17 luglio 2021 – Diario di un “sognatore” – “Il Maestro”– Quinta parte

17 luglio 2021 – Diario di un “sognatore” – “Il Maestro”– Quinta parte

L’arrivo al Pronto Soccorso…

da pag.89

“…

– E vivo Isa

Stava in un angolo impietrita, non riusciva a muoversi, la vidi così indifesa che volevo andarle vicino per tranquillizzarla, ma non potevo. C’era qualcosa di grave, avevo già vissuto questa scena dieci anni prima, con mio padre. Presi il telefono e chiamai il 118, spiegai cosa era accaduto e quello che avevo notato. Dopo pochi minuti arrivarono due autoambulanze, una normale ed una di rianimazione cardiologica.

Nel frattempo avevo detto ad Isa di vestirsi.

Accompagnai la squadra dal Maestro, il medico si rese conto che stava andando in blocco respiratorio, decise di portarlo al pronto soccorso con l’ambulanza cardiologica e di rianimazione. Scendemmo, presi le chiavi dietro la porta e la chiusi. Tutto in silenzio. Isa non riusciva dire una parola, era appoggiata a me come un naufrago si aggrappa a qualsiasi cosa che lo possa tenere a galla.

Arrivammo giù, l’infermiere chiese se qualcuno voleva venire con l’autoambulanza, guardai Isa, risposi di no che sarei venuto con l’auto, feci accomodare Isa e seguii l’autoambulanza, nel frattempo:

– Hai qualche cartella clinica di tuo padre?

– No

– Tuo fratello?

– Si

– Allora chiamalo e domanda se ha tutto in formato digitale, specialmente gli ultimi esami.

Così mentre stavamo andando in ospedale, Isa chiamò il fratello, spiegò cosa era accaduto, poi non riusciva più a parlare, mi passo il cellulare:

– Salve sono Rino, sto accompagnando Isa in ospedale, per caso gli ultimi esami sono in formato digitale?

– Salve, sono Riccardo, si

– Allora puoi mandarla sulla mia posta elettronica

E gli diedi la casella email

– Grazie

– Di nulla ti farò sapere

Ridiedi il cellulare a Isa e lei chiamò la sorella in Germania raccontando in breve quello che era accaduto. Eravamo in arrivo, andammo all’accettazione:

– Sono la figlia di quel signore che è arrivato adesso

– Mi dia le generalità lo stanno già visitando, l’hanno portato in cardiologia.

– Posso chiedere un piacere…”

…dopo poche ore si prospettava un intervento difficile, lei era lì con lui, fragile e preoccupata, avrebbe dovuto distrarla e….

da pag.91

“…

Usci un medico, diverso da quello con cui abbiamo parlato prima:

– Siete voi i parenti del Signor.Giacinto

Il maestro si chiamava Giacinto, in quel momento il nome mi colpi molto, non era usuale dalle nostre parti:

– Si, sono la figlia

– Allora Signora la situazione è grave, abbiamo letto la cartella clinica che vostro fratello ha inviato, si è trattato di un embolo che è partito ed è andato ad ostruire una valvola cardiaca, ora stiamo cercando di disostruirla per via laparoscopica, se riesce bene, in caso contrario dovremo operare.

Isa non aveva la forza di dire nulla

– Siamo nelle vostre mani dottore

Dissi io e lei aggiunse

– Ci fidiamo ciecamente, fate il possibile.

Il medico disse che ci avrebbe fatto sapere altre notizie e andò via.

Dovevo far reagire Isa, non riuscivo a vederla in quello stato:

– Isa, te la senti di dire ai tuoi fratelli quello che ha appena detto il dottore?

Lei mi guardò, capi che era necessario farlo, specialmente se si doveva fare un operazione di cui aveva capito la gravità e iniziò a telefonare allontanandosi un poco dall’ingresso.

Solo chi ci è passato può capire lo stato d’animo che si prova a stare in attesa di notizie in una sala d’aspetto di un ospedale, ero ritornato con la mente a dieci anni addietro. Lo stato di impotenza è totale, ogni fruscio che senti, guardi quella porta, sperando che non siano brutte notizie. Stava piangendo a telefono, non potevo fare nulla in quel momento, sono momenti cosi tragici e intimi che chiunque in quel momento da fastidio.

Terminò le telefonate, la sorella disse che prendeva il primo aereo per Napoli, Il fratello disse di far sapere notizie e se era il caso sarebbe partito pure lui.

L’attesa, ci avete mai fatto caso che sia per le cose belle che per quelle meno belle, l’attesa è micidiale, ti lascia senza forze.

Sono passate due ore, nulla di nuovo, siamo come due fili elettrici, se ci toccassimo faremmo scintille. Siamo in silenzio, ogni tanto cerco di dire qualcosa, ma lei è muta e smarrita.

Si apre la porta:

– Abbiamo dovuto prima farlo riprendere perché era in carenza di ossigenazione, abbiamo fatto tre tentativi, per smuovere l’embolo, nulla, abbiamo parlato anche con suo fratello, ha chiamato tramite il suo primario. Aspettiamo e facciamo l’ultimo tentativo. E’ vivo e vedrete che si riprenderà.

Ringraziammo, le andai vicino:

– Non perdere mai la speranza, mai. Ce la farà e se io sono testardo come una capra irlandese, lui è forte come una quercia…..”

A domani…

Araldo Gennaro Caparco

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