Tre chicchi d’uva!

Tre chicchi d’uva!

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Febbraio – Carnevale

Che festa fantastica, non avrei voluto partecipare, ma non potevo far un torto ad una mia cara amica Duna, una villa stupenda sul mare di Posillipo, una terrazza per innamorati e tanta allegria, fiumi di spumate, stavamo festeggiando la proposta di matrimonio di Alberto, l’aveva chiesta in sposa e lei aveva accettato, quando seppe che stavo all’aeroporto d Los Angeles

– Lo devi fare per me, appena arrivi a Roma, chiamami,

E così feci e all’aeroporto di Napoli, trovai l’auto di famiglia che mi aspettava per condurmi alla festa, eccola

– Ti stai divertendo?

Ero stanco morto, ma cercai di fare un sorriso

– Certo!

E nemmeno il tempo di rispondere, ecco Alberto con il trenino e la musica a tutto volume

– Vieni poltrone.

Mi agguantò per il torace e fui a capo del trenino, scendemmo lungo lo scalone d’ingresso, giuro, se avessi avuto la possibilità, sarei scappato in quel momento, ma niente da fare, Duna si mise davanti a me

– Saliamo sopra!

E vai, ancora una volta, le scale, le ginocchia non mi mantenevano, a metà scala, il papa di Alberto, Ilvo

– Ti do il cambio!

L’avrei abbracciato, se avessi avuto le forze, ma volentieri lasciai la presa di Duna e lui mi sostituì, come Dio volle, mi nascosi in una nicchia in mezzo alle scale e mi feci piccolo, piccolo, per non farmi notare.

Erano pazzi, si, di gioia e innamorati!

Chi l’avrebbe mai detto!

Solo due mesi fa, erano dei perfetti sconosciuti, Duna era stata mandata dalla sua azienda ad affiancarmi, per perfezionare un trasferimento di una partita di vino dell’area vesuviana per i paesi dell’est, avevano fatto una ricerca di mercato e per loro la nostra azienda di import ed export era la più affidabile, mi arrivò un fax per avvertirmi del suo arrivo, era un affare da migliaia di euro e non potevo far finta di nulla, quando Ivano il mio segretario mi avvertì che aveva telefonato dall’aeroporto e mi stava aspettando me ne ero completamente dimenticato, stavo pianificando il mio giro di clienti in Inghilterra e poi negli Stati Uniti e mi ero completamente tolto dalla testa il suo arrivo

– Cavolo e tu che gli hai detto?

Sorpreso

– Sta arrivando!

E ora?

Stavo lottando per il mio lavoro, era il momento di fare il salto di qualità, dovevo rendermi autonomo e quella mattina avevo parlato con il proprietario dell’azienda per avvertirlo che al mio ritorno mi sarei licenziato, lui cercò di trattenermi, voleva aumentare lo stipendio, ci volle il bello e il buono per fargli capire che per me era il momento, non era una questione di soldi, ma a trenta e più anni, non potevo fare a vita il globetrotter per il mondo, alla fine sconsolato dovette registrare la mia volontà, avevo dato appuntamento ad Alberto,il figlio del titolare all’aeroporto di Capodichino per metterlo al corrente che avevo parlato con il padre e mi ero dimenticato di Duna, presi il cellulare

– Alberto?

– Si Mino

– Dove sei?

– Ti sto aspettando sono all’aeroporto.

E vai!

– Ascoltami, sono in ritardo, ma c’è una nostra e tua cliente che viene dai paesi dell’est per acquistare i nostri prodotti, potresti sostituirmi, nel frattempo che arrivo?

E incrociai le dita

– Certo!

– E vai! Grazie, si chiama Duna e ti sta aspettando agli arrivi.

Stupito

– Vado!

E questo fu!

Un colpo di fulmine, quando finalmente mi liberai, chiamai per dire che stavo arrivando, ma mi dissero che non c’era bisogno, erano in auto e stavano andando in azienda e così partii per Londra, quando feci tappa a Los Angeles, Alberto mi telefonò per ringraziarmi “Ho trovato l’anima gemella, ed è tutto merito tuo, un abbraccio”.

Ecco perché ci tenevano che fossi alla festa quel giorno, ma io non ero proprio in condizione di stare sveglio, avevo il jet lang che mi procurava un fastidioso affanno, dalla nicchia dove mi ero nascosto, guadagnai l’uscita, chiamai il tassi e dopo poco ero a casa, vestito mi buttai sul letto, abbassai tutte le tapparelle e mi addormentai profondamente.

La mattina successiva, l’ultimo di Carnevale, dopo una colazione abbondante e dopo aver ascoltato i messaggi sulla segreteria, tramite il computer inviai gli ordini che avevo collezionato nel mio viaggio, neppure il tempo di inviare le email con le copie delle credenziali e dei bonifici che erano stati effettuati dalle aziende che avevano acquistato, partite di bottiglie del nostro vino, un messaggio sul cellulare, era la mia banca che mi avvertiva di un bonifico effettuato in quel momento di venticinquemila euro, era stato effettuato da Ilvo il titolare dell’azienda, ma c’era un errore, ben quindicimila euro in più, lo chiamai

– Sono Mino!

Sentii forte una risata

– Dimmi?

– Forse avete fatto un errore nel fare il bonifico adesso.

– Nessun errore.

– Ma allora?

– Non sono riuscito a trattenerti nella nostra azienda e questo è un nostro regalo, una gratificazione per il lavoro che hai svolto in questi ultimi ordini, poi riceverai la liquidazione per il tuo lavoro prestato, un abbraccio.

Era sempre stato di poche parole, riuscii solo a dire

– Grazie, non me l’aspettavo.

E lui

– La nostra azienda avrà sempre un posto per te, ricordatelo!

E riattaccò!

Sprofondai nella poltrona e in un attimo rividi questi ultimi anni della mia vita, la nostra famiglia aveva un azienda non molto grande a san Giuseppe Vesuviano, imbottigliavamo il vino di diversi produttori e poi li commercializzavamo ai ristoranti della zona vesuviana e sorrentina con il nostro logo, una piccola raspa e tre chicchi d’uva, solo per un vezzo all’età di diciotto anni mi feci fare un piccolo tatuaggio sulla spalla destra uguale e identico al nostro logo.

Gli affari andavano a gonfie vele e mio padre, vedovo dalla mia nascita, si, perché mia madre nel darmi alla luce, perse la vita, aveva preteso dopo la mia laurea in agraria che mi diplomassi anche come enologo e non vedeva l’ora di lasciarmi le redini dell’azienda e ritirarsi a Sorrento, il luogo che più amava in Italia, era li che aveva conosciuto mia madre, ed era lì che voleva tornare, ma un brutto giorno, un attentato camorristico fece saltare in aria l’azienda e mio padre per il dolore fu colto da infarto e morì sul colpo.

Avrei potuto ricostruire il tutto, l’assicurazione aveva pagato tutti i danni, ma non ero certo nell’animo di volerlo fare, avevo ventidue anni, troppo giovane per assumermi la responsabilità di ricostruire, poi un pensiero mi assillava, avevo paura che ripetessero l’attentato con gli operai nell’azienda e così decisi di non fare nulla, Ilvo, amico fraterno di mio padre fu il mio confessore, a lui raccontai tutto e fu sempre lui che mi propose di acquistare il terreno dove c’era la nostra azienda e mi propose di lavorare con lui come responsabile commerciale.

I mandanti e gli esecutori dell’attentato furono arrestati e solo allora accettai la sua proposta, ecco questo era tutto, non volendo lavorare nei luoghi dove ero conosciuto proposi di lavorare per l’estero, fu accettato, ed erano quindici anni che passavo più tempo fuori che a casa.

Da qui la voglia e il desiderio di fermarmi, iniziavo a sentire la stanchezza, il desiderio di una relazione stabile con qualcuno, si in quegli anni avevo conosciuto tante persone e più d‘una volta avevo iniziato anche qualche relazione, naufragate dopo qualche anno miseramente, anche per colpa mia, lo riconoscevo, ma mai in quegli anni ero riuscito a trovare la persona giusta, quasi tutte straniere, con altri abitudini ed altri modi di vivere distanti dal mio.

Dovevo muovermi, avevo un aereo nel pomeriggio che mi avrebbe portato a Palermo, avevo dei contatti con delle aziende e il mio curriculum li aveva incuriositi e interessati, aspettavano solo il momento di conoscermi, dopo aver scacciato una lacrima, mandai un messaggio ad Alberto, per salutarli, immediatamente dopo pochi minuti

“Ciao fratellone, ti aspettiamo il mese prossimo al nostro matrimonio. Duna”

Ero contento!

Avevo preparato le valigie, era venuto il proprietario per vedere se tutto era in ordine, mi disse di lasciare le chiavi in portineria, feci l’ultima telefonata dal telefono fisso per avvertire la compagnia dell’invio di una mia email di disdetta a far data da fine mese, ero in prossimità della porta, sentii lo squillo del telefono fisso, pensando ad una verifica della compagnia, risposi

– Buongiorno parlo con il signor Mino……

– Si, mi dica?

– Volevamo avere notizie per quella cascina nelle Langhe.

Pensando ad uno scherzo di carnevale da parte di qualche mio amico

– Che cosa?

L’altro sorpreso

– Chiedo scusa, ma questo è il numero che ho chiamato 081 45……

– Certo!

– Abbiamo preso il numero sul podere…

Non lo feci terminare, se ero uno scherzo, era di cattivo gusto, pensai di scherzare anch’io

– Mi ha preso alla sprovvista, sto per partire per Palermo, ma di quale delle mie proprietà parla…

E sorrisi, con la mano sulla bocca

– Ho qui i documenti, sono intestati a suo nome, la cascina si trova vicino ad Alba.

– Mi ascolti, potrebbe essere così gentile da inviarmeli sulla posta elettronica, mi scusi, ma vado di corsa, arrivederci.

E chiusi la telefonata, contento di non aver dato credito a qualche imbecille, sarà rimasto con un palmo di naso, presi le valigie e mi avviai all’aeroporto, ero in procinto di fare il ckekin, squillò di cellulare, messaggio

“Ecco i documenti da lei richiesti” e di seguito c’erano due allegati DreamImmobiliare di Cuneo.

Ero curioso, abituato ad utilizzare il mio cellulare come un ufficio portatile, mentre seguivo la fila, aprii gli allegati e dopo due minuti, mi allontanai dalla fila senza parole.

Pensai di aver letto male, in uno dei punti di internet point, scaricai su un computer la mia posta elettronica e gli allegati, mi mancava il respiro, tant’è che una hostess di passaggio, vedendo il mio stato

– Si sente male signore?

Avevo la vista appannata, le lacrime agli occhi, il viso paonazzo, sentii solo le sue mani che mi slacciavano la camicia, poi

– Aiuto, datemi una mano.

Due o forse quattro braccia mi sollevarono dalla poltroncina, mi stesero  a terra e con la valigia sotto le miei ginocchia, stavano slacciando la cintura dei pantaloni

– Un attimo, sono un medico, fatemi spazio.

Fu l’ultima cosa che sentii, una voce di donna preoccupata e tutto fu buio!

– Ma dove sono? Devo partire, il mio aereo per Palermo…

Una mano mi bloccò il torace e con una certa insistenza premeva per non farmi alzare, com’era duro quel letto e chiudendo gli occhi avvertii un sentore di alcol molto forte

– Stia fermo!

La voce era perentoria e non ammetteva repliche, qualcosa stringeva il mio braccio destro, poi sentii il puff di qualcosa che si premeva e la stretta era maggiore

– Allora dottoressa?

Sentivo in lontananza una voce

– I battiti stanno scendendo, la pressione è buona…

– Lo trasferiamo in ospedale?

– No, aspettiamo, la tempra è forte, non è stato un attacco cardiaco, ma qualcosa di molto forte , un’emozione forse, aspettiamo ancora.

– Ma il suo aereo?

Chi era? Chi erano queste persone? Feci uno sforzo per aprire gli occhi

– Dove sono?

Vedevo solo una luce fortissima che colpiva gli occhi

– Stia fermo, guardi in alto…

Invece mi girai verso la fonte della voce, era una donna giovane, occhi scuri e una montagna di capelli neri, stava esplorando con una piccola torcia i miei occhi

– Che fai?

Stavolta guardai la bocca, piccola a forma di cuore, sorrise

– Non ricordi nulla?

Arrossii

– No.

Non disse nulla, continuò  con la torcia, poi si alzò, si rivolse a qualcuno

– Va bene, si sta riprendendo, tra poco lo potete sollevare.

E stava per andarsene, feci appena in tempo ad agguantare una mano, la sinistra

– Ti prego!

Lei si girò

– Cosa mi è successo?

Riuscii a liberarsi della mia mano con la destra

– Sei svenuto e ti abbiamo portato qui nell’area di emergenza sanitaria dell’aeroporto, ti ho fatto un’iniezione per far calmare i tuoi battiti, erano accelerati, ma ora stai bene, devo andare il mio aereo parte tra qualche minuto.

Avevo paura, poi la sua stretta prima di lasciare la mano, mi aveva fatto bene

– Come ti chiami?

Sorpresa

– Sofia.

Sorrise

– Grazie Sofia.

E scomparve!

Dopo un bel poco, due persone mi sollevarono

– Ora stia fermo!

La testa mi girava, ma dopo poco, tutto si fermò intorno a me

– Riesce a scendere?

– Cerco.

E fui sorpreso, mi sentivo bene, mi imposi di rimanere in equilibrio

– Tutto bene, grazie!

Mi ricomposi, loro si allontanarono, poi uscii dalla camera e trovai i miei bagagli e una cartellina

– Questi fogli erano per terra, li abbiamo messo qui dentro.

Li abbracciai, dopo riempii dei moduli per l’uscita, li ringraziai, uscii per ritornare di nuovo immediatamente

– Scusatemi un’informazione, la dottoressa?

L’uomo sorrise

– E’ partita un’ora fa!

La delusione si leggeva chiaramente sul mio volto

– Volevo ringraziarla!

– L’avevo capito, ma adesso è in volo.

Balbettando

– Per dove?

– Cuneo, sta ritornando a casa sua.

– Se la sentite potete ringraziarla a nome mio?

Dissero di si, era inutile proseguire oltre, stavo uscendo, la ragazza che era con lui mi aprì la porta per farmi passare con le valigie, le allungai la mano per salutarla e sentii una cosa metallica che passava nella mia mano, sussurrò sorridendo

– Io non ne so nulla!

E scomparve, mi allontanai un poco dalla loro postazione, in un angolo aprii la mano, era una targhetta

“Dott.ssa Sofia Calamandrei – Aeroporto di Capodichino”

ero contento, mentalmente ringraziai quella ragazza e sentivo la necessità di un caffè, ne pagai altri due con delle sfogliatelle e chiesi la cortesia di portarle al posto di emergenza.

Cosa fare adesso?

Non lo sapevo, riaprii la cartellina e tutto mi ritornò prepotentemente, mi ricordai di tutto, mi sforzai di mantenermi calmo, ma non era umanamente possibile, tutto era strano, su quei fogli, c’era il mio nome e la mia data di nascita, ed io ero all’oscuro di tutto, rilessi più volte i documenti, avrei voluto parlare con qualcuno, ma sinceramente in quella situazione non sapevo cosa fare e poi in Piemonte, perché lì mi domandavo, cercai di ricordarmi se in qualche viaggio per lavoro ero già stato in quella regione e mi ricordai solo di una volta, verso Asti anni prima, fui chiamato da un’azienda per risolvere come enologo un problema al loro vino e da allora ogni anno, ci sentivamo per i saluti e gli auguri di Natale e Pasqua, erano affezionati a me, ma in altre zone non c’ero mai stato.

Guardai l’ora e mi avviai verso il tabellone delle partenze e decisi, dovevo andare a fondo e quindi l’unico modo era andare sul posto e rendermene conto e acquistai il ticket per Cuneo, dopo un’ora c’era un aereo, quando arrivai cercai di riposare qualche ora in un albergo lì vicino, ma non ci riuscivo, trovai due messaggi sul cellulare, erano di due aziende di Palermo, mi chiedevano un appuntamento, risposi che mi sarei fatto vivo io e in aeroporto presi un’auto a noleggio, per i miei frequenti viaggi, ero in possesso di una carta oro per il noleggio che mi dava l’opportunità di utilizzarla in qualunque stato europeo, scelsi una jeep pluri accessoriata a quattro ruote motrici, e partii.

Destinazione Alba!

Mi incantai nel vedere il panorama, dopo aver lasciato l’autostrada, all’altezza di Pallenzo il navigatore mi fece fare una variazione, avevo inserito l’indirizzo che c’era sulla mappa catastale che mi era stata inviata “Via degli Oleandri – Villa Borgo di Alba”, filari e filari di vigne a destra e sinistra, collinette morbide e terreni puliti da sotto vegetazione, case rurali che si vedevano in lontananza, il sole non era molto forte e dopo una curva, una distesa di filari di vigna con degli uomini al lavoro, stavano potando, mi fermai perché il navigatore non mi dava più segnalazioni, mi avviai per un piccolo varco tra i filari

– Prego, ha bisogno di qualcosa?

In controluce non riuscivo a vederlo per bene, poi mi spostai e lo vidi perfettamente, era una persona anziana, aveva una tuta di lavoro e le forbici in mano, mi accolse con un sorriso

– Si, scusatemi, sono diretto verso Villa Borgo, ma ad un certo punto il navigatore ha smesso di funzionare, può indicarmi la strada?

Sorrise

– Si, qui c’è un problema di ricezione, ma non può sbagliarsi, prosegua per dieci chilometri, poi alla rotonda sulla prima a destra e la porterà direttamente a Villa Borgo.

Lo ringraziai e mi stavo avviando, quando squillò il cellulare, era lo stesso numero del giorno precedente

– Pronto.

– Si, mi dica.

– La chiamo per quel casale…

Mi meravigliai, come poteva avere il mio numero di cellulare

– Mi tolga una curiosità, ma come ha fatto ad avere il mio numero di cellulare?

Silenzio

– Mi dica?

– Abbiamo telefonato a casa sua e ha risposto una persona, quando abbiamo chiesto di lei, ha detto che eravate partito e avevate lasciato la casa e quindi abbiamo chiesto se avesse avuto il vostro numero di cellulare e dopo qualche resistenza, l’ha fornito.

Ecco, perché, di certo era il mio proprietario

– Ora capisco, ditemi?

– Volevamo incontrarla.

– Dove siete?

– Ad Alba, all’ingresso sulla sinistra, fino alle tredici e poi dalle quindici alle diciotto.

Il signore nel frattempo aveva assistito a tutta la telefonata

– Se per voi non è un problema ci vediamo alla riapertura dell’agenzia…..

….segue…

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Araldo Gennaro Caparco

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