Mistero ad Olbia

Mistero ad Olbia

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Descrizione

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Mi chiamo Luzio, sono in attesa su una panchina all’esterno dell’aeroporto di Napoli in scalo da Amsterdam e in partenza per Olbia, ho già imbarcato le valigie, con me ho solo una valigetta 24ore e ancora non riesco ancora a crederci, sarei ritornato ad Olbia dopo vent’anni!

A dieci anni mi ero trasferito con la mia famiglia, non avevo nessun parente in quella bellissima città, cinque anni fa i miei genitori, si diedero appuntamento in cielo a sei mesi di distanza, l’uno dall’altra, quando finì mia madre, mi disse “Non angustiarti, raggiungo solo tuo padre!” e così la mia famiglia era formato da un solo componente, il sottoscritto.

Mio padre e mia madre, erano originari di Pescocostanzo in Abruzzo, si dovettero trasferire in Sardegna per lavoro, passammo dieci anni in quella bellissima terra.

Sono sardo, si e amo quella terra, ma solo per nascita!

A ventidue anni, diplomato e poi laureato in marketing aziendale, alla Luiss di Milano, a venticinque in pista per una Grande Compagnia Olandese nel campo della Grande Distribuzione Organizzata, dopo per cinque anni, formatore e Responsabile del Controllo di Gestione per l’apertura di nuovi punti vendita, ho girato l’Europa, ero fidanzato con una hostess olandese, era statuaria, un metro e ottanta, capelli biondi, occhi celesti, ma nessuna voglia di formarsi una famiglia, solo sesso, sesso e sesso, non eravamo conviventi, nessuno dei due poteva permettersi di rimanere più di un certo periodo in un luogo, vista la possibilità economica di entrambi, quando passavamo dei giorni insieme, Gran Hotel e via con le danze.

Poi se ne accorse, volevo qualcosa di più, cercavo una stabilità, avevo trent’anni, fiutò il “problema” e con un sms, troncò la relazione.

Ci rimasi male, molto male!

Mi dedicai al lavoro, anima e corpo, non avevo orari, pochi riuscivano a tenermi testa, ma mai ho chiesto ad alcuno di tenere i miei ritmi, ma questo stato di cose, fu la mia rovina, i piani alti dei vertici aziendali ne erano a conoscenza.

Un giorno, sette giorni dopo la fine della mia relazione, fui convocato in Olanda dal Direttore Generale, ovvero, dall’unico proprietario della Compagnia, il mio animo mediterraneo mi consigliò di non utilizzare la compagnia aerea della mia ex, onde evitare aggressioni in volo con relativa denuncia alle autorità aeroportuali nei miei confronti, arrivai ad Amsterdam di prima mattina, in un albergo già prenotato da loro, ebbi l’intuizione che mi stesse per accadere qualcosa di importante, avevo una suite tutta per me, riposai senza disfare le valigie, già altre volte era capitato di ripartire dopo qualche ora, alle dieci venne un’auto della Compagnia a prendermi, dopo venti minuti ero al cospetto, dell’arci milionario Ernest

– Allora, com’è andato il viaggio?

– Bene, non mi posso lamentare, sono stato trattato nel migliore dei modi, non poteva essere altrimenti, vista la prenotazione fatta dalla Compagnia in prima classe da Roma per Amsterdam.

Sorrise, mi conosceva da cinque anni, era stato lui che mi aveva assunto, non rientrava nei suoi compiti, ovviamente delegava altri, ma quel giorno, quando mi sedetti davanti all’esaminatore, in risposta ad un loro annuncio sul Giornale delle GDO, fece spostare l’esaminatore e iniziò a valutarmi, una raffica di domande senza tregua, non sapevo minimamente chi era, ma l’ho capii alla fine, mentre per gli altri c’era un laconico “Vi faremo sapere”, con lui, fu totalmente diverso “Domani alle otto nel mio ufficio, al diciottesimo piano, sei assunto!”.

Mi alzai, intontito e meravigliato, gli altri erano più stupiti di me, compreso il capo del personale , il quale mi fece accomodare nel suo ufficio, per farmi firmare il contratto, quando lessi il frontespizio,”A tempo indeterminato” lo guardai stupito e lui “Questi sono gli ordini del proprietario”.

– Sono contento Luzio!

La cosa non mi convinceva, poche volte mi aveva chiamato così, sempre e solo di cognome, nei rapporti era impersonale e quelle poche volte che l’aveva fatto  erano incarichi speciali o difficili, quindi fui attentissimo, si alzò e accarezzò la fotografia della sua famiglia, in quella foto c’era la moglie e le sue quattro figlie, ci  teneva moltissimo e mi ricordo una volta che dovevo partire per il Portogallo mi disse “Sei fidanzato” – “No” – mi stupì – “Che aspetti? Di diventare vecchio senza famiglia?” risposi  “Aspetto il momento giusto e la persona giusta!”,  gli piacque e fece cadere il discorso.

– L’ultimo ipermercato in Inghilterra a Bristol funziona alla grande, la percentuale delle presenze, in soli tre mesi, è triplicata.

Aspettava

– Certo, avere un bacino di utenza superiore alle cinquecentomila persone mi ha aiutato molto.

– Vero! Ma con te alla guida è stata importante, per questo ti ho inviato lì dopo il misero fallimento dell’inaugurazione.

Qui gatta ci cova, pensai!

– Orbene, so che tra tre giorni inizi il prossimo corso per dieci neo-direttori, ma avrei una opportunità da proporti.

Ecco, ora arriva, in quale parte del mondo, sarò inviato, già sapevo da voci di corridoio e da notizie lette tra le righe dal Giornale delle GDO, il Gruppo voleva espandersi oltre manica.

– Il tuo stipendio attuale?

Aveva la mia cartellina davanti, l’avevo intravista

– Cinquemila euro netti escluso gli straordinari, al mese.

– Con?

– L’alloggio e niente spese per contratti delle utenze.

– Bene, da oggi e se dovessi accettare l’incarico, il tuo stipendio, sarà raddoppiato con tutti i benefici di cui già godi in più l’auto aziendale ti verrà regalata senza ulteriori oneri da parte tua  – così dicendo prese qualcosa dal suo cassetto – e mise le chiavi davanti a me,  era una chiave elettronica per auto, c’era lo stemma della mercedes.

Notizie simili, avrebbero stordito chiunque senza toccarlo, immaginate il sottoscritto in quel momento, ma il pensiero fisso era solo uno, cosa giustificava tutto questo ben di Dio?

Ma il mio self control, tenne, anche se dentro di me c’era tempesta forza nove.

Incassò, non aveva dubbi in proposito, mi conosceva piuttosto bene, quindi sapeva perfettamente a cosa stavo pensando, iniziò

– Tu sei sardo di origine?

Oddio e questo che c’entra?

-Si.

– Di dove?

– Olbia.

Inutile chiedere il perché, attendeva una mia domanda,  ma non gli diedi questa possibilità, volevo sapere dove voleva arrivare, lui capì, cambio strategia

– Circa dieci anni fa, acquistai un centinaio di ettari di terreno per dieci milioni di euro, alla periferia di Olbia lato mare, erano degli investimenti da portare in detrazione in bilancio, per mancati guadagni e inserire le perdite in sottrazione dagli utili.  Cinque anni fa, quella zona è stata dichiarata edificabile, come tutto il circondario e negli anni, sono sorti edifici e uffici pubblici dove prima c’era il nulla, quindi  decisi di iniziare un programma di investimenti nella zona e di far nascere un Centro Commerciale di tutto rispetto.

Girò una tavola e mi fece vedere il Centro Commerciale, qualcosa di mastodontico, grande come quello di Bristol, lo osservai con molta calma, lessi i numeri laterali in legenda, 120 negozi, 52 esercizi commerciali bevande, food, caffè, dieci pizzerie, personale diretto e indiretto della Compagnia 120 persone, Ufficio di direzione cinque persone.

Questa fu la nota stonata, stavolta lo guardai, in altri nostri Centri di grandezza minore, la direzione contava ben venticinque persone

– Notevole, un grande investimento per poco più di centocinquantamila persone tra Olbia e province.

Non sorrideva più, era molto serio

– Forse!

Poi sorridendo

– Giusta osservazione, non avevo dubbi! Bene, in questo nostro prodotto, stiamo testando una Gestione completamente rinnovata, tutta automatizzata a livello informatico e con l’aiuto della robotica.

Conoscevo il progetto, ma dalle ultime rilevazioni si era conclusa in una riunione di non considerare “maturi” i tempi di immissione sul mercato, in effetti era avveniristica, ma di fatto, ancora utopica, di certo molti non conoscevano questa nuova nascita e nemmeno io ero stato messo al corrente, ma questo era ininfluente, non ero certo io a capo di una Compagnia, con 250 ipermercati e circa diecimila dipendenti in busta paga, numeri che da soli fanno rabbrividire.

Aspettavo la stoccata finale

– La proposta ti meraviglierà, ma vorrei che diventassi il nuovo Direttore Responsabile di questo Centro Commerciale!

Eccola la, secca e precisa! E ora?

Se fosse capitata in altro momento, forse avrei avuto certamente delle remore ad accettare, se solo quella stronza non mi avesse trattato solo come un toy boy, avrei chiesto anche il perché, spostare una risorsa come me su un GDO di tutto rispetto, ma dove minimamente  la mia persona era indispensabile, non aveva senso farmi una proposta del genere, proprio adesso quando la Compagnia si stava preparando per entrare in campo negli Stati Uniti d’America, dove per poter sfondare ci volevano persone preparate e con gli attributi sotto e allora?

Ernest, stava sondandomi per capire, ma stavolta dovette desistere

– Cosa ne pensi?

Fui diretto quanto lo era stato con me

– I negozi non pagano?

– No

– Problemi con i dipendenti?

– No

– Con le società in sub appalto?

– No

– Allora non capisco!

Se l’aspettava, mi conosceva troppo bene dal punto di vista lavorativo, sapeva a cosa si riferiva la mia risposta e tutto il ragionamento che avevo fatto.

– Mi servi ad Olbia, in un anno di gestione ho perso due direttori dell’ipermercato.

Stavolta ero si stupito

– Licenziati?

– No, si sono suicidati!

E mi piantò i suoi occhi in attesa di risposta, non potevo fare altro e lui lo sapeva, nonostante la cattiva notizia della morte dei miei colleghi

– Accetto!

Non si mosse un muscolo facciale, mi girò il contratto per farlo firmare e solo dopo si accese il suo sigaro un avana invecchiato, sintomo della sua grande soddisfazione, prima di salutarmi, mi diede una valigetta, me la fece aprire, c’era una cartellina, conteneva dei documenti del Centro Commerciale, il contratto per l’abitazione, i documenti della macchina e il biglietto aereo di sola andata intestato a mio nome, per la sera stessa per Olbia, non potetti fare a meno

– Come sapevate?

– Ne ero certo, non te ne pentirai!

E così frastornato, tornai all’albergo, controllai il mio numero di conto corrente, mi erano stati depositati tre mesi di stipendio, cinque minuti prima, non acconti, ma a fondo perduto.

Tanta grazia!

Ecco quello che stavo pensando su quella panchina in aeroporto, quando per un caso, mentre fumavo una sigaretta all’esterno, vidi al di la del vetro, una ragazza, un flash, era particolare, aveva dei lineamenti vagamente familiari, pensai di essermi sbagliato, lei uscì fuori, era vestita in modo casual, scarpette di ginnastica, pantaloni larghi neri, una camicetta bianca e sopra un giubbino di jeans, borsetta tipo borsello a tracolla, si sedette su una panchina a circa dieci metri da me, non riuscivo a vederla in volto e dopo essersi preparata una sigaretta, iniziò a giocare con un gattino randagio, lo chiamò e lo accarezzò, lui faceva le fusa, ma i capelli a cascata non mi davano l’opportunità di vederla bene, solo quando alzò la testa e il gattino scomparve alla vista, si scostò i capelli, fu solo allora che mi ricordai, era lei, ma non feci in tempo ad alzarmi.

Ricevette una telefonata, spense immediatamente la sigaretta, si guardò intorno e si diresse dentro, ero ancora imbambolato, la vedevo, era corsa agli arrivi un uomo alzò la mano, lei corse e lo agganciò come sanno fare solo le donne innamorate,   saltandogli addosso in un attimo, cingendo tutte e due le gambe all’altezza del suo torace, abbassai lo sguardo ma era forte la mia curiosità,  volli vedere ancora, l’uomo automaticamente lasciò il borsone e la sorresse per le natiche e… in un attimo si trovò a terra con una pistola puntata sulla fronte all’altezza degli occhi, in pochi secondi arrivarono di tutto, polizia, carabinieri, fu ammanettato e scomparvero,  ed anche lei scomparve.

Non mi ero ancora ripreso da quella scena vissuta in diretta, ascoltai l’altoparlante stavano chiudendo il mio imbarco, mi avviai velocemente, guardandomi intorno cercandola, ma non c’era più, sull’aereo comodamente in prima classe mi apprestai a passare quell’ora di distanza tra la mia vecchia routine e il nuovo incarico, avevo portato con me un libro, per ingannare l’attesa, ma non lo presi, stavo pensando a lei, mi ricordava una ragazzina che avevo conosciuto in oratorio tanti anni prima, eravamo a messa con tutti gli altri oratoriani, al momento della preghiera dei fedeli, ero emozionato, era la prima volta, ero stato scelto per un brano da leggere ed ero leggermente intimorito dalla platea della chiesa, fu lei, con un fermacapelli buffo nei capelli neri come la pece a farmi forza, mi diede la manina “Ce la faremo, andiamo!” e così,  forte di quella sicurezza dovuto a quel contatto, andai alla grande,

Pianse tanto quando le comunicai che partivo vent’anni fa, da allora non l’avevo più vista e sentita!

L’appartamento era molto bello, mi piaceva, aveva due stanze da letto, un salone ampio, una cucina due servizi e un grande ripostiglio, ultimo piano, direi attico, con un terrazzo di circa cento metri intorno all’appartamento, posai i bagagli, l’auto, secondo le istruzioni la trovai al parcheggio dell’aeroporto ed avevo un garage molto spazioso, c’era posto per due auto, mi affacciai avevo una vista sulla città, sul mare  e sentii i suoni di un luna park.

Erano ricordi di un ragazzino, ma i miei genitori mi portavano sempre a visitarlo e li mi inebriavo di quelle luci, dei colori, delle attrazioni, sentii il bisogno di evadere per quella sera e così scesi a piedi e dopo cinquecento metri in una villa molto grande piena di verde, vidi al centro i carrozzoni illuminati con tante persone intorno, adulti, anziani, bambini, famiglie intere, l’odore dello zucchero filato, la pesca dei pesciolini rossi, la bancarella che vendeva giocattoli, ad un certo punto mi sentii alle spalle, un piccolo colpo come se fossi stato colpito da una piccola pietra, mi girai, ma a terra vidi un turacciolo, lo presi, cercavo di capire chi mai l’avesse gettato, poi poco distante vidi una signora ben vestita che cercava di calmare un bambino

– Ma non, non l’hai perso Dario, ora lo cerchiamo.

E il bambino, piangeva più forte, lo vidi aveva un fucile giocattolo, di quelli che avevano un turacciolo alla fine legato con una cordicella, mi avvicinai

– Per caso è questo?

Mi guardò, non pianse più e sorrise, strappandolo dalle mani

– Ma si fa così? Lo scusi, hai visto l’ha trovato il signore…

Sorrisi

– Lo lasci stare, mi hai anche colpito lo sai?

Stavolta si nascose dietro la  gonna

– Scusatelo è il mio nipotino, evidentemente non era stato messo bene il turacciolo ed è scappato, lo scusi!

Sorrisi, nel frattempo lo stavo rilegando alla cordicella

– Ma è un bambino signora, non si preoccupi, solo che la prossima volta non sparare se davanti c’è qualcuno.

E gli accarezzai la testa, uscì da dietro la gonna, disse di si e rispose

– Grazie signore.

Anche la donna sulla sessantina mi ringraziò sorridente e andarono via.

Sentii una stretta al cuore, poteva avere sei anni, anch’io avrei potuto avere una famiglia e un figlio come lui, ma non mi era stato ancora destinato.

La mattina successiva di buon’ora mi avviai al Centro Commerciale, presi l’auto perché era distante dal centro città, una decina di chilometri, era deserto a quell’ora, mi feci riconoscere dalla vigilanza, avevo il cartellino a banda magnetica per entrare nei locali e passeggiai per tutto il periplo del Centro.

Non c’è che dire, era proprio bello, già lo immaginavo con tante persone e mi recai presso la sede della vigilanza interna, li dalle telecamere potevo osservare tutto il Centro e il personale di servizio mi avvisò che venivano trasmesse tutte le immagini anche nel mio ufficio, per ultimo mi avviai in direzione, non c’era ancora nessuno, quattro scrivanie all’ingresso e poi una scrivania prima della mia stanza, era un ufficio notevole, iper accessoriato, il quadro delle telecamere erano a vista, poi tutti gli altri accessori per poter comunicare con l’intero centro e la sala, sentii bussare

– Avanti.

Un giovane sui trent’anni, come me

– Buongiorno Direttore, se vuole possiamo venire a presentarci.

Ero contento, rispecchiavano i protocolli che avevo insegnato nei corsi

– Certo!

E così si presentarono, ma grande fu la meraviglia, quando vidi l’unica donna del gruppo, era lei, la nonna della sera prima, anche lei era stupita, dopo aver stretto le mani agli altri, arrivai a lei

– Allora, ci rivediamo!

Diventò rossa, gli altri la guardavano interdetti

– Grazie, il mio nipotino l’ha raccontato a mia figlia ieri sera, era dispiaciuto.

– Vedrà, non  gli accadrà più.

Almeno una persona la conoscevo, tenni il discorsetto, breve di inizio e poi tutti al lavoro, Elide così si chiamava la nonna, era il mio assistente personale, ne era fiera, lo vidi quando ci salutammo e iniziammo a lavorare.

Solo per rispetto, degli altri due predecessori, non chiesi nulla sulla loro morte, ma dovevo conoscere le azioni che avevano intrapreso e Elide, prima ancora che glielo chiedessi, mi portò le cartelline, era tutto codificato nei nostri GDO e lei  era la più anziana di certo lo sapeva perfettamente, la ringraziai e continuai, mettendo le due cartelline nella mia valigetta.

La prima settimana volò, non ebbi il tempo di leggere le cartelline personali, ma lessi le loro direttive, poi si presentarono tutte le persone a capo dei vari dipartimenti, dalla manutenzione, alla pulizia dei locali, i responsabili della sicurezza esterna e delle videocamere e così di seguito, mi mancava solo il dipartimento della sicurezza interna, ma non ci feci caso, fu Elide a farmelo notare, telefonai e mi dissero che erano in attesa del loro nuovo comandante e si sarebbe presentato non appena fosse arrivato.

Elide non lasciava mai il lavoro, fino a quando c’ero io, glielo feci notare, e lei

– Non si preoccupi, fin che posso, l’aiuto volentieri.

La ringraziai e ci avviammo a casa, prima di salire, non avendo voglia di cucinare quella sera o di mangiare pre cotti, mi fermai in una bar-pizzeria, vicino casa, era la prima volta mi sedetti ad un tavolo, portavo con me la valigetta, presi le cartelline e diedi un’occhiata ai miei predecessori, avevano tutte le carte in regola, non ero io che li avevo formati, ma Enrico un mio collega, lo chiamai

– Enrico sono Luzio.

Sorpreso, vista l’ora

– Scusami, tu sai i nostri orari.

– Non ti preoccupare, dimmi?

– Sai che sono ad Olbia?

– E chi non lo sa, in un’indagine prima di essere chiamati dal Gran Capo, il capo del personale alla fine di una sua ricognizione sul personale dirigenziale concluse che ad Olbia non ci sarebbe andato nessuno.

Incuriosito

– Come? E perché?

– Luzio, non fare l’ingenuo, sai che ci sono stati dei morti.

– Si

– Suicidati?

– Si

– E non è strano?

– Non lo so, potrebbero aver avuto problemi personali, sai io non sono superstizioso.

Risata

– Ecco! Il Gran capo ti conosce bene, ma alla fine te l’ha proposto e tu accettato, sicuramente ben retribuito.

Azz! Sapevano tutto!

– Si, come certamente ben saprai, volevo chiederti qualche notizia, visto che sono stati tuoi corsisti, ho letto le loro cartelle personali e nulla fa evincere qualche problema serio, mi puoi dare una mano a farmene una ragione dei loro suicidi.

– Questo proprio no, quello che hai letto, lo so bene, perché l’ho scritto io,  posso dirti che erano entrambi sposati, il primo Luca a Lecco e il secondo Remo  a Roma, lo so perche facevano la spola quasi tutte le settimane non avendo portato le famiglie con se, giovani, forse troppo giovani per quell’incarico, ma dai loro curriculum e dai colloqui, ho notato una certa presunzione che rasentava l’arroganza, in poche parole, volevano emergere, una sola cosa li accumunava, erano entrambi superstiziosi.

Capii che non c’era null’altro da aggiungere

– Grazie, a buon rendere.

E ci salutammo!

Mangiai una pizza, era passabile, dissi che sarei ritornato, se fossi stato più attento, mi sarei accorto di qualcosa, ma ero immerso nei miei pensieri, sentivo la mancanza di quella stronza, purtroppo, era ancora viva la ferita.

La mattina successiva mi avvertirono che nel pomeriggio, sarebbe venuto il comandante della vigilanza interna del Centro e chiedevano se ero disponibile ad incontrarlo, Elide mi riferì ed io accettai per fine lavoro, alle diciannove ma aggiunse che lei non poteva esserci per il nipotino, le risposi di non preoccuparsi.

Puntuale alle diciannove, sentii bussare alla porta, per poco non mi veniva un infarto, davanti a me, mi ritrovai il vice comandante, tale Aldo e poi lei, quella ragazza l’avevo riconosciuta era quella dell’aeroporto di Napoli, ero così stupito che non vidi la sua mano in attesa della mia…”….

…segue…
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Araldo Gennaro Caparco

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