Il cielo come ogni mattina era plumbeo, così diverso da quel cielo della mia terra, sempre azzurro e limpido, da casa mia potevo vedere le isole, con lo sguardo le accarezzavo, immaginandomi di fare un salto e trovarmi li, in mezzo al mare o su una montagna a respirare aria limpida e salubre a pieni polmoni.
Invece!
Invece, eccomi qui, in una città, non la mia, a mille chilometri di distanza, sono qui da un anno, lavori saltuari di ogni tipo, ma i miei risparmi si stanno assottigliando, la pensione dove abito non costa molto, ma per me, si!
Sono alla ricerca di un lavoro, certo ho trovato anche qualcosa, sono sopravvissuto, ma quel qualcosa non mi accontentava, avevo dei sogni e volevo realizzarli.
Come tutte le mattine, scendo al bar sotto casa e faccio colazione e pranzo, un cappuccino e un cornetto, la titolare è cinese Liu Jang, esperta sommelier così come attestato in numerosi quadretti alle pareti.
C’era molta gente quella mattina, e già, le persone vanno di fretta di mattina per andare a lavorare, beati loro!
Lei e la sua aiutante sfornano in continuazione, caffè e cappuccini, non ho fretta, attendo, prendo il giornale e inizio a sfogliarlo.
Cosa sto cercando?
Un luogo per dormire! Leggevo gli annunci, non mi ero reso conto di Liu si era materializzata all’improvviso davanti a me
Mi risveglio dal torpore
Mi sorride con quella espressione buffa di tutti o quasi gli orientali, apre la bocca, sorriso a tutto denti, si arriccia il naso e gli occhi si socchiudono.
Mi piace guardarla così, lei lo sa
Si, per la mia consuetudine giornaliera, conosce bene il mio problema
Si fa seria
Con aria dispiaciuta si avvia al bancone Teresa la sta chiamando per la cassa, lascio raffreddare un poco il cappuccino e cerco di non perdermi neanche una briciola del cornetto, scorro gli annunci ma sono troppo cari per me, mentre sorseggio a piccoli sorsi il cappuccino, vedo arrivare Teresa
Sorpreso, con il cucchiaino prendo l’ultima nuvola d’aria di latte e mi alzo
Conoscevo questa coabitazione, ne avevo sentito parlare
Si illuminò
Le ero riconoscente, avevo voglia di abbracciarla, ma non sapevo se potevo farlo, allora sorrisi come faceva lei imitandola, capì si fece una bella risata.
Mi aveva dato la carica, mi ero ripreso dal grigiore del mattino!
Avevo diviso la città in quattro rettangoli, il modo di operare era sempre lo stesso, cercavo lavoro nella ristorazione, era l’unica cosa che sapessi fare, ma quella mattina, decisi di fermarmi in ogni negozio, era l’ultimo rettangolo, dovevo trovare assolutamente qualcosa.
Ero determinato, quelle porte sbattute in faccia non mi demoralizzarono, all’ora di pranzo, iniziai con i ristoranti, kebabberie, osterie, trattorie, pizzerie e fui fortunato!
“Osteria da Davide” trattoria tipica.
Entrai nel locale gremito di persone, ne contai una cinquantina e vidi questo giovane con i capelli racchiusi in una coda di cavallo che si faceva largo tra i tavoli, carrozzine e sedie, portando dei piatti fumanti, chi lo chiamava, chi chiedeva dell’acqua, invece di stare ad aspettare alla cassa come facevo di solito con il mio foglio e il curriculum, mi avvicinai appena fu ad un passo da me
Non ci pensò due volte, mi squadrò
Tanto mi bastava!
Mi tolsi giacca e cravatta, presi un grembiule di lato alla cassa e iniziai a ritirare dei piatti vuoti ad un tavolo, in tasca c’era un notes e presi l’ordinazione, così feci sistematicamente per altri tavoli vicini e senza dirci una parola ci dividemmo in due la sala e i tavoli e li servimmo in perfetta sintonia.
Una signora si affacciò quando depositai l’ennesimo biglietto
dell’ordinazione, stupita
Di rimando, lo indicai
Sorrise e continuammo.
Erano le 16.00, quando servimmo l’ultimo, continuai nello sparecchiare i tavoli, poi arrivò la signora , mi passò il tovagliato pulito e dopo aver pulito dei residui i tavoli, con il giovane iniziammo ad apparecchiare per la sera
Il tutto sempre lavorando
Si fermò
Iniziai a pulire a terra.
Mi piaceva questa discussione, tra una tovaglia e le posate da mettere, Davide mi stava studiando lo vedevo, imperterrito continuavo, con un occhio al lavoro e l’altro in cucina dove era andato
Andammo in cucina, ordinatissima, fui presentato, c’era la signora Amelia e due indiani
Non urlai in quel momento di gioia solo per non farmi internare, certo non era sicuro, ma era qualcosa, toccava a me farmi apprezzare
Amelia mi diede un pacco
Davide mi accompagnò
Avevo le ali ai piedi, mi avviai di buon passo e volevo condividere con qualcuno, andai da Liu, fu contenta, mi misi in un tavolino in disparte e divorai tutto, mi stava aspettando disse, avevamo un appuntamento per la stanza.
Alla fine, ci avviammo, conobbi la famiglia erano delle brave persone, vidi la stanza, un letto a ponte, piccola era piccola, ma non mi interessava, chiesero trecento euro, ma chiudemmo a duecentocinquanta al mese, quando scendemmo non potetti fare a meno di abbracciarla, rimase meravigliata
Avevo solo venticinque anni, i miei genitori erano saliti troppo presto in cielo, sette tra fratelli e sorelle tutti più grandi, sposati e con figli, perdendo i genitori, lentamente si persero pure i contatti, ero sballottato da uno e da un altro, non ce la facevo più, terminata la scuola alberghiera, misi tutto in un borsone, il primo treno ad alta velocità, ed eccomi qui a mille chilometri di distanza, mandai un messaggio, nessuno mi rispose.
Avranno tirato un sospiro di sollievo? Non lo so!
Andai alla pensione, raccolsi quelle poche cose che avevo, avevo la chiave dell’appartamento, prima della mia stanza c’era quella delle due ragazze, ma non c’era nessuno, poggiai al meglio la mia roba, mi rinfrescai e via al locale a lavorare.
Arrivai con un quarto d’ora di anticipo, già erano la, stavano cenando, saltai la cena ero gonfio ma ringraziai per l’invito, Amelia disse che avrebbe messo qualcosa da parte per la notte, mentre loro continuarono tolsi tutte le bottiglie dallo scaffale del bar e tolsi la polvere, rimettendo tutto a posto.
Ero guardato a vista, ma li vidi contenti.
Non avevo idea di quanto fosse difficile coabitare, ma mi abituai lentamente.
Erano passati due mesi da quel giorno, a casa qualche volta incontrai la famiglia, conobbi il piccolo Tommy, ma non incontrai mai le ragazze, i miei orari mi permisero di avere il bagno tutto per me la mattina, spesso facevo colazione con un bicchiere di latte, ma la maggior parte andavo da Liu, cappuccino e dolce, al mattino mi svegliavo tardi e di sera tornavo dopo la mezzanotte, quindi potevo considerarmi un ospite fantasma.
Dopo quella settimana, Davide e la mamma, contenti, mi fecero un contratto regolare, lavoravamo sodo ma era il mio ambiente, ci stavo bene.
Davide dopo qualche mese si aprì con me, aveva un compagno Amos a Madrid, era gay dichiarato, ma la mamma non riusciva a farsene una ragione e cercava in tutti i modi di evitare di parlarne e con la scusa che da sola non poteva portare avanti il locale, l’aveva costretto a rinunciare a seguire il suo amore, ma due volte al mese prendeva l’aereo e volava da lui, a cavallo del giorno di chiusura del locale.
Avevo tante idee per la testa, ma non volli espormi, mi bastava sapere che avevo la possibilità di uno stipendio settimanale e un posto per dormire, non nascondo che più di una volta, al locale questa smania di migliorare le cose, mi prendeva, ma evitavo di parlare, aspettavo l’occasione giusta.
Eravamo agli inizi di novembre, fuori c’era il gelo, quindi ci anticipavamo a turno per far trovare accogliente il locale, così accadde quel giorno che mi avrebbe cambiato la vita!
Mi anticipai per il pranzo, Davide mi aveva dato da tempo le chiavi del locale, ero contento, si fidavano di me, questo mi inorgogliva, dopo aver acceso il camino e le stufe a gas, aggiustato i tavoli andai in cucina, volevo fare qualcosa di sfizioso, avevo notato che gli ospiti nell’attesa di quello che avevano ordinato, diventavano qualche volta intolleranti.
Aprii la porta della dispensa e li vidi, due sacchi di polenta da un chilo, il pensiero corse immediatamente a mio nonno, aveva un mulino e il ricordo di quella piccole porzioni di polenta, calde, fumanti, mi riempiva di gioia.
Fu un tutt’uno, misi subito il pentolone, poi come mi aveva insegnato mia nonna la preparai dosando la giusta quantità d’acqua e di sale, nell’attesa che si raffreddasse dopo aver pulito e igienizzato, versai tutto su una lastra di marmo, accesi sotto l’olio della friggitrice.
Arrivò Amelia, ma non me accorsi, poi Davide e gli altri, fischiettavo e lavoravo, feci tanti tocchetti fritti, una montagna
Piccolo applauso, mi colsero alla sprovvista, mi girai e li vidi, stavano tutti li, diventai rosso, era Amelia che aveva parlato
Lei mi guardava e non diceva nulla, poi come i monaci iniziarono ad assaggiare
A quel punto spiegai il perché, finalmente Amelia
Disse sorridendo
E andai in sala, imbarazzato.
Iniziarono ad arrivare gli ospiti, io e Davide iniziammo a prendere la comanda, oggi erano pappardelle al sugo di carne, cotolette alla milanese con patatine o insalata, dopo aver portato la comanda, trovai già pronti i piattini con la polenta fritta da servire nell’attesa, Amelia aveva aggiunto anche delle bustine di senape, pomodoro kectchup e maionese.
Iniziammo a servirle, sulle prime le persone erano stupite, poi
Lessi la soddisfazione sui volti delle persone e anche Davide e la madre se ne accorsero, entrarono due ragazze e un ragazzo, si sedettero, erano infreddoliti, mi avvicinai
Non fece in tempo a rispondere, ma io feci in tempo ad osservare l’altra ragazza, alta quanto me, magra da far paura, un viso molto bello, curato, occhi celesti e dei capelli lisci biondi, finalmente si accorsero di me
Per evitare il suo sguardo, mi rivolsi al ragazzo
Che bel nome pensai, poi notai che parlavano con me
La ragazza Teresa, chiese anche lei solo le pappardelle, non rimaneva che lei, non si decideva, mi chiamarono ad un altro tavolo
Si destò, mi guardava diritto negli occhi
Mi guardò perplessa ma sorrise
Poi con mio dispiacere dovetti andare dall’altro lato della sala e quindi li persi di vista, Amelia incassò i complimenti per l’iniziativa e volle dirmelo di persona ringraziandomi, Davide non era del solito umore, una volta che lo incrociai
Passò del tempo, stavo sparecchiando, quando di spalle
Mi girai, era lei sorridente
Non uscivano le parole, feci solo segno di si con la testa e scomparve, ma dietro di lei c’era il ragazzo
Con un cenno della mano, mi salutò, lasciandomi interdetto.
Quando terminammo a pranzo, Amelia si era già avviata a casa, rimanemmo io e Davide, era di venerdì, lo ricordo bene, perché avevamo già stilato un menu speciale per la giornata seguente festa del Santo patrono della città, San Onofrio, stava per dirmi qualcosa quando ricevette una telefonata, mi salutò e sparì.
La sera lo vedevo, era più agitato ma non ebbi modo di parlare con lui, quando terminammo il servizio, nell’aggiustare i tavoli per il giorno successivo, più d’una volta stava per far cadere qualche bicchiere, lo fermai, lo feci sedere
E si mise a piangere, ma non leggermente, ma a singhiozzi pieni, cercai di calmarlo, mi alzai e feci una camomilla, solo dopo un poco si tranquillizzò
Era la prima volta che lo chiedevo
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