31 luglio 2021 – Diario di un “sognatore” – “Il Castello”– Nona parte

31 luglio 2021 – Diario di un “sognatore” – “Il Castello”– Nona parte

Emergenza pediatrica e la depressione di Riccardo.

da pag 69 a pag.73

“…

– Allora…

In quel momento squillo il cellulare, non era il mio ma quello del Maestro, il quale si alzò, chiese scusa e entrò in casa, dopo qualche minuto chiamò Riccardo, poi ritornarono entrambi, il Maestro preoccupato e Riccardo torvo in viso.

Tanto che Isa, si rivolse al padre:

– Che sta succedendo?

– Chiedilo a tuo fratello.

Era secco, e deciso, e arrabbiato.

Isa, degna figlia di tale padre ben conscia che il fratello non stava bene ancora, rispose con piglio altrettanto deciso al padre:

– Dimmelo tu!

– Rino ti ricordi di quella persona al pranzo che mi aveva lasciato il biglietto da visita, mi ha telefonato adesso, aveva avuto il numero di cellulare da Giorgio della Mimosa, per rintracciarmi e mi ha chiesto di Riccardo.  Ha un problema serio con il nipotino di sei anni, avevano contattato Boston per portarlo ma non c’è tempo e sono stati loro che hanno fatto il nome di Riccardo.

Ero molto attento, non tanto a quello che stava dicendo il Maestro ma alla reazione di Riccardo, il padre parlava e lui si era messo la testa tra le mani:

– Perché?

Dissi io:

– Dov’è ricoverato, vogliono operarlo d’urgenza e lui voleva avere la consulenza di Riccardo che ben conosce questo tipo di malattia, è stato proprio il Primario di Boston a consigliarlo, prima di dare il consenso. Allora gli ho detto che avrei rintracciato mio figlio e gli avrei dato notizie. L’ho riferito a Riccardo e lui mi ha detto che non se la sente.

Momenti drammatici, la tensione era alle stelle, nessuno di noi si sentiva di dire una parola, avevamo si visto qualche miglioramento, ma spesso capitava che si assentasse dal reale, tipico della depressione.

Irene si fece coraggio, si alzò, si inginocchio verso Riccardo che oramai aveva messo la testa così in basso che era all’altezza delle ginocchia, con la sinistra, libero il suo viso dalle mani, asciugò le lacrime che stavano scorrendo silenziosamente e guardandolo negli occhi:

– Sono solo poche settimane che ti conosco, ma mi sembra una vita che ti stavo aspettando. Ho imparato a conoscerti e a volerti bene, ho sentito la gioia quando mi hai raccontato dei tuoi piccoli pazienti che ce l’avevano fatta e la tristezza per quelli che non avevi potuto salvare. Ascoltami Riccardo, so che ce la puoi fare, non voglio convincerti, ma vorrei che ti ponessi una sola domanda – se fosse tuo figlio, cosa faresti?

Azz!!

Eravamo tutti in ansia per la sua risposta o la sua reazione, lentamente si alzò, aiutando Irene ad alzarsi, l’abbraccio, e le diede un bacio corrisposto, non credevamo ai nostri occhi, poi rivolto a me:

– Mi accompagni.

– Certo, dove?

Il Maestro, finalmente contento:

– A Velletri.

Irene non si era ancora ripresa, era rimasta interdetta, corse ad abbracciare Isa piangendo dalla gioia.

Presi il foglio su cui avevo appuntato tutto e lo passai al Maestro, il quale stava telefonando a Roma, prendemmo l’auto e andammo prima al Centro Ippico a prendere la borsa di Riccardo e in meno di un quarto d’ora stavamo sull’autostrada.

Avevo inserito il navigatore, avevamo due ore e mezzo di viaggio ad andatura normale, non vi nascondo che dove mi è stato possibile, ho aumentato la velocità, Riccardo era silenzioso, ma tranquillo. Avevo portato con me la mia valigetta con il telefono satellitare e il computer e bene feci, perché dopo circa un’ora di viaggio, il Maestro chiamò Riccardo per avvertire che gli ultimi esami fatti al bambino tre ore prima, li avevano mandato tramite email sulla mia posta elettronica.

Mi fermai ad area di sosta e feci passare Riccardo dietro in modo che potesse studiare con tutta calma il caso, sul computer.

Ad un certo punto sentii:

– Stanno per fare una cazzata.

– Che succede Riccardo?

– Succede che hanno preso un abbaglio, ma sarò più preciso dopo che avrò visitato il bambino.

– Che devo fare?

Fu preciso e netto:

– Correre.

Non me lo feci dire più di una volta, Isa mi chiamò ed io dall’auricolare le raccontai che cosa aveva detto il fratello.

– E tu?

– Sto correndo!

– Sii prudente.

– Non ti preoccupare, a più tardi.

Erano passati altri trenta minuti, questa volta fu il Maestro a chiamare:

– Rino

– Ditemi

– Dove siete?

– Abbiamo appena passato Frosinone

– Bene, allora ascolta, uscite per Latina, una pattuglia dei carabinieri è in attesa, vi faranno strada fino a Velletri.

– Carabinieri?

– Si, la seduta operatoria è prevista per le 21.00, il Direttore ha informato il Prefetto e lui ha messo a disposizione una pattuglia, per farvi andare ancora più spediti.

– Perfetto, a più tardi.

Cosi fu, all’uscita di Latina, trovammo non una ma due pattuglie, una dei carabinieri e una della polizia, e a sirene spiegate con noi al centro, stavamo volando verso Velletri.

Nel frattempo Riccardo aveva inviato i dati anche al suo Primario, poi chiamò il Vaticano o perlomeno così mi era sembrato, tutto in inglese.

Finalmente arrivammo, il Direttore era fuori in attesa, gli presentai Riccardo e sparirono dentro.

Chiamai a casa:

– Siamo qui, Riccardo è entrato adesso.

Era Isa:

– Come sta?

– Lo vedo tranquillo, professionale e desideroso di visitare il bambino.

– Speriamo bene

– Irene?

– Sta qui, stanotte rimane con noi, mi sembra un pulcino.

– Tranquillizzala, sa quello che fa, ha chiamato e inviato i dati dalla macchina al suo primario, poi ha chiamato il Vaticano.

Sorpresa:

– Il vaticano?

– Si, parlavano in inglese, ma per stare attento alla strada, non ho prestato attenzione.

– Fammi sapere.

– Un bacio….”

A domani.

Araldo Gennaro Caparco

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