Trilogia – Se devi sognare, esagera! – Primo capitolo “Il Maestro”

Trilogia – Se devi sognare, esagera! – Primo capitolo “Il Maestro”

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Il Maestro.

Erano mesi che ogni fine settimana, affacciandomi dal balcone di casa mia, notavo un’auto alle 4 del mattino, in particolar modo il sabato o la domenica, stazionare sotto il palazzo di fronte alla mia abitazione.
Un giorno decisi di capire, cosa e chi aspettasse!!
Mi posizionai la sera prima e parcheggiai l’auto in modo che la mattina potessi agevolmente spostarmi. L’Indomani, pur non avendo la certezza, mi svegliai alle 3 e con un plaid entrai in un’auto gelida nel buio totale in attesa.
Certo di fare una cosa stupida, ma mi sentivo tonico per l’avventura che forse mi aspettavo, di certo poteva essere anche una delusione, ma era un’ipotesi che allontanavo, c’era qualcosa, mi intrigava e ciò mi bastava.
Puntualmente, alle 4 arrivò l’auto e si fermò in attesa.
Tolsi il plaid in fretta , misi le cintura e …alle 4.05 scese una persona, si intravedevano solo i capelli bianchi, era intabarrato con un grande mantello per proteggersi dal freddo ed aveva una valigetta in mano, strana forma, era un rettangolo abbastanza corposo, entrò in fretta in auto dal lato posteriore e in un attimo l’auto si mise in moto.
Feci altrettanto, dopo trenta secondi, complice il semaforo alla fine della strada, la raggiunsi…..

L’auto proseguiva lesta, la mia non era all’altezza, per fortuna avevo preso la più grande, mi tenevo a debita distanza, ma che bello vedere il cielo stellato, poche auto in giro, ma è meglio non divagare.

Le cose si mettono male, l’auto sta filando verso l’autostrada e ora? Vado.

Se si inizia una cosa si porta anche a termine.

Telepass a posto, benzina a posto, inserisco il navigatore, siamo in direzione Napoli. Onde evitare di fare il trenino, sorpasso e mi tengo sulla terza corsia, mi faccio superare, mi allontano, e ora? Che succede? L’auto mette la freccia e si avvicina ad un’area di sosta dove vedo stazionare un furgoncino. Non posso non superare, accidenti. Decido di fermarmi alla prossima area di sosta, a trovarla, eccola è prossima, metto la freccia e in  quell’istante con la coda dell’occhio intravedo l’auto, sta sopraggiungendo con il furgoncino al seguito, stavolta in velocità.

Elimino la freccia e mi metto sulla scia, loro aumentano e io arranco, ma sono fortunato la sagoma del furgone mi fa da segnalatore, usciamo dall’autostrada, direzione tangenziale, non c’è un’anima, qualche fornitore e trasportatore. Il navigatore mi da indicazione che siamo sulla via per il mare, ma alle 4.35 chi va al mare? Pensieri scomposti, mi concentro, siamo sulla strada di Pozzuoli, direzione porto e qui le cose diventano difficili, c’è un andirivieni di auto e camioncini, cerco di non perdere l’obiettivo, scendiamo per viuzze verso il mare, certo le scorciatoie sono ben conosciute all’autista dell’auto, ma a me no!

Prossimo incrocio alla fine della strada a T, esco, mi fermo, scomparsi!

Vediamo, ho due opzioni, la destra non mi piace nemmeno per le strade, decido di andare a sinistra, quando tutto manca riprendo la strada inversa e torno a casa. Complice la strada semideserta, cammino a passo di lumaca, sostando nei pressi delle traverse, nulla. Ma dove mai sono finiti? Quando ho quasi perso la speranza, in lontananza, quasi come si facesse l’occhiolino, una grande “ P” di parcheggio, si accende e si spegne mi guida.

Arrivo in uno spiazzo enorme con decine di auto in sosta, mi lascio guidare da una freccia a terra alla ricerca di un posto per fermarmi e che diavolo, almeno mi godo l’alba in riva al porto, male non sarebbe, ma di certo non era quello che volevo fare.

Ecco, vedo un posto, di fianco un’auto spegne i fanalini posteriori, passo vicino e…

Bingo!

Oggi deve essere la mia notte fortunata, riconosco l’auto e vedo “capelli bianchi” sta scendendo, prima un bastone e poi (ma il bastone non c’era quando è sceso da casa, evidentemente era nella sua auto), un fascio di luce improvviso lo illumina, strano, il bastone ha il pomo a forma d’uovo, ma non quello piccolo,  ma quelli di un’oca, certamente sarà d’avorio.

Giro e parcheggio, non mi muovo dall’auto, vedo le due figure a passi veloci si dirigono verso sinistra, scendo e faccio il loro stesso percorso, il furgone non c’è, l’avranno lasciato da qualche parte, oppure c’è un altro ingresso, chissà! Non mi devo distrarre e nemmeno farmi vedere, a debita distanza osservo, parlottano tra di loro, fa freddo mi guardo intorno e inizio a sentire un vociare in lontananza. “capelli bianchi” è senza valigetta, l’avrà dimenticata? O l’avrà lasciata di proposito in auto? Domande senza risposta!

Ci siamo, vedo le barche ormeggiate cullate dalle onde con le bandierine che si muovono a seconda del vento e dell’ondeggiamento, una serie di capannoni, tutti uguali e illuminati a giorno, sul lato opposto al mare, in fila, tanti furgoncini parcheggiati, si sentono delle voci, entro seguendo “capelli bianchi”.

Ora ho  capito! Siamo al Mercato del Pesce!

Se fuori, c’è silenzio, qui mi sembra la festa patronale.

Una cosa simile l’avevo vista solo in televisione, ai lati dei nastri trasportatori trasportano delle cassette ricolme di pesci, in fondo un poggio da dove una persone urla delle cose incomprensibili con un tabellone sulla testa che scandisce dei secondi e di lato un altro tabellone con dei nomi che cambiano (Gabbiano, Veloce, Serena, Zio Toni, Sguattera, Potente, Delfino) e  al centro un cerchio numeroso di persone, in silenzio. Nonostante lo stupore non perdo “capelli bianchi” il quale deve essere ben conosciuto da queste parti visto che il gruppo di persone si allarga per farlo arrivare al centro e lui con un cenno del capo saluta.

Mi concentro sulle parole del banditore, sta informando del contenuto delle prossime cassette sul nastro davanti alle persone, arrivano, si fermano e parte il contatore dei secondi, in un attimo non capisco perché, continuano il loro viaggio e il banditore urla, vendute. Ma a chi, nessuno ha parlato, ne ho sentito offerte?

Da dove mi trovo non posso capire è arrivato il momento di spostarmi, anche perché vorrei vedere il viso di “capelli bianchi”. L’unico modo è posizionarmi ad uno dei due lati del banditore, possibilmente senza farmi vedere. Ci riesco, non senza difficoltà, il pavimento è viscido e non vorrei finire all’ospedale. Ecco da qui vedo meglio, ma “capelli bianchi” è coperto. Il banditore urla un altro arrivo, non avevo notato che sotto il tabellone una striscia scorrevole porta il costo del carico di pesce, giro lo sguardo verso le persone e con impercettibili segni, il valore della merce aumenta, 5.000, 7.000, 9.000, poi lo vedo, il pomo del bastone si alza, l’offerta e di 11.000 euro e la sirena avverte che il tempo è scaduto.

Aggiudicato!!

Sono senza parole, un gesto e l’offerta è valida per tutti. Che freddo che fa qui dentro, ma dove è andato? Non lo vedo più….

In lontananza vedo una scritta “cassa” e quindi di sicuro sarà andato a saldare, l’unica cosa è ritornare all’auto, e attendere.

Detto e fatto, mi dirigo all’auto, la sua è ancora li, sono le 5.30 mi assale la stanchezza, mi porta un leggero annebbiamento, sarà stata la tensione, ma chi me l’ha fatto fare.

Pensieri scomposti, mi devo svegliare e finire quello che ho iniziato.

L’auto mi sembra una stufa, nonostante il freddo del mattino, l’alba è prossima vedo fondersi cielo e terra, i gabbiani sorvolano la zona evidentemente sanno che qualcosa per loro ci sarà, lo sento mi sto quasi addormentando con il plaid sulle gambe.

All’improvviso nel silenzio, sento delle voci distintamente, qualcuno parla ad un cellulare ed è in avvicinamento, trattengo il fiato, abbasso il finestrino, aria gelida e resto in ascolto: “allora il carico è arrivato?” –  “noi qui abbiamo terminato, fra un’ora saremo in sede, fatemi trovare tutto pronto che iniziamo!”.

Fine della telefonata, dallo specchietto retrovisore vedo “capelli bianchi” distintamente, la luce dell’alba mi aiuta  e come una macchina fotografica, registro i suoi dati: folta capigliatura fresca di doccia, il vento la scompiglia, mani ossute con dita molto lunghe aggiustano i capelli scomposti, il viso racconta la sua età, dai 70 agli 80 anni con rughe dolci sul volto, occhi penetranti e vividi, stop, null’altro, sparito dalla mia visuale sta per entrare in auto.

Si ricomincia!

Questa volta non ho il furgoncino a farmi da guida, quindi dovrò essere attento e seguire l’auto da lontano per quanto possibile,  lasciamo il parcheggio, ci  dirigiamo verso la tangenziale, no, la direzione è quella ma prendiamo la strada interna, stiamo andando verso Castel Volturno ed anche ad una velocità sostenuta.

Guardo l’indicatore del  serbatoio, è quasi a metà, speriamo di non rimanere senza benzina, le strade sono libere, non passa quasi nessuno, accendo la radio per farmi compagnia, ma dico? chissà dove sta andando, cosa deve fare, che carico?

Accidenti!

Lasciamo la marina e passiamo sull’asse mediano direzione Capua, ecco dove voleva arrivare al casello dell’autostrada, e ora? Quale direzione? Napoli o Roma, speriamo Napoli, qui rimango a secco. No, direzione Roma. E ora, non posso perdere tempo, devo fare rifornimento, quindi accelero e supero, gioco in casa, conosco bene la strada la prima stazione di servizio è Teano, mi fiondo e affondo il pedale dell’acceleratore.

Deve essere per forza una notte, ovvero un giorno, fortunato, esco dall’area di servizio dopo il rifornimento e lui è davanti a me in terza corsia, lo vedo oramai è la sua auto, ce l’ho fatta.

La prossima uscita è Cassino, posso rilassarmi un poco, allora dove uscirà? Uscirà? O andremo verso Roma? Mentre pensavo a questo, ecco che mi sorpassa il furgoncino lasciato a Pozzuoli, evidentemente avrà fatto il suo carico e ci ha raggiunti, ecco spiegato la velocità di crociera erano in attesa del furgone.

Difatti adesso si fila che è una meraviglia, corsia centrale, sorpasso, corsia centrale, sorpasso.

Freccia, siamo prossimi a Cassino, ecco la metà, forse!…

Ci inoltriamo verso la città, oramai siamo alle 07.30, le persone iniziano a muoversi, il traffico non mi aiuta, ma riesco comunque a non perdere di vista l’auto.

Stiamo andando verso la zona industriale, così recita un cartello appena oltrepassato, dedalo di vie tra capannoni, nudi e deserti.

Ecco la freccia, si svolta a sinistra, lungo rettilineo, in fondo vedo qualcosa, si è una struttura in cemento e vetro tutta illuminata, quasi come ad una festa, l’auto si dirige sul piazzale di ingresso dopo la sbarra, una guardia giurata ha aperto il varco e poi chiude, è finita!

Supero, è inutile cercare di entrare, non ho nessuna ragione per entrare, mi posiziono in modo da non essere visto dal vigilante, scendo.  In alto troneggia un enorme tabellone “La Mimosa” s.p.a., e che sarà? Mi affaccio al di la delle grate di protezione sulla strada, “capelli bianchi” sta scendendo, questa volta senza bastone ma con la sua strana valigetta, si avvia a passi veloci verso una delle entrate, di lato vedo due furgoni parcheggiati, li riconosco sono gli stessi del porto, l’altro certamente sarà per l’altro “carico”, quale carico?.

Non faccio altro che fare delle domande, se dovessi raccontare questa storia, mi rinchiuderebbero, ho pedinato un perfetto sconosciuto, un mio dirimpettaio di palazzo, a che pro?

E poi che ci faccio a Cassino? E a Pozzuoli?

Sto maturando l’idea di andare via, prima di fare altri danni a me stesso, è perfettamente inutile fermarmi, la struttura è enorme, se cerco di entrare entro a far parte di quelle persone da codice penale, vado via, sarà una frustrazione per non esserci riuscito, ma almeno sarò libero, me ne farò una ragione.

Nel frattempo accedo la seconda sigaretta della giornata, mi guardo intorno, decido di fare qualche passo intorno, alberi, alberi dovunque, uccellini che salutano il mattino, fregandosene del sottoscritto e dei suoi pensieri, sono arrivato all’angolo, ci sono diversi autotreni, in posizione di carico, strano, non hanno nessuna scritta pubblicitaria, bianchi come il latte.

Il silenzio dalla struttura, non ha eguali, non c’è un rumore, poco distante noto un gruppo di persone con camici bianchi che stanno entrando, sarà una struttura sanitaria? Poi ecco in un altro spiazzo alle spalle della struttura, decine di auto, segno di tante persone all’interno.

Il mistero si infittisce, basta, devo trovare un modo.

Ritorno all’auto, faccio delle ricerche sul telefonino, nulla non mi riporta nessun tipo di attività, l’azienda viene menzionato come “società si servizi”, strano per una s.p.a di quelle dimensioni.

Metto in moto, faccio tutto il perimetro dell’azienda, lo rifaccio per la seconda volta, ho deciso cosa fare!

Ho deciso farò la “pecorella smarrita”.

Mi avvicino al cancelli d’entrata, fermo l’auto e chiedo alla guardia giurata:

  • Buongiorno, vorrei un’informazione, mi sono perso per queste strade, non sono di qua, potrebbe indicarmi per l’autostrada?

Vedo che la guardia giurata mi guarda, come un ex terrestre, poi esce dalla guardiola e viene verso di me:

  • – Lei è distante dall’ingresso dell’autostrada, difficile dare delle indicazioni, noi siamo nella zona industriale a nord di Cassino e lei deve tornare indietro.
  • Grazie, ma se mi da qualche indicazione, evito di girare a vuoto, con il pericolo di rimanere senza benzina.

Pazientemente, rientra nella guardiola per uscirne poco dopo con una cartina:

  • Ora le faccio vedere, lei si trova qui, deve prendere questa strada proseguire per due chilometri, poi svoltare a destra, il primo incrocio a sinistra e si troverà a Cassino centro, da li può agevolmente chiedere ulteriori informazioni per l’autostrada.

Capisco che il mio tentativo sta vacillando:

  • La ringrazio, buona giornata.
  • Buona giornata.

Faccio finta di andare verso l’auto, nel frattempo arriva un auto a tutta velocità, la sbarra si è alzata prontamente e poi…torno indietro.

  • Quasi ci investiva!!

Dico sconsolato ad alta voce a il guardiano:

  • Evidentemente si sono dimenticati di qualcosa di molto importante.

Mi risponde, allora mi attacco alle ultime parole:

  • Di certo sarà così, ma come è grande questa struttura, è nuova?

Ho giocato sporco, lo so! Ma non potevo trovare di meglio, quel “ci investiva” ha gratificato la guardia ed io ho avuto l’appiglio che cercavo, non deve essere semplice passare otto ore in una guardiola senza poter parlare con qualcuno e ho stimolato a dirmi quattro parole.

La guardia riesce dal guardiola e:

  • È un anno domani, è una struttura polivalente e sofisticata.

Meglio non entrare in dettaglio, potrebbe insospettirsi, allora:

  • Per fortuna ci sono queste realtà per il lavoro, oggi è difficile trovare lavoro come lei ben sa, sono venuto a Cassino perché ho un colloquio di lavoro nel pomeriggio e mi sono avviato per tempo anche per conoscere il luogo che non conoscevo, vengo da Caserta.

Sono un bugiardo, lo riconosco, ma è la mia curiosità innata e voglio sapere al più presto,  senza fare danni dove “capelli bianchi” mi ha portato, evito di guardare la guardia, mi sta soppesando lo sento, mi sta squadrando e il mio vestire casual e pratico non mi aiuta, ci vuole un rinforzo e prima che lui parli:

  • Ho prenotato una camera nell’albergo dove devo avere questo colloquio di lavoro.

Bingo, ci ho azzeccato, la guardia sorride rilassato e:

 

  • Si è vero è difficile, ma non impossibile per quelli con una professionalità e passione da vendere, in questa struttura lavorano circa 60 persone, quando devono preparare un evento, vengono da tutte le parti e anche da fuori regione. Ma lo sa che una persona viene qui anche da Caserta?

Ci siamo!

E ora come me la gioco questa notizia, che dico? Cosa mi invento? Dimostrarmi molto interessato oppure no? Chiedere informazioni dirette o indirette? Sorvolare?

Ho poco tempo, davanti, non devo sbagliare, mi gioco tutto…

E’ strano, quando arrivi ad un traguardo, in qualunque ambito, resiste una certa ritrosia nel voler conoscere la verità, quasi un rifiuto, un desiderio di allontanare quel momento tanto agognato.

Cosa faccio? Cerco di non far capire il mio interesse senza tirare troppo la corda:

  • Per la miseria, 60 persone, sono tante. Avete parlato di eventi, preparano qualche Mostra?
  • No, assolutamente, sono qui al lavoro da stamattina nella preparazione degli ingredienti per un evento speciale che si svolgerà a Roma nel pomeriggio.
  • Ingredienti? (esprimo stupore, che faccia di bronzo che sono!?
  • Si, tutto deve essere pronto per quando arriva Il Maestro!

 

Vogliamo scommettere, vincerei facile forse:

 

  • Il Maestro?
  • Si, è lui che coordina il tutto, ora mi dispiace ma devo fare i controlli orari, tutto deve seguire un protocollo per l’ora della partenza.

Oh cavolo, mi sta sfuggendo la fine, cosa faccio? Domanda diretta a risposta diretta, è l’unica soluzione:

  • Ma quella persona che viene da Caserta, per caso è lui Il Maestro?

La guardia mi guarda sorridendo, ha captato, il campanilismo regionale mi ha colpito e sorridendo:

 

Mi saluta sorridendo e se ne va.

 

Ecco chi è, uno chef!

 

Capperi ora si spiega la valigetta rettangolare, di certo saranno i coltelli, uno chef di un certo livello, non si separa mai dai suoi “ attrezzi” del mestiere.

Ecco ho raggiunto la mia curiosità, un senso di gioia mista stupore mi pervade.

 

Uno Chef, e che Chef per avere uno stuolo di aiutanti di questa portata, l’auto personale, l’acquisto del pesce migliore, il secondo carico di certo sarà composto dagli altri ingredienti. Capperi, ho una storia fenomenale da raccontare, pensieri scomposti, chi mi crederebbe? Non ho uno straccio di prova se non la mia parola, e poi a chi raccontarla o farla conoscere?

 

Però!

 

Un nostro concittadino, Chef di una certa età, che si muove dalla sua città per andare in un’altra regione e coordinare 60 persone, deve avere una storia, deve essere speciale, sarebbe bello saperne di più.

 

Sarebbe bello farlo sapere, non è di tutti i giorni una storia così! Certo non fa una piega, ma cosa altro potrei fare?

La guardia giurata è rientrata al suo lavoro, prendo l’auto e metto in moto e non mi accorgo che sto rifacendo la strada di prima che corre per tutto il perimetro dell’azienda. Sono ancora assorto nei miei pensieri, oramai il sole è alto.

 

Non può finire così, continuo a ripetermi, non può finire così!

 

Niente non mi viene nessun piano da seguire, a malincuore prendo la strada verso Cassino.

 

Dopo cinque chilometri circa, vedo l’insegna di un bar, si meglio prendere qualcosa prima di tornare a casa, mi fermo, ci sono delle auto fuori , dei tavolini lindi e puliti sotto ad una veranda aperta, mi siedo e sono sempre assorto nei miei pensieri non mi accorgo di un cameriere, mi sta chiedendo qualcosa:

 

  • Posso portarle qualcosa?

Mi sveglio dal “letargo”, lo guardo come se fosse un alieno, e poi:

  • Avete qualcosa di caldo, che so panini alla piastra, una buona birra per accompagnarlo?
  • Certo, tra qualche minuto.

Mi accendo una sigaretta e seguo le nuvole di fumo, uno Chef ma tu pensa!

Tutto avevo immaginato, anche di poter correre dei rischi, ma uno Chef, mai!

Il bar all’interno è molto bello, strano, pensavo fosse più piccolo dall’esterno, il mio tavolo e di fianco all’ingresso nelle vicinanze della cassa, c’è una ragazza intenta a scrivere qualcosa su un tablet, al bancone due persone e una decina i clienti, sparsi per la sala. Una musica in sottofondo discreta fa compagnia, ecco la mia ordinazione:

Addendo il panino, caldo soffice, mi gratifica dopo tanto freddo che ho preso, sto assaporando, quando squilla il telefono alla cassa….

Guardo l’orologio, ecco perché sentivo un certo appetito , sono quasi le 11.00 e non me ne ero reso conto, il panino scivola giù, è una meraviglia, non è come quei soliti panini acquistati al bar, è soffice e secondo me è fatto in casa, stamattina artigianalmente, non ci avevo fatto caso, ma oltre ad essere un bar è anche una tavola calda, hanno indovinato il posto, zona industriale, passeggio di auto e camion, attività più che perfetta per questo luogo.

  • Ah Gianni, dimmi?

Mi ero distratto un attimo, la signorina alla cassa sta rispondendo al telefono:

  • Ora domando, aspetta.

Rivolto alla persona anziana dietro al bancone:

  • Papà c’è Gianni al telefono, dice che non può venire per pranzo e mi ha chiesto se gli avevi preparato la frittata di cipolle.
  • Ma chi, Gianni della guardianeria?
  • Si
  • Si l’ho fatta , come la voleva lui, e ora?

La signorina, risponde riportando le parole del padre, ed io mi faccio sempre più attento, il panino è volato, così anche la birra, mi sento ritemprato:

  • Dice se puoi mandare qualcuno con la frittata e un pezzo del nostro pane, ha solo mezzora di intervallo, poi non si potrà muovere fine allo smonto del turno, il suo collega non si è presentato.

E’ stato un caso? L’unica persona conosciuta e con cui ho parlato è stata la guardia giurata? E’ stato un caso fermarmi in questo bar? Ora vediamo che succede:

  • Papà, allora?
  • Digli che non è possibile ora, ma più tardi, lo sa, questa è l’ora in cui si prepara in cucina e in sala e siamo tutti impegnati. Più tardi, possiamo
  • .-.-.-.-.-.–.-.–.-.–.-.-.
  • …segue…
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    Araldo Gennaro Caparco

 

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