifra notevole?

– Si, certo, ma lei non avrà altra spesa, organizzeremo tutto noi, lei dovrà versare come anticipo 1000 euro sul conto IBAN………………., le verrà inviata la ricevuta e la copia dell’assicurazione, dovrà solo dirci dove vuole andare, dove cenare e dove fare la gita nel raggio di 100 chilometri dalla sua residenza, sei giorni prima. Al resto pensiamo noi. Dovrà aggiungere il suo indirizzo, i suoi hobby e le sue passione,  i suoi dati e quelli della persona che desidererebbe, stessa età o altro, italiano o altro, altezza e peso, se nella sua città o altro e le manderemo delle foto di persone che potrebbero interessarle.

Che organizzazione!

Nel frattempo stavo scrivendo sull’agenda.

– Ha scritto tutto?

Come cavolo ha fatto?

– Se vuole posso ripetere

– No, grazie.

– Questo è tutto, ci faccia sapere

– Un attimo, vorrei chiedere una cosa?

– Dica?

– E per una settimana?

– I parametri sono diversi e uguali per un mese, escluso il costo. Ma il vitto e l’alloggio sono a carico suo.

– Ah ecco!!

– Se vuole posso anche dirglielo.

– No, vorrei prima pensarci.

– Perfetto, buona serata.

Ero senza parole, certo era una cifra notevole, ma che pazzia? Non volevo pensarci più, stavo per andare a dormire, quando squilla il cellulare:

– Pronto

– Sono Elga, ma aspettavi una telefonata?

– Perché?

– Ma avrò capito male, come stai?

E ora che le dico, ho la testa che continua a risuonare della voce dello sconosciuto, una bugia?…”…

…segue…
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Araldo Gennaro Caparco

29 Novembre 2023 – Un sogno…una storia tutta da raccontare. – di Araldo Gennaro Caparco

Si racconta che quando si rivela un sogno…questo non si avvera!

Poco male, so perfettamente che questo non si avvererà e quindi…lo voglio rivelare:

ho sognato che per la penultima settimana di dicembre…organizzavo con tanti amici…un…”Villaggio Felice” nella mia Oasi della serenità, dove si avverte

“Il rumore del silenzio”

http://ebook.simpliweb.it/prodotto/il-rumore-del-silenzio/

…prima della stalla con il sotterraneo…donne che lavorano la lana ai ferri e con il fuso…uomini ad un tavolo che costruiscono oggetti di legno da regalare ai bambini che vengono a visitare la grotta di Natale…cose di poco conto..un simbolo…

…all’ingresso del cortile…il ciabattino…alla sua destra nella rientranza…due pittori con i loro treppiedi..di fronte sulla scalinata…la lavandaia…poi di seguito l’arrotino…l’osteria…e …poi lo scrivano con il suo tavolino e lo sgabello…sotto l’arco il maniscalco che prepara i ferri per il cavallo…e prima della stalla…i venditori…di tutto un po….
…il menu dell’Oste…i primi: pasta e fagioli, polenta conciata e zuppa forte….tutti a tavola a festeggiare il Natale di Nostro Signore…insieme.
Araldo Gennaro Caparco

29 Novembre 2023 – Il segreto di Adelmo. – Racconto di Araldo Gennaro Caparco

Quella settimana, al comune di Roccapinna, fu molto estenuante per me, finalmente arrivò il sabato e non vedevo l’ora di uscire dal lavoro

– Ragioniere, allora ci vediamo domani mattina?

Alzai la testa, ero distratto

– Si, certo! A domani mattina.

Invece di sorridere mi uscì una smorfia, per fortuna era già uscito dalla porta prima di notarla.

Chi aveva parlato?

Il mio capo era il ragioniere generale del Comune!

Roccapinna è un comune che se lo si cerca sulle cartine geografiche, spesso non si riesce a localizzarlo e non tutte le cartine lo riportano sulle colline marchigiane è un comune di duemilacinquecento abitanti, diviso in due frazioni,  sopralmonte e sottoalmonte, secoli fa il paese era solo sul monte, poi con l’industrializzazione, il dopo guerra, molti decisero di costruire in pianura e ora dopo decenni di migrazioni di famiglie, sopralmonte era abitato da trecento e due abitanti, anzi trecento e tre adesso, l’ultimo a risalire sono stato io, non per scelta ma per lavoro.

Prima abitavo con mia madre in pianura, lei viveva con la pensione di mio padre di reversibilità morto anni prima, ex operaio edile in tutta Italia, in effetti non avevo mai avuto una sede stabile, io e mia madre seguivamo lui e i cantieri dove andava a lavorare, quand’era in attività era molto ricercato, uno dei migliori nelle verifiche  e il coordinamento delle squadre di operai per la messa in opera del calcestruzzo, era salito al cielo troppo presto all’età di sessantasei anni, nemmeno il tempo di godersi qualche anno di pensione, sette infarti in una notte lo portarono via.

Mi chiamo Adelmo, nome troppo impegnativo per me ma era il nome del nonno paterno, ma tutti mi chiamano Dado, quando morì mio padre eravamo a Palermo da due anni, all’epoca mi ero diplomato in ragioneria e dopo ero sotto le armi a Cagliari in rafferma prolungata di tre anni, qualche anno dopo mia madre decise di tornare nella casa materna e quindi quando fui congedato tornai anch’io a Roccapinna.

Durante l’ultimo anno di militare partecipai ad un concorso in quel comune ed ora eccomi qui da due anni inquadrato come ragioniere addetto alle cartelle esattoriali inevase, ero sulla soglia dei trent’anni e visto che la sede del comune si era trasferita sottoalmonte, lasciarono gli uffici finanziari a sopralmonte, quindi per evitare di fare la spola decisi che era arrivato il momento di andare a vivere da solo e presi in locazione una casetta singola su tre piani, piccola ma confortevole.

Mi piaceva quel posto, non c’era la vita frenetica della cittadina, il silenzio era notevole ma i paesaggi colmavano quella tristezza che pervade quando si vive da soli, facevo lunghe passeggiate quando ero libero dal lavoro e covavo una passione segreta, portavo con me un notes e disegnavo quello che più mi colpiva.

L’invito del mio capo per la mattina successiva per mezzogiorno era dettato da una piccola competizione alla bocciofila locale, non erano molte le persone che conoscevo, ma avevo accettato lo stesso, non arrivai mai al palazzetto quella domenica!

Mi stavo preparando quando sentii il campanello della porta e…

…era mia madre con un grosso bustone giallo nelle mani!

– Ciao Dado, è arrivata questa busta per te.

Sorpreso

– Vieni mamma, ma che piacere, entra.

– No, non posso, ho la macchina fuori posto e poi mi aspettano in chiesa per il coro.

Stranamente, senza attendere nessuna risposta, sorridendo, girò le spalle e corse via, la seguii con gli occhi mentre entrava in auto e partì di corsa, quasi scappando, appoggiai la busta sul tavolo della cucina meravigliato dal suo comportamento  ma ancora di più curioso di vederne il suo contenuto, ma non so perché evitai di dare subito importanza, terminai di vestirmi, faceva freddo, eravamo ai primi di novembre e dalla televisione avevo saputo che erano in arrivo delle nevicate, non alle nostre altezze, ma nelle vicinanze, ero in procinto di mettermi la sciarpa, quando mi feci coraggio e aprii quella busta…

…c’erano delle cartine geografiche con delle parti colorate in rosso i bordi, poi alcuni documenti risalenti ad almeno una cinquantina di anni prima della mia nascita e alla fine un cartoncino con su scritto

“Al mio pronipote Adelmo con tutto il mio affetto e ricorda che: “La tradizione è memoria!”. Tuo prozio Adelmo”

Annesso al cartoncino con una graffetta un bigliettino

“Notaio Di Rinaldo – Pristina. Via Oleandri 12”

e a penna…

“L’aspetto lunedì 5 novembre 2020 alle ore 10.00 nel mio studio”

Firmato con sigillo rosso.

Ero a bocca aperta, poi tentai di capirci di più, ma per me quelle cartine geografiche non avevano nessun senso, telefonai a mia madre, ma il cellulare era spento, mi ricordai della messa, presi l’auto e l’aspettai fuori la chiesa  a sottoilmonte, eccola in uscita

– Mamma!

Si girò per nulla stupita dal vedermi, era in compagnia di un uomo, capelli brizzolati, ben vestito, si avvicinarono

– Ciao Dado, dimmi?

Guardai lei, poi l’uomo

– Sono Aldo un amico della mamma, finalmente ci conosciamo

E stese la mano.

Titubante risposi all’invito

– Dovrei parlarti!

Le dissi e lei

– Scusami Aldo ti raggiungo al ristorante…

E poi verso di me

– …andiamo a casa.

E fu così che venni a conoscenza, della sua amicizia con Aldo da oltre due anni era un  vedovo con una figlia sposata e due nipotini, quando ne parlava le si illuminarono gli occhi, poi mi parlò del mio prozio Adelmo, con la moglie aveva fatto ristorazione fino a pochi anni prima di ammalarsi, era un intenditore di vini ed era conosciuto per i suoi frequenti viaggi all’estero, cinque anni prima aveva perso la moglie e lei l’aveva accudito da quando era ritornata nella sua città natale.

Solo una settimana prima di partire per gli Stati Uniti aveva detto

“Ci vediamo al mio ritorno dopo l’operazione al cuore, ho un regalo …”…..

…segue…..

Storia originale di Araldo Gennaro Caparco

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Non sono uno scrittore ma un “sognatore narrante” e questi sono i miei sogni riportati sotto forma di E-Book.
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28 Novembre 2023 – Il coraggio di resistere! – Favola moderna di Araldo Gennaro Caparco

Aeroporto di Milano

Cosa stavo pensando?

Un anno fa, mi trovavo nella stessa sala d’attesa, quella mattina dovevo partire per Madrid in Spagna, avevo vinto una borsa di studio di tre mesi per un approfondimento della Legge internazionale sulle adozioni, ma…

…già, ma…

…squillò all’improvviso il cellulare…

…e tutto cambiò!

La mia vita non era stata facile, orfana dei genitori a quattordici anni, io e mia sorella più grande di cinque anni ci trovammo all’improvviso catapultati in un’altra città, Caraglio in provincia di Torino, a casa della nonna materna, fu lei che da quel momento in poi ci accolse e ci guidò.

Poi, purtroppo mia sorella una sera tornando dal lavoro a soli trent’anni perse la vita per un maledetto tir che la travolse…e per me fu un colpo mortale, fui fortunata che la nonna, ormai oggi novantenne con uno spirito di una trent’enne, cercò di risollevarmi dal buio completo in cui ero caduta

– Figlia mia, lo so che ti manca, ma la vita deve andare avanti.

Piangevo, erano due settimane che non uscivo di casa

– Ma come faccio nonna, sono rimasta…

Lei mi accarezzò i capelli

– Non sei sola, siamo insieme!

E mi abbracciò!

Già, quella telefonata in aeroporto mi cambiò la vita e ancora non sapevo di quanto, guardai il display, era la clinica dove era ricoverata per un controllo mensile la nonna

– Pronto…

E tutto cambiò!

Raccolsi le mie cose, mi fiondai alla ricezione dei voli e mi feci rimborsare il biglietto, fui fortunata, non volevano, mancavano pochi minuti all’imbarco, ma c’era una ragazza più o meno della mia età, non era riuscita a trovare un biglietto per Madrid e quando sentì quello che stavo chiedendo

– Vendilo a me!

Non ci pensai due volte e glielo feci pagare la metà, non la finiva di ringraziarmi e poi, di corsa alla stazione dei tassì, entrai nel primo

– Clinica Nostra Signora di Guadalupe prego.

Tornai a casa a notte inoltrata, mi raggomitolai sul divano e piansi tutte le lacrime che mi erano rimaste, in clinica

– Lei è la nipote Cloe?

Lo guardai, avevo un velo davanti agli occhi

– Si

– Mi dispiace averla turbata, sua nonna non voleva, sapeva che era in aeroporto…

Lo fermai, stropicciandomi gli occhi per scacciare il velo

– Mi dica!

Fu sorpreso

– Così giovane e così determinata!

– Grazie.

– Sua nonna ha bisogno di un intervento chirurgico urgente, purtroppo non è in convenzione con l’ASL, dobbiamo intervenire sul cuore prima che sia troppo tardi, mi dispiace….

Le sentivo, le gocce di pianto, ma le ricacciai

– Quanto verrebbe a costare?

Era titubante

– Dottore?

– Tutto compreso…

Si fermò

-…diecimila euro! Cinquemila all’accettazione e gli altri al termine dell’operazione dopo la degenza.

Un colpo allo stomaco mi avrebbe fatto meno male…

…diecimila euro…un’enormità!

Con quest’animo l’indomani mattina mi recai a Torino, ero determinata a chiedere un prestito dando in garanzia il monolocale che avevo acquistato un anno prima con i soldi che mi avevano lasciato i miei genitori, il risarcimento dell’incidente di mia sorella e una quota parte dei soldi che mi aveva voluto donare mia nonna per evitare che facessi la spola tra Milano e Caraglio e la Facoltà di Giurisprudenza di Milano.

Ma nulla!

I soldi mi servivano in una settimana e tra banche e finanziarie, pur essendo notevolmente interessate ad acquisire la garanzia del monolocale, risposero che per istruire la pratica e portarla a termine ci voleva circa un mese.

Presi il treno ad alta velocità per Milano delle diciotto, ero stanca e delusa, non sapevo proprio a quale santo votarmi, ero a digiuno e mi avviai verso il distributore automatico per prendere qualcosa, lì vicino c’erano due ragazze che stavano parlottando concitatamente, pur non volendo

– Ma io lo denuncio…

Disse la più giovane sui ventitré anni…

E l’altra

– …ma perché non mi hai fatto entrare…

– Non ha voluto…

– Ma cosa è successo?

Lei diventando rossa dalla rabbia, guardandola diritto negli occhi

– …mi ha offerto del denaro per restare incinta…

Mi scappò il caffè dalle mani, si accorsero di me solo allora e disorientate immediatamente

– Andiamo via!

E lasciò cadere un biglietto in tanti pezzi a terra!

Giuro, non sapevo cosa fare, le guardai allontanarsi, ero sola nel vagone ristorante, quasi in uno stato ipnotico raccolsi quei quadratini, nascondendoli in tasca come se avessi rubato qualcosa.

Arrivai a Milano verso le diciannove, c’era un treno in partenza sul binario opposto, guardai, era diretto a Torino, non so cosa, saltai sul treno…

– Pronto?…

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…segue…..

Storia originale di Araldo Gennaro Caparco

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27 Novembre 2023 – Il volo del cormorano. – Romanzo di Araldo Gennaro Caparco

Valleamare è una cittadina sul mar Tirreno, con una popolazione di circa cinquecento abitanti, è isolata dai centri più urbanizzati delle città vicine ma è sede di due importanti presidii che servono il comprensorio, il presidio sanitario di pronto soccorso con l’appoggio di due elicotteri per le urgenze e l’altro presidio, la farmacia comunale.

Shimon era il farmacista di origine ebraica, autorevole con la sua “divisa”,  un elegante vestito nero con una rendigote così lunga, arrivava all’altezza delle ginocchia, incuteva timore solo a guardarlo, cosa che praticamente mi capitava tutti i giorni tornando da scuola, c’era una ragione per passare di la ogni giorno, abitavo all’esatto opposto dalla sua abitazione, ed era sua figlia Sara, si nonostante  la mia giovane età, dodicenne, mi ero perdutamente innamorato di lei.

A scuola eravamo nella stessa classe fin dalle elementari, ma praticamente per lei ero un perfetto sconosciuto, troppo bella e perfetta per me, un viso pieno di lentiggini, capelli biondi, alle medie i suoi capelli avevano raggiunto il suo fondo schiena tra l’invidia delle sue coetanee, vestiva sempre in modo accurato, ma mai, dico mai ero riuscito a parlare con lei, tranne per qualche saluto sporadico.

Il mio era un amore platonico, unidirezionale!

Alle superiori, la mia famiglia non potendo sostenere i costi per inviarmi al liceo nella città vicina, mi dovetti accontentare , giocoforza fui iscritto all’unica scuola presente a Valleamare, una succursale distaccata dell’istituto alberghiero.

Lei era e continuava ad essere presente nella mia immaginazione, quindi conoscendo gli orari dell’autista che l’accompagnava con l’auto all’uscita della scuola, facevo in modo di essere presente sulla sua strada, per poterla salutare.

– Leo vieni?

Si, mi chiamo Leo, diminutivo di Leopoldo, il nome del nonno, grande chef, ma non ho preso da lui purtroppo, mio padre fa il pescatore e mia madre invece cucina in un ristorante sul mare “Il volo del cormorano” in onore dei numerosi uccelli acquatici che nidificano nella zona, lei si ha preso del padre e ne sfrutta tutte le sue ricette, sono figlio unico, ma ho un’amica del cuore, Anna, abbiamo la stessa età e frequentiamo la stessa scuola superiore, a lei racconto tutti i miei segreti e lei fa altrettanto con me, almeno credevo

– Anna dimmi?

– Dobbiamo correre, scommetto che ti sei dimenticato che oggi inizia la prima lezione per il brevetto di pilota

Una mano in fronte, bugiardo matricolato

– Hai ragione, andiamo!

E ci mettemmo a correre, dovevamo arrivare alla capitaneria di porto per frequentare il corso per la navigazione come pilota, oltre le cinque miglia marine, fu una mia idea e coinvolsi pure lei

– Ma dove ce l’hai la testa?

Non volevo rispondere, pensai ad una bugia, ma poi, sapevo che mi sarei pentito, proprio con lei non potevo

– Sara!

Si fermò di botto

– Ancora, ma allora non hai capito che è meglio lasciare stare, lei non ti fila proprio e lo sai.

La guardai stupito, era la prima volta che si rivolgeva così

– Perché?

Arrabbiata

– Lascia stare!

E entrammo alla capitaneria, era iniziata già la lezione, ci sedemmo agli ultimi posti, la stanza era buia e stavano facendo vedere dei filmati, scrissi sul cellulare

– Sei cattiva?

Lei, dopo averlo letto, mi rispose

– Scusami, non so cosa mi sia preso.

– Scuse accettate!

Risposi, mi fece un bel sorriso.

Quando si accese la luce, il tenente di vascello fece l’appello e grande fu il mio stupore quando sentii il nome di Sara, sentii il “presente” ma avevo la vista offuscata dall’emozione e non riuscivo a capire da dove provenisse, Anna era più stupita di me, alla fine della lezione non mi mossi da quella sedia, eccola la vidi, mi passò accanto

– Ciao Leo, pure tu qui?

Come un ebete, feci solo si con la testa e lei scomparve, mi sentii scrollare, era Anna

– Sveglia, allora?

– E che…

– Allora ti ha parlato hai visto.

– Si, ma mi sono comportato come un imbecille.

Sottovoce disse qualcosa

– Che dici?

Rossa, non aggiunse parola e si avviò all’uscita seguito da me, fuori mi bloccai, stava parlando in inglese con uno dei partecipanti, non ero proprio una cima in quella lingua, Anna lo era, le chiesi di tradurmi quello che dicevano

– Ma tu guarda che mi fai fare!

– Ti prego sorella.

Stava per aggiungere qualcosa, ma poi decise di astenersi, si avvicinò a loro e poi

– Stanno parlando della festa di fine anno di stasera, da noi all’alberghiero, è  invitata e lui si è offerto di accompagnarla.

Ecco!

Ero sorpreso, non l’avevo mai visto a quello la, biondo, occhi azzurri, un fisico di un atleta, ben vestito, doveva avere la mia età, di certo l’avrei notato

– Ma sei sicura?

Per tutta risposta

– Perché non glielo chiedi!

E stava per avviarsi, la seguii, si io e lei ci eravamo conosciuti nello stesso istituto alberghiero, lei era più piccola di me di due anni, e io avendo perso un anno alle medie e un altro anno alle superiori, avevo ventitre anni e lei ventuno anni come Sara, lei seguiva il corso di chef ed io quella di commis di sala

– Anna, chi è quello?

Mi guardò

– Sei patetico!

– Dai, sei la mia mi amica del cuore, dai.

E così facendo la presi per le spalle dolcemente e la feci girare, sentii è vero un lieve tremore di lei ma non diedi importanza, ma quando mi guardò, era diversa, più dolce

– Ti prego!

E unii le mani in segno di preghiera, funzionava sempre con lei

– E va bene, viene da una delegazione di Londra, in visita intercollegiale con noi, si chiama James ed è anche ebreo come Sara.

Ecco perché, pensai e va bene allora si conoscono per questo, mi calmai un poco

– Grazie, sei…

Finì la frase

– Stupida

Sorrisi

– No, fantastica.

– Andiamo che è tardi.

Abbassando la testa, la presi sottobraccio e l’accompagnai a casa, poi mi avviai al ristorante dove lavorava mamma, quel giorno mio padre avrebbe fatto tardi, c’era la campagna della pesca dei tonni e quindi non sarebbe tornato se non a notte inoltrata, mamma mi stava aspettando e insieme pranzammo, dopo dovette ritornare in cucina, tra poco sarebbero arrivati i clienti e il padrone del locale, Giacobbe, pur sopportando che mangiassi con lei, non ammetteva ritardi nel servizio di cucina.

Già, stasera c’era la festa di fine anno, l’avrei rivista, inviai un messaggio ad Anna

“Vieni con me stasera”

“Perché?”

“Mi sento impacciato ad arrivare da solo”

“A  che ora?”

“Alle diciannove, va bene?”

“Si”

Avevamo la divisa ufficiale della scuola, ma quando la vidi sulla porta, restai meravigliato, in così poco tempo, aveva aggiustato i capelli alzandoli e come aggiunta alla divisa, aveva un sciarpa gialla che faceva il paio con i suo occhi castano chiaro

– Sei uno splendore!

– Finiscila, perché mi hai invitata?

– Mi faceva piacere e…mi devi aiutare devo parlarle, dai…

– Approfittatore.

Rispose arrabbiata

– Lo sai che sono anni che ci provo.

– Si, lo so e…

– Mi aiuterai?

No rispose, entrò in auto e in pochi minuti arrivammo, era una festa in grande, stasera ci saremmo salutati e sarebbe stato scelto uno solo per categoria che avrebbe ricevuto una borsa di studio per l’università e un viaggio premio, tutti eravamo in gara, anche noi due, cercavo nella folla Sara, ma non la vedevo, Anna si allontanò per salutare degli amici della sua classe ed io cercavo di curiosare per trovarla, messaggio sul cellulare

“L’hai trovata?”

Era Anna

“No”

“Ma allora ci fai o  lo sei, sta li sul banco della giuria con il padre”

Guardai meglio, era vero, mi meravigliai, poi lessi sullo striscione di benvenuto, sotto al palco

“Premio speciale offerto dalla Farmacia Shimon”

Ecco perché, c’era pure lei, stupenda e bellissima in un abito celeste che lasciava scoperto quasi il suo seno,  in quel momento i nostri occhi si incrociarono, lei alzò la mano per salutarmi e io goffamente risposi allo stesso modo, inutile dire, mi bloccai come una statua, mai mi aveva salutato così cordialmente.

Furono assegnati i premi, ma ne io ne Anna, eravamo tra i vincitori, non ero deluso, non mi importava nulla, volevo solo affiancarla e quando iniziarono le danze la stavo aspettando sotto al palco, ci sarei riuscito, volevo invitarla a ballare, ma…ad un certo punto, sentii la voce di Anna che stava urlando

– Ma come ti permetti?

Era si lontana, ma avevo sentito bene, mi girai e fu un tutt’uno per raggiungerla in mezzo a quelli scalmanati che ballavano, quando arrivai la vidi rossa in volto, con un gruppo di tre ragazzi che sghignazzavano e cercavano di alzarle la gonna, lei faceva di tutto per fermarli, ma loro imperterriti l’avevano circondata

– Ma si può sapere che state facendo?

E arrivai vicino a lei, mi risposero in inglese e uno dei tre cercò di darmi una bottigliata in testa, lo schivai, poi con un colpo ben assestato sulle palle lo feci rotolare a terra, fu un attimo, gli altri due si buttarono su di me, presi calci e pugni a non finire, erano più grossi di me, ma quando vidi uno dei due che cercò di baciare con violenza Anna, trovai il coraggio di rialzarmi e assestai un pugno al primo che faceva scudo all’amico che voleva approfittarsi di lei, gli ruppi il naso, poi di corsa, mi buttai a peso morto sull’ultimo, era di spalle, ma si girò e mi beccai un pugno sui denti, vedevo Anna atterrita, non mi fermai e con una testata stesi l’ultimo, presi Anna per mano

– Andiamo via!

E senza attendere la sua risposta, mi feci largo nel capannello di persone che si era formato, i quali invece di dare una mano, scattavano fotografie e filmati, sulla porta c’era Sara che aveva assistito a tutto.

Invece di andare in macchina, facemmo una corsa verso il mare

– Stai bene?

Era spaventata

– Tranquilla!

Per tutta risposta si mise a piangere, poi con un fazzoletto cercava di fermare il sangue sul mio viso

– Mi hanno preso alla sprovvista, poi uno dei tre ha cercato di mettere le mani sotto la gonna, aiutato dagli altri che si erano messi davanti per non farsi vedere da quelli che stavano ballando, ma tu stai perdendo sangue.

In effetti avevo il naso sanguinante

– Non ti preoccupare, ti ho sentito e sono accorso.

– Mi dispiace.

Eravamo vicino al mare, con il fazzoletto tamponai il sangue, la camicia era andata e pure la giacca, sentivo dolori in tutto il corpo, all’improvviso mi accasciai sulla sabbia

– Leo?

Urlò

– Chiamo qualcuno?

La fermai

– No lascia perdere, ora mi passa.

.-.-.-.-.–.–.-.-.-.-.-.

Mi svegliai, avevo la febbre molto alta, avevo solo un vago ricordo di quella sera, cioè,  quando tornai a casa avevo nascosto il vestito nell’armadio e mi ero buttato sul letto, per tutta la notte sentii un freddo addosso, ma adesso mi guardavo intorno ma non riconoscevo la mia stanza, poi la vidi, stava ai piedi del letto era Anna

– Che ci fai qui? Ma dove sono?

Lei alzò la testa, si illuminò

– Dio sia lodato ti sei svegliato.

Corse a bussare un campanello, cercai di alzarmi dal letto, ma non ci riuscivo, poi guardai meglio ero in una stanza con altre persone, quattro letti solo allora realizzai, ero in ospedale, Anna era venuta vicino alla testata del letto, incredula, senza parole

– Anna che ci faccio qui?

Finalmente

– Hai…

Arrivò un medico con un’infermiera e prima che potessi dire qualcosa

– Uscite tutti, dobbiamo portare fuori un malato.

La vidi, stava piangendo, fu l’ultima immagine di lei quel giorno!

Nonostante le mie proteste e le invocazioni per sapere cosa mi era successo, non mi risposero e con un gesto veloce mi trasportarono su una lettiga, poi un corridoio e alla fine, vidi in alto, Sala Operatoria.

.-.-.-.-.-.–.-.-.

Sono passati tre mesi d’inferno, in sala operatoria venni a conoscenza che mi dovevano operare per un ematoma al cranio, avevo tre costole incrinate, stavano quasi perforando il polmone e una frattura alla gamba destra ma non ebbi nemmeno il tempo di chiedere altro, dopo aver firmato il consenso informato mi fu fatta l’anestesia totale e operato.

Seguirono altri tre mesi ancora in ospedale, tra uscita dalla rianimazione e terapia intensiva, l’operazione aveva dato un buon esito, ma ora arrivava la fase più difficile, la riabilitazione.

In tutto questo, litigai di brutto con Anna, veniva spesso a trovarmi, fu lei che mi raccontò quello che era accaduto,  dopo quella notte, mi disse che la mattina successiva stava per venirmi a trovare, quando vide vicino casa l’autoambulanza, mia madre si era accorta che respiravo a fatica, avevo la febbre alta, mio padre era già andato a pescare all’alba, si vide persa e telefonò in ospedale, mandarono la guardia medica, ma la dottoressa dopo una visita veloce, chiamò il 118 per ricoverarmi in ospedale, lei e mia madre seguirono l’autoambulanza e dopo il ricovero scoprirono la verità sul mio stato di salute, mio padre era sconvolto, non sapeva nulla, furono i vicini che lo avvertirono al suo ritorno.

Avevo saputo da mia madre, che lei nei momenti liberi, rimaneva con me, ero contento, era la mia amica del cuore,  ma quel giorno le chiesi di Sara, lei non voleva rispondermi, poi dietro mie insistenze, venni a sapere che lei era andata alla direzione della scuola per denunciare quei tre che l’avevano molestata, ed era pronta ad andare dai carabinieri a raccontare tutto, raccontando anche come mi avevano conciato, ma trovò solo un muro di gomma e non avendo sufficienti prove per fare una denuncia per molestie, non trovò nessuno che la potesse aiutare.

Una sua amica ben informata, invece, la mise al corrente che il gruppo degli inglesi era partito dopo due giorni in  gran fretta e con loro era andata anche Sara, James era il suo fidanzato e il padre di lei per tacitare la scuola ed evitare le proteste in Inghilterra per il loro comportamento, aveva fatto una grossa donazione per sistemare la palestra della scuola.

– Leo mi senti?

Avevo chiusi gli occhi, tutto il mondo in quel momento mi era crollato addosso, tutte le mie aspettative, i miei sogni con lei ed ora me la ritrovavo fidanzata e in Inghilterra

– Leo, stai bene?

Ero arrabbiato con lei, quando aprii gli occhi

– Se quella sera l’avessi fermata, forse avrei avuto l’opportunità di parlarle, di esprimere quello che sentivo per lei, ma invece…

E la guardai, avevo gli occhi iniettati di rabbia!

Lei scoppiò a piangere e andò via e da allora non ritornò più in ospedale.

Avevo solo un chiodo fisso, rimettermi e poi…

…e poi sarei andato in cerca di lei in Inghilterra, mi mancava Anna la mia amica, cercai di telefonarle, chiesi a mi madre di contattarla volevo scusarmi, ma nulla, non venne più.

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Impiegai due mesi per convincere i miei genitori, volevo andare in Inghilterra a cercare lavoro, era una scusa ma loro non lo sapevano, fu un Natale triste per me, non c’era più Sara, Anna era scomparsa e i miei non mi rispondevano, ovvero mamma mi disse che Giacobbe mi avrebbe voluto al ristorante, lui non ci sapeva fare con i clienti in sala e quindi aveva deciso di assumermi, ma non accettai e visto che loro tentennavano decisi da solo.

Tramite la cameriera del farmacista, una donna di una certa età che mi conosceva fin da bambino, venni a sapere che Sara non stava a Londra ma a Bristol e aveva trovato lavoro tramite il padre del fidanzato James, un banchiere molto facoltoso di quella città, come insegnante di italiano al liceo inglese.

Eravamo prossimi al Carnevale, acquistai il biglietto aereo e mi recai al ristorante in una fredda giornata di febbraio per farlo sapere a mia madre

– Ti sei deciso, vero?

Era Giacobbe sorridente

– Per cosa?

Si stupì

– Ad accettare la mia proposta di lavoro, cos’altro?

Non ci pensavo proprio e

– No grazie signor Giacobbe, ma non sono qui per questo.

Meravigliato

– E perché?

Stavo per dargli una rispostaccia, ma poi mi calmai, mia madre lavorava la e lui era stato sempre gentile

– Parto, vado all’estero, ho trovato lavoro a Bristol in Inghilterra.

Dissi sorridendo

– Ma bravo…

E poi si avviò verso la cucina, prima che potessi fermarlo

– Emma c’è tuo figlio, sta per partire per l’inghilterra, ha trovato lavoro.

Veramente non volevo che accadesse così, dopo pochi istanti vidi mia mamma uscire stravolta, stava per venire verso di me, poi un fracasso di piatti rotti in cucina, fece dietrofront all’improvviso

– Anna, ma che succede?

Anna, stava li?

Mi avviai subito, ma sentii solo una porta sbattuta, quella del retro e vidi mia madre, mi stava aspettando sulla porta della cucina

– Perché mi hai fatto questo? Perché sei venuto all’improvviso?

Era arrabbiata, ma in quel momento pensavo alla mia amica, cercavo di guardare dentro, lei si accorse

– E’ andata via!

A casa venni a sapere che due mesi prima, Giacobbe le aveva chiesto di trovare qualcuno in cucina per aiutarla, e lei aveva fatto la proposta ad Anna, aveva accettato ed erano due mesi che lavorava con lei, quando le dissi

– Perché non me l’hai detto?

Per tutta risposta

– Cambiava qualcosa?”…

…segue…
Non sono uno scrittore ma un “sognatore narrante” e questi sono i miei sogni riportati sotto forma di E-Book.
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Due cuori, nato sbagliato.

Nonno – Cos’è un riassunto?

Nipotino – Riassumere una storia solo nei suoi punti essenziali, senza alterare la verità!

Sembra facile, vero?

Ma non è proprio una passeggiata.

Due cuori, nato sbagliato.

L’infanzia del protagonista è un mistero, una voragine buia, un buco che fa il pari con quello delle nostre galassie, il buio completo.

Due, il protagonista, non ricorda nulla dei suoi primi anni di vita, sprazzi di luce alle volte lo abbagliano, era bambino e due occhi di ragazza lo guardano amorevolmente mentre mangia, ma non è la madre.

Due, ricorda poco o niente, una stufa a legna, quella familiare, con dei ciocchi di legna che emanano odore di catrame, acre e fastidioso, bruciano gli occhi ma riscaldano economicamente la stagione invernale.

Due e il suo bagnetto nella conca di stagno colma d’acqua tiepida e il sapone di Marsiglia che brucia gli occhi.

Due, non sa il perché ma si sente nel posto sbagliato, i piedini senza pantofole di notte, il lettino di fortuna sul divano lacero e maleodorante, l’acqua gelida del mattino e la borsa della scuola troppo pesante.

Due, mattino nella scuola privata e pomeriggio con un donnone al piano di sotto che lo sorveglia mentre svolge i compiti di scrittura su uno sgabello a tre piedi da mantenere in equilibrio per non cadere.

Due e una rondine e il suo secondo cuore.

Due e suo Nonno, un omone con il panciotto e uno strano orologio legato con una catenella all’asola dello stesso, ritmicamente guardato per controllare l’ora.

Due e le dieci lire, regalo per le caramelle.

Due è il risveglio, a nove anni, nella scuola pubblica, dove si sente un estraneo.

Due e i genitori, sempre assenti e mai presenti!

…segue….

Araldo Gennaro Caparco

 

 

26 Novembre 2023 – Iole. – Romanzo inedito di Araldo Gennaro Caparco

– Non se ne parla proprio…

Pausa

-…ma siete impazziti, cinquemila euro…ma è una miseria…

Pausa

– …ma che vuol dire che è piccolo…è un monolocale…si capisce che è piccolo…o no…lo dice la parola…incredibile…

Pausa

-…basta!…la mia richiesta era di quindicimila euro, più che onesta, ma visto che fate così i simpatici, se trovo qualcuno, mi accontenterò anche di diecimila euro subito, addio.

Non avrei dovuto ascoltare, ma non potevo evitarlo, ero entrato in quel bar solo perché avevo freddo, un bar molto grazioso, un bancone pieno di dolciumi sulla destra entrando, poi subito dopo la cassa e di fronte cinque piccoli separé con due sedie e un tavolino, erano quasi tutti occupati e prima che qualcuno potesse guadagnare il quinto separé mi fiondai, il tempo di sedermi un cameriere sorridente

– Siete stato fortunato!

Lo guardai stupito, ma il suo sorriso mi disarmò, in un altro momento mi sarei arrabbiato, invece

– Grazie.

La mia espressione stupita diceva altro, capì di essere stato inopportuno e con aria professionale

– Gradisce qualcosa?

Mi rilassai

– Si, per cortesia una cioccolata calda e una cialda, grazie.

– Subito!

Con un perfetto dietrofront sparì!

Ero di pessimo umore, sradicato dalla mia città in ventiquattro ore, nemmeno l’auto mi avevano fatto prendere “E’ la tua occasione, vedrai”, solo una valigia con il necessario e poi imbarcato su un aereo, destinazione “Aeroporto Orio al Serio di Bergamo”, quasi svenivo, ero a millecinquecento chilometri da casa!

Ma chi me l’aveva fatto fare?

Figlio di un siciliano e di una toscana, mio padre era il proprietario di un ristorante a Ragusa, mia madre una giornalista e fu proprio lei ad inculcarmi le prime nozioni per il giornalismo e mio padre quello della ristorazione, mia madre ci tenne particolarmente che non prendesi l’accento siciliano d’accordo con mio padre, solo con gli amici parlavo il siciliano che conoscevo molto bene, ma con gli altri parlavo un perfetto italiano.

Da poco avevo festeggiato i miei trenta anni, ero un giornalista investigativo e usavo uno pseudonimo “Lince”, con quello firmavo gli articoli, ma uno di questi fu la causa del mio allontanamento precoce dalla mia amata isola, alla ricerca di uno scoop, tanto desiderato e voluto dal mio Direttore del giornale, era euforico, per la prima volta avevano dovuto far ristampare le copie del giornale perché terminato in tutte le edicole dell’isola.

La ragione?

Avevo scoperto un bidone di immondizia, una commistione, tra politici e mafia con ramificazioni in tutto il territorio italiano, ed era proprio per questo che mi trovavo all’altro capo della nazione, dovevo ricercare, trovare e raccontare, il ramo sporco dei colletti bianchi sul continente con l’aiuto dei servizi segreti italiani, solo loro conoscevano la mia vera identità..

Come da istruzioni prima della partenza, all’arrivo seguii le persone verso l’uscita, non eravamo in molti quella sera, una decina forse, mi avevano detto che all’arrivo mi attendeva un auto e guardando all’uscita vidi una persona con un cartello con solo un nome”Alfio”, mi avvicinai

– Sono io!

Mi squadrò, prese un tablet e dopo essersi rassicurato che ero proprio io quella persona in fotografia

– Mi segua!

In auto, lui davanti e io dietro

– Sul sedile troverà una valigetta, dentro ci sono le istruzioni per la sua permanenza qui, alloggerà per il momento in un appartamento residence “La corte dell’angelo”, poi verrà contattato da un nostro agente, buona permanenza.

Fine comunicazioni!

La sera dopo vennero, uno dei due era l’autista del giorno prima, mi diedero nuovi documenti, mi chiamavo Vieri, nato a Firenze, era un diminutivo di Oliviero “colui che possiede uliveti”, avevo un lavoro presso la Gazzetta di………., come giornalista gastronomico e trentamila euro in contanti, potevo utilizzarli come volevo, un tablet per il resoconto giornaliero e due numeri di telefono cellulare per i contatti con loro con un nuovo cellulare certamente intercettato da loro, ci tennero a precisare che avevo carta bianca per le mie ricerche, ma volevano essere messi al corrente di tutto quello che poteva essere importante per l’indagini.

Erano di poche parole e nella mia mente li battezzai Flick e Flock!

Dai documenti nella valigetta venni a conoscenza che il soggetto che stavamo cercando, per molto tempo era stato localizzato nei paraggi di un quartiere della Bergamo alta ed era proprio lì che mi diressi quella mattina ed entrai in quel bar.

Ero alla ricerca di un alloggio nelle vicinanze, ad onor del vero lo cercavo in locazione, ma non mi sembrò vero ascoltare quella telefonata, detto e fatto, con il giornale in mano mi affacciai al separé e vidi una signora sulla sessantina che stava sbuffando

– Posso?

La colsi di sorpresa ma il più sorpreso fu il sottoscritto, quando dopo aver spiegato che cercavo un alloggio in locazione e che per un puro caso avevo sentito della telefonata, dopo due ore, due cioccolate e dei pasticcini e una visita veloce all’appartamentino che si trovava all’ultimo piano del palazzo del Bar, mi convinse ad acquistarlo, mi disse

“E’ un assegno circolare, lo potrà rivendere quando vuole!”

mi lasciai trasportare dal suo entusiasmo e ci ritrovammo in un’agenzia per completare l’operazione dell’acquisto del monolocale dopo essere passato per una Banca a prelevare, non utilizzai i soldi che mi erano stati affidati, ma i soldi del mio conto corrente personale.

Il monolocale si trovava in un palazzo di cinque piani, c’era il portiere di una certa età e l’ingresso e il resto era molto signorile, la signora aveva fretta di concludere la vendita, l’indomani si sarebbe trasferita negli USA e i soldi le facevano comodo, le brillarono gli occhi quando saldai il tutto in contanti e così in mezza giornata mi trovai un alloggio e una proprietà a Bergamo.

Nel pomeriggio raccolsi le mie cose, quelle poche che avevo con me in albergo e mi trasferii, mi piaceva, all’ingresso aveva un angolo cottura completo di frigorifero piccolo e una mini lavastoviglie, subito sulla destra entrando, un tavolo a parete con due sedie, un letto a scomparsa di una piazza e mezza proprio di fronte la finestra e un armadio a muro a due ante laterale, a sinistra della finestra un micro bagno di spalle all’angolo cucina con tutto il necessario e una doccia con il telo.

Riposi la valigia vuota su delle ante sopra all’angolo cottura e trovai le lenzuola e le coperte imbustate e fresche di lavanderia, telefonai ai miei per raccontare quello che avevo fatto e per poco a mia madre non veniva un infarto

“Ma non vuoi più tornare?”,

sorrisi

“Tranquilla, tornerò presto!”.

Era passata una settimana da quel giorno, la redazione del giornale era formata da molti giovani e la cosa mi fece piuttosto piacere, nemmeno il capo conosceva il perché del mio trasferimento da Ragusa, ma mi avevano fornito di un curriculum di tutto rispetto e quindi non fece nessuna piega e così iniziai a frequentare i ristoranti della città e della provincia.

Cosa stavo cercando?

“Mano mozza”, questo era il suo nomignolo, nella mia indagine a Ragusa spesso avevo sentito bisbigliare il suo nome, ma nei miei articoli non l’avevo mai nominato, dai miei informatori venni a conoscenza che era lui il “Grande burattinaio” crudele come non mai, nessuno era a conoscenza di dove si trovasse, ma tutti indistintamente riferirono che era nel continente, raccolsi dieci cartelle su di lui e d’intesa con il direttore del giornale contattammo i servizi segreti.

Dopo nemmeno ventiquattro ore dalla consegna dell’incartamento, fui convocato nella loro sede una notte e qui venni a conoscenza che da mesi erano alla ricerca di quel soggetto, ma avevano già perso quattro loro agenti e quindi mi proposero di continuare le indagini con il loro aiuto fornendomi tutto il materiale che avevano in possesso, lo studiai a fondo e poi bruciai tutto, come da loro indicazioni.

Non sono certo un eroe, ma quando vidi le foto degli agenti uccisi, tutti giovanissimi e barbaramente uccisi, decisi di continuare le indagini, solo i miei genitori sapevano che mi sarei dovuto trasferire sul continente, ma non sapevano e nemmeno adesso erano al corrente di dove sarei andato a vivere e per cautela anche il perchè, raccontai che mi avevano proposto un lavoro e il doppio dello stipendio e non potevo rifiutare.

Tutto, all’improvviso ebbe una brusca accelerazione, arrivarono delle lettere minatorie al Direttore del giornale a Ragusa che riguardavano “Lince” cioè io e fu anche per questa ragione la  fretta nel farmi espatriare dall’isola, sicuri che prima o poi sarebbero venuti a conoscenza della mia vera identità e a quel punto la mia fine era segnata!

Furono aperti dieci fascicoli dalla Procura generale siciliana sui nomi che avevo fatto negli articoli e su di loro erano in corso delle indagini, non solo nell’isola ma anche presso il Parlamento a Roma e questo aveva mandato in fibrillazione la “famiglia siciliana” ed erano come schegge impazzite, pericolose per tutti!

Dai documenti che mi erano stati forniti, si evinceva che utilizzava una Società di import di pesce e semilavorati, prometteva sconti favolosi ai ristoratori per carpire la loro fiducia, poi nel tempo ritrattava le promesse e chiedeva di saldare gli acquisti in contanti e non più con pagamento dilazionato, questo gli dava l’opportunità di rilevare per poco i locali e tramite questa rete creare nuove piazze dove smerciare droga.

Avevo un elenco di ristoranti da frequentare con la scusa di un articolo promozionale sulla loro attività ne visitai diversi, ma , il mio compito era poter accedere alle informazioni che avrebbero potuto portare ad individuare gli agenti di Mano Mozza.

Quella sera, non potrò mai dimenticarla, tornai piuttosto tardi, dopo la mezzanotte, la ristoratrice era talmente interessata al mio lavoro che mi trattenne per cena, non ero proprio certo che fosse solo per l’articolo, visto i ripetuti messaggi non verbali e gli ammiccamenti vari nei miei confronti, quando ne fui totalmente certo con una scusa mi allontanai, rimandando  la continuazione dell’intervista in un secondo incontro, tra lo stupore di lei, oramai certa della conclusione di una bella  serata a letto!

Appena arrivai nel mio appartamento, mi fiondai sotto la doccia, contento di averla scampata, certo era bella, ma mi ero ripromesso di non allontanarmi dal mio obiettivo, almeno per il momento e fu solo allora che ricordando i momenti della giornata appena trascorsa mi ricordai di un elemento che forse poteva essere utile per le mie indagini, con la scusa di conoscere i fornitori delle eccellenze gastronomiche, cosa che chiedevo in tutti i ristoranti che visitavo, mi procuravo l’elenco dei fornitori .

Quando Alida, mi fornì il suo elenco quel pomeriggio, scorrendolo notai una grossa fornitura di bottarga, lei si era allontanata perchè impegnata in sala con dei clienti, quando ritornò da me, distrattamente dissi

– Utilizzate molta bottarga nelle vostre pietanze?

Fui sorpreso dalla sua risposta

– No!

Le girai il quadernone che avevo davanti

– Scusami, ma questo allora?

Sgranò gli occhi, era un ordine cospicuo di circa cinquemila euro di confezioni da 100 gr di bottarga di pesce, divenne rossa paonazza e chiamò ad alta voce

– Chef?

Non rispondeva, era distante e non aveva sentito, senza dire una parola prese il quaderno e si avviò in cucina, ero troppo distante per ascoltare qualcosa, mi stavo per alzare per avvicinarmi, quando uscì dalla cucina, mi guardò

– Non è nostro l’ordine, è stato un piacere che lo Chef ha fatto ad un suo amico siciliano momentaneamente in difficoltà, ha pagato con i suoi soldi, ecco la ricevuta.

Se c’era una cosa che avevo imparato da mia madre nella sua carriera di giornalista, era di fissare un documento e di memorizzarlo come uno scanner e così ho fatto quel pomeriggio, la ricevuta era della FishDream di Palermo, ora sotto la doccia ebbi una folgorazione, avevo già visto quel nome come fornitori in altri tre ristoranti che avevo visitato e certamente non fornivano pietanze con la bottarga, quindi questo poteva essere un indizio importante per tracciare gli affari di questa azienda palermitana, forse ero sulla strada giusta, con il cellulare mandai un messaggio al mio contatto dell’Agenzia dei servizi segreti per contattarmi la mattina dopo!

Contento della mia intuizione, mi crogiolai ancora con un getto di acqua calda bollente e finìì la mia doccia, mi avviai per mettermi a letto, ma quando rimboccai la coperta…

…mi accorsi che non ero solo in quel letto!

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.–.

Non riesco ancora a crederci,e… non riesco a trovare le parole per descriverlo, sono ancora sconvolto e contento, è quasi l’alba e sono sulla sponda del letto totalmente nudo, il sole triste d’inverno sta facendo capolino dalla finestra di fronte al letto, sento quel profumo che ha invaso il monolocale e quasi non riesco a respirare, ma come è stato possibile, mi guardo intorno, forse ho sognato tutto, ma no, mi guardo intorno, sulla sedia dall’altro capo del letto, c’è un reggiseno nero ricamato con delle rose piccole rosse che mi guardano…

…allora non ho sognato…è tutto vero…oddio!

Cosa è successo?

Nemmeno il tempo di appoggiarmi sul cuscino, una mano sulla bocca

– Shhhhhhh… sono io amore.

Giuro che respiravo prima, ma quella mano profumata mi aveva tolto il respiro, un attimo dopo, sentii il suo corpo caldo e nudo che mi copriva totalmente, solo per un attimo distolse la mano e

– Ma…

– Non dire nulla, sono due settimane che aspetto questo momento.

E poi?

Non si capì più nulla!

Era una furia scatenata, nonostante lo stupore e la meraviglia del momento, quel contatto fisico mi faceva piacere e poi che cavolo, mica sono fatto di pietra, cercai ancora una volta di fermare quella furia, ma…poi capitolai inesorabilmente e beatamente!

Fui travolto, nel buio non riuscivo a vederla bene, ma il suo corpo unito al mio, non mi lasciava altra alternativa, fu selvaggio e dolce, lasciandomi trasportare in un altro mondo, al di sopra delle mie aspettative, poi…dopo aver raggiunto l’apice, entrambi stremati lei disse

– La lontananza ti ha fatto bene, sembri un altro….

E accese la luce del comodino!

Fu un tutt’uno, con un balzo si rizzò sul letto, incredula lanciò un urlo

– Oddio! Ma tu non sei Tom!

Di rimando, a bocca aperta

– Per nulla!

Finalmente la vedevo, dopo quello che dissi, ero ipnotizzato da lei, mi risvegliai solo per il grido, era una ragazza stupenda, i suoi occhi sgranati erano del colore del mare, aveva dei capelli biondi lunghissimi che in parte coprivano uno dei due seni, un corpo scolpito e un’agilità di una tigre, perche solo un istante dopo il grido con un

– Madonna mia che ho fatto!

Con un colpo di reni, si scaraventò fuori dal letto, dandomi l’opportunità di guardarla per intero, aveva una voglia sotto il seno destro, nera come la pece, sembrava un piccolo cuore abbracciato al seno, di spalle inforcò una gonna, sommariamente una camicetta, prese la borsa e in un amen…sbattendo la porta uscì dalla mia vita.

Mi ero comportato come un ebete, ma cosa avrei potuto fare?

Solo per un attimo, feci il gesto di andarle incontro

– Verdammt (accidenti)! Non ti muovere chiunque tu sia!

Tuonò!

Ecco, quello che era accaduto e sono ancora frastornato e…contento, chiudo gli occhi e la vedo, la immagino e le mie mani stringono il lenzuolo ancora caldo!

E ora?

Cercavo di analizzare il mio stato d’animo, non potendo fare altro, si è vero! Quando ho sentito una mano che mi chiudeva la bocca, ho avuto paura, ma poi un attimo dopo, il suo profumo, il suo corpo…non  ne avevo più!

Ma chi era? Come mai si trovava nel mio letto nel pieno della notte? Chi era Tom?

Domande senza risposta!

Come uno zombie riuscii ad alzarmi, mi trascinai nel bagno e dopo un’abbondante rinfrescata al viso, guardai nello specchio, avevo cinque puntini rossi strisciati sul torace all’altezza del cuore e quasi mi venne un mancamento, erano le sue unghie, si avevo sentito dolore, ma in quel momento nulla avevo avvertito, pensavo ad altro!

Tornai in camera rosso come un pomodoro, sentivo il sangue pulsare e il cuore che batteva le mille miglia, inebetito mi avvicinai alla sedia presi il reggiseno e in attimo fu sulle mie labbra, stavo impazzendo, lo sentivo, avevo bisogno di qualcosa di forte, con un balzo mi avvicinai al frigorifero, mi ricordai che la padrona di casa mi aveva regalato una grappa quando mi aveva consegnato le chiavi dal notaio, mi bloccai, non riuscii ad aprire il frigorifero, sopra erano appoggiate delle chiavi, le guardavo ipnotizzato, di chi erano?

Di certo non erano le mie!

Tentennavo a toccarle, erano tre chiavi in un portachiavi con una placchetta color rosso seguita da una piccola coda, sembrava di volpe argentata, solo la parte finale, deglutii più d’una volta e le presi, le tenevo in mano come una reliquia, solo allora sentii freddo e mi resi conto che ero ancora completamente nudo, senza toccare il letto mi rivestii non lasciando mai quelle chiavi, era un mistero, potevano essere solo di quella ragazza, provai a vedere se aprissero casa e ne fui certo, con l’aiuto di una piccola lente di ingrandimento, riuscii a leggere solo la parte iniziale e finale di una scritta sulla placchetta

“I..e”

Poteva essere tutto, un nome, una località, purtroppo la dicitura prima era logorata dal tempo e illeggibile, iniziai ad esplorare il lato del letto dove poco prima c’era lei, alla ricerca di qualche altra cosa, ma nulla, c’era solo il suo profumo penetrante, sembrava muschio, sul cuscino, sulle lenzuola e sulla sedia….

…segue…

Non sono uno scrittore ma un “sognatore narrante” e questi sono i miei sogni riportati sotto forma di E-Book.
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