Archivio mensile ottobre 2022

20 Ottobre 2022 – Trilogia – Se devi sognare, esagera! – Secondo capitolo “Il Castello”

Descrizione

segue

Trilogia – Se devi sognare, esagera! – Primo capitolo “Il Maestro”

di Araldo Gennaro Caparco

http://www.isognidiaraldo.it

Il Castello

Eravamo quasi arrivati, la strada era quella ne ero certo, alla fine della discesa dalla collina, il Maestro mi fece notare, degli uomini armati.

Già che ci facevano li in mezzo al nulla?

La mercedes, filò veloce e la macchina di scorta a ruota, terminammo la discesa, ci portammo sulla statale, dopo il capanno di vimini, c’era una stradina seminascosta, con una sbarra, si alzò immediatamente per poi richiudersi velocemente.

Tenevo la mano di Isa stretta nella mia, era completamente rapita dal panorama, ma non diceva nulla, la maternità dei gemelli, l’aveva resa ancora più bella, i lineamenti si erano rassodati un poco, ma lentamente stava ritornando come prima.

Aveva un completo bianco di pantaloni e camicetta, mettevano ancora più in risalto i capelli biondi che scherzavano sul suo petto ad ogni fruscio d’aria.

.-  Ohhhhhh

Era Isa:

– Ma è uno splendore!

Eravamo quasi alla fine della strada e si intravedeva il Castello in fondo, anche il Maestro era incuriosito, l’unico non tranquillo ero io.

Non mi chiedete il perché, non c’era nessuna ragione apparente, ma non ero sereno.

Scendemmo tutti dalle auto, i quattro della scorta si posizionarono all’ingresso del Parco, n attesa c’era un signore dall’età direi sui settant’anni, ci aspettava:

– Benvenuti, lo Sceicco vi sta aspettando.

Ecco chi era uno sceicco!

Ma come ho fatto a non pensarci, il porto, la squadra a disposizione, la strada sulla collina, gli uomini armati.

Mentre venivamo accompagnati, verso l’ingresso del Castello, la persona ci illustrava le culture del corridoio centrale del viale:

– Qui alla mia destra c’è un limoneto, protetto dalla rupe di sopra e dai canneti, a sinistra, il giardino delle spezie, diviso in grandi rettangoli, protetti dalle piante mediterranea, fanno ombra quando il sole è alto, di seguito il roseto voluto dalla Signora dello Sceicco e di lato l’agrumeto con vari tipi di piante.

Era un posto da favola, non c’è che dire, colori a profusione, profumi inebrianti, tutto curato e ordinato, Isa si fermò ad ammirare dalla terrazza, vicino all’agrumeto, il mare sottostante, cristallino, da sopra si vedevano le rocce sommerse dall’acqua, poco distante c’era un grosso yacht, ormeggiato, segno del fondale molto alto.

Non so quanti di voi hanno letto David Copperfield di Charles John Huffam Dickens , ma quel signore mi aveva dato una brutta impressione, da quando l’avevo visto l’ho paragonato a Uriah Heep, il cattivo, il subdolo di quel bellissimo racconto, il modo di comportarsi, il parlare sommesso, la schiena incurvata in segno di umile servilismo, mi aveva dato fastidio.

Poi un’altra cosa mia aveva colpito, il Parco era stupendo, ma era come se non avesse un’anima, era come una cartolina che si acquista per mandare i saluti, l’una vale l’altra, non c’erano segni di utilizzo, era vuoto!

Un senso di smarrimento, ecco quello che sentivo!

Arrivammo all’ingresso, entrammo in un salone ampio e ricco di vasi, quadri, poltrone e divani, luminosissimo, il Fattore, perché così si definì quando terminammo la nostra passeggiata, fece un segno a dei camerieri di portarci delle bibite e fece segno di accomodarci.

Il Maestro aveva con se il cofanetto, in una borsa di pelle, l’appoggiò vicino e stava parlottando con Isa, nel frattempo la mia innata curiosità e quel senso di malessere, invece di sedermi con loro, mi portai verso una finestra dalla parte posteriore del salone, e vidi, anche li era presidiato da alcuni uomini armati.

Ero così preso, non mi accorsi di nulla, Isa con un colpo di tosse mi richiamò.

Era lo Sceicco, nel suo abito bianco immacolato, una cintura alla vita, portava uno stiletto di cui si vedeva l’elsa luccicante, con un turbante di vari colori, entrò con due persone, stavano ad un passo dietro, aveva si e no cinquant’anni:

-Benvenuti

Un sorriso ampio, sciolse la tensione di quel momento.

Il Maestro si alzò in segno di riverenza:

– Mi dispiace dell’increscioso errore.

19 Ottobre 2022 – Trilogia – Se devi sognare, esagera! – Primo capitolo “Il Maestro”

Descrizione

Leggi le prime pagine per entrare nel racconto e puoi scegliere quello che preferisci dal mio sito

http://www.isognidiaraldo.it

Il Maestro.

Erano mesi che ogni fine settimana, affacciandomi dal balcone di casa mia, notavo un’auto alle 4 del mattino, in particolar modo il sabato o la domenica, stazionare sotto il palazzo di fronte alla mia abitazione.
Un giorno decisi di capire, cosa e chi aspettasse!!
Mi posizionai la sera prima e parcheggiai l’auto in modo che la mattina potessi agevolmente spostarmi. L’Indomani, pur non avendo la certezza, mi svegliai alle 3 e con un plaid entrai in un’auto gelida nel buio totale in attesa.
Certo di fare una cosa stupida, ma mi sentivo tonico per l’avventura che forse mi aspettavo, di certo poteva essere anche una delusione, ma era un’ipotesi che allontanavo, c’era qualcosa, mi intrigava e ciò mi bastava.
Puntualmente, alle 4 arrivò l’auto e si fermò in attesa.
Tolsi il plaid in fretta , misi le cintura e …alle 4.05 scese una persona, si intravedevano solo i capelli bianchi, era intabarrato con un grande mantello per proteggersi dal freddo ed aveva una valigetta in mano, strana forma, era un rettangolo abbastanza corposo, entrò in fretta in auto dal lato posteriore e in un attimo l’auto si mise in moto.
Feci altrettanto, dopo trenta secondi, complice il semaforo alla fine della strada, la raggiunsi…..

L’auto proseguiva lesta, la mia non era all’altezza, per fortuna avevo preso la più grande, mi tenevo a debita distanza, ma che bello vedere il cielo stellato, poche auto in giro, ma è meglio non divagare.

Le cose si mettono male, l’auto sta filando verso l’autostrada e ora? Vado.

Se si inizia una cosa si porta anche a termine.

Telepass a posto, benzina a posto, inserisco il navigatore, siamo in direzione Napoli. Onde evitare di fare il trenino, sorpasso e mi tengo sulla terza corsia, mi faccio superare, mi allontano, e ora? Che succede? L’auto mette la freccia e si avvicina ad un’area di sosta dove vedo stazionare un furgoncino. Non posso non superare, accidenti. Decido di fermarmi alla prossima area di sosta, a trovarla, eccola è prossima, metto la freccia e in  quell’istante con la coda dell’occhio intravedo l’auto, sta sopraggiungendo con il furgoncino al seguito, stavolta in velocità.

Elimino la freccia e mi metto sulla scia, loro aumentano e io arranco, ma sono fortunato la sagoma del furgone mi fa da segnalatore, usciamo dall’autostrada, direzione tangenziale, non c’è un’anima, qualche fornitore e trasportatore. Il navigatore mi da indicazione che siamo sulla via per il mare, ma alle 4.35 chi va al mare? Pensieri scomposti, mi concentro, siamo sulla strada di Pozzuoli, direzione porto e qui le cose diventano difficili, c’è un andirivieni di auto e camioncini, cerco di non perdere l’obiettivo, scendiamo per viuzze verso il mare, certo le scorciatoie sono ben conosciute all’autista dell’auto, ma a me no!

Prossimo incrocio alla fine della strada a T, esco, mi fermo, scomparsi!

18 Ottobre 2022 – Suma e il bacio rubato!

…da pag.6…

…”…

Presi un tassì per arrivare all’aeroporto di Milano Linate, portavo con me una valigetta 24ore, praticamente vuota, c’erano solo dei fogli bianchi e una penna, ma faceva scena, mentre stavo per arrivare, fui preso dal panico e se avessero controllato e se avessero contattato la titolare, se…, se…, tanti se!

Ero arrivato, pagai e in un attimo mi passò davanti tutta la mia vita, quella che avevo vissuto fino ad oggi, no, non potevo tornare indietro, no, non l’avrei fatto, aspirai una quantità d’aria che avrebbe gonfiato un palloncino con un solo soffio, ed entrai.

All’ingresso in sala d’aspetto, mi bloccarono due persone, ovvero due guardie del corpo, mi chiesero i documenti e mentre stavano registrando e chiedendo l’autorizzazione per farmi entrare, mi sentii osservato, mi girai e la vidi, era una ragazza molto giovane, con un pantalone di lino bianco  una camicetta multicolore, alta quasi quanto il sottoscritto, un metro e ottanta, era con due donne, i nostri sguardi si incontrarono, fu un attimo, ma mi bastò, ero ipnotizzato, sorrise una spallina lasciò intravedere parte della spalla e notai una testa di tigre tatuata, piccola, non invasiva e mi ricordai del sogno ad occhi aperti di una settimana prima, e sparì

– Signore prego è atteso!

C’è qualcuno?

Non sentivo niente, mi sentii toccare sulla spalla, mi girai

– E’ atteso!

E mi indicò una saletta alla sua sinistra, una terza persona mi aprì la porta e mi trovai di fronte, un uomo sulla cinquantina, vestito in modo elegante, era di spalle, guardava giù nella hall dell’aeroporto, seguii il suo sguardo, guardava lei che stava andando via, chissà chi era, tossii, l’uomo si girò e la sua espressione fu di stupore e meraviglia, in inglese

– Lei è dell’agenzia investigativa?

Giuro che parlavo prima, ma i suoi occhi erano fissi sui miei, per radiografarmi dalla testa ai piedi

– Si signore per servirla.

Sempre più stupito

– Perfetto il suo inglese.

Arrossi

– Grazie, mia madre era inglese.

– Di dove?

– Di Bristol signore!

Mi fece segno di accomodarmi

– Non pensavo che la vostra agenzia avesse delle persone così giovani!

Primo problema

– La nostra titolare è un’illuminata, crede nelle nostre potenzialità.

Era soddisfatto

– La conosco bene, quindi non mi meraviglia affatto, il tuo nome?

E ora?

– Lio

– In azione?

Cosa vuole dire?

Poi in un decimo di secondo realizzai, un nome in codice, mi ricordai della ragazza e il sogno

– Tigre!

Sorrise colpito

– Perfetto, vorrei continuare questa discussione e sapere altro su di te Tigre, sono curioso, ma mi hanno anticipato il volo, ho una riunione urgente a Londra, questa cartellina racchiude il mio incarico, ci risentiamo tramite skype martedì mattina alle nove, domande?

E che vuoi domandare?

Anche dire la verità in quel momento era inutile, presi la cartellina e con una sicurezza che era data dalla paura che avevo dentro di essere scoperto

– A martedì!

Un ordine secco, in una lingua che non conoscevo, vidi entrare uno degli armadi umani che mi aveva accolto all’ingresso e mi indicò con delicatezza l’uscita.

Mi sentivo svuotato, di certo qualche chilo l’avevo perso per la tensione, ma mantenni un contegno, sicuro di essere osservato, appoggiai la mia valigetta, misi con calma la cartellina dentro, poi salutai cordialmente e con passo tranquillo uscii dall’aeroporto, solo nel tassì ebbi un mancamento, ma riuscii a mantenermi fino a casa, ma arrivato sotto casa… avevo deciso…

…no,  non potevo continuare, diedi l’indirizzo della signora, la titolare dell’agenzia e iniziai a pregare.

Bussai ripetutamente, ma nessuno mi apriva, poi finalmente si aprì la porta e vidi Federica, la nipote della signora Maregillo, viveva con loro da alcuni anni dopo la perdita dei genitori a distanza di sei mesi l’uno dall’altro per il male del nostro secolo, un tumore maligno

– Lio, come hai saputo?

La guardai strano

– Cosa?

– Della caduta?

Stavolta entrando meravigliato

– Quale caduta?

Arrivò la signora,  aveva un braccio al collo e un turbante che le fasciava la testa, mi cadde la valigetta per terra

– Signora?

Era stupita

– Anche tu qui? Ma chi ti ha avvertito?

Non dissi nulla, con l’altra mano mi prese e mi portò nella stanza di Gaetano, suo figlio, c’era un’infermiera che stava praticando una flebo

– Gaetano? Ma che è successo?

Senza accorgermene avevo quasi urlato

– Zitto, vieni!

E ritornammo nel salone… li mi raccontò tutto, la notte l’avevano passata in ospedale, dopo una caduta accidentale di Gaetano dalla scala su di lei, la sera prima era salito per dare una mano alla madre per prendere degli scatoloni per il cambio di stagione, lei era al di sotto alla scala, si era sbilanciato ed era caduto su di lei, ma purtroppo lui si era fratturate entrambe le gambe  e un braccio e lei solo un braccio e varie escoriazioni sulla testa, ascoltavo sgranando gli occhi

– Mi dispiace, non sapevo nulla!

Federica, mi guardava strano, poi

– Come sei elegante, come mai?

Era sorridente, ci piacevamo, è vero, avevamo avuto una storia due anni prima, ma poi, avevamo concluso che non c’era nulla tra di noi, tranne una grande amicizia, nulla di più, io la consideravo una sorella, quella che non avevo mai avuto e lei nei miei confronti era dolce come se fossi stato suo fratello

 

– Grazie Federica.

 

Dissi diventando rosso come il pomodoro, fu solo allora che la signora, attenta investigatrice

 

– E’ vero, allora, come mai sei qui?

 

Ecco, e ora, come me la cavavo, avevo la valigetta che avevo ripreso sulle ginocchia, lei fece una smorfia di dolore

– Signora non adesso, vi vedo dolorante.

Si riprese immediatamente

– Lio cosa mi nascondi?

Era arrivato il momento!

Capitolai e raccontai tutto, sotto lo sguardo stupito delle due donne, alla fine, aprii la valigetta e le diedi la cartellina, la vedevo, il suo viso si fece di mille colori, la tenne in mano, ma non l’aprì con fare severo

– Sai che hai fatto una cosa che non avresti dovuto fare?

– Si

– Sai che adesso ti dovrei cacciare fuori?

– Si

Federica

– Ma zia…

– Zitta!

Urlò!

Non aspettai la sentenza, mi alzai e mi stavo avviando verso l’uscita con Federica

– Fermati!

Mi bloccai, sempre di spalle

– Perché l’hai fatto?

Mi girai, abbassandomi all’altezza dei suoi occhi, cosa avevo da perdere e

– Signora sono cinque anni che lavoro e collaboro con voi, ho un sogno, aprire un’agenzia e voi lo sapete bene, conoscete i sacrifici per diplomarmi al vostro corso, per sdebitarmi ho fatto tempo fa anche le pulizie nel vostro ufficio e continuo tuttora collaborando con voi, non conosco il contenuto di quella cartellina, si per un attimo ho pensato di continuare da solo, ho venticinque anni, devo trovare la mia strada, ma non a queste condizioni. Quando ho letto il fax, sapevo di chi si trattava, il vostro miglior cliente, potete controllare, ho chiamato tutti voi, non avendo risposta, sono andato, non mi sono spacciato per un altro, ho detto che ero un vostro collaboratore e che voi eravate un imprenditrice illuminata che scommetteva sui giovani, controllate, se volete, ma alla fine non potevo ripagarvi in questo modo e sono venuto qui per raccontarvi tutto. Mi dispiace per quello che vi è accaduto, non sapevo, ma ora che sapete tutto, posso andarmene più sereno, ho la coscienza a posto, arrivederci.

E così dicendo, mi alzai, diedi un bacio sulla guancia a Federica e stavo per uscire dal salone

– Fermati!

Mi girai sbigottito

– Perché?

– Perché hai detto la verità, ecco perché! Vieni siediti e controlliamo insieme il contenuto della cartellina, tu sei un aiuto nell’agenzia e da oggi sei assunto a tempo pieno a quaranta ore settimanali con un contratto regolare, che ne dici?

Non dissi nulla, felice e meravigliato com’ero, ma l’abbracciai stando attento a non farle male, ero emozionato e anche loro due, Federica si sedette vicino a me

– Sono orgogliosa di te!

Finalmente sorrisi

– Grazie sorella….”…

17 Ottobre 2022 – La forza della verità.

…da pag.29…

…”…Quella sera, dopo aver salutato Salvo, ero solo, gli zii erano andati via al mattino, in attesa che l’acqua bollisse per buttare gli spaghetti, avevo deciso di farli con il pesto fresco portato da zia, stavo sul divano con la televisione accesa, ma non la guardavo, c’era il telegiornale della sera, pensavo a lei, avevo il cellulare vicino, quasi come se fossi sotto l’effetto dell’ipnosi, le scrissi un messaggio

“La cioccolata senza di te si è suicidata e la mia ha avuto lo stesso destino pochi istanti dopo, ora sto preparandomi uno spaghetto al pesto, vorresti farmi compagnia? Firmato Rosario lo sbadato.”

E lo inviai, pentendomi subito dopo per la mia sfacciataggine, guardavo se l’avesse letto, ma nulla, sentii il sibilo dell’acqua in ebollizione, stavo per alzarmi per versare la pasta, squillò il cellulare, messaggio

“Sei da solo?”

Mi bloccai

“Si”

Aspettavo, la risposta

“Non penso che sia il caso!”

Dovevo battere il ferro finche era caldo

“Prometto di mangiare solo gli spaghetti”

Non rispondeva, continuai a scrivere

“Mira so chi sei! Era solo un modo per sdrammatizzare e scusarmi per averti buttato a terra in quel modo, sono stato maldestro ma mi farebbe piacere condividere con te la mia cena, scusami se ti ho disturbato”

Non rispondeva, come un ebete tenevo il cellulare in mano, in attesa, ma nulla accadeva, si, l’aveva letto, d’un tratto il campanello d’ingresso, saltai dal divano e agguantai il citofono

– Chi è?

– Mira.

Eccitato come un bambino, versai dell’altra acqua nella pentola e corsi ad aprire il portoncino, eccola, aveva i capelli raccolti, il cappotto della mattina e un basco sulla testa per proteggersi dal freddo

– Grazie, entra!

Era titubante

– Chi ti ha detto chi ero?

Aveva le lacrime agli occhi

– Entra, per piacere e te lo dico.

L’aiutai a togliersi il cappotto, aveva una tuta rossa, si girò

– Chi?

– Salvo, ma vieni accomodati, ora ti racconto.

Mentre stava per sedersi sul divano

– Non sarei dovuta venire, ma il tuo messaggio “Mira so chi sei!”, mi ha buttata nel panico, ma forse è meglio che vada via.

E fece per andare verso l’ingresso

– Aspetta!

– Non sono una delle ragazze che conosci tu, che corre a quest’ora a casa di uno sconosciuto e per di più figlio di…

La bloccai dopo due passi

– Ascoltami Mira, non mi sono fatto nessuna strana idea su di te, siamo solo due giovani che hanno in comune una tragedia con aspetti diversi, se vuoi andartene non ti fermerò, ma voglio che tu sappia perché ero al carcere stamattina, ho parlato con tuo padre Ercole.

Questo fu, si bloccò, impallidendo

– Con mio padre e perché?

Non fece in tempo a finire la frase, me la ritrovai svenuta tra le braccia, la presi di peso e la portai sul divano, ero preoccupato, in bagno presi la mia acqua di colonia e la feci inalare, riprese i sensi, mi guardava e non parlava

– Come ti senti?

Chiuse gli occhi

– Primo non sono uno sconosciuto, se non sbaglio tu sei già stata qui per aiutarmi quasi a notte fonda, secondo mi è venuto spontaneo mandarti quel messaggio, mi faceva piacere stare in compagnia a tavola con te, terzo e ultimo, dopo se vuoi ti racconterò tutto, allora?

Si era ripresa, seduta e mi guardava, ma non sorrideva

– Va bene!

Sorrisi

– Allora a tavola!

Mentre stavo mettendo la tovaglia, lei versò gli spaghetti la feci fare senza dire nulla, faceva molto freddo, avvicinammo il tavolo al camino, eravamo entrambi disorientati, di nascosto ci osservavamo, mi piaceva, era bella, ma un muro invisibile si frapponeva tra noi, quando ci sedemmo a tavola

– Parlami di te.

Dissi

– Di cosa?

Mi rispose interrogativamente con una forchettata di spaghetti a mezz’aria.

– Parlarmi della tua vita.

Perché?

– Dopo promesso ti parlerò della mia,vuoi?

E così tra una forchettata e un’altra, mi raccontò che si svegliava alle sei di mattina, alle sette iniziava il suo giro di casa in casa per fare siringhe o mettere delle flebo, era diplomata come infermiera professionale faceva questo per mantenersi agli studi fino alle dodici, poi volontariato all’ospedale, nel reparto pediatrico, quello che le piaceva di più e alle quattordici andava a seguire le lezioni all’università, era prossima a terminare gli studi, le mancava solo la seduta di laurea, si sarebbe specializzata in neonatologia, come capo sala ospedaliera.

L’ascoltavo e l’ammiravo, spesso si fermava, voleva interrompere il racconto, ma poi continuava, sapevo che voleva terminare presto, sapere del padre, di me e di cosa ci eravamo detti, ma facevo finta di non capire, alla fine del piatto di spaghetti e del suo racconto

– Perché hai incontrato mio padre?

Stavo per sorridere, avevo visto giusto, ma poi il suo sguardo mi fece desistere, aspettava come un assetato nel deserto che aspetta l’acqua per dissetarsi

– Non vuoi sapere nulla di me?

Abbasso gli occhi

– So già tutto o quasi tutto!

E la mia forchetta cadde dalle mani nel piatto

– Come?

Senza alzare lo sguardo

– Ti ho sempre seguito, non di persona, ma con la mente, tramite Salvo sapevo quello che facevi, tu non mi hai vista, ma ero nell’aula quando ti sei laureato… scusami.

Sgranai gli occhi, poi allungai la mano e le alzai il mento

– Scusarmi e di che cosa? Tu alla mia laurea, ma come sapevi? Non riesco a crederci.

Si alzò e lentamente iniziò a sparecchiare, feci altrettanto per aiutarla e continuò

– Avevo ventidue anni quando mio padre fu arrestato, mi ero appena diplomata e avevo anche fatto un concorso a Reggio Calabria per gli Ospedali riuniti, l’avevo vinto, ma mamma non la potevo lasciare da sola, mia sorella vive in Canada con la sua famiglia, ho tre nipotini e dopo aver realizzato che mio padre non sarebbe più tornato dopo la sentenza, entrai in depressione, rifiutai il concorso, mi chiusi in casa e non volevo uscire più e non volevo nemmeno vedere mio padre, da mamma avevo saputo che lui conosceva bene tua madre ed era stato suo compagno di infanzia, mi chiedevo com’era possibile che l’avesse ammazzata, lui che non faceva male ad una mosca, lui che era tenero con le sue uniche figlie e innamoratissimo di mia madre, aveva buttato tutto alle ortiche.

Si fermò, le lacrime scendevano silenziose, si sedette pesantemente su una sedia, mi faceva tenerezza, la presi per mano e la feci alzare per farla sedere sul divano vicino al camino, mi ringrazio con gli occhi e mi persi

– Dopo quasi un anno in quello stato, decisi di andare in carcere e parlagli, avevo bisogno di risposte, mi sentivo di impazzire e così feci, fu straziante, mi dovettero calmare, due vigilanti mi dissero che se avessi continuato, mi avrebbero dovuto far uscire dalla stanza, mi ero sfogata e lui non parlava, lo conoscevo bene, quando si comportava in questo modo aveva qualcosa da nascondere quindi quando gli domandai direttamente e a bassa voce “Papà sei stato tu ad ammazzarli?”, alzò lo sguardo, piangeva “No figlia mia, non sono stato io!”, tanto mi è bastato, ci credo, non è stato lui.

E così avevo avuto anch’io la certezza che nonno non sbagliava e nemmeno io su Ercole, non la fermai, anzi le dissi

– Non farti più male, basta calmati, non mi devi nessuna spiegazione….”…

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16 Ottobre 2022 – Tato – Sotto lo stesso tetto, ma non a letto.

…da pag.11

Stazione di Modena

Lunedì

Dopo tante promesse, verso le undici mi recai alla stazione per accogliere il mio amico Flavio, ero arrivato alla fine del mio corso di laurea e quando lo comunicai mi promise di venire a trovarmi con la fidanzata il giorno prima della mia laurea, trovai proprio al centro della città, poco distante dall’Accademia, un affittacamere, molto bello, all’esterno era austero, ma dentro era un gioiello, quel giorno l’avevo preso di ferie e volevo pernottare li, ero libero, ma la proprietaria, una signora piuttosto arzilla, mi disse che aveva a disposizione solo due camere ed una era già stata prenotata da tempo per tre giorni.

La particolarità di questo alloggio temporaneo era che serviva anche dalla colazione, il pranzo e la cena, perché la proprietaria, fautrice della gastronomia locale voleva farla conoscere e aveva attrezzata la cucina con  un cuoco per preparare le pietanze per i suoi ospiti, non era molto conosciuto in città, ma dalle altre parte d’Italia e dall’estero avevano gradito questo tipo di sistemazione e ne erano contenti, fu il mio mentore del master a parlarne ed io prenotai per loro due.

Quel giorno la signora mi disse che ci avrebbe atteso per il pranzo e sempre nello stesso giorno sarebbe arrivato anche l’altro ospite, tramite cellulare avvertii della cosa Flavio e ne fu entusiasta.

Quando arrivò il treno mi feci trovare all’altezza della loro carrozza, scesero molte persone, ma di loro non c’era traccia, stavo per spostarmi quando notai una ragazza in difficoltà

– Aspetti l’aiuto io!

Lei di spalle senza girarsi

– Grazie, è molto gentile ma penso di farcela.

E nel dire questo una montagna di capelli rossi si riversarono sul mio viso, nello sforzo di portare fuori una delle valigie, si girò all’improvviso e per un istante rimanemmo senza parole, era bellissima, aveva due occhi verdi che risaltavano su quel viso ovale in parte nascosto dal resto dei capelli, aveva tre valigie e un trolley, il suo tono era stato fermo e deciso, non volevo importunarla ancora, stavo per allontanarmi, quando

– Scusi, signore!

Ero distratto, poi sentii meglio

– Potrebbe darmi una mano per piacere.

Mi girai immediatamente, contento come non mai, tanto da dimenticare perché stavo li alla stazione

– Grazie.

– Di nulla.

Distribuimmo le valige tra noi due e in silenzio stavamo per arrivare alla fine del marciapiedi, quando squillò il mio cellulare

– Ma dove sei?

D’un tratto mi ricordai tutto

– Flavio, al binario 24, alla carrozza due.

– Ecco perché, noi eravamo in testa alla carrozza 12, maledetto T9 ho sbagliato a darti il numero.

Lei seguiva tutto e nel contempo mi stava osservando

– Dove siete adesso?

– Non ti abbiamo trovato, abbiamo preso il primo taxi, per andare al Bed&Breakfast, ti aspettiamo la.

– Va bene.

Eravamo quasi prossimi alla stazione

– Problemi?

Era preoccupata

– No assolutamente, ero venuto per accogliere degli amici, ma mi avevano dato un numero di carrozza sbagliata.

Non disse nulla, era affaticata

– Mi dispiace averle dato tanto disturbo, forse è stata colpa mia.

Lo disse con una vocina così sottile che mi colpì, mi fermai

– No, non è stata colpa tua, anzi…

E mi fermai, lei mi stava guardando, avrei voluto dirle che era stato benedetto quello sbaglio, ma invece

– Mi chiamo Antonio, ti dispiace se ci diamo del tu.

Fu sorpresa

– Io Dina, no per niente.

– Ti vedo affaticata, fermiamoci a prendere un caffè vuoi?

– E i tuoi amici?

– Sono in auto, dovranno disfare le valigie, mi farebbe piacere.

Era in dubbio

– Non vorrei farti perdere altro tempo, sono attesa per pranzo al Vecchio cortile.

Mi cadde la valigia dalle mani

– Ma tu guarda le coincidenze!

Sorridendo e meravigliata dal tono della mia voce

– Cosa?

– Anch’io sono diretto li.

Aggrottò le sopraciglia, il suo viso fece una smorfia di una persona incredula, poi

– Ascoltami, ti sono grata per avermi aiutata a scendere queste valigie dal treno, ma non è che stai provando ad attaccare bottone, perché questo per me non è proprio il momento.

Giuro, non l’ho fatto apposta, ma la sua espressione e il tono della voce che da alto si abbassava sempre di più, mi aveva divertito, scoppiai in una risata un po’ leggermente plateale, tanto che alla fine con le lacrime agli occhi, riuscii ad aprirli e lei non c’era più, mi guardai intorno, era sparita, feci una corsa verso la postazione dei tassisti, giusto in tempo per vederla chiudere la portiera e partire….

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15 Ottobre 2022 – La finzione diventa realtà

Descrizione

Leggi le prime pagine per entrare nel racconto e scegliere quello che preferisci.

Prima parte – La finzione

(Promemoria sotto copertura – nome: Sara)

Il mio nome sarà Sara, da sette anni responsabile in un negozio di informatica progettazione e sviluppo, 32 anni, single, non per necessità ma per scelta almeno per il momento.

E già, per scelta!

Ma oggi, inizio ad avere dei dubbi, vivo da sola, fotografa paesaggistica per passione, lavoro con quattro uomini, due sposati, due single, uno troppo anziano e uno troppo giovane.

Spesso, mi capita di essere chiamata da amici e parenti, a fare delle foto per qualche evento, mi diverto molto, e non nascondo che ogni volta, penso inconsciamente  “forse questa è l’occasione giusta”, per conoscere qualcuno, che faccia al caso mio.

Esatto!

Perché con l’età si iniziano ad avere dei dubbi, sulla persona che si vorrebbe vicino, certo, non mi sono mancate le occasioni di incontrare qualcuno, ma le motivazioni non erano quelle che canonicamente si conosce, conoscenza, innamoramento, fidanzamento e matrimonio!

Oggi ci si incontra, uno sguardo d’intesa, una parola, si passa la giornata, e poi, qualche ora a letto, per poi:

– Ci vediamo in giro, ciao!

– Ciao.

Solo e soltanto desiderio occasionale e ormonale!

Surrogato dell’amore!

Ecco, questa è la mia vita oggi, non sono brutta, leggermente rotondetta, ma ai posti giusti, mediamente alta, capelli neri, occhi castani, seno nella norma e tanti dubbi nella testa.

I miei colleghi, quando un cliente è single, cercano di dirottarmelo, non ho mai parlato con loro dei miei problemi, ma evidentemente hanno capito.

Cosa?

Quelli che tutto dicono in famiglia, devi pensare al domani, vuoi essere sola tutta la vita? vuoi mettere avere dei figli? vuoi…e tanto, ma tanto ancora.

Non rispondo, perché sarebbe inutile, ma, quando sono da sola, mi pongo le stesse domande, in silenzio senza confessarlo a nessuno.

Domani compio 33 anni, non ho voluto festeggiare con tutti, ma ho invitato due amiche, al pub, per bere qualcosa insieme.

Oggi invece, in negozio mi hanno festeggiata a sorpresa, torta e pasticcini, non me l’aspettavo, ma all’ora di pranzo hanno chiuso le saracinesche fatto largo su di un tavolo, ho spento le candeline, tra baci e abbracci.

Sono finalmente a casa, faccio una doccia ristoratrice, stasera voglio essere al top, ho acquistato un vestito che mi sembra adatto alla serata, inforco i miei stivali preferiti, lascio in ordine l’appartamento, (non si sa mai), ecco lo squillo al cellulare, sono loro, scendo:

– Come sei bella?

Lei e Mia, una ragazza di origine thailandese, sempre carina nei giudizi.

– Ma sei una favola?

Lei è l’altra, il mio alter ego, bella da morire, bionda, occhi azzurri, potrebbe avere chiunque, ma non le sta bene nessuno, Elga.

Leggermente arrossita:

– Grazie, su andiamo che si fa tardi.

Il pub è distante una decina di chilometri da casa, Mia è venuta con la sua auto, parcheggiamo ed entriamo.

Il pub, è stracolmo, stasera c’è una gara tra chi beve più birra senza stramazzare a terra, il social ha fatto il suo dovere, molti hanno risposto all’appello, ci sediamo ad un tavolo e ordiniamo.

E’ il momento dei regali, Mia mi ha regalato un fantastico foulard mille colori, apro il pacchetto di Elga, una spilla, un’agenda e un biglietto da visita.

La guardo interrogativamente e lei:

– Sono anni che ti conosciamo, ma da qualche mese sei cambiata, sei diventata più triste, io e Mia ce ne siamo accorte e abbiamo cercato di capire il perché, ma non ci siamo riuscite. Allora, la spilla è il mio regalo con il tuo segno zodiacale, lo scorpione, mentre l’agenda…

Mia:

– L’agenda ti servirà a scrivere cosa vorresti nella vita adesso, diciamo una sorta di diario, dove mettere per iscritto i tuoi desideri e una volta che l’hai fatto…

Elga:

– Tutto potrebbe essere più chiaro! Ma se non dovessi riuscire, e il tuo massimo desiderio oggi è di origine sentimentale, potresti rivolgerti a questo numero di telefono.

La cosa iniziava ad incuriosirmi, le abbraccio ringraziandole, ma confesso che non ho capito il significato del bigliettino da visita.

Elga:

– Guarda dietro, mentre noi andiamo a prendere qualcosa da bere.

Si alzarono, prima che potessi dire qualcosa e rimasi li, con quel bigliettino di forma quadrata, color oro, con un numero di cellulare sulla prima facciata, poi lo girai, ero curiosa!

“Agenzia fantasma

– Sei single?

– Vorresti una vita coniugale, ma ti fa paura?

– Hai coraggio?

– Sei temeraria?

Chiamaci!!”

Cosa vuol dire?

Inizio a fantasticare, sarà forse un’agenzia di toy boy, forse un’agenzia matrimoniale, un collocamento per single maschili, ma che accidenti sarà?

Eccole, sono tornate con tre bicchieri di birra alla spina.

Mia

– Allora?

Non volevo essere sgarbata, le guardai:

– Penso che non sono ancora pronta a far decidere ad altri, se voglio un toy boy, un marito o un appuntamento al buio.

Mi guardarono divertite, non erano arrabbiate, io si!

Elga:

– Schiocca, nulla di tutto questo.

– Come?

– E già, devi sapere – era Mia – una mia collega al lavoro, diede di matto, buttò tutto all’aria, i campioni dei profumi saltarono dal tavolo, pensammo tutti che fosse impazzita, ma il capo reparto, una persona molto saggia, mi chiese di accompagnarla a casa e di farle compagnia per quel giorno e volle aiutarla.

Mi feci molto attenta.

– Quando fui a casa con lei, dopo essersi sfogata, le preparai del te, e lei si aprì, parlando. Mi raccontò che era stanca della sua vita solo per il lavoro, voleva fortemente avere una famiglia ma aveva paura. Non sapeva a cosa poteva andare incontro! Una sua amica, le aveva dato un bigliettino e le aveva consigliato di fare una prova.

Una prova?

Elga:

– Si, una prova!

– Cosa vuol dire?

– Se hai pazienza, anch’io rimasi di stucco quando me lo raccontò e chiesi di avere qualche altra informazione, e lei, si una prova, vivere con qualcuno e capire se si è pronti per una vita coniugale. Ma è pazzesco, le dissi. La mia amica l’ha fatto, ed ora è felicemente sposata, mi disse lei.

Ma è pazzesco!

Ci guardammo negli occhi e ripetemmo la stessa cosa.

– E poi, cosa accadde alla tua amica?

– Mesi dopo, mi sembra due mesi dopo, un giorno venne in laboratorio e ci portò le partecipazioni per le sue nozze, mi prese in disparte e in una bustina mi diede il bigliettino, non volle aggiungere altro, disse solo, se un domani dovessi averne bisogno, usalo ti porterà fortuna, mi è costato un poco ma mi ha fatto bene.

Ero senza parole! Ma cosa vuol dire, una prova?

Le amiche capirono che mi stavo imbarazzando e intristendo:

– Andiamo in pista a festeggiare, poi ci penserai.

E andammo.

Fu una serata memorabile, ma anche stancante, non mi ricordo tutto, complice le birre, ma fui felice.

Inutile dire, facemmo tardi, ed eravamo anche leggermente brille, stramazzai sul letto com’ero vestita e mi addormentai.

La mattina successiva, era domenica, mi svegliai verso mezzogiorno, mi buttai sotto la doccia, poi con l’accappatoio mi misi sul letto, sulla sponda, la mia borsa cadde e uscirono l’agenda e il bigliettino.

Non volevo toccare, ne l’una, ne l’atro!

Mi ricordai tutto, ma che pazzia? E poi perché fare una cosa simile? Una prova? E in che cosa consiste?

Mi preparai una ricca frittata, misi un tovagliolo e iniziai a mangiare, era una bella giornata, il sole faceva capolino e un raggio impertinente raggiunse la mia camera, guardai la traiettoria, si fermò sul bigliettino, il riflesso si puntò su di me.

Che sciocchezza!

Sparecchiai la tavola, passai sulla poltrona, accesi il televisore, ma non lo guardavo, presi l’agenda e una penna, iniziai a scrivere, erano tutte domande senza risposta, ma chi diavolo mi doveva rispondere, quasi inconsciamente presi il bigliettino, feci il numero:

– Pronto

– Si, prego

Una voce calda al di la del telefono mi colpì, senza inflessioni dialettali:

– Ho ricevuto questo numero da un’amica.

– Certo, il nostro passa parola, desidera?

– Non lo so?

– Sono Rino il titolare di questa agenzia, se ha telefonato e perché desidera fare delle domande.

– Si

Come cavolo aveva fatto a pensarlo?

– Mi dica, sono qui per questo.

– Di cosa si tratta?

– Semplice, noi forniamo accompagnatori a seconda delle sue esigenze.

– Toy boy?

– No, non trattiamo questo genere di cose….

14 Ottobre 2022 – L’uomo con il cappello.

Descrizione

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La graduatoria generale per la Medicina di base, da quell’anno, divenne Nazionale e non più Regionale, partecipai con pochissime speranze di poter essere collocato in alto nella graduatoria.

Dopo la laurea, avevo sostenuto e superato le specializzazioni in pediatria e chirurgia d’urgenza e in attesa dei bandi di concorso, sostenni un altro corso per la medicina generale, avevo  trent’anni senza un lavoro, ma solo studio e studio, ero stufo!

Per fortuna, la famiglia poteva aiutarmi, iniziai a fare delle sostituzioni dei medici di base di ruolo e alla fine del mese riuscivo a portare a casa un piccolo stipendio, ma ora la mia aspettativa e il mio obbiettivo, era trovare un lavoro stabile, uno stipendio decente e poi la possibilità di formarmi una famiglia ed essere gratificato professionalmente.

Qual’era l’alternativa?

Espatriare!

Ma non ci volevo pensare, Aldo un mio collega, aveva fatto questa scelta, era espatriato in Danimarca, non passava mese che non ci sentivamo per telefono e cercava sempre di convincermi a fare questo passo, mi diceva, “…i pediatri scarseggiavano, non hai problemi con la lingua, conosci l’inglese a perfezione, qui si parla solo inglese in ospedale ed anche fuori, tutti conoscono l’inglese e il norvegese non è difficile da imparare…”, lui con la specializzazione in geriatria, aveva già trovato una buona sistemazione in ospedale e di pomeriggio teneva un ambulatorio a casa sua

– Nino non perdere tempo in Italia, vieni.

– Ti ringrazio, ma per il momento è no.

Era la mia risposta ogni volta!

Quando uscì la graduatoria nazionale definitiva, in base ai punteggi, mi ero posizionato al 298esimo posto, su circa seimila partecipanti non era poco, le sedi erano però 250, quindi ero tagliato fuori!

Dovevo attendere un altro anno, prima di riprovarci, grande era la delusione, avevo prodotto oltre alla laurea, alle specializzazioni, dei Master pagati profumatamente per acquisire punteggio, ma evidentemente non era il momento, chiesi alla Presidententessa dell’Ordine dei Medici di farmi sapere se c’era qualche medico da sostituire, quindi quel fatidico venerdì diciassette, non mi meravigliai della sua telefonata, convocato per le undici, alle dieci e trenta ero già da lei

– L’ho convocato per darle una buona notizia!

La guardai, era molto più grande di me, molto severa, ma il suo sguardo stavolta era dolce

– Grazie, c’è qualche medico da sostituire?

Sorrise

– No, è stata assegnata una sede di medico di medicina generale a tempo indeterminato per lei.

In un primo momento non capii, poi realizzai

– E’ uno scherzo?

Ma poi la guardai, era seria e stava sorridendo

– Non è uno scherzo, abbiamo ricevuto stamattina dal Ministero la sua nomina, se dovesse accettare, ha ventiquattro ore per raggiungere la sede.

Finalmente realizzai e al diavolo l’etica, mi alzai per abbracciarla, lei diventò rossa come il pomodoro, quando la lasciai

– Scusatemi, ma non potete immaginare la gioia che provo in questo momento.

Lei cercò di ricomporsi, in effetti l’avevo stropicciata e non poco, dopo essersi aggiustata la gonna, rossa ancora in viso

– Grazie, potresti essere mio figlio, l’abbraccio non me l’aspettavo, ma ti capisco, non mi hai chiesto nulla della sede e ne dei tuoi giovani pazienti?

Immediatamente

– Accetto!…

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13 Ottobre 2022 – Iole.

Descrizione

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Iole.

– Non se ne parla proprio…
Pausa
-…ma siete impazziti, cinquemila euro…ma è una miseria…
Pausa
– …ma che vuol dire che è piccolo…è un monolocale…si capisce che
è piccolo…o no…lo dice la parola…incredibile…
Pausa
-…basta!…la mia richiesta era di quindicimila euro, più che onesta,
ma visto che fate così i simpatici, se trovo qualcuno, mi
accontenterò anche di diecimila euro subito, addio.
Non avrei dovuto ascoltare, ma non potevo evitarlo, ero entrato in
quel bar solo perché avevo freddo, un bar molto grazioso, un
bancone pieno di dolciumi sulla destra entrando, poi subito dopo la
cassa e di fronte cinque piccoli separé con due sedie e un tavolino,
erano quasi tutti occupati e prima che qualcuno potesse
guadagnare il quinto separé mi fiondai, il tempo di sedermi un
cameriere sorridente
– Siete stato fortunato!
Lo guardai stupito, ma il suo sorriso mi disarmò, in un altro
momento mi sarei arrabbiato, invece
– Grazie.
La mia espressione stupita diceva altro, capì di essere stato
inopportuno e con aria professionale
– Gradisce qualcosa?
Mi rilassai
– Si, per cortesia una cioccolata calda e una cialda, grazie.
– Subito!

Con un perfetto dietrofront sparì!
Ero di pessimo umore, sradicato dalla mia città in ventiquattro ore,
nemmeno l’auto mi avevano fatto prendere “E’ la tua occasione,
vedrai”, solo una valigia con il necessario e poi imbarcato su un
aereo, destinazione “Aeroporto Orio al Serio di Bergamo”, quasi
svenivo, ero a millecinquecento chilometri da casa!
Ma chi me l’aveva fatto fare?
Figlio di un siciliano e di una toscana, mio padre era il proprietario
di un ristorante a Ragusa, mia madre una giornalista e fu proprio lei
ad inculcarmi le prime nozioni per il giornalismo e mio padre quello
della ristorazione, mia madre ci tenne particolarmente che non
prendesi l’accento siciliano d’accordo con mio padre, solo con gli
amici parlavo il siciliano che conoscevo molto bene, ma con gli altri
parlavo un perfetto italiano.
Da poco avevo festeggiato i miei trenta anni, ero un giornalista
investigativo e usavo uno pseudonimo “Lince”, con quello firmavo
gli articoli, ma uno di questi fu la causa del mio allontanamento
precoce dalla mia amata isola, alla ricerca di uno scoop, tanto
desiderato e voluto dal mio Direttore del giornale, era euforico, per
la prima volta avevano dovuto far ristampare le copie del giornale
perché terminato in tutte le edicole dell’isola.
La ragione?
Avevo scoperto un bidone di immondizia, una commistione, tra
politici e mafia con ramificazioni in tutto il territorio italiano, ed era
proprio per questo che mi trovavo all’altro capo della nazione,
dovevo ricercare, trovare e raccontare, il ramo sporco dei colletti
bianchi sul continente con l’aiuto dei servizi segreti italiani, solo loro
conoscevano la mia vera identità..
Come da istruzioni prima della partenza, all’arrivo seguii le persone
verso l’uscita, non eravamo in molti quella sera, una decina forse,
mi avevano detto che all’arrivo mi attendeva un auto e guardando

all’uscita vidi una persona con un cartello con solo un nome ”Alfio”,
mi avvicinai
– Sono io!
Mi squadrò, prese un tablet e dopo essersi rassicurato che ero
proprio io quella persona in fotografia
– Mi segua!
In auto, lui davanti e io dietro
– Sul sedile troverà una valigetta, dentro ci sono le istruzioni per la
sua permanenza qui, alloggerà per il momento in un appartamento
residence “La corte dell’angelo”, poi verrà contattato da un nostro
agente, buona permanenza.
Fine comunicazioni!
La sera dopo vennero, uno dei due era l’autista del giorno prima, mi
diedero nuovi documenti, mi chiamavo Vieri, nato a Firenze, era un
diminutivo di Oliviero “colui che possiede uliveti”, avevo un lavoro
presso la Gazzetta di………., come giornalista gastronomico e
trentamila euro in contanti, potevo utilizzarli come volevo, un tablet
per il resoconto giornaliero e due numeri di telefono cellulare per i
contatti con loro con un nuovo cellulare certamente intercettato da
loro, ci tennero a precisare che avevo carta bianca per le mie
ricerche, ma volevano essere messi al corrente di tutto quello che
poteva essere importante per l’indagini.
Erano di poche parole e nella mia mente li battezzai Flick e Flock!
Dai documenti nella valigetta venni a conoscenza che il soggetto
che stavamo cercando, per molto tempo era stato localizzato nei
paraggi di un quartiere della Bergamo alta ed era proprio lì che mi
diressi quella mattina ed entrai in quel bar.
Ero alla ricerca di un alloggio nelle vicinanze, ad onor del vero lo
cercavo in locazione, ma non mi sembrò vero ascoltare quella
telefonata, detto e fatto, con il giornale in mano mi affacciai al
separé e vidi una signora sulla sessantina che stava sbuffando….

(Totale 113 pagine)

(Ogni riferimento a persone, luoghi è frutto solo di fantasia)

12 Ottobre 2022 – Il volo del cormorano.

Descrizione

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Valleamare è una cittadina sul mar Tirreno, con una popolazione di circa cinquecento abitanti, è isolata dai centri più urbanizzati delle città vicine ma è sede di due importanti presidii che servono il comprensorio, il presidio sanitario di pronto soccorso con l’appoggio di due elicotteri per le urgenze e l’altro presidio, la farmacia comunale.

Shimon era il farmacista di origine ebraica, autorevole con la sua “divisa”,  un elegante vestito nero con una rendigote così lunga, arrivava all’altezza delle ginocchia, incuteva timore solo a guardarlo, cosa che praticamente mi capitava tutti i giorni tornando da scuola, c’era una ragione per passare di la ogni giorno, abitavo all’esatto opposto dalla sua abitazione, ed era sua figlia Sara, si nonostante  la mia giovane età, dodicenne, mi ero perdutamente innamorato di lei.

A scuola eravamo nella stessa classe fin dalle elementari, ma praticamente per lei ero un perfetto sconosciuto, troppo bella e perfetta per me, un viso pieno di lentiggini, capelli biondi, alle medie i suoi capelli avevano raggiunto il suo fondo schiena tra l’invidia delle sue coetanee, vestiva sempre in modo accurato, ma mai, dico mai ero riuscito a parlare con lei, tranne per qualche saluto sporadico.

Il mio era un amore platonico, unidirezionale!

Alle superiori, la mia famiglia non potendo sostenere i costi per inviarmi al liceo nella città vicina, mi dovetti accontentare , giocoforza fui iscritto all’unica scuola presente a Valleamare, una succursale distaccata dell’istituto alberghiero.

Lei era e continuava ad essere presente nella mia immaginazione, quindi conoscendo gli orari dell’autista che l’accompagnava con l’auto all’uscita della scuola, facevo in modo di essere presente sulla sua strada, per poterla salutare.

– Leo vieni?

Si, mi chiamo Leo, diminutivo di Leopoldo, il nome del nonno, grande chef, ma non ho preso da lui purtroppo, mio padre fa il pescatore e mia madre invece cucina in un ristorante sul mare “Il volo del cormorano” in onore dei numerosi uccelli acquatici che nidificano nella zona, lei si ha preso del padre e ne sfrutta tutte le sue ricette, sono figlio unico, ma ho un’amica del cuore, Anna, abbiamo la stessa età e frequentiamo la stessa scuola superiore, a lei racconto tutti i miei segreti e lei fa altrettanto con me, almeno credevo

– Anna dimmi?

– Dobbiamo correre, scommetto che ti sei dimenticato che oggi inizia la prima lezione per il brevetto di pilota

Una mano in fronte, bugiardo matricolato

– Hai ragione, andiamo!

E ci mettemmo a correre, dovevamo arrivare alla capitaneria di porto per frequentare il corso per la navigazione come pilota, oltre le cinque miglia marine, fu una mia idea e coinvolsi pure lei

– Ma dove ce l’hai la testa?

Non volevo rispondere, pensai ad una bugia, ma poi, sapevo che mi sarei pentito, proprio con lei non potevo

– Sara!

Si fermò di botto

– Ancora, ma allora non hai capito che è meglio lasciare stare, lei non ti fila proprio e lo sai.

La guardai stupito, era la prima volta che si rivolgeva così

– Perché?

Arrabbiata

– Lascia stare!

E entrammo alla capitaneria, era iniziata già la lezione, ci sedemmo agli ultimi posti, la stanza era buia e stavano facendo vedere dei filmati, scrissi sul cellulare

– Sei cattiva?

Lei, dopo averlo letto, mi rispose

– Scusami, non so cosa mi sia preso.

– Scuse accettate!

Risposi, mi fece un bel sorriso….

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11 Ottobre 2022 – Il segreto di Adelmo.

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Il segreto di Adelmo.

Quella settimana, al comune di Roccapinna, fu molto estenuante per me, finalmente arrivò il sabato e non vedevo l’ora di uscire dal lavoro

– Ragioniere, allora ci vediamo domani mattina?

Alzai la testa, ero distratto

– Si, certo! A domani mattina.

Invece di sorridere mi uscì una smorfia, per fortuna era già uscito dalla porta prima di notarla.

Chi aveva parlato?

Il mio capo era il ragioniere generale del Comune!

Roccapinna è un comune che se lo si cerca sulle cartine geografiche, spesso non si riesce a localizzarlo e non tutte le cartine lo riportano sulle colline marchigiane è un comune di duemilacinquecento abitanti, diviso in due frazioni,  sopralmonte e sottoalmonte, secoli fa il paese era solo sul monte, poi con l’industrializzazione, il dopo guerra, molti decisero di costruire in pianura e ora dopo decenni di migrazioni di famiglie, sopralmonte era abitato da trecento e due abitanti, anzi trecento e tre adesso, l’ultimo a risalire sono stato io, non per scelta ma per lavoro.

Prima abitavo con mia madre in pianura, lei viveva con la pensione di mio padre di reversibilità morto anni prima, ex operaio edile in tutta Italia, in effetti non avevo mai avuto una sede stabile, io e mia madre seguivamo lui e i cantieri dove andava a lavorare, quand’era in attività era molto ricercato, uno dei migliori nelle verifiche  e il coordinamento delle squadre di operai per la messa in opera del calcestruzzo, era salito al cielo troppo presto all’età di sessantasei anni, nemmeno il tempo di godersi qualche anno di pensione, sette infarti in una notte lo portarono via.

Mi chiamo Adelmo, nome troppo impegnativo per me ma era il nome del nonno paterno, ma tutti mi chiamano Dado, quando morì mio padre eravamo a Palermo da due anni, all’epoca mi ero diplomato in ragioneria e dopo ero sotto le armi a Cagliari in rafferma prolungata di tre anni, qualche anno dopo mia madre decise di tornare nella casa materna e quindi quando fui congedato tornai anch’io a Roccapinna.

Durante l’ultimo anno di militare partecipai ad un concorso in quel comune ed ora eccomi qui da due anni inquadrato come ragioniere addetto alle cartelle esattoriali inevase, ero sulla soglia dei trent’anni e visto che la sede del comune si era trasferita sottoalmonte, lasciarono gli uffici finanziari a sopralmonte, quindi per evitare di fare la spola decisi che era arrivato il momento di andare a vivere da solo e presi in locazione una casetta singola su tre piani, piccola ma confortevole.

Mi piaceva quel posto, non c’era la vita frenetica della cittadina, il silenzio era notevole ma i paesaggi colmavano quella tristezza che pervade quando si vive da soli, facevo lunghe passeggiate quando ero libero dal lavoro e covavo una passione segreta, portavo con me un notes e disegnavo quello che più mi colpiva.

L’invito del mio capo per la mattina successiva per mezzogiorno era dettato da una piccola competizione alla bocciofila locale, non erano molte le persone che conoscevo, ma avevo accettato lo stesso, non arrivai mai al palazzetto quella domenica!

Mi stavo preparando quando sentii il campanello della porta e…

…era mia madre con un grosso bustone giallo nelle mani!

– Ciao Dado, è arrivata questa busta per te….

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Sorpreso