Sognando per vivere.

Sognando per vivere.

Quando tutto è contro, quando tutto manca, non si può fare altro che sognare!

Lo sa bene il protagonista Mino,  di questo romanzo:

“Avevo solo venticinque anni, i miei genitori erano saliti troppo presto in cielo, sette tra fratelli e sorelle tutti più grandi, sposati e con figli, perdendo i genitori, lentamente si persero pure i contatti, ero sballottato da uno e da un altro, non ce la facevo più, terminata la scuola alberghiera, misi tutto in un borsone, il primo treno ad alta velocità, ed eccomi qui a mille chilometri di distanza, mandai un messaggio, nessuno mi rispose.

Avranno tirato un sospiro di sollievo? Non lo so!”

Mille chilometri lo dividono dal luogo dove è nato, quasi una “barriera”, per allontanare l’infanzia e i ricordi, ma…c’è sempre un ma, il destino per lui riserva delle sorprese:

“Mi aveva dato la carica, mi ero ripreso dal grigiore del mattino!

Avevo diviso la città in quattro rettangoli, il modo di operare era sempre lo stesso, cercavo lavoro nella ristorazione, era l’unica cosa che sapessi fare, ma quella mattina, decisi di fermarmi in ogni negozio, era l’ultimo rettangolo, dovevo trovare  assolutamente qualcosa.

Ero determinato, quelle porte sbattute in faccia non mi demoralizzarono, all’ora di pranzo, iniziai con i ristoranti, kebabberie, osterie, trattorie, pizzerie e fui fortunato!

“Osteria  da Davide” trattoria tipica.

Entrai nel locale gremito di persone, ne contai una cinquantina e vidi questo giovane con i capelli racchiusi in una coda di cavallo che si faceva largo tra i tavoli, carrozzine e sedie, portando dei piatti fumanti, chi lo chiamava, chi chiedeva dell’acqua, invece di stare ad aspettare alla cassa come facevo di solito con il mio foglio e il curriculum, mi avvicinai appena fu ad un passo da me

  • Ti serve una mano?

Non ci pensò due volte, mi squadrò

  • Certo!

Tanto mi bastava!”

Avere la curiosità e la voglia di lavorare, questi sono i suoi punti principali, mai arrendersi, arriva sempre il momento:

“Eravamo agli inizi di novembre, fuori c’era il gelo, quindi ci anticipavamo a turno per far trovare accogliente il locale, così accadde quel giorno che mi avrebbe cambiato la vita!

Mi anticipai per il pranzo, Davide mi aveva dato da tempo  le chiavi del locale, ero contento, si fidavano di me, questo mi inorgogliva, dopo aver acceso il camino e le stufe a gas, aggiustato i tavoli andai in cucina, volevo fare qualcosa di sfizioso, avevo notato che gli ospiti nell’attesa di quello che avevano ordinato, diventavano qualche volta intolleranti.

Aprii la porta della dispensa e li vidi, due sacchi di polenta da un chilo, il pensiero corse immediatamente a mio nonno, aveva un mulino e il ricordo di quella piccole porzioni di polenta, calde, fumanti, mi riempiva di gioia.

Fu un tutt’uno, misi subito il pentolone, poi come mi aveva insegnato mia nonna la preparai dosando la giusta quantità d’acqua e di sale, nell’attesa che si raffreddasse dopo aver pulito e igienizzato, versai tutto su una lastra di marmo, accesi sotto l’olio della friggitrice.

Arrivò Amelia, ma non me accorsi, poi Davide e gli altri, fischiettavo e lavoravo, feci tanti tocchetti fritti, una montagna

  • Ma bravo!”

Poi un angelo:

“Sentii una mano calda toccare la fronte, poi delle coperte, e mi assopii.

Nel dormiveglia

“Ma è proprio lui?”

“Si”

“Ma che è successo?”

“Colpo di freddo!”

“Tu pensi?”

“No, ne sono certa”

Null’altro.

Erano circa le quattro di mattina, mi svegliai avevo ancora dei dolori, ma i crampi erano spariti, ma tutto scomparve, quando incredibilmente vidi ai piedi del letto raggomitolata c’era lei, Aura.”

Un notaio/giardiniere, il roseto, una bimba impertinente, un segreto e un insieme di gioia, dolore, amore, rispetto e ricordi, condiscono la storia:

“Mi girai, c’era un uomo sulla settantina, vestito di tutto punto con la cravatta, sulla giacca aveva messo un grembiule da giardiniere, aveva i guanti e una cesoia in mano

– Sono Mino, quello che da poco ha telefonato per il posto di cuoco.

L’uomo si rilassò, anzi mi parve che sorridesse

– Sono il Notaio Di Gigi.

Un notaio era il giardiniere?

Ero un libro aperto per lui, sorrise

– Non ci faccia caso, curo queste rose da diversi anni, da quando Anna la proprietaria è morta.

Così dicendo, si disfò del grembiule, posò le cesoie e mi strinse la mano

– Vuole vedere la struttura?

In effetti avrei voluto, ma quella domanda era sulla punta della lingua

– Scusi l’impertinenza, ma lei notaio come mai cura le rose e non le fa curare?

Pensai di aver fatto una cavolata, invece si era illuminato in viso

– Non dovrei rispondere alla sua domanda, ma lo faccio perché è anche una risposta a quello che mi aveva chiesto per telefono. Vede, sono l’esecutore testamentario dei coniugi che hanno creato questo luogo, erano miei amici dal tempo dell’infanzia e ho seguito tutte le loro vicissitudini fino alla morte della mia amica Anna. Fra tre mesi si compie il loro volere per testamento, se non dovesse accadere nulla, la struttura che lei ha visto solo dall’esterno, verrà messa all’asta e da qui, la necessità di avere un cuoco che la curi fino al termine dei tre mesi.”

Ed è solo l’inizio dell’avventura!

Buona lettura.

 

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