Suma e il bacio rubato!

Suma e il bacio rubato!

15,00

Descrizione

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“Quella notte non riuscivo a dormire, ero in un albergo di prima classe a Rynek Starego Miasta di Varsavia, avevamo raggiunto il nostro scopo, c’erano voluti tre mesi di pedinamenti, appostamenti, ma la squadra aveva funzionato, invece di essere contento e soddisfatto, pensavo a  lei a quella stronza di Nadia, è vero, era passato un anno ma mi bruciava ancora, tornai da una missione in Cina e non la trovai più, solo un biglietto:

“In questa busta ci sono i documenti da firmare per il divorzio, non ho mai smesso di amare il mio ex e da due anni abbiamo una relazione, stiamo partendo per un nuovo lavoro in Australia, ti ho preso in giro, pensavo che i soldi mi avrebbero fatta felice, ma non mi sono bastati, amo un altro, addio!”

Non c’è cosa peggiore per un astemio, di attaccarsi ad una bottiglia di liquore per lenire la rabbia e il dolore… una sbornia colossale, una sola fortuna… i miei collaboratori!

Mi risvegliai completamente nudo nella vasca da bagno, l’acqua era gelida, il tempo di realizzare, da solo non potevo esserci caduto dentro, si aprì la porta

– Finalmente sei sveglio!

Era Cizia la mia collaboratrice e senza attendere risposta verso un secchio di ghiaccio nell’acqua

– Ma, sono nudo!

Sorrise

– Sai che sorpresa!

E uscì ridendo.

Cizia era una componente del mio team, trent’anni ben portati, esperta in armi e in arti marziali, maga nei travestimenti, collaborava con me da cinque anni, elemento prezioso e insostituibile, single per scelta, una volta uno sceicco si innamorò perdutamente di lei, ma lei lo snobbò lasciandolo a bocca asciutta, alta un metro e ottanta, capelli biondi fino alla schiena, due occhi celesti come il mare e un corpo da amazzone da far girare la testa.

Mi chiamo Lio, soprannominato la tigre, trentacinque anni, esperto investigatore nell’ambito bancario e finanziario, risolviamo casi di truffe d’alta finanza, pochi sono quelli che conoscono la nostra squadra, oltre a Cizia c’è un altro collaboratore esperto informatico Teo, esperto anche lui con le armi e peso massimo, quaranta anni ma ne dimostra trenta ed è la nostra guardia del corpo quando siamo in azione, il suo peso è ininfluente, nei cinque continenti molte persone sono andate in ospedale con prognosi da trenta giorni in su, per essersi scontrati con lui.

Ed  eccolo la, sta cucinando

– Allora capo come va?

– Anche tu qui?

Risero a crepapelle

– Quando Cizia mi ha chiamato, non riuscivo a crederci, tu, sbronzo…

– Poi, però quando gli ho mandato la foto dei documenti per il tuo divorzio…

– In cinque minuti, sono arrivato e ti ho trovato già svestito e nella vasca da bagno, ora non pensarci abbiamo un lavoro che ci aspetta, sto cucinando e vedrai che dopo questa colazione all’inglese ti sentirai più in forma che mai.

Mi ricordai tutto e già aveva ragione, senza parlare mi avviai verso il bagno

– E brava Cizia, faccio una doccia calda.

Non dissero nulla!

Il mio tono era eloquente, mi ripresi e li ringraziai e mi ricordai di tutto, la sera prima avevamo cenato con un nostro cliente, contento di aver risolto il suo problema, era da poco passata l’una di notte quando mi ero appoggiato sul letto sperando di poter riposare prima di partire per Roma il giorno successivo, ma notai sul cellulare un messaggio nella segreteria, lo lessi

“Tigre so che siete a Varsavia, un amico comune mi ha detto come rintracciarvi, vi aspetto domani nella mia sede di Amburgo per mezzogiorno o dove volete in quella città, ho un incarico per voi, ho versato sul vostro conto il dieci per cento dell’ammontare dell’incarico, quale acconto, aspetto conferma, Wrote – President of Bank of America”

Saltai dal letto, presi il mio computer e controllai il conto corrente e il nominativo, chiamai i miei collaboratori e li misi al corrente dell’incarico.

E questo è tutto!

Eravamo in auto, direzione Amburgo.

– Lio, non mi sono ancora svegliata, ma mi hai detto che l’acconto…

Teo era alla guida, sorrisi

– Centomila euro…

Un fischio da parte di Teo

– Quindi, l’incarico è di…

Cizia

– Un milione di euro!

Ecco perché eravamo in auto alle due e trenta della notte, avevamo sette ore e mezzo di viaggio per arrivare ad Amburgo, dovevamo essere puntuali, non era un cliente qualunque

– Cizia?

Silenzio

– Cizia?

– Sto già lavorando Lio, non mi distrarre!

Questa era lei, silenziosa e efficiente come non mai, arrivammo alle undici precise, alloggiammo in un albergo vicino alla sede della Banca d’America, presi una suite per noi tre, qui avremmo montato l’ufficio portatile, quando eravamo in giro, portavamo lo stretto necessario, tre computer, registratori da indossare, microfoni direzionali d’alta qualità e ancora altri supporti tecnologici comandati da Teo, mentre Cizia era addetta alle registrazioni

– Trovato qualcosa Cizia?

– Si, forse, vediamo cosa chiedono.

Mi stavo avviando all’appuntamento

– Spogliati!

Era Cizia

– Che intenzioni hai?

Sorrise

– Lo sai quello che dobbiamo fare.

– Ma è necessario?

– Certo!

Dopo avermi nastrato con registratore e auricolare, mandai un messaggio, eravamo di fronte alla Banca d’America

“Ristorante albergo Park Hyatt Hamburg, ore dodici-Tigre”

Erano le undici e quarantacinque, immediatamente

“Perfetto”

  • Teo andiamo!…”

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Splash!

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E’ in attimo, mi ritrovai, bagnato con una spugna maleodorante impregnata di detersivo all’aceto

– Lio, ma sei tonto, tra un quarto d’ora arriva la brigata di cucina!

Oddio, era tutto un sogno, ecco la verità, avevo sognato ancora una volta ad occhi aperti!

– Arrivo, arrivo, ho finito.

– Se continui così ti licenzio!

Chi ha parlato è il mio capo squadra, e già, faccio le pulizie in un ristorante la mattina e il pomeriggio curo l’archivio di un agenzia di investigazioni.

Mi chiamo Lio, età venticinque anni, nato in Sicilia, a Palermo per l’esattezza, nella mia infanzia ho incontrato persone di ogni tipo, ma la maggior parte erano figli di portuali come mio padre, avevo avuto da loro un’istruzione di strada, non per scrivere e leggere, quegli anni mi maturarono più della mia età anagrafica, ero curioso per natura, ma mi insegnarono la scaltrezza e la furbizia e il coraggio della paura, imparai a sopravvivere ed ero in gamba, dopo anni di insuccessi guadagnai il rispetto di tutti a suon di scazzottate, poi…sono emigrato a Milano dopo la morte dei miei genitori in un incidente stradale, diplomato in ragioneria, ramo internazionale, disoccupato cronico, conosco bene l’inglese, mia madre era di Bristol.

Lavoricchiavo in nero, ovviamente!

Ho provato diversi concorsi, ma nulla, dopo aver passato un anno a registrare fatture sul computer di un commercialista, con la promessa di essere assunto in pianta stabile come impiegato, rimborso cento euro a settimana lavorando dalle otto alle diciotto, tutti i giorno compreso il sabato, decisi di abbandonarlo, e ora?

La mattina lavoro e faccio le pulizie in un ristorante, in sala e cucina, così mi guadagno il pranzo e la cena, il pomeriggio in un’agenzia di investigazioni e guadagno venti euro al giorno e pago il fitto di un letto.

Aspirazioni:

–  tante, dopo il diploma, ho partecipato anche ad un corso per investigatore, vorrei mettere su una mia agenzia specifica per le truffe bancarie, ma ad oggi i gestori dell’agenzia dove faccio le pulizie, mi hanno utilizzato qualche volta nei pedinamenti e appostamenti o come guardia personale di qualche cliente, li ho aiutati anche nella gestione amministrativa, sono soddisfatti, ma non mi avevano ancora assunto stabilmente, ero uno dei quattro avventizi a chiamata presenti in agenzia.

Il sabato lavoravo mezza giornata in agenzia, così è accaduto anche quel famoso sabato che ha cambiato la mia vita… dopo aver messo tutto in ordine, stavo per chiudere la porta e andarmene quando sentii gracchiare il fax, era in arrivo qualcosa, feci il pari e dispari, poi decisi di attendere, mi avvicinai e lentamente uscì un foglio intestato

“Bank D’Arabia

Si richiede un incontro urgente oggi, ore 15.00 aeroporto di Milano, area scalo tecnico, ripartiamo alle 15.30, chiediamo conferma appuntamento.

Firmato Il Presidente Abdul Azeem.”

Rilessi più volte il messaggio, telefonai alla titolare, al figlio, agli impiegati, ma niente, nessuno dei cellulari o dei numeri fissi rispondeva, non sapevo cosa fare, poi un’idea pazzesca si fece largo nella mente…

… ci sarei andato io!

Non presi un foglio intestato, ma totalmente in bianco e lo rispedii al numero del fax di partenza, solo con un “Si”, non avevo infranto nessuna legge, avevo solo dato conferma.

Erano le 14, dovevo muovermi in fretta, chiesi alla signora Maria, l’affittacamere dove dormivo di stirarmi l’unico vestito che avevo, era di colore grigio scuro, dal mio coinquilino mi feci prestare una cravatta, l’unica che avevo era nera, l’ultima volta era stata usata per il funerale dei miei genitori, periti in un incidente stradale in Sicilia, il colpevole era fuggito dopo aver travolto la nostra utilitaria e uccisi i miei genitori.

Misi l’unica cosa preziosa che avevo al momento, oltre il documento d’identità, il tesserino di investigatore, me l’ero guadagnato e ne ero fiero, sentivo che le gambe mi tremavano, ma oramai ero in ballo, avrei trovato forse il modo di dire la verità alla titolare o se fossi stato scoperto e questo mi dava la forza di continuare.

Presi un tassì per arrivare all’aeroporto di Milano Linate, portavo con me una valigetta 24ore, praticamente vuota, c’erano solo dei fogli bianchi e una penna, ma faceva scena, mentre stavo per arrivare, fui preso dal panico e se avessero controllato e se avessero contattato la titolare, se…, se…, tanti se!

Ero arrivato, pagai e in un attimo mi passò davanti tutta la mia vita, quella che avevo vissuto fino ad oggi, no, non potevo tornare indietro, no, non l’avrei fatto, aspirai una quantità d’aria che avrebbe gonfiato un palloncino con un solo soffio, ed entrai.

All’ingresso in sala d’aspetto, mi bloccarono due persone, ovvero due guardie del corpo, mi chiesero i documenti e mentre stavano registrando e chiedendo l’autorizzazione per farmi entrare, mi sentii osservato, mi girai e la vidi, era una ragazza molto giovane, con un pantalone di lino bianco  una camicetta multicolore, alta quasi quanto il sottoscritto, un metro e ottanta, era con due donne, i nostri sguardi si incontrarono, fu un attimo, ma mi bastò, ero ipnotizzato, sorrise una spallina lasciò intravedere parte della spalla e notai una testa di tigre tatuata, piccola, non invasiva e mi ricordai del sogno ad occhi aperti di una settimana prima, e sparì

– Signore prego è atteso!

C’è qualcuno?

Non sentivo niente, mi sentii toccare sulla spalla, mi girai

– E’ atteso!

E mi indicò una saletta alla sua sinistra, una terza persona mi aprì la porta e mi trovai di fronte, un uomo sulla cinquantina, vestito in modo elegante, era di spalle, guardava giù nella hall dell’aeroporto, seguii il suo sguardo, guardava lei che stava andando via, chissà chi era, tossii, l’uomo si girò e la sua espressione fu di stupore e meraviglia, in inglese

– Lei è dell’agenzia investigativa?

Giuro che parlavo prima, ma i suoi occhi erano fissi sui miei, per radiografarmi dalla testa ai piedi

– Si signore per servirla.

Sempre più stupito

– Perfetto il suo inglese.

Arrossi

– Grazie, mia madre era inglese.

– Di dove?

– Di Bristol signore!

Mi fece segno di accomodarmi

– Non pensavo che la vostra agenzia avesse delle persone così giovani!

Primo problema

– La nostra titolare è un’illuminata, crede nelle nostre potenzialità.

Era soddisfatto

– La conosco bene, quindi non mi meraviglia affatto, il tuo nome?

E ora?

– Lio

– In azione?

Cosa vuole dire?

Poi in un decimo di secondo realizzai, un nome in codice, mi ricordai della ragazza e il sogno

– Tigre!

Sorrise colpito

– Perfetto, vorrei continuare questa discussione e sapere altro su di te Tigre, sono curioso, ma mi hanno anticipato il volo, ho una riunione urgente a Londra, questa cartellina racchiude il mio incarico, ci risentiamo tramite skype martedì mattina alle nove, domande?

E che vuoi domandare?

Anche dire la verità in quel momento era inutile, presi la cartellina e con una sicurezza che era data dalla paura che avevo dentro di essere scoperto

– A martedì!

Un ordine secco, in una lingua che non conoscevo, vidi entrare uno degli armadi umani che mi aveva accolto all’ingresso e mi indicò con delicatezza l’uscita.

Mi sentivo svuotato, di certo qualche chilo l’avevo perso per la tensione, ma mantenni un contegno, sicuro di essere osservato, appoggiai la mia valigetta, misi con calma la cartellina dentro, poi salutai cordialmente e con passo tranquillo uscii dall’aeroporto, solo nel tassì ebbi un mancamento, ma riuscii a mantenermi fino a casa, ma arrivato sotto casa… avevo deciso…

…no,  non potevo continuare, diedi l’indirizzo della signora, la titolare dell’agenzia e iniziai a pregare.

Bussai ripetutamente, ma nessuno mi apriva, poi finalmente si aprì la porta e vidi Federica, la nipote della signora Maregillo, viveva con loro da alcuni anni dopo la perdita dei genitori a distanza di sei mesi l’uno dall’altro per il male del nostro secolo, un tumore maligno

– Lio, come hai saputo?

La guardai strano

– Cosa?

– Della caduta?

Stavolta entrando meravigliato

– Quale caduta?

Arrivò la signora,  aveva un braccio al collo e un turbante che le fasciava la testa, mi cadde la valigetta per terra

– Signora?

Era stupita

– Anche tu qui? Ma chi ti ha avvertito?

Non dissi nulla, con l’altra mano mi prese e mi portò nella stanza di Gaetano, suo figlio, c’era un’infermiera che stava praticando una flebo

– Gaetano? Ma che è successo?

Senza accorgermene avevo quasi urlato

– Zitto, vieni!

E ritornammo nel salone… li mi raccontò tutto, la notte l’avevano passata in ospedale, dopo una caduta accidentale di Gaetano dalla scala su di lei, la sera prima era salito per dare una mano alla madre per prendere degli scatoloni per il cambio di stagione, lei era al di sotto alla scala, si era sbilanciato ed era caduto su di lei, ma purtroppo lui si era fratturate entrambe le gambe  e un braccio e lei solo un braccio e varie escoriazioni sulla testa, ascoltavo sgranando gli occhi

– Mi dispiace, non sapevo nulla!

Federica, mi guardava strano, poi

– Come sei elegante, come mai?

Era sorridente, ci piacevamo, è vero, avevamo avuto una storia due anni prima, ma poi, avevamo concluso che non c’era nulla tra di noi, tranne una grande amicizia, nulla di più, io la consideravo una sorella, quella che non avevo mai avuto e lei nei miei confronti era dolce come se fossi stato suo fratello

 

– Grazie Federica.

 

Dissi diventando rosso come il pomodoro, fu solo allora che la signora, attenta investigatrice

 

– E’ vero, allora, come mai sei qui?

 

Ecco, e ora, come me la cavavo, avevo la valigetta che avevo ripreso sulle ginocchia, lei fece una smorfia di dolore

– Signora non adesso, vi vedo dolorante.

Si riprese immediatamente

– Lio cosa mi nascondi?

Era arrivato il momento!

Capitolai e raccontai tutto, sotto lo sguardo stupito delle due donne, alla fine, aprii la valigetta e le diedi la cartellina, la vedevo, il suo viso si fece di mille colori, la tenne in mano, ma non l’aprì con fare severo

– Sai che hai fatto una cosa che non avresti dovuto fare?

– Si

– Sai che adesso ti dovrei cacciare fuori?

– Si

Federica

– Ma zia…

– Zitta!

Urlò!

Non aspettai la sentenza, mi alzai e mi stavo avviando verso l’uscita con Federica

– Fermati!

Mi bloccai, sempre di spalle

– Perché l’hai fatto?

Mi girai, abbassandomi all’altezza dei suoi occhi, cosa avevo da perdere e

– Signora sono cinque anni che lavoro e collaboro con voi, ho un sogno, aprire un’agenzia e voi lo sapete bene, conoscete i sacrifici per diplomarmi al vostro corso, per sdebitarmi ho fatto tempo fa anche le pulizie nel vostro ufficio e continuo tuttora collaborando con voi, non conosco il contenuto di quella cartellina, si per un attimo ho pensato di continuare da solo, ho venticinque anni, devo trovare la mia strada, ma non a queste condizioni. Quando ho letto il fax, sapevo di chi si trattava, il vostro miglior cliente, potete controllare, ho chiamato tutti voi, non avendo risposta, sono andato, non mi sono spacciato per un altro, ho detto che ero un vostro collaboratore e che voi eravate un imprenditrice illuminata che scommetteva sui giovani, controllate, se volete, ma alla fine non potevo ripagarvi in questo modo e sono venuto qui per raccontarvi tutto. Mi dispiace per quello che vi è accaduto, non sapevo, ma ora che sapete tutto, posso andarmene più sereno, ho la coscienza a posto, arrivederci.

E così dicendo, mi alzai, diedi un bacio sulla guancia a Federica e stavo per uscire dal salone

– Fermati!

Mi girai sbigottito

– Perché?

– Perché hai detto la verità, ecco perché! Vieni siediti e controlliamo insieme il contenuto della cartellina, tu sei un aiuto nell’agenzia e da oggi sei assunto a tempo pieno a quaranta ore settimanali con un contratto regolare, che ne dici?

Non dissi nulla, felice e meravigliato com’ero, ma l’abbracciai stando attento a non farle male, ero emozionato e anche loro due, Federica si sedette vicino a me

– Sono orgogliosa di te!

Finalmente sorrisi

– Grazie sorella.

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Siamo su un aereo di linea Milano – Roma, si siamo, io e Federica, ma andiamo per ordine.

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La signora era impedita ad aprire la cartellina, l’aprì Federica, c’era una lettera scritta a mano, una foto e una busta, me la diede per leggerla ad alta voce…

…continua…

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Araldo Gennaro Caparco

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