Archivio mensile giugno 2024

30 Giugno 2024 – Sognando per vivere.

…”…I sogni sono il motore della vita: ciò che ci dà lo slancio in avanti e che allo stesso tempo ci stabilizza nel presente. Per questo alimentarli e prendersene cura è il miglior favore che possiamo fare a noi stessi e ai nostri obiettivi…”…

Araldo Gennaro Caparco

http://ebook.simpliweb.it/prodotto/sognando-per-vivere/

29 Giugno 2024 – La Tenuta del Professore.

Egitto – Il Cairo

Ho terminato di decifrare l’ultimo papiro ritrovato in una piramide del luogo e oggi sarà anche l’ultimo giorno della nostra permanenza in Egitto
– Papà, perchè dobbiamo andare via?
Quella stessa mattina mi si strinse il cuore
– Marina ho terminato il mio lavoro qui in Egitto!
Mise il broncio, le mani conserte e la testa bassa
– Non voglio!
Come darle torto?
Dalla sua nascita era vissuta in Egitto, era si, una cittadina italiana, ma amava quel Paese come se fosse stato il proprio, otto anni erano tanti e solo per la sua nascita a Roma si sentiva italiana, venne in mio aiuto Samira, la sua tata dalla nascita
– Professore sta facendo tardi!
La ringraziai con gli occhi e mi avvicinai a Marina
– Figlia mia, non sei la sola ad essere dispiaciuta…
Solo allora alzò il viso
-…allora?
– I nonni hanno bisogno di noi!
Gli occhi si illuminarono
– Davvero?
– Si, vedi avevo promesso che saremmo tornati in Italia non appena avessi terminato questo lavoro e ora è arrivato il momento.
Avevo toccato il tasto giusto, amava i nonni alla follia anche se li aveva visti e vissuti solo tre volte all’anno dalla sua infanzia, già, tornavamo da loro, per le feste comandate per quindici giorni e poi un mese intero quando arrivava la stagione estiva ed era libera dalla scuola.
Meno imbronciata
– Va bene!
La presi in braccio, si dimenò
– Papà!
– Che c’è?
– Non sono più una bambina!
La guardai fisso nei suoi occhi celesti, aveva una cascata di riccioli biondi in testa e era notevolmente alta per la sua età
– Per me sarai sempre la mia bambina!
Mi abbracciò forte
– Ora vai, preparati, poi Samira ti accompagnerà a scuola per salutare i tuoi compagni e alle quindici ci avviamo all’areoporto, va bene?
Non era convinta, ma ero certo che l’idea di andare dai nonni le piaceva molto
– Va bene!
Com’è strana la vita, quando meno te l’aspetti ti capitano cose che la stravolgono e…
… tutto da quel momento in poi non è prevedibile!
Questo pensavo mentre ero in auto del Ministero guidata dal mio autista personale Jussef, era lo stesso che dieci anni prima era venuto a prendermi in areoporto e per tutti questi anni aveva il compito di essere a disposizione per i mie spostamenti, da un cantiere all’altro dove si ritrovavano dei papiri…
…già questo era il mio lavoro, laureato in Archeologia a Roma, specializzato nel decifrare gli antichi papiri romani ed egiziani, partecipai ad un Concorso internazionale per il Museo del Cairo e lo vinsi, ero il più giovane ricercatore a soli trent’anni, ricordo bene il mio primo giorno, il Direttore del Dipartimento egizio, nel vedermi così giovane
“Lei è sicuro di farcela?
Ero intimorito, ma
“Glielo dimostrerò!
E così fu!
E dopo qualche mese fui candidato per la cattedra di Professore aggiunto, carica che ricoprii solo dopo due anni, ma questa fu la fine per me, con il senno di poi sarebbe stato meglio non partecipare a quel concorso, ma…
…il destino aveva deciso diversamente!
Già, quando fui nominato Docente all’Università del Cairo conobbi una collega Samantha, borsista per un anno, proveniva dagli Stati Uniti, fu un colpo di fulmine e la relazione fu improvvisa e travolgente, lei era troppo bella, statuaria, capelli biondi e occhi celesti e straordinariamente disinibita, forse se avessi ragionato di più non sarebbe accaduto quello che mai mi sarei aspettato, dopo circa un mese dalla sua conoscenza, impazziii per lei e andammo a convivere insieme, sembrava un eden, non vedevamo l’ora di essere a casa e…
…dopo poco…rimase incinta.
– Professore vuole che le prenda un caffè?
Era Jussef, mi risvegliai
– Si, grazie!
Fermò l’auto e nemmeno a farlo apposta eravamo arrivati nella piazza principale dove Samantha mi mise al corrente della sua gravidanza…
…ero incredulo e contento, l’abbracciai, ma subito dopo mi allontanò e fu il gelo…
“Vogli abortire!
…quelle che seguirono furono giornate infernali…

…segue…

Non sono uno scrittore ma un “sognatore narrante” e questi sono i miei sogni riportati sotto forma di E-Book.
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28 Giugno 2024 – La finzione diventa realtà.

Prima parte – La finzione

(Promemoria sotto copertura – nome: Sara)

Il mio nome sarà Sara, da sette anni responsabile in un negozio di informatica progettazione e sviluppo, 32 anni, single, non per necessità ma per scelta almeno per il momento.

E già, per scelta!

Ma oggi, inizio ad avere dei dubbi, vivo da sola, fotografa paesaggistica per passione, lavoro con quattro uomini, due sposati, due single, uno troppo anziano e uno troppo giovane.

Spesso, mi capita di essere chiamata da amici e parenti, a fare delle foto per qualche evento, mi diverto molto, e non nascondo che ogni volta, penso inconsciamente  “forse questa è l’occasione giusta”, per conoscere qualcuno, che faccia al caso mio.

Esatto!

Perché con l’età si iniziano ad avere dei dubbi, sulla persona che si vorrebbe vicino, certo, non mi sono mancate le occasioni di incontrare qualcuno, ma le motivazioni non erano quelle che canonicamente si conosce, conoscenza, innamoramento, fidanzamento e matrimonio!

Oggi ci si incontra, uno sguardo d’intesa, una parola, si passa la giornata, e poi, qualche ora a letto, per poi:

– Ci vediamo in giro, ciao!

– Ciao.

Solo e soltanto desiderio occasionale e ormonale!

Surrogato dell’amore!

Ecco, questa è la mia vita oggi, non sono brutta, leggermente rotondetta, ma ai posti giusti, mediamente alta, capelli neri, occhi castani, seno nella norma e tanti dubbi nella testa.

I miei colleghi, quando un cliente è single, cercano di dirottarmelo, non ho mai parlato con loro dei miei problemi, ma evidentemente hanno capito.

Cosa?

Quelli che tutto dicono in famiglia, devi pensare al domani, vuoi essere sola tutta la vita? vuoi mettere avere dei figli? vuoi…e tanto, ma tanto ancora.

Non rispondo, perché sarebbe inutile, ma, quando sono da sola, mi pongo le stesse domande, in silenzio senza confessarlo a nessuno.

Domani compio 33 anni, non ho voluto festeggiare con tutti, ma ho invitato due amiche, al pub, per bere qualcosa insieme.

Oggi invece, in negozio mi hanno festeggiata a sorpresa, torta e pasticcini, non me l’aspettavo, ma all’ora di pranzo hanno chiuso le saracinesche fatto largo su di un tavolo, ho spento le candeline, tra baci e abbracci.

Sono finalmente a casa, faccio una doccia ristoratrice, stasera voglio essere al top, ho acquistato un vestito che mi sembra adatto alla serata, inforco i miei stivali preferiti, lascio in ordine l’appartamento, (non si sa mai), ecco lo squillo al cellulare, sono loro, scendo:

– Come sei bella?

Lei e Mia, una ragazza di origine thailandese, sempre carina nei giudizi.

– Ma sei una favola?

Lei è l’altra, il mio alter ego, bella da morire, bionda, occhi azzurri, potrebbe avere chiunque, ma non le sta bene nessuno, Elga.

Leggermente arrossita:

– Grazie, su andiamo che si fa tardi.

Il pub è distante una decina di chilometri da casa, Mia è venuta con la sua auto, parcheggiamo ed entriamo.

Il pub, è stracolmo, stasera c’è una gara tra chi beve più birra senza stramazzare a terra, il social ha fatto il suo dovere, molti hanno risposto all’appello, ci sediamo ad un tavolo e ordiniamo.

E’ il momento dei regali, Mia mi ha regalato un fantastico foulard mille colori, apro il pacchetto di Elga, una spilla, un’agenda e un biglietto da visita.

La guardo interrogativamente e lei:

– Sono anni che ti conosciamo, ma da qualche mese sei cambiata, sei diventata più triste, io e Mia ce ne siamo accorte e abbiamo cercato di capire il perché, ma non ci siamo riuscite. Allora, la spilla è il mio regalo con il tuo segno zodiacale, lo scorpione, mentre l’agenda…

Mia:

– L’agenda ti servirà a scrivere cosa vorresti nella vita adesso, diciamo una sorta di diario, dove mettere per iscritto i tuoi desideri e una volta che l’hai fatto…

Elga:

– Tutto potrebbe essere più chiaro! Ma se non dovessi riuscire, e il tuo massimo desiderio oggi è di origine sentimentale, potresti rivolgerti a questo numero di telefono.

La cosa iniziava ad incuriosirmi, le abbraccio ringraziandole, ma confesso che non ho capito il significato del bigliettino da visita.

Elga:

– Guarda dietro, mentre noi andiamo a prendere qualcosa da bere.

Si alzarono, prima che potessi dire qualcosa e rimasi li, con quel bigliettino di forma quadrata, color oro, con un numero di cellulare sulla prima facciata, poi lo girai, ero curiosa!

“Agenzia fantasma

– Sei single?

– Vorresti una vita coniugale, ma ti fa paura?

– Hai coraggio?

– Sei temeraria?

Chiamaci!!”

Cosa vuol dire?

Inizio a fantasticare, sarà forse un’agenzia di toy boy, forse un’agenzia matrimoniale, un collocamento per single maschili, ma che accidenti sarà?

Eccole, sono tornate con tre bicchieri di birra alla spina.

Mia

– Allora?

Non volevo essere sgarbata, le guardai:

– Penso che non sono ancora pronta a far decidere ad altri, se voglio un toy boy, un marito o un appuntamento al buio.

Mi guardarono divertite, non erano arrabbiate, io si!

Elga:

– Schiocca, nulla di tutto questo.

– Come?

– E già, devi sapere – era Mia – una mia collega al lavoro, diede di matto, buttò tutto all’aria, i campioni dei profumi saltarono dal tavolo, pensammo tutti che fosse impazzita, ma il capo reparto, una persona molto saggia, mi chiese di accompagnarla a casa e di farle compagnia per quel giorno e volle aiutarla.

Mi feci molto attenta.

– Quando fui a casa con lei, dopo essersi sfogata, le preparai del te, e lei si aprì, parlando. Mi raccontò che era stanca della sua vita solo per il lavoro, voleva fortemente avere una famiglia ma aveva paura. Non sapeva a cosa poteva andare incontro! Una sua amica, le aveva dato un bigliettino e le aveva consigliato di fare una prova.

Una prova?

Elga:

– Si, una prova!

– Cosa vuol dire?

– Se hai pazienza, anch’io rimasi di stucco quando me lo raccontò e chiesi di avere qualche altra informazione, e lei, si una prova, vivere con qualcuno e capire se si è pronti per una vita coniugale. Ma è pazzesco, le dissi. La mia amica l’ha fatto, ed ora è felicemente sposata, mi disse lei.

Ma è pazzesco!

Ci guardammo negli occhi e ripetemmo la stessa cosa.

– E poi, cosa accadde alla tua amica?

– Mesi dopo, mi sembra due mesi dopo, un giorno venne in laboratorio e ci portò le partecipazioni per le sue nozze, mi prese in disparte e in una bustina mi diede il bigliettino, non volle aggiungere altro, disse solo, se un domani dovessi averne bisogno, usalo ti porterà fortuna, mi è costato un poco ma mi ha fatto bene.

Ero senza parole! Ma cosa vuol dire, una prova?

Le amiche capirono che mi stavo imbarazzando e intristendo:

– Andiamo in pista a festeggiare, poi ci penserai.

E andammo.

Fu una serata memorabile, ma anche stancante, non mi ricordo tutto, complice le birre, ma fui felice.

Inutile dire, facemmo tardi, ed eravamo anche leggermente brille, stramazzai sul letto com’ero vestita e mi addormentai.

La mattina successiva, era domenica, mi svegliai verso mezzogiorno, mi buttai sotto la doccia, poi con l’accappatoio mi misi sul letto, sulla sponda, la mia borsa cadde e uscirono l’agenda e il bigliettino.

Non volevo toccare, ne l’una, ne l’atro!

Mi ricordai tutto, ma che pazzia? E poi perché fare una cosa simile? Una prova? E in che cosa consiste?

Mi preparai una ricca frittata, misi un tovagliolo e iniziai a mangiare, era una bella giornata, il sole faceva capolino e un raggio impertinente raggiunse la mia camera, guardai la traiettoria, si fermò sul bigliettino, il riflesso si puntò su di me.

Che sciocchezza!

Sparecchiai la tavola, passai sulla poltrona, accesi il televisore, ma non lo guardavo, presi l’agenda e una penna, iniziai a scrivere, erano tutte domande senza risposta, ma chi diavolo mi doveva rispondere, quasi inconsciamente presi il bigliettino, feci il numero:

– Pronto

– Si, prego

Una voce calda al di la del telefono mi colpì, senza inflessioni dialettali:

– Ho ricevuto questo numero da un’amica.

– Certo, il nostro passa parola, desidera?

– Non lo so?

– Sono Rino il titolare di questa agenzia, se ha telefonato e perché desidera fare delle domande.

– Si

Come cavolo aveva fatto a pensarlo?

– Mi dica, sono qui per questo.

– Di cosa si tratta?

– Semplice, noi forniamo accompagnatori a seconda delle sue esigenze.

– Toy boy?

– No, non trattiamo questo genere di cose.

La voce era diventata seria:

– E allora?

– Mi ascolti, noi forniamo accompagnatori, per una serata, per un fine settimana, per un mese, per far vivere una vita coniugale senza legami sentimentali, escludendo il sesso, chiedo scusa per la crudezza.

Ero allibita:

– No, ha fatto bene!

– Il nostro personale, è formato su questa linea, si tratta di un periodo transitorio, dove le persone che non hanno vissuto questa realtà, possono viverla anonimamente e poi decidere con calma se perseguirla o meno nella loro vita normale.

Ora era più chiaro.

– Ci sei?

– Si, ci sono, sto riflettendo.

– Bene, ora è compito mio farle delle domande, posso?

– Il suo nome

– Sara

– L’età

– 33, appena compiuti.

– Auguri allora, è single?

– Si

– Mi può inviare una sua foto alla mia email?

– Si

– Questo è l’indirizzo …….…..@gmail.com, se vuole può riflettere e se lo desidera mi può richiamare, quando vuole.

Questa non me l’aspettavo, non ha insistito, non ha voluto convincermi:

– Si.

– Grazie, allora arrivederci.

Per tutto il pomeriggio feci delle ricerche su internet, solo verso le 20.00, trovai un forum, dove si parlava di esperienze di questo tipo, le lessi tutte, inviai la mia foto e telefonai:

– Pronto, sono Sara

– Si, ho visto, mi dica?

– E’ inutile dire che mi sembra un’idea pazzesca, forse sto perdendo la coscienza di me stessa, ma vorrei provare.

– Capisco il suo stato d’animo, le consiglio di andare a vedere il nostro Forum

– Già fatto

– Non avevo dubbi, per questo ha mandato la foto.

– Si

– Allora, le spiego in poche parole, se desidera provare, le posso consigliare un fine settimana, anche se è il servizio che costa di più.

– Mi dica?

Ero curiosa.

– Il servizio consiste nell’accompagnarla a cinema o a teatro o altra manifestazione che desidera, segue cena in ristorante e passeggiata, l’indomani gita fuori porta dove vuole con pranzo, ore 20.00 fine servizio, costo 2000 euro tutto compreso.

Azz!!

– Dimenticavo, tutto compreso assicurazione e fattura al 20%.

– Assicurazione?

– Certo, lei sarà assicurata dai LLody di Londra per qualsiasi problema che possa avere con il nostro accompagnatore, fino ad un massimale di 1.000.000 di euro.

– Cosa vuol dire?

– Il nostro personale è collaudato, ma se le dovesse capitare qualche incidente con questa persona, verrà risarcita immediatamente.

Facendo due calcoli, il vero servizio veniva a costare 1500 euro.

– E’ una cifra notevole?

– Si, certo, ma lei non avrà altra spesa, organizzeremo tutto noi, lei dovrà versare come anticipo 1000 euro sul conto IBAN………………., le verrà inviata la ricevuta e la copia dell’assicurazione, dovrà solo dirci dove vuole andare, dove cenare e dove fare la gita nel raggio di 100 chilometri dalla sua residenza, sei giorni prima. Al resto pensiamo noi. Dovrà aggiungere il suo indirizzo, i suoi hobby e le sue passione,  i suoi dati e quelli della persona che desidererebbe, stessa età o altro, italiano o altro, altezza e peso, se nella sua città o altro e le manderemo delle foto di persone che potrebbero interessarle.

Che organizzazione!

Nel frattempo stavo scrivendo sull’agenda.

– Ha scritto tutto?

Come cavolo ha fatto?

– Se vuole posso ripetere

– No, grazie.

– Questo è tutto, ci faccia sapere

– Un attimo, vorrei chiedere una cosa?

– Dica?

– E per una settimana?

– I parametri sono diversi e uguali per un mese, escluso il costo. Ma il vitto e l’alloggio sono a carico suo.

– Ah ecco!!

– Se vuole posso anche dirglielo.

– No, vorrei prima pensarci.

– Perfetto, buona serata.

Ero senza parole, certo era una cifra notevole, ma che pazzia? Non volevo pensarci più, stavo per andare a dormire, quando squilla il cellulare:

– Pronto

– Sono Elga, ma aspettavi una telefonata?

– Perché?

– Ma avrò capito male, come stai?

E ora che le dico, ho la testa che continua a risuonare della voce dello sconosciuto, una bugia?…”…

…segue…
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27 Giugno 2024 – Da Vanni – “Soloprimi”.

Era d’ agosto,

il caldo era notevole, ma alle prime ore della mattina era piacevole trovarsi per strada in auto tra le campagne, nell’aria un fiorire di colori e di profumi, quella mattina mi stavo recando alla stazione ferroviaria, dovevo ritirare dei giunti meccanici in arrivo da Arezzo.

I finestrini erano abbassati, la musica a tutto volume della radio mi facendo compagnia per quei sei chilometri di distanza dalla mia cittadina Alleria alla staziona ferroviaria.

Alleria, bel nome, vero?

Chi sa qual è l’origine del nome, ma ci stavo bene!

Dopo anni di “schiavitù” da partita Iva, una laurea in ingegneria meccanica messa definitivamente in bacheca all’ultimo esborso/pirata dello stato, ho detto basta e iniziato una nuova vita da cinque anni.

Questi erano i miei pensieri di quella mattina, un lunedì d’agosto che cambiò la mia vita!

Arrivai alla stazione con qualche minuto d’anticipo sul treno, un mio amico mi stava inviando quello che sarebbe servito per terminare l’opera della Madonna della Grotta,  già,  ero uno dei sostenitori e organizzatori della Festività del 15 di agosto, giorno in cui si sarebbero riversati qui centinai di persone, turisti ed ex emigrati, per partecipare a quella festività di cui la storia sul ritrovamento della Madonnina in quella Grotta, risaliva al 1500.

Sta per arrivare il treno, devo muovermi e andare verso la prima carrozza, la fermata non dura a lungo e il treno deve proseguire per Terni

– Sei tu Osvaldo?

– E tu dovresti essere Vanni?

– Si, sono io.

Si sporge dal finestrino e mi consegna un pacco

– Grazie, salutami Lapo quando torni.

– Sarà fatto, buona giornata!

Il mio nome è Vanni, diminutivo di Giovanni, età 50 anni, ben portati, “sposato/separato in casa” con Luisa biologa dell’Ospedale di Arezzo, oggi dovrebbe essere il nostro anniversario di matrimonio, il ventesimo, ma ha poca importanza, sono già quindici anni che non lo festeggiamo più, dal momento della sua vincita al concorso nella Asl di Arezzo, ci vediamo solo qualche volta, quando viene a casa non dormiamo insieme ma in stanze separate,  la sua vita è ad Arezzo, la mia era dovunque in giro per il mondo per lavoro e adesso è qui.

Stiamo divorziando, dovrebbe arrivare presto la risposta definitiva!

Cosa faccio?

Dopo aver smesso di girare il mondo, rincorrendo gare e appalti per un’industria tedesca che produceva motori per auto per quindici anni, ho deciso nonostante le rimostranze della mia ex moglie/non moglie, di ristrutturare il piano terra e il seminterrato del mio casale,  aprendo  una trattoria “SoloPrimi” dove faccio il gestore, il cuoco e il cameriere.

Guadagni?

Pochi, ma quanto basta per me e pagare le fatture e gli ammennicoli vari dell’attività e del casale.

La libertà non ha prezzo!

Questo è il mio motto.

Prendo il pacco e mi avviò all’uscita, poi la noto, chi?

Una ragazza, sulla panchina fuori alla stazione, due valigie uguali, una piccola e una grande, avrà sui venticinque anni, ben vestita, una massa di capelli biondi, sta seduta tutta composta in attesa.

Cosa mi ha colpito?

Qualcosa di strano?

Guardandola di sfuggita,  sembra avere un’aria familiare e poi lo sguardo, sono passato a pochi centimetri di distanza e il suo sguardo è nel vuoto, perso!

Sto fantasticando!

Spesso mi capita, sarà di certo una turista o una persona in attesa di qualcuno, forse aspetta l’autobus, forse il fidanzato, il padre, la madre, forse…

Basta fantasticare!

Mi aspetta una giornataccia, ieri era il mio giorno di chiusura, ma oggi riapro la trattoria e non ho ancora preparato nulla, l’avrei potuto fare ieri, ma sono andato a lavorare alla Grotta dopo aver pulito e lavato i pavimenti della trattoria e tornato tardi, giusto il tempo di preparare una cena leggera e buttarmi sul letto stanco in un sonno profondo ristoratore.

L’aria esterna si sta riscaldando, non bastano i finestrini abbassati, aumentò la velocità, ecco va meglio, prima di preparare devo passare per la Grotta e lasciare i giunti che ho appena preso.

La Grotta si  trova distante quasi tre chilometri dal centro abitato, su una montagna che sovrasta la nostra valle, la strada è agevole e panoramica, tutti tornanti e poi lassù quasi in cima, la spianata, grande come un campo di calcio, da li un sentiero piuttosto largo ma impraticabile per le auto porta alla Grotta dopo cinquecento metri.

Nello spazio antistante, su un mio progetto, stanno lavorando degli operai ad una struttura sopraelevata li dove dovrà essere montato l’altare e il baldacchino per la statua della Madonnina, eccezionalmente e solo per il giorno di ferragosto viene spostata dalla sua sede a cura della Confraternita di cui faccio parte per poi ritornare a sera nella sua sede naturale, la Grotta.

Si narrano due leggende su quel luogo:

– la prima racconta che due giovani pastori, un uomo e una donna, mentre si trovavano ai loro pascoli sul monte, furono presi un giorno alla sprovvista da un furioso temporale, erano con i loro ovini e caprini, impauriti trovarono riparo con le loro bestie nella grotta. La leggenda vuole che rimasero per una settimana, in attesa che il tempo migliorasse. Nel frattempo i giovani nel consolarsi a vicenda si innamorarono ed erano prossimi a congiungersi, quando due capre in un combattimento per la sovranità sul branco, fecero crollare una parte della grotta e venne scoperta una statua alta due metri, miracolosamente intatta che aveva due simboli in mano, sulla destra una colomba e sulla sinistra un similcuore. Nel vederla, furono così colpiti che non completarono la congiunzione carnale, la tempesta terminò all’improvviso, il cielo si illuminò con un sole splendente e i due corsero al villaggio per raccontare del ritrovamento della statua. Dalla cronaca orale e poi scritta nei secoli, vengono raccontate le nascite miracolose, frutto delle preghiere di donne che si rivolgevano a Lei per concepire un figlio;

–  la seconda, invece, racconta che al tempo esisteva un uomo gigantesco che andava di villaggio in villaggio, alla ricerca delle vergini e con le maniere forti riusciva a deflorare quelle donne. Nel piccolo villaggio, solo una ragazza era in età da marito e quando seppe che l’uomo si stava dirigendo verso il villaggio, si nascose sulla grotta del monte. L’uomo riuscì con minacce e percosse a conoscere il suo rifugio e la trovò, stava per portare a termine il suo turpe desiderio dopo aver tramortito la giovane in una giornata di pioggia torrenziale, quando, un fulmine penetrò nella grotta colpendo una parte e mettendo in luce la statua. L’uomo fu colpito dalla luce e si fermò, fu talmente abbagliato dalla statua, diventò cieco e uscì urlando dalla grotta e nessuno più l’ha rivisto. Un pastore nelle vicinanze sentì le urla della giovane e corse soccorrendola e insieme portarono la notizia al villaggio della scoperta della Madonna.

Qualche secolo dopo,  facendo dei lavori di consolidamento della volta della cripta, nel spostarla si scoprì a metà agosto, una scritta in oro sotto al basamento “Madonna virgo fecunda” e da allora si festeggia con canti e balli nella giornata di Ferragosto.

Avevo studiato e progettato una struttura agile e aperta che voleva raffigurare un fulmine caduto sulla terra e i giunti mi servivano da congiunzione delle rette tubolari per completare la coreografia.

La Grotta era tappezzata di ex voto e di regali che le persone donavano alla Madonna, solo noi della confraternita avevamo le chiavi di accesso alla cripta.

– Finalmente sono arrivati!

Era il mio giovane amico Lorenzo, laureato da poco in Conservatoria dei beni culturali,  dirigeva gli operai al lavoro, lavorava ad Arezzo al Ministero dei Beni Culturali

– Si, sono appena arrivati, ora scappo che devo preparare per il pranzo.

Sorridendo

– Siamo in dodici come gli apostoli.

Mi misi in auto ridendo

– Anche ventiquattro, per me non fa differenza, per la nostra amata Vergine questo ed altro.

Per me che ero nato in quella valle, Lei era importante per tante ragioni, ed era sempre un’emozione ritornare nella Grotta.

In quei giorni di lavoro venivano a pranzo e a cena da me i confratelli e gli operai impegnati nella costruzione a cui si aggiungevano i miei clienti abituali, ma ero contento, non volevo essere pagato da loro, ma il presidente della confraternita non volle sentire ragioni “Per il tuo progetto e la direzione dei lavori non possiamo sostenere le spese, ma per il vitto e le strutture per realizzarlo,  siamo noi che ci siamo autotassati ed è giusto darti il dovuto”.

E così, io dichiaravo cinquanta e lui mi dava cento, poi sorridendo diceva “So che è meno di quello che hai speso, ma non è giusto che tu mi chieda la metà della metà! Conosco il tuo impegno, ma non dobbiamo approfittare della tua disponibilità”.

Non avevo un menu fisso settimanale, non c’erano dei secondi, nella mia trattoria servivo solo l’antipasto, il primo, la frutta e nei giorni di festa il dolce.

Mentalmente mentre scendevo decisi di fare un sugo semplice con la salsiccia da servire con le pappardelle, mentalmente mi ripassai le quantità degli ingredienti che avevo nella dispensa e mi ricordai di aver terminato il salame, feci una variazione sul tragitto verso casa per farne rifornimento

Erano quasi le dieci quando arrivai in città, alla norcineria presi un buon quantitativo di salame e l’auto si riempì di profumo di carne conciata, stavo per uscire dal cortile del negozio, quando mi bloccai con l’auto.

Cos’era successo?

Di fronte all’ingresso del cortile c’era una pensilina per gli autobus con una panchina, il riflesso del sole rimbalzando sulla vetroresina di copertura schermava la scena,ma riconobbi le valigie e notai la stessa ragazza del mattino, stava seduta, aveva un cartello tra le mani, non riuscivo a leggere da lontano, incuriosito scesi dall’auto e mi avviai per attraversare la strada, ero ancora sul marciapiedi opposto, quando riuscii a leggere

“Cerco lavoro”.

Ero senza parole!

Attraversai la strada, mi avvicinai, lei mi notò

– Buongiorno.

La guardai meglio, era forse più piccola dei venticinque anni che le avevo dato, aveva un’espressione seria ma lo sguardo era perso nel vuoto

– Buongiorno, scusi la mia domanda, ma non ha paura?

Stavolta alzò lo sguardo, aveva degli occhi celesti, come il mare

– No, al mio paese si fa così.

Vedendo il mio disappunto, esclamò

– Da voi no?

Immediatamente

– Da noi? No certo! Ma hai idea di quello che fai,  chiunque, in questo modo, potrebbe importunarti, prenderti in giro, fare qualsiasi cosa, dicendo delle bugie per poi farti del male? Da noi ci sono delle agenzie dove rivolgersi, dare i propri dati e attendere le risposte.

La ragazza, abbassò il cartello, poi quasi sottovoce

– Non ho tempo di attendere!

Fu così spontanea la risposta che non potetti fare a meno di sedermi

– Io mi chiamo Vanni

E lei stringendo la mano

– Io Sofia, sono arrivata oggi dall’Olanda.

Lei analizzava me ed io facevo altrettanto, già quando aveva detto il nome, mi ero meravigliato, pensavo a qualche nome straniero, ma poi quando disse la nazione fui ancora di più sorpreso

– Che tipo di lavoro stai cercando?

Mi sembrò più rilassata, forse avevo fatto buona impressione, non lo so

– Baby sitter, badante, cameriera… tutto quello che posso fare legalmente ma ad una condizione che sia previsto anche l’alloggio.

Sarà perché il sole stava iniziando a picchiare, sarà che la vedevo così indifesa, sarà che fondamentalmente non sono normale

– Potrebbe interessarti un lavoro in una trattoria come cameriera e tuttofare.

Finalmente vidi un accenno di sorriso

– Tuttofare si, ma niente sesso!

Saltai dalla panchina

– Certo che no!

Sorrise

– Certo, a chi mi devo rivolgere?

Mi stavo ancora riprendendo dalla battuta

– A me! Ho una piccola trattoria, se vuoi, ti faccio vedere.

Si alzò immediatamente

– Andiamo!

Non credevo a me stesso, ma come mi era venuto di fare quella proposta, per anni ho lavorato senza nessuno ed ora?

Ma come si dice “cosa fatta capo ha”.

Misi a posto le valigie con il suo aiuto, entrammo in auto

– Che buon odore!

Era il profumo del salame, sorrisi

– L’ho preso adesso, vuoi assaggiare?

– Si, grazie, sono ventiquattrore che non mangio nulla.

Non tagliai il salame

– Posso darti del tu?

Mi guardò, era contenta

– Certo!

– Bene, allora Sofia, ora facciamo colazione come si deve e poi andiamo alla trattoria.

– Va bene.

E così facemmo, divorò tutto nel bar dove ci fermammo e dopo un breve tragitto arrivammo alla trattoria, non mi capacitavo, eppure non mi sembra una persona che non aveva i soldi per mangiare, è vestita bene, le valigie sono di marca, quale mistero c’è sotto?

– Ecco, siamo arrivati!

Scendemmo le valigie, poi il salame, aprii la trattoria e annusò l’aria

– Anche qui c’è un buon profumo!

Ero contento

– Grazie, ho lavato e pulito da cima a fondo ieri, ora ti porto le valigie sopra, c’è una stanza con bagno, rinfrescati, poi scendi giù, inizio a cucinare. Non ti dimenticare, portami i documenti che devo registrarti.

Fece con la testa di si e mi fiondai in cucina.

Dopo aver riposto il salame nella dispensa, una generosa lavata di mani, inforcai i guanti e iniziai a sbriciolare la salsiccia, in una pentola capiente  misi a soffriggere dell’olio d’oliva con la cipolla, immersi la salsiccia sbriciolata senza budelli, del rosmarino tritato finemente, un poco di pepe  alzando la fiamma

– Ma sei uno Chef?

Trasalii, mi ero completamente dimenticato di lei, eccola stava sulla porta e mi guardava incuriosita

– Si e no.

Risposi sorridendo

– Che buon odore!

– Oggi prepariamo sugo di salsiccia con le pappardelle.

Rise

– Prepariamo?

– Certo, qui fino ad oggi ho fatto tutto io, gestore, cuoco e cameriere, ora ci sei tu.

– A ecco!

Si avvicinò e mi diede i documenti.

– Appoggiali su quella mensola, li vedrò dopo, ora vuoi fare qualche domanda?

– Che devo fare?

Mi piaceva, era pratica ed efficiente, si era cambiata, aveva dei jeans e una camicetta bianca, i capelli li aveva raccolti in un’unica treccia

– Se te la senti vai in sala, appena esci di qua c’è una credenza con il tovagliato e il resto per guarnire la tavola, abbiamo oggi una tavolata con dodici persone, ma metti quindici coperti e un tavolo per quattro persone.

Nemmeno il tempo di finire la frase, sparì, continuai a cucinare, inclinai leggermente la pentola per eliminare il grasso in eccesso e poi versai del vino bianco secco aspettando che evaporasse.

Presi i documenti:

Sofia Palmer

Residente ad Amsterdam

Età 23 anni

Riportai i dati sul modulo di registrazione per i dipendenti in prova ed inviai il fax alla caserma dei carabinieri.

Aggiunsi la passata di pomodoro, un poco di zucchero e coprii la pentola, mettendo il fuoco basso. Su di un altro fornello, misi una pentola capiente per le pappardelle e entrai nella sala con i documenti in mano.

– Sofia, ecco…

Mi caddero da mano, ma come diavolo aveva fatto?

La sala a piano terra aveva dieci tavoli, aveva accorpato dei tavoli per i quindici come avevo detto, poi non si era fermata a preparare un solo tavolo, ma tutti, tutti erano pronti con tutto quello che serviva, aveva aperto le imposte delle finestre, abbassate le tendine contro gli insetti, acceso la radio sul canale della filodiffusione e la televisione sul canale delle news senza audio solo con le scritte che scorrevano.

Raccolsi il passaporto a terra, ma lei non la vedevo, mi guardai intorno.

Verso le toilette, c’era un angolo con due poltrone, per le persone che erano in attesa di entrare, ed eccola, stava raggomitolata su una di queste, evidentemente si era rilassata, ero stato uno stupido, dovevo immaginare,  era stanca, riposava, chiusi la finestra da dove entrava un fascio di luce solare, le misi un plaid addosso, era bella, aveva il viso rilassato.

La lascia riposare e tornai in cucina, erano tempo di preparare gli antipasti.

Tagliai il pane, i salumi, il formaggio e preparai la frutta, ma il pensiero era fisso, cosa ci faceva qui? Solo le scarpe che portava, quelle di ginnastica adesso, costavano un occhio!

Mancava un’ora alle 13.00, ora di arrivo degli operai, stavo impiattando gli antipasti

– Scusami Vanni, mi sono addormentata, grazie per il plaid.

Continuando a riempire i piatti

– Sono io che mi devo scusare, sono un negriero, appena sei arrivata ti ho messo a lavorare.

Sorrise, si era rinfrescata e cambiata la camicia, aveva messo il grembiule della trattoria e si mise ad aiutarmi

– Non potevi sapere!

– Nel pomeriggio sei libera, puoi riposarti, poi stasera il servizio inizia alle 20.00.

– Grazie, la stanza è bella.

– Si, era quella di mia madre, voleva la sua privacy, tieni le chiavi del portoncino d’ingresso, non ho il doppione.

– Grazie, vado a posare i documenti, ma posso lasciare le chiavi anche qui in cucina se vuoi.

– No, Sofia, voglio che stai tranquilla, tienili tu, l’altra chiave è quella dell’ingresso della trattoria, così sei libera di muoverti a piacimento, abito di fronte al tuo portoncino sul pianerottolo di sopra.

Era contenta, lo vedevo, le brillavano gli occhi

– Grazie, sei troppo gentile.

– No, sono coerente, ho visto come hai preparato la sala, sei brava e responsabile ma tu non conosci me e io altrettanto, è meglio così! Quando scendi mangiamo qualcosa,  poi si parte per il servizio.

Sorrise e sparì.

Quando ritornò, avevo già i piatti pronti sul tavolo nella sala prima della cucina, mangiammo in silenzio, gradì tutto, fu allora che mi accorsi che non aveva un telefono cellulare, strano, mi venne spontaneo

– Ma i tuoi lo sanno dove sei?

Ebbe un fremito, ma poi fissandomi con calma

– Sanno che sono in Italia, mio padre domani parte per raggiungere Atene in Grecia, poi lo raggiungerò.

E non disse più una parola!

Ero stato stupido lo so, ma avrei voluto farle mille domande, ma mi astenni, lei capì ritornò allegra come prima, arrivarono gli operai, tutti si accorsero della novità, uno in particolare mi disse che non le staccava gli occhi da dosso, me lo descrisse, era Lorenzo.

Arrivarono pure i miei clienti fissi del pranzo, due coppie, li chiamavo i magnifici quattro, se avessi sommato gli anni di ciascuno arrivavo alla cifra iperbolica di 320 anni.

La prima coppia era composta da un generale in pensione con la terza moglie straniera, l’altra coppia amica della prima era il farmacista della città in pensione con la moglie, entrambi non avevano figli.

Erano due anni che frequentavano tutti i giorni la trattoria solo per il pranzo, avevano una certa confidenza con me, le due mogli appena fu possibile vennero a chiedermi chi era quella ragazza, sorrisi di buon gusto e senza raccontare nulla, dissi che era di passaggio, aveva bisogno di lavorare e di un posto per dormire e io glielo avevo offerto.

Appagata la loro curiosità, fecero i complimenti per l’educazione e la correttezza nel servire ai tavoli, lo stesso fece anche Lorenzo quando venne a salutare, lo vidi, voleva chiedere di più, ma si astenne.

Sofia mi disse che avevano gradito tutto e iniziò a sparecchiare, mi misi a pulire la cucina, dopo circa un’ora

– Finito! Vanni di chi è quell’auto la fuori?

Era un  regalo per mia moglie, cinque anni fa l’avevo acquistata, una 600 nuova di zecca, aveva fatto si e no tremila chilometri da allora, ogni tanto la mettevo in moto o la usavo per fare delle commissioni senza usare il furgone

– E’ mia, ovvero l’avevo regalato alla mia ex moglie, perché?

Era rimasta colpita, forse dal tono della mia voce

– Non volevo, scusami.

– No, non ti preoccupare, dimmi.

La tranquillizzai

– Volevo prenderla per a fare un giro e rendermi conto della città, posso.

Andai all’armadietto in cucina

– Ecco! Ma non volevi riposare?

Le prese, si era illuminato il viso

– Riposerò stanotte, grazie.

Guidava bene, lo vidi dalle manovre per uscire dalla tettoia, era sicura di se, chissà dove è diretta, pensai, continuavo a fantasticare, ma non era giusto, presto andrà via, ne sono certo, ha detto che il padre sta per andare ad Atene e deve raggiungerlo….”…

…segue…
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26 Giugno 2024 – La pagina bianca.

Cos’è una pagina bianca?

E’ come la nostra Vita, una pagina da riempire, dove riversare emozioni, sensazioni, passione…sappiamo quando inizia…ma non sappiamo come finirà…

…e tanto altro ancora!

Ma che cavolo sto scrivendo?

– Ci sei?

In un attimo chiusi il computer

– Si, ci sono!

Ed eccola lì, sempre sorridente e allegra, chi era?

Tedra

…si, era quella che ficcava il naso sempre dove non doveva, la mia vicina di casa e anche la mia migliore amica…

…intendiamoci…non era la mia ragazza…ma lei si comportava come se lo fosse…anche se sapeva bene che tra di noi non poteva mai accadere nulla…se non una grande amicizia…

…ci conoscevamo dalle elementari, insieme avevamo fatto tutte le scuole…dalle elementari alle superiori…tutti ci prendevano in giro, compresi i nostri genitori…ma lei…

…ebbene lei era un’altra cosa!

– Che stai facendo Dino?

E senza che io le dessi il permesso, mi strappò dalle mani il computer e dopo aver letto…

– Sei patetico!

La guardai

– Cosa vuoi dire?

Mi guardò strano, poi venne ad accoccolarsi sul divano vicino

– Sei un testone…

– Perché?

Sorridendo

– Cosa significa quello che hai scritto?

Stupito

– Non lo so ancora, ma avrà un senso prima o poi.

Mi scagliò uno dei cuscini

– Scemo!

– Perché?

– Perché? E me lo chiedi pure!…

Aspettavo

-…sei un bel ragazzo, hai quasi ventidue anni, ti sei diplomato con il massimo dei voti al liceo classico, ti sei iscritto a Giurisprudenza, volevi fare l’avvocato, poi…

Sapevo bene dove voleva arrivare

-..e poi per una ragazza, ti sei iscritto a Scienze Biologiche, ma lei non contenta, ti ha convinto che era meglio iscriversi alla Facoltà di Medicina…

– Smettila!

– E no caro mio, continuo e tu mi stai a sentire…

Capitolai

-…avevi già dato due esami importanti a Giurisprudenza, avevi ottenuto meritatamente trenta e lode a Scienze Biologiche avevi dato un esame che molti avevano ripetuto per undici volte e tu…

Sgranai gli occhi

-…l’hai superato alla prima volta…ti sei azzerato e iscritto a Medicina…e qui…

Aspettavo la stoccata finale

– E qui?

– Lo sai bene, hai capitolato…

Era tutto vero e solo una come lei, mi voleva bene come se fossi suo fratello poteva trattarmi in questo modo, mi resi subito conto che non faceva per me…ma per amore…mi iscrissi…e

– Cosa vuoi?

Lei si avvicinò e quasi toccandomi una guancia al livello dell’orecchio

– Sei stato uno stronzo…

Mi girai verso di lei, le nostre labbra erano vicinissime

– Io…

– Sei uno stronzo…e …non mi dire che non lo sai…hai sbagliato e lo sai, perché quando quella si è resa conto che tu non saresti andato oltre a medicina perché non era quello che desideravi…

Si fermò e si spostò di lato, senza guardarmi

– Ti ha mollato!

Era tutto vero e io lo sapevo, non potevo discutere con lei, capì di avermi ferito…

…e non poco

– Ascoltami, lo sai , ti voglio bene e mi sono stancata…

Meravigliato

-…non voglio che butti all’aria la tua vita per una che non ti voleva  ma anzi desiderava che tu fossi un burattino nelle sue mani…

Con una mano cercai di arginare le sue parole, ma lei dolcemente la prese e la mise sul cuore

-…lo so bene, tu non vuoi essere uno scrittore, scrivi adesso per altri che non lo sanno fare e che firmano a posto tuo gli articoli che loro pubblicano, lo so bene i tuoi ti stanno facendo pressione, vogliono vedere la strada che intraprenderai, ma è per il tuo bene…

– Allora?

– Devi decidere?

– Cosa?

Pausa lunga, poi massaggiando la mia mano

-…cosa vuoi fare veramente da grande nella Vita?…

…segue…
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24 Giugno 2024 – La Tenuta del Professore.

Egitto – Il Cairo

Ho terminato di decifrare l’ultimo papiro ritrovato in una piramide del luogo e oggi sarà anche l’ultimo giorno della nostra permanenza in Egitto
– Papà, perchè dobbiamo andare via?
Quella stessa mattina mi si strinse il cuore
– Marina ho terminato il mio lavoro qui in Egitto!
Mise il broncio, le mani conserte e la testa bassa
– Non voglio!
Come darle torto?
Dalla sua nascita era vissuta in Egitto, era si, una cittadina italiana, ma amava quel Paese come se fosse stato il proprio, otto anni erano tanti e solo per la sua nascita a Roma si sentiva italiana, venne in mio aiuto Samira, la sua tata dalla nascita
– Professore sta facendo tardi!
La ringraziai con gli occhi e mi avvicinai a Marina
– Figlia mia, non sei la sola ad essere dispiaciuta…
Solo allora alzò il viso
-…allora?
– I nonni hanno bisogno di noi!
Gli occhi si illuminarono
– Davvero?
– Si, vedi avevo promesso che saremmo tornati in Italia non appena avessi terminato questo lavoro e ora è arrivato il momento.
Avevo toccato il tasto giusto, amava i nonni alla follia anche se li aveva visti e vissuti solo tre volte all’anno dalla sua infanzia, già, tornavamo da loro, per le feste comandate per quindici giorni e poi un mese intero quando arrivava la stagione estiva ed era libera dalla scuola.
Meno imbronciata
– Va bene!
La presi in braccio, si dimenò
– Papà!
– Che c’è?
– Non sono più una bambina!
La guardai fisso nei suoi occhi celesti, aveva una cascata di riccioli biondi in testa e era notevolmente alta per la sua età
– Per me sarai sempre la mia bambina!
Mi abbracciò forte
– Ora vai, preparati, poi Samira ti accompagnerà a scuola per salutare i tuoi compagni e alle quindici ci avviamo all’areoporto, va bene?
Non era convinta, ma ero certo che l’idea di andare dai nonni le piaceva molto
– Va bene!
Com’è strana la vita, quando meno te l’aspetti ti capitano cose che la stravolgono e…
… tutto da quel momento in poi non è prevedibile!
Questo pensavo mentre ero in auto del Ministero guidata dal mio autista personale Jussef, era lo stesso che dieci anni prima era venuto a prendermi in areoporto e per tutti questi anni aveva il compito di essere a disposizione per i mie spostamenti, da un cantiere all’altro dove si ritrovavano dei papiri…
…già questo era il mio lavoro, laureato in Archeologia a Roma, specializzato nel decifrare gli antichi papiri romani ed egiziani, partecipai ad un Concorso internazionale per il Museo del Cairo e lo vinsi, ero il più giovane ricercatore a soli trent’anni, ricordo bene il mio primo giorno, il Direttore del Dipartimento egizio, nel vedermi così giovane
“Lei è sicuro di farcela?
Ero intimorito, ma
“Glielo dimostrerò!
E così fu!
E dopo qualche mese fui candidato per la cattedra di Professore aggiunto, carica che ricoprii solo dopo due anni, ma questa fu la fine per me, con il senno di poi sarebbe stato meglio non partecipare a quel concorso, ma…
…il destino aveva deciso diversamente!
Già, quando fui nominato Docente all’Università del Cairo conobbi una collega Samantha, borsista per un anno, proveniva dagli Stati Uniti, fu un colpo di fulmine e la relazione fu improvvisa e travolgente, lei era troppo bella, statuaria, capelli biondi e occhi celesti e straordinariamente disinibita, forse se avessi ragionato di più non sarebbe accaduto quello che mai mi sarei aspettato, dopo circa un mese dalla sua conoscenza, impazziii per lei e andammo a convivere insieme, sembrava un eden, non vedevamo l’ora di essere a casa e…
…dopo poco…rimase incinta.
– Professore vuole che le prenda un caffè?
Era Jussef, mi risvegliai
– Si, grazie!
Fermò l’auto e nemmeno a farlo apposta eravamo arrivati nella piazza principale dove Samantha mi mise al corrente della sua gravidanza…
…ero incredulo e contento, l’abbracciai, ma subito dopo mi allontanò e fu il gelo…
“Vogli abortire!
…quelle che seguirono furono giornate infernali…

…segue…

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23 Giugno 2024 – Il “Principe”.

…da pag.54…

…Avevo avuto una serata molto lavorata, ero tornato giusto in tempo alle ventiquattro per dare il cambio a Rodolfo, giusto il tempo di controllare se tutto era in ordine, mi sedetti sulla poltroncina e tenendo la sua mano appoggiai la testa e mi ero addormentato, ma una flebile flessione di un suo dito mi aveva svegliato all’alba, stavo ammirandola e…
…i ricordi mi assalirono…
…di dieci anni prima!
Cercai di scacciali, ma non potevo, tutto era nato da lì…
…ero in vacanza dai miei nonni, per un puro caso ci incontrammo nell’unico negozio di alimentari del paese, mia nonna mi aveva chiesto di comprarle del sapone di Marsiglia, non aveva la lavatrice all’epoca ed era così che lavava i panni sporchi e si era accorta di averlo finito, mentre guardavo sugli scaffali per trovare quello che cercavo, lo vidi, era un pezzo molto grande e …
…stesi la mano ed alla fine mi ritrovai con un’altra mano sopra…sorpreso ritirai la mia mano e il sapone scomparve
– L’ho visto prima io!
Sentii esclamare, non riuscivo a capire chi era, il suo viso era nascosto dalle altre scatole, a mia volta
– Nemmeno per sogno…
Ma le parole morirono quasi immediatamente, dalla fine dello scaffale uscì una ragazza che poteva avere qualche anno in meno di me, all’epoca avevo diciotto anni, due occhi celesti, una cascata di capelli neri e un sorriso sulle labbra e…mi persi
– Non è vero!
La raggiunsi, dopo aver realizzato che ero rimasto a bocca aperta, era arrivata al bancone per pagare, lei mi vide, aspettava, guardai il negoziante
– Non ne ha un altro?
E lui
– No, mi dispiace…
Stavo per fare dietrofront, non volevo litigare con lei, ma sentii chiaramente
– …Anna ma sai chi è quello…
Pausa
-…è Dino il nipote di zia Elvira, sai quello che abita in città è il figlio di Franco il maggiore dei suoi figli!
Ero quasi all’uscita
– Aspetta!
Mi girai e c’era lei con un pacchetto in mano
– L’ho diviso in due, salutami zia Elvira!
E sparì nel negozio.
Giorni dopo ci incontrammo in chiesa e mi avvicinai
– Grazie.
Era stupita
– Mia nonna ti manda a salutare.
– Ah ecco!
Presi coraggio, sudavo a più non posso e di sicuro non era perché era estate con più di trenta gradi
– Verresti con me a bere dell’acqua fresca al lavatoio.
Mi guardò strano, poi
– Perché no!
E così per tutta la stagione estiva divenne il nostro posto dove ci incontravamo nella controra quando tutti dormivano o restavano in casa, disse
– E’ meglio così, qui la gente parla e sparla e io non voglio.
Accettai.
Fu un colpo di fulmine per entrambi e come disse il Marlowe
“Chi mai ha amato davvero se non ha amato a prima vista”
Forse non ne eravamo pienamente consci ma eravamo attratti e quando in una sera d’estate, lei con un vestitino di pizzo leggerissimo e trasparente, azzardai e fui ricompensato, ci baciammo per molto, molto tempo.
Eravamo felici.
Ma, un giorno all’improvviso venne mia madre, disse che dovevo tornare a casa perché il mio fratellino non si sentiva bene, sbiancai, ma non era solo per quella notizia e quando alla fermata della corriera, vidi Anna, le corsi incontro e le bisbigliai nell’orecchio
“ Stai tranquilla, te lo prometto, tornerò!”
Aveva gli occhi lucidi, mi strinse in un abbraccio, cosa che fu notata da mia madre e mentre salivo sulla corriera la vidi che le disse qualcosa.
Ero talmente frastornato che non le chiesi nulla, ma quando arrivammo in città, a casa
– Mamma che hai detto a quella ragazza?

E lei distrattamente mi disse
“ Fa sempre così, promette e non mantiene”
E mi rintanai nella mia stanza e piansi tanto!
Non ho mai perdonato mia madre per quella frase, ma era mia madre e di certo non potevo cancellarla dalla mia vita.
Ecco perché non volevo ricordare…
..fu un attimo e sentii un lamento…mi girai era Anna si stava finalmente per svegliare.
.-.-.-.-.-.-.-.-.-
Mi sentivo leggera,aprii gli occhi, di fronte al mio letto c’era la finestra, vedevo l’alba che stava nascendo, pensai che stavo vivendo in un sogno, quella scena era stata la mia sveglia quando andavo a trovare zia Francesca, era dolce, testarda ma mi voleva un bene dell’anima, era la sorella di mia madre e non avendo figli quando poteva d’estate chiedeva a mia madre di farmi rimanere qualche giorno con lei, ero contenta, insieme facevamo tantissime cose e mi aveva insegnato a cucinare come sua madre, già, mia nonna volata troppo presto in cielo, me la ricordavo appena, avevo solo sei anni, solo al ricordo mi imposi di uscire da quel sogno, ma chiusi gli occhi, li riaprii e …tutto era come prima, avevo la testa annebbiata, dovevo alzarmi, rinfrescarmi, ma cercai di spostare il mio corpo e una fitta sul braccio
– Se fossi in te, non lo farei!
Oddio, chi aveva parlato, non ero sola nella stanza, girai il viso verso l’ingresso, e c’era lui, si proprio lui, Dino, saltai dal cuscino
– Che ci fai tu qui?
Si stava avvicinando
– Fermati lì e rispondi, che ci fai qui nella mia stanza…
Sorrise, era impacciato
– Come ti senti?
Avevo confusione nella testa, ma poi all’improvviso
– Non era un sogno, sono veramente nella mia stanza, a casa di zia Francesca…
E mi portai le mani sul viso e fu in quel momento che mi resi conto che avevo la camicia da notte di mia madre, rossa in viso, poi alzai la testa e con gli occhi che facevano scintille
– Sei stato tu? E perché? Perché sono qui e non a Cassino…
Stavo per continuare, quando un apparecchio alle mie spalle iniziò a trillare
– Non fare così Anna, cerca di calmarti, no, non sono stato io a cambiarti…
E chi?
– Leda!…

…segue…

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22 Giugno 2024 – Iole.

– Non se ne parla proprio…
Pausa
-…ma siete impazziti, cinquemila euro…ma è una miseria…
Pausa
– …ma che vuol dire che è piccolo…è un monolocale…si capisce che
è piccolo…o no…lo dice la parola…incredibile…
Pausa
-…basta!…la mia richiesta era di quindicimila euro, più che onesta,
ma visto che fate così i simpatici, se trovo qualcuno, mi
accontenterò anche di diecimila euro subito, addio.
Non avrei dovuto ascoltare, ma non potevo evitarlo, ero entrato in
quel bar solo perché avevo freddo, un bar molto grazioso, un
bancone pieno di dolciumi sulla destra entrando, poi subito dopo la
cassa e di fronte cinque piccoli separé con due sedie e un tavolino,
erano quasi tutti occupati e prima che qualcuno potesse
guadagnare il quinto separé mi fiondai, il tempo di sedermi un
cameriere sorridente
– Siete stato fortunato!
Lo guardai stupito, ma il suo sorriso mi disarmò, in un altro
momento mi sarei arrabbiato, invece
– Grazie.
La mia espressione stupita diceva altro, capì di essere stato
inopportuno e con aria professionale
– Gradisce qualcosa?
Mi rilassai
– Si, per cortesia una cioccolata calda e una cialda, grazie.
– Subito!

 

Con un perfetto dietrofront sparì!
Ero di pessimo umore, sradicato dalla mia città in ventiquattro ore,
nemmeno l’auto mi avevano fatto prendere “E’ la tua occasione,
vedrai”, solo una valigia con il necessario e poi imbarcato su un
aereo, destinazione “Aeroporto Orio al Serio di Bergamo”, quasi
svenivo, ero a millecinquecento chilometri da casa!
Ma chi me l’aveva fatto fare?
Figlio di un siciliano e di una toscana, mio padre era il proprietario
di un ristorante a Ragusa, mia madre una giornalista e fu proprio lei
ad inculcarmi le prime nozioni per il giornalismo e mio padre quello
della ristorazione, mia madre ci tenne particolarmente che non
prendesi l’accento siciliano d’accordo con mio padre, solo con gli
amici parlavo il siciliano che conoscevo molto bene, ma con gli altri
parlavo un perfetto italiano.
Da poco avevo festeggiato i miei trenta anni, ero un giornalista
investigativo e usavo uno pseudonimo “Lince”, con quello firmavo
gli articoli, ma uno di questi fu la causa del mio allontanamento
precoce dalla mia amata isola, alla ricerca di uno scoop, tanto
desiderato e voluto dal mio Direttore del giornale, era euforico, per
la prima volta avevano dovuto far ristampare le copie del giornale
perché terminato in tutte le edicole dell’isola.
La ragione?
Avevo scoperto un bidone di immondizia, una commistione, tra
politici e mafia con ramificazioni in tutto il territorio italiano, ed era
proprio per questo che mi trovavo all’altro capo della nazione,
dovevo ricercare, trovare e raccontare, il ramo sporco dei colletti
bianchi sul continente con l’aiuto dei servizi segreti italiani, solo loro
conoscevano la mia vera identità..
Come da istruzioni prima della partenza, all’arrivo seguii le persone
verso l’uscita, non eravamo in molti quella sera, una decina forse,
mi avevano detto che all’arrivo mi attendeva un auto e guardando

 

all’uscita vidi una persona con un cartello con solo un nome ”Alfio”,
mi avvicinai
– Sono io!
Mi squadrò, prese un tablet e dopo essersi rassicurato che ero
proprio io quella persona in fotografia
– Mi segua!
In auto, lui davanti e io dietro
– Sul sedile troverà una valigetta, dentro ci sono le istruzioni per la
sua permanenza qui, alloggerà per il momento in un appartamento
residence “La corte dell’angelo”, poi verrà contattato da un nostro
agente, buona permanenza.
Fine comunicazioni!
La sera dopo vennero, uno dei due era l’autista del giorno prima, mi
diedero nuovi documenti, mi chiamavo Vieri, nato a Firenze, era un
diminutivo di Oliviero “colui che possiede uliveti”, avevo un lavoro
presso la Gazzetta di………., come giornalista gastronomico e
trentamila euro in contanti, potevo utilizzarli come volevo, un tablet
per il resoconto giornaliero e due numeri di telefono cellulare per i
contatti con loro con un nuovo cellulare certamente intercettato da
loro, ci tennero a precisare che avevo carta bianca per le mie
ricerche, ma volevano essere messi al corrente di tutto quello che
poteva essere importante per l’indagini.
Erano di poche parole e nella mia mente li battezzai Flick e Flock!
Dai documenti nella valigetta venni a conoscenza che il soggetto
che stavamo cercando, per molto tempo era stato localizzato nei
paraggi di un quartiere della Bergamo alta ed era proprio lì che mi
diressi quella mattina ed entrai in quel bar.
Ero alla ricerca di un alloggio nelle vicinanze, ad onor del vero lo
cercavo in locazione, ma non mi sembrò vero ascoltare quella
telefonata, detto e fatto, con il giornale in mano mi affacciai al
separé e vidi una signora sulla sessantina che stava sbuffando….

(Totale 113 pagine)

(Ogni riferimento a persone, luoghi è frutto solo di fantasia)

…segue…
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21 Giugno 2024 – L’uomo con il cappello.

La graduatoria generale per la Medicina di base, da quell’anno, divenne Nazionale e non più Regionale, partecipai con pochissime speranze di poter essere collocato in alto nella graduatoria.

Dopo la laurea, avevo sostenuto e superato le specializzazioni in pediatria e chirurgia d’urgenza e in attesa dei bandi di concorso, sostenni un altro corso per la medicina generale, avevo  trent’anni senza un lavoro, ma solo studio e studio, ero stufo!

Per fortuna, la famiglia poteva aiutarmi, iniziai a fare delle sostituzioni dei medici di base di ruolo e alla fine del mese riuscivo a portare a casa un piccolo stipendio, ma ora la mia aspettativa e il mio obbiettivo, era trovare un lavoro stabile, uno stipendio decente e poi la possibilità di formarmi una famiglia ed essere gratificato professionalmente.

Qual’era l’alternativa?

Espatriare!

Ma non ci volevo pensare, Aldo un mio collega, aveva fatto questa scelta, era espatriato in Danimarca, non passava mese che non ci sentivamo per telefono e cercava sempre di convincermi a fare questo passo, mi diceva, “…i pediatri scarseggiavano, non hai problemi con la lingua, conosci l’inglese a perfezione, qui si parla solo inglese in ospedale ed anche fuori, tutti conoscono l’inglese e il norvegese non è difficile da imparare…”, lui con la specializzazione in geriatria, aveva già trovato una buona sistemazione in ospedale e di pomeriggio teneva un ambulatorio a casa sua

– Nino non perdere tempo in Italia, vieni.

– Ti ringrazio, ma per il momento è no.

Era la mia risposta ogni volta!

Quando uscì la graduatoria nazionale definitiva, in base ai punteggi, mi ero posizionato al 298esimo posto, su circa seimila partecipanti non era poco, le sedi erano però 250, quindi ero tagliato fuori!

Dovevo attendere un altro anno, prima di riprovarci, grande era la delusione, avevo prodotto oltre alla laurea, alle specializzazioni, dei Master pagati profumatamente per acquisire punteggio, ma evidentemente non era il momento, chiesi alla Presidententessa dell’Ordine dei Medici di farmi sapere se c’era qualche medico da sostituire, quindi quel fatidico venerdì diciassette, non mi meravigliai della sua telefonata, convocato per le undici, alle dieci e trenta ero già da lei

– L’ho convocato per darle una buona notizia!

La guardai, era molto più grande di me, molto severa, ma il suo sguardo stavolta era dolce

– Grazie, c’è qualche medico da sostituire?

Sorrise

– No, è stata assegnata una sede di medico di medicina generale a tempo indeterminato per lei.

In un primo momento non capii, poi realizzai

– E’ uno scherzo?

Ma poi la guardai, era seria e stava sorridendo

– Non è uno scherzo, abbiamo ricevuto stamattina dal Ministero la sua nomina, se dovesse accettare, ha ventiquattro ore per raggiungere la sede.

Finalmente realizzai e al diavolo l’etica, mi alzai per abbracciarla, lei diventò rossa come il pomodoro, quando la lasciai

– Scusatemi, ma non potete immaginare la gioia che provo in questo momento.

Lei cercò di ricomporsi, in effetti l’avevo stropicciata e non poco, dopo essersi aggiustata la gonna, rossa ancora in viso

– Grazie, potresti essere mio figlio, l’abbraccio non me l’aspettavo, ma ti capisco, non mi hai chiesto nulla della sede e ne dei tuoi giovani pazienti?

Immediatamente

– Accetto!

Lei stavolta seria

– Ne sei certo?

– Si

– Sarai ad ottocento chilometri da qui…

– Accetto!

– …sono dodici frazioni e duecento bambini al di sotto dei dodici anni…

– Accetto!

– …che si sommano alle ottocento persone residenti…

– Dottoressa, fosse stato pure in capo al mondo, avrei accettato, sono stufo di studiare solo o di fare sostituzioni fino alla fine dei miei giorni, ditemi dove devo firmare e lo farò.

Mi vide così determinato, girò la cartellina sulla tavola e solo allora venni a conoscenza di Cassone, un comune della provincia di Torino, situato a mille ottocento metri sul livello del mare

– Grazie.

Con la nomina in tasca, non vedevo l’ora di farla vedere ai miei genitori e così fu, ma la loro reazione non fu proprio quella che mi aspettavo, ero figlio unico e loro erano molto dispiaciuti per la mia partenza, nonostante ciò li coinvolsi con la mia gioia e dopo una giornata di preparativi, salutai e presi l’autostrada per Torino, destinazione Cassone!

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Cinque, solo cinque visite in una mese!

Non ci potevo pensare!

Quando arrivai, dopo aver cercato una sistemazione in una pensione al centro del paese, mi recai al Comune per portare la nomina del Ministero, il sindaco l’aveva già ricevuta, ma non mi sembrò molto contento, chissà, forse aspettavano una persona di una certa età, pensai, invece era proprio così, di poche parole, mi accompagnò al piano terra e mi disse che era a mia disposizione l’ambulatorio del vecchio medico, avevo non solo la funzione di medico di base, ma anche quella di ufficiale sanitario e dopo di lui, ero l’autorità sanitaria riconosciuta nella valle.

Ero talmente scombussolato, non mi passò proprio per la mente di presentarmi al medico anziano in pensione e ne chiesi notizia di lui, grande errore, ma si sa, spesso da giovani, gli errori non si contano e ce ne accorgiamo solo, quando la frittata è fatta!

Guardavo dalla finestra, quelle nuvole bianche, si rincorrevano tra le vette dei monti circostanti, io, uomo di mare in mezzo alle montagne, non mi restava che fare buon viso a cattivo gioco, quelle settimane furono da incubo, nessuno mi chiamava e in ambulatorio in un mese vennero solo cinque giovani per il certificato di sana e robusta costituzione per iscriversi in piscina.

Eravamo alla fine dell’inverno, chiesi e ottenni dall’ASL di pertinenza l’elenco dei miei assistiti e che cavolo?

Erano mille tra giovani e anziani, tutti in perfetta salute?

In auto visitai tutte le frazioni, dodici, nelle bacheche comunali, notai un laconico messaggio che più o meno recitava:

“Il nuovo medico è disponibile per le visite, sia in ambulatorio che presso il comune o a chiamata del paziente, questi sono i numeri di telefono”

E amen!

Questo era tutto!

Non dormivo la notte, mi sfogai con l’unico che mi potesse ascoltare Aldo tramite skype, ed è altrettanto inutile riportare la sua risposta, “…vieni qui, diceva…” ma non volevo, ci doveva essere un modo per farmi conoscere.

Era domenica, dopo una notte insonne, l’ennesima, ascoltando il suono delle campane, mi affacciai alla finestra, vedevo gruppi di persone che si avviavano in chiesa, era poco distante dalla pensione, mi vestii in fretta… dovevo farmi conoscere, farmi vedere, dovevo andare, inventarmi qualcosa!

Ma non arrivai mai in chiesa!

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Avevo gli occhi chiusi, sentivo un profumo invitante, il mio olfatto stava registrando dei profumi intensi, un misto di cannella, farina e olio, non volevo svegliarmi, volevo bearmi ancora di questo sogno, immaginavo una cucina, il vapore dalla padella, un cestino immacolato per le frittelle, una tavola imbandita per la colazione, del latte fresco, e…

…provai a girarmi!

-Oddio!

Lanciai un urlo e aprii gli occhi

– Ma dove sono?

Un dolore lancinante annebbiò la vista, in quei pochi secondi di lucidità, prima di tornare nel buio, vidi accorrere due persone, erano indistinte, solo una cosa riuscii forse a distinguere, una delle due ombre, era un uomo con un cappello nero a falde larghe.

Tutto buio quando mi risvegliai, l’unica fonte di luce, era un piccolo lumino elettrico sotto l’effige di una Madonna, stentai a realizzare, poi lentamente con le mani, accarezzai la coperta, era di una morbidezza assoluta, una finestra di fronte al mio letto ammiravo la luna tra due vette montagnose, con la sinistra, scostai la coperta, gli occhi si erano abituati al buio, ora distinguevo quasi tutto della stanza, strano, ma dove mi trovavo, la casa era immersa nel silenzio, c’era un armadio a due ante con uno specchio al centro, solo allora riflessa nello specchio, vidi di fianco una poltrona con qualcosa sopra, tentai di girare la testa, ma lo feci talmente bruscamente, la stanza iniziò a roteare, mi imposi la calma, toccai la fronte, avevo un grosso cerotto sopra all’occhio destro, ecco perché avevo la vista a senso unico, cercai di muovere le gambe, la sinistra rispose alle mie sollecitazioni, ma la destra…gran dolore!

Urlai e chiusi gli occhi

– Ma dove sono!

Sentii un trambusto, poi una mano sul petto

– Stai fermo!

Era una voce maschile, ferma e autoritaria, la sua pressione sul torace era forte

– Stai fermo! Non ti muovere, sei caduto e ti sei procurato una forte distorsione del piede destro e nel perdere l’equilibrio hai battuto la testa, fermo, stai tranquillo!

Tutto questo detto con fermezza, ma anche con calma e dolcezza, produsse il risultato che voleva, il mio respiro da affannato iniziò a diventare regolare, non potevo vederlo in viso, ma percepivo da una lunga barba, un sentore di tabacco, forte ma per nulla sgradevole, finalmente riuscii ad articolare una frase

– Grazie.

Allentò la presa sul torace, mi rimboccò la coperta

– Sei a casa mia, stai tranquillo, domani vedrai ti sentirai meglio, ma per il momento dobbiamo attendere…

– Cosa?

– Che si assorba l’ematoma sull’occhio, se così non fosse domani ti porto in ospedale.

– C’è una lacerazione?

– No.

– Ecco perché!

– Si.

La sua voce era un tranquillante, chiusi gli occhi e ricordai una reminescenza della lezione di chirurgia d’urgenza, il nostro caro professore:

“Gli ematomi sono la difesa dell’organismo, non sono deleteri, ma se passate ventiquattro ore la ferita inizia a pulsare e diventa dolorosa, bisogna intervenire chirurgicamente onde escludere che possa procurare altri danni…”

e mi addormentai.

Ma prima che il mondo dei sogni si impadronisse di me, ascoltai

“Papà tutto bene?”

“Si Lea, il tranquillante sta facendo il suo effetto”

“Ti do il cambio, stenditi!”

“Ma no, tranquilla”

“Insisto, domani sono certa, non mi permetterai di portarlo da sola in ospedale, io sono abituata a stare sveglia la notte, ti prego stenditi vicino a Licia, sta riposando sul tuo lettone”

“Hai ragione, vado! Però se si dovesse svegliare chiamami, devo controllare l’occhio e se fosse necessario somministrargli un calmante”

“Certamente!”

Chi era?

Chi erano?

E mi addormentai!

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“Aldo ma tutta questa gente?

Tranquillo sono qua per te, sai è da tempo che aspettavano un pediatra da queste parti.

Non ci posso credere .

Credici, credici, vedrai la villetta che ti hanno procurato.

Sul serio?…”

Aprii gli occhi

– Ma come fa freddo qui…

– Tranquillo, non ti preoccupare è l’effetto del sedativo.

Una voce di donna e sentii una mano calda, tutto era ancora buio

– Ho freddo!

Avevo sognato, ero ancora in quella stanza sconosciuta, vidi l’ombra che mi aveva trattenuto, alzarsi per poi ritornare con una coperta, bella sensazione, quando il corpo si sente protetto

– Chi sei?

– Devi cercare di riposare.

– Chi sei? Cosa mi è successo, ti prego, ho la testa annebbiata, non capisco, ma dove mi trovo, perché sono qui?

La voce si addolcì

– Se mi prometti di stare tranquillo, te lo racconto.

Non risposi, cercavo di vederla, ma non ci riuscivo, sentivo solo il fruscio dei capelli che si muovevano

– Si.

Complice la luna, intravidi i tratti del suo viso, era molto giovane, un viso allungato, degli occhi quasi a mandorla, tutto era proporzionato, mi sembrava una dea scolpita, ammutolii, lei iniziò a parlare ma non ascoltavo, la stavo ammirando, ad un tratto

– Ma non mi ascolti?

Mi uscì spontaneo

– No

Stupita

– Ma allora…

-Sei bellissima!

Si stava allontanando, feci appena in tempo a prenderle la mano

– Non andartene, ti prego, ho freddo!

Non disse nulla, ma lasciò la sua mano nella mia e il tranquillante fece di nuovo il suo effetto, caddi in un sonno profondo.

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Quando il pomeriggio successivo mi svegliai completamente, la ragazza che mi aveva fatto compagnia quella notte, non c’era più, tant’è che pensai di aver sognato, ma poi un foulard dimenticato bianco con orchidee colorate sopra, mi diedero la prova della sua esistenza, non dovetti nemmeno chiamare, perché non avendo più dolore alla gamba destra provai a scendere dal letto con cautela e iniziai a fare dei passi, era si dolorante, ma era sopportabile, mi avvicinai allo specchio per controllare la medicazione sopra l’occhio e con grande piacere, mi accorsi che l’ematoma si stava assorbendo, ero talmente intento a guardarlo da non rendermi conto che qualcuno era entrato

– Allora figliolo, come va?

Mi girai e c’era un signore sulla settantina, vestito accuratamente con una barba bianca folta e lunga e un paio di occhiali cerchiati in oro

– Meglio, grazie signore.

Si avvicinò

– Fammi vedere!

Con molta competenza osservò l’ematoma, poi mi fece sedere su una poltroncina e esplorò dal ginocchio in giù la mia gamba destra

– Bene, bene, questi medicinali d’oggi, fanno miracoli e quel gel che ti ho cambiato più volte sull’ematoma, mentre dormivi ha avuto l’effetto che doveva, prova di un buon prodotto.

La sua meticolosità, nel lavarsi le mani, dopo aver versato dell’acqua nel lavabo di fronte al letto, mi illuminò la mente

– Ma lei è un medico?

Quando si girò sorrise

– Ebbene si, sono il Dott. Ascanio Brà e tu sei il Nino il medico che è stato chiamato per sostituirmi per limiti d’età!

Per la meraviglia, spalancai la bocca e non riuscivo a chiuderla, mi sembrava opportuno dargli la mano

– Sono onorato, mi chiamo Nino.

La sua stretta era forte e sincera

– Lo so, ovvero, non sapevo quando ti hanno portato chi eri, ma stamattina quando la governante è venuta a chiamarmi per una visita, ero qui a cambiarti la medicazione, e lei ti ha riconosciuto, sono stato sorpreso, sapevo della tua venuta da parte dei mie ex pazienti, ma non avevamo ancora avuto modo di conoscerci e invece per un caso fortuito, adesso eri nel letto di mia figlia…

Di tutto quello che aveva detto, l’unica cosa che mi era rimasta impressa, “mia figlia”, ecco, allora chi era quella ragazza

– …mi devo scusare con lei, ma non sapevo di voi, ovvero, ho sbagliato a non venire prima da lei, nessuno qui mi vede come un medico, anzi, per dirla tutta, sto passando un brutto momento.

Si stupì

– Lascia stare, dimmi come ti senti adesso?

Feci dei movimenti

– Bene signore.

– Se vuoi puoi rimanere ancora qui.

– No, la ringrazio, domani ho ambulatorio e non vorrei fare un torto a quell’unico paziente presente e poi vorrei togliere il disturbo, di certo sua figlia vorrà dormire nel suo letto stanotte.

Dissi tutto d’un fiato

– Come vuoi! Ti aspetto di la, la mia governante ha chiesto di poter prendere un cambio nel tuo albergo ed è la sulla sedia, il pantalone di prima era lacerato, l’ha messo in quella borsa con il resto, fai con calma, hai tutto il tempo.

– Posso sapere cos’è successo?

E lui uscendo

– Certo! Stasera sei a cena con me, ne parleremo a tavola.

E uscì!

Mi rivestii con calma, riposi il pigiama prestato nella borsa e senza un perché infilai anche il foulard, poi iniziai ad avere una strana sensazione, realizzai, forse avrei incontrato quella ragazza che mi aveva assistito nella notte e solo al pensiero, sentivo un disagio e nel contempo ero contento, tesi e antitesi, la mia vita, sarei venuto a sapere cosa era successo, avrei conosciuto di più l’uomo che mi aveva curato e perché no, avrei potuto chiedergli dei consigli.

Ero quasi pronto, quando sentii bussare discretamente alla porta

– Dottore, tutto bene?

Voce di donna, pensai che fosse lei, mi alzai per aprire, ma c’era una signora, sulla cinquantina

– Sono Delia la governante, tutto bene?

– Si grazie.

– La cena è pronta, se vuole venire?

Imbarazzato e rosso come un pomodoro

– Arrivo!

Tirai un gran respiro e… ahimè lei non c’era!

Mi trovavo in un saloncino, molto ben curato, il camino era acceso e il dottore mi aspettava a tavola, forse fu la mia espressione, oppure il mio silenzio, guardava tutte le mie espressioni

– Siamo solo noi!

E con questo mi aveva detto tutto e niente, cenammo quasi in silenzio, poi

– Perché mi trattano così?

Lui

– Non ti trattano in nessun modo, devi dare il tempo e poi capiranno.

Sorpreso

– Ma non mi danno l’opportunità, mi evitano, sono inesistente.

Con un cenno della mano mi fece accomodare su una poltrona nei pressi del camino, lentamente iniziò a preparare il suo sigaro ed io ebbi il tempo di guardare sopra la mensola, c’erano delle foto, alcuni ritraevano lui con una bella signora, poi lui con una ragazza, aguzzai la vista, poteva avere la mia stessa età, capelli neri come la pece, un sorriso smagliante incorniciato in un viso ovale, era bella!…”….

…segue…
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