3 Agosto 2021 – Diario di un “sognatore” – “Vita reale”– Seconda parte

3 Agosto 2021 – Diario di un “sognatore” – “Vita reale”– Seconda parte

Un incontro non previsto.

da pag.5 a pag.7

“…- Se mi riconosce sono nei guai.

Sempre più razionale:

– Da quando non la vedevi.

Immediatamente:

– Da dodici anni!

Tirò un sospiro di sollievo:

– Allora facciamo così, noi due parliamo in inglese, di certo in questi dodici anni sarai un poco cambiato, no? Tu non parlare!

Era rischioso, ma forse poteva andare, si, in dodici anni ero cambiato, i capelli erano più bianchi che neri, avevo la barba, curata, ma la barba prima non l’avevo.

Aveva ragione, non mi dovevo preoccupare!

Dovevo solo incrociare le dita, cercai di darmi un contegno e lentamente entrammo nella sala.

I tavoli occupati erano aumentati, meglio così!

Con fare disinvolto, ci recammo ai posti che c’erano stati assegnati, la cercavo ma non la vedevo, alzai il menu all’altezza degli occhi e feci finta di leggere le pietanze.

Richard, invece stava guardando la sala e non si accorse che la ragazza stava per venire al nostro tavolo, con una gamba cercai di toccare la sua, ma invece la sfortuna volle che presi in pieno una borchia di ferro che si trovava sotto la tavola, mi usci spontaneamente e ad alta voce:

– Ma che diamine ho colpito?

E mi abbassai sotto la tavola.

Quando mi rialzai.

La frittata era fatta!

Non c’era una ragazza davanti a me, ma una donna che al posto degli occhi neri come la pece, li aveva rosso sangue, le mani sui fianchi che prudevano, con le dita in movimento, le gambe divaricate per dare potenza al probabile schiaffo in arrivo o da destra o da sinistra o da entrambe le mani e la testa abbassata pronta a colpire la mia fronte.

No, non era una ragazza ma si era trasformata in un toro con le corna molto ma molto … imbufalita.

Solo allora Richard si accorse di quello che stava accadendo, ed in un perfetto inglese:

– God help use! (Che Dio ci aiuti)

Non ero più il solo con la un pallore cadaverico, anche il mio amico si aspettava da un momento all’altro una risposta non proprio urbana.

Dopo qualche secondo di imbarazzo, cercando di ritrarmi da quella attrazione fatale, degli occhi iniettati di odio, ritrovai la voce e rivolto a Richard:

– Ti presento una mia amica, Anna.

Lui mi guardò, come per dirmi qualcosa, poi in inglese:

– What are we doing? (cosa facciamo?)

Ed io:

– Let’s wait (attendiamo)

– What? (cosa?)

– The storm! (la bufera!)

Stranamente lei mi guardò con uno sguardo meno irato, poi:

– Sei un…..

Mi alzai:

– Non iniziamo ad offenderci, siamo in un luogo pubblico

Poi con le mani giunte:

– Ti prego, non qui!

La mia strana reazione ebbe il suo effetto, come una tempesta si alza all’improvviso con dense nubi nere e poi un venticello che nasce all’improvviso spazza tutto via, così il volto e tutto il suo corpo si rilassò, sembrava quasi una persona calma.

Richard riprese colore, tese la mano per salutare e fu corrisposto.

Io non ci provai nemmeno, fu sempre lei che ci sorprese:

– Visto che abbiamo fatto conoscenza e visto che lei conosce l’italiano, anche se stentato, potrebbe dire a questa persona che le sta di fianco, che invece di nascondersi avrebbe potuto presentarsi come una persona civile, ed io l’avrei accolto come tale, forse!

Nel frattempo ci eravamo seduti, solo lei sovrastava la tavola e noi due.

Colto di sorpresa Richard iniziò a ripetermi, ma lo bloccai:

– Se avessi saputo prima della tua presenza, sarei stato come sempre, molto civile e sarei venuto a salutarti, prima di entrare e di sedermi, e quel “forse” che hai detto che non mi convince. Puoi anche riferire che se la mia persona non è gradita possiamo anche andarcene.

L’avevo detto tutto d’un fiato, i miei nervi erano tesi come una corda di violino, stavo per cedere, scappare, ma non volevo dargliela vinta.

Si irrigidì, quella sua calma apparente mi faceva paura, la conoscevo bene, non si sarebbe fatta scappare l’occasione di rinfacciarmi tutto quello che avevo fatto.

Stavolta Richard non sapeva più che fare, devo dire che questa situazione grottesca, mi faceva quasi ridere adesso, ma non potevo, non era ancora finita.

Stava per parlare, quando fummo salvati da una voce che tuonò il suo nome, richiamandola alla realtà, si girò e si allontanò.

– Ma si può sapere che cavolo hai combinato?

Era il mio amico, che con un occhio guardava me e con l’altro squadrava la sala per vedere se lei era in prossimità.

– E’ una mia vecchia amica, anzi è stata più di questo, ma è successo tanto tempo fa.

– Ma che l’hai fatto, ho l’impressione che se avesse avuto in mano qualcosa di tagliente, l’avrebbe con piacere affondata nel tuo corpo.

– Si, ne sono certo anch’io!

– E allora?

– L’ho piantata due volte, senza farmi più vedere.

Stupito:

– Oh my God!…”

A domani.

Araldo Gennaro Caparco

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