L’uomo con il cappello.

L’uomo con il cappello.

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Descrizione

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La graduatoria generale per la Medicina di base, da quell’anno, divenne Nazionale e non più Regionale, partecipai con pochissime speranze di poter essere collocato in alto nella graduatoria.

Dopo la laurea, avevo sostenuto e superato le specializzazioni in pediatria e chirurgia d’urgenza e in attesa dei bandi di concorso, sostenni un altro corso per la medicina generale, avevo  trent’anni senza un lavoro, ma solo studio e studio, ero stufo!

Per fortuna, la famiglia poteva aiutarmi, iniziai a fare delle sostituzioni dei medici di base di ruolo e alla fine del mese riuscivo a portare a casa un piccolo stipendio, ma ora la mia aspettativa e il mio obbiettivo, era trovare un lavoro stabile, uno stipendio decente e poi la possibilità di formarmi una famiglia ed essere gratificato professionalmente.

Qual’era l’alternativa?

Espatriare!

Ma non ci volevo pensare, Aldo un mio collega, aveva fatto questa scelta, era espatriato in Danimarca, non passava mese che non ci sentivamo per telefono e cercava sempre di convincermi a fare questo passo, mi diceva, “…i pediatri scarseggiavano, non hai problemi con la lingua, conosci l’inglese a perfezione, qui si parla solo inglese in ospedale ed anche fuori, tutti conoscono l’inglese e il norvegese non è difficile da imparare…”, lui con la specializzazione in geriatria, aveva già trovato una buona sistemazione in ospedale e di pomeriggio teneva un ambulatorio a casa sua

– Nino non perdere tempo in Italia, vieni.

– Ti ringrazio, ma per il momento è no.

Era la mia risposta ogni volta!

Quando uscì la graduatoria nazionale definitiva, in base ai punteggi, mi ero posizionato al 298esimo posto, su circa seimila partecipanti non era poco, le sedi erano però 250, quindi ero tagliato fuori!

Dovevo attendere un altro anno, prima di riprovarci, grande era la delusione, avevo prodotto oltre alla laurea, alle specializzazioni, dei Master pagati profumatamente per acquisire punteggio, ma evidentemente non era il momento, chiesi alla Presidententessa dell’Ordine dei Medici di farmi sapere se c’era qualche medico da sostituire, quindi quel fatidico venerdì diciassette, non mi meravigliai della sua telefonata, convocato per le undici, alle dieci e trenta ero già da lei

– L’ho convocato per darle una buona notizia!

La guardai, era molto più grande di me, molto severa, ma il suo sguardo stavolta era dolce

– Grazie, c’è qualche medico da sostituire?

Sorrise

– No, è stata assegnata una sede di medico di medicina generale a tempo indeterminato per lei.

In un primo momento non capii, poi realizzai

– E’ uno scherzo?

Ma poi la guardai, era seria e stava sorridendo

– Non è uno scherzo, abbiamo ricevuto stamattina dal Ministero la sua nomina, se dovesse accettare, ha ventiquattro ore per raggiungere la sede.

Finalmente realizzai e al diavolo l’etica, mi alzai per abbracciarla, lei diventò rossa come il pomodoro, quando la lasciai

– Scusatemi, ma non potete immaginare la gioia che provo in questo momento.

Lei cercò di ricomporsi, in effetti l’avevo stropicciata e non poco, dopo essersi aggiustata la gonna, rossa ancora in viso

– Grazie, potresti essere mio figlio, l’abbraccio non me l’aspettavo, ma ti capisco, non mi hai chiesto nulla della sede e ne dei tuoi giovani pazienti?

Immediatamente

– Accetto!

Lei stavolta seria

– Ne sei certo?

– Si

– Sarai ad ottocento chilometri da qui…

– Accetto!

– …sono dodici frazioni e duecento bambini al di sotto dei dodici anni…

– Accetto!

– …che si sommano alle ottocento persone residenti…

– Dottoressa, fosse stato pure in capo al mondo, avrei accettato, sono stufo di studiare solo o di fare sostituzioni fino alla fine dei miei giorni, ditemi dove devo firmare e lo farò.

Mi vide così determinato, girò la cartellina sulla tavola e solo allora venni a conoscenza di Cassone, un comune della provincia di Torino, situato a mille ottocento metri sul livello del mare

– Grazie.

Con la nomina in tasca, non vedevo l’ora di farla vedere ai miei genitori e così fu, ma la loro reazione non fu proprio quella che mi aspettavo, ero figlio unico e loro erano molto dispiaciuti per la mia partenza, nonostante ciò li coinvolsi con la mia gioia e dopo una giornata di preparativi, salutai e presi l’autostrada per Torino, destinazione Cassone!

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Cinque, solo cinque visite in una mese!

Non ci potevo pensare!

Quando arrivai, dopo aver cercato una sistemazione in una pensione al centro del paese, mi recai al Comune per portare la nomina del Ministero, il sindaco l’aveva già ricevuta, ma non mi sembrò molto contento, chissà, forse aspettavano una persona di una certa età, pensai, invece era proprio così, di poche parole, mi accompagnò al piano terra e mi disse che era a mia disposizione l’ambulatorio del vecchio medico, avevo non solo la funzione di medico di base, ma anche quella di ufficiale sanitario e dopo di lui, ero l’autorità sanitaria riconosciuta nella valle.

Ero talmente scombussolato, non mi passò proprio per la mente di presentarmi al medico anziano in pensione e ne chiesi notizia di lui, grande errore, ma si sa, spesso da giovani, gli errori non si contano e ce ne accorgiamo solo, quando la frittata è fatta!

Guardavo dalla finestra, quelle nuvole bianche, si rincorrevano tra le vette dei monti circostanti, io, uomo di mare in mezzo alle montagne, non mi restava che fare buon viso a cattivo gioco, quelle settimane furono da incubo, nessuno mi chiamava e in ambulatorio in un mese vennero solo cinque giovani per il certificato di sana e robusta costituzione per iscriversi in piscina.

Eravamo alla fine dell’inverno, chiesi e ottenni dall’ASL di pertinenza l’elenco dei miei assistiti e che cavolo?

Erano mille tra giovani e anziani, tutti in perfetta salute?

In auto visitai tutte le frazioni, dodici, nelle bacheche comunali, notai un laconico messaggio che più o meno recitava:

“Il nuovo medico è disponibile per le visite, sia in ambulatorio che presso il comune o a chiamata del paziente, questi sono i numeri di telefono”

E amen!

Questo era tutto!

Non dormivo la notte, mi sfogai con l’unico che mi potesse ascoltare Aldo tramite skype, ed è altrettanto inutile riportare la sua risposta, “…vieni qui, diceva…” ma non volevo, ci doveva essere un modo per farmi conoscere.

Era domenica, dopo una notte insonne, l’ennesima, ascoltando il suono delle campane, mi affacciai alla finestra, vedevo gruppi di persone che si avviavano in chiesa, era poco distante dalla pensione, mi vestii in fretta… dovevo farmi conoscere, farmi vedere, dovevo andare, inventarmi qualcosa!

Ma non arrivai mai in chiesa!

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Avevo gli occhi chiusi, sentivo un profumo invitante, il mio olfatto stava registrando dei profumi intensi, un misto di cannella, farina e olio, non volevo svegliarmi, volevo bearmi ancora di questo sogno, immaginavo una cucina, il vapore dalla padella, un cestino immacolato per le frittelle, una tavola imbandita per la colazione, del latte fresco, e…

…provai a girarmi!

-Oddio!

Lanciai un urlo e aprii gli occhi

– Ma dove sono?

Un dolore lancinante annebbiò la vista, in quei pochi secondi di lucidità, prima di tornare nel buio, vidi accorrere due persone, erano indistinte, solo una cosa riuscii forse a distinguere, una delle due ombre, era un uomo con un cappello nero a falde larghe.

Tutto buio quando mi risvegliai, l’unica fonte di luce, era un piccolo lumino elettrico sotto l’effige di una Madonna, stentai a realizzare, poi lentamente con le mani, accarezzai la coperta, era di una morbidezza assoluta, una finestra di fronte al mio letto ammiravo la luna tra due vette montagnose, con la sinistra, scostai la coperta, gli occhi si erano abituati al buio, ora distinguevo quasi tutto della stanza, strano, ma dove mi trovavo, la casa era immersa nel silenzio, c’era un armadio a due ante con uno specchio al centro, solo allora riflessa nello specchio, vidi di fianco una poltrona con qualcosa sopra, tentai di girare la testa, ma lo feci talmente bruscamente, la stanza iniziò a roteare, mi imposi la calma, toccai la fronte, avevo un grosso cerotto sopra all’occhio destro, ecco perché avevo la vista a senso unico, cercai di muovere le gambe, la sinistra rispose alle mie sollecitazioni, ma la destra…gran dolore!

Urlai e chiusi gli occhi

– Ma dove sono!

Sentii un trambusto, poi una mano sul petto

– Stai fermo!

Era una voce maschile, ferma e autoritaria, la sua pressione sul torace era forte

– Stai fermo! Non ti muovere, sei caduto e ti sei procurato una forte distorsione del piede destro e nel perdere l’equilibrio hai battuto la testa, fermo, stai tranquillo!

Tutto questo detto con fermezza, ma anche con calma e dolcezza, produsse il risultato che voleva, il mio respiro da affannato iniziò a diventare regolare, non potevo vederlo in viso, ma percepivo da una lunga barba, un sentore di tabacco, forte ma per nulla sgradevole, finalmente riuscii ad articolare una frase

– Grazie.

Allentò la presa sul torace, mi rimboccò la coperta

– Sei a casa mia, stai tranquillo, domani vedrai ti sentirai meglio, ma per il momento dobbiamo attendere…

– Cosa?

– Che si assorba l’ematoma sull’occhio, se così non fosse domani ti porto in ospedale.

– C’è una lacerazione?

– No.

– Ecco perché!

– Si.

La sua voce era un tranquillante, chiusi gli occhi e ricordai una reminescenza della lezione di chirurgia d’urgenza, il nostro caro professore:

“Gli ematomi sono la difesa dell’organismo, non sono deleteri, ma se passate ventiquattro ore la ferita inizia a pulsare e diventa dolorosa, bisogna intervenire chirurgicamente onde escludere che possa procurare altri danni…”

e mi addormentai.

Ma prima che il mondo dei sogni si impadronisse di me, ascoltai

“Papà tutto bene?”

“Si Lea, il tranquillante sta facendo il suo effetto”

“Ti do il cambio, stenditi!”

“Ma no, tranquilla”

“Insisto, domani sono certa, non mi permetterai di portarlo da sola in ospedale, io sono abituata a stare sveglia la notte, ti prego stenditi vicino a Licia, sta riposando sul tuo lettone”

“Hai ragione, vado! Però se si dovesse svegliare chiamami, devo controllare l’occhio e se fosse necessario somministrargli un calmante”

“Certamente!”

Chi era?

Chi erano?

E mi addormentai!

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“Aldo ma tutta questa gente?

Tranquillo sono qua per te, sai è da tempo che aspettavano un pediatra da queste parti.

Non ci posso credere .

Credici, credici, vedrai la villetta che ti hanno procurato.

Sul serio?…”

Aprii gli occhi

– Ma come fa freddo qui…

– Tranquillo, non ti preoccupare è l’effetto del sedativo.

Una voce di donna e sentii una mano calda, tutto era ancora buio

– Ho freddo!

Avevo sognato, ero ancora in quella stanza sconosciuta, vidi l’ombra che mi aveva trattenuto, alzarsi per poi ritornare con una coperta, bella sensazione, quando il corpo si sente protetto

– Chi sei?

– Devi cercare di riposare.

– Chi sei? Cosa mi è successo, ti prego, ho la testa annebbiata, non capisco, ma dove mi trovo, perché sono qui?

La voce si addolcì

– Se mi prometti di stare tranquillo, te lo racconto.

Non risposi, cercavo di vederla, ma non ci riuscivo, sentivo solo il fruscio dei capelli che si muovevano

– Si.

Complice la luna, intravidi i tratti del suo viso, era molto giovane, un viso allungato, degli occhi quasi a mandorla, tutto era proporzionato, mi sembrava una dea scolpita, ammutolii, lei iniziò a parlare ma non ascoltavo, la stavo ammirando, ad un tratto

– Ma non mi ascolti?

Mi uscì spontaneo

– No

Stupita

– Ma allora…

-Sei bellissima!

Si stava allontanando, feci appena in tempo a prenderle la mano

– Non andartene, ti prego, ho freddo!

Non disse nulla, ma lasciò la sua mano nella mia e il tranquillante fece di nuovo il suo effetto, caddi in un sonno profondo.

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Quando il pomeriggio successivo mi svegliai completamente, la ragazza che mi aveva fatto compagnia quella notte, non c’era più, tant’è che pensai di aver sognato, ma poi un foulard dimenticato bianco con orchidee colorate sopra, mi diedero la prova della sua esistenza, non dovetti nemmeno chiamare, perché non avendo più dolore alla gamba destra provai a scendere dal letto con cautela e iniziai a fare dei passi, era si dolorante, ma era sopportabile, mi avvicinai allo specchio per controllare la medicazione sopra l’occhio e con grande piacere, mi accorsi che l’ematoma si stava assorbendo, ero talmente intento a guardarlo da non rendermi conto che qualcuno era entrato

– Allora figliolo, come va?

Mi girai e c’era un signore sulla settantina, vestito accuratamente con una barba bianca folta e lunga e un paio di occhiali cerchiati in oro

– Meglio, grazie signore.

Si avvicinò

– Fammi vedere!

Con molta competenza osservò l’ematoma, poi mi fece sedere su una poltroncina e esplorò dal ginocchio in giù la mia gamba destra

– Bene, bene, questi medicinali d’oggi, fanno miracoli e quel gel che ti ho cambiato più volte sull’ematoma, mentre dormivi ha avuto l’effetto che doveva, prova di un buon prodotto.

La sua meticolosità, nel lavarsi le mani, dopo aver versato dell’acqua nel lavabo di fronte al letto, mi illuminò la mente

– Ma lei è un medico?

Quando si girò sorrise

– Ebbene si, sono il Dott. Ascanio Brà e tu sei il Nino il medico che è stato chiamato per sostituirmi per limiti d’età!

Per la meraviglia, spalancai la bocca e non riuscivo a chiuderla, mi sembrava opportuno dargli la mano

– Sono onorato, mi chiamo Nino.

La sua stretta era forte e sincera

– Lo so, ovvero, non sapevo quando ti hanno portato chi eri, ma stamattina quando la governante è venuta a chiamarmi per una visita, ero qui a cambiarti la medicazione, e lei ti ha riconosciuto, sono stato sorpreso, sapevo della tua venuta da parte dei mie ex pazienti, ma non avevamo ancora avuto modo di conoscerci e invece per un caso fortuito, adesso eri nel letto di mia figlia…

Di tutto quello che aveva detto, l’unica cosa che mi era rimasta impressa, “mia figlia”, ecco, allora chi era quella ragazza

– …mi devo scusare con lei, ma non sapevo di voi, ovvero, ho sbagliato a non venire prima da lei, nessuno qui mi vede come un medico, anzi, per dirla tutta, sto passando un brutto momento.

Si stupì

– Lascia stare, dimmi come ti senti adesso?

Feci dei movimenti

– Bene signore.

– Se vuoi puoi rimanere ancora qui.

– No, la ringrazio, domani ho ambulatorio e non vorrei fare un torto a quell’unico paziente presente e poi vorrei togliere il disturbo, di certo sua figlia vorrà dormire nel suo letto stanotte.

Dissi tutto d’un fiato

– Come vuoi! Ti aspetto di la, la mia governante ha chiesto di poter prendere un cambio nel tuo albergo ed è la sulla sedia, il pantalone di prima era lacerato, l’ha messo in quella borsa con il resto, fai con calma, hai tutto il tempo.

– Posso sapere cos’è successo?

E lui uscendo

– Certo! Stasera sei a cena con me, ne parleremo a tavola.

E uscì!

Mi rivestii con calma, riposi il pigiama prestato nella borsa e senza un perché infilai anche il foulard, poi iniziai ad avere una strana sensazione, realizzai, forse avrei incontrato quella ragazza che mi aveva assistito nella notte e solo al pensiero, sentivo un disagio e nel contempo ero contento, tesi e antitesi, la mia vita, sarei venuto a sapere cosa era successo, avrei conosciuto di più l’uomo che mi aveva curato e perché no, avrei potuto chiedergli dei consigli.

Ero quasi pronto, quando sentii bussare discretamente alla porta

– Dottore, tutto bene?

Voce di donna, pensai che fosse lei, mi alzai per aprire, ma c’era una signora, sulla cinquantina

– Sono Delia la governante, tutto bene?

– Si grazie.

– La cena è pronta, se vuole venire?

Imbarazzato e rosso come un pomodoro

– Arrivo!

Tirai un gran respiro e… ahimè lei non c’era!

Mi trovavo in un saloncino, molto ben curato, il camino era acceso e il dottore mi aspettava a tavola, forse fu la mia espressione, oppure il mio silenzio, guardava tutte le mie espressioni

– Siamo solo noi!

E con questo mi aveva detto tutto e niente, cenammo quasi in silenzio, poi

– Perché mi trattano così?

Lui

– Non ti trattano in nessun modo, devi dare il tempo e poi capiranno.

Sorpreso

– Ma non mi danno l’opportunità, mi evitano, sono inesistente.

Con un cenno della mano mi fece accomodare su una poltrona nei pressi del camino, lentamente iniziò a preparare il suo sigaro ed io ebbi il tempo di guardare sopra la mensola, c’erano delle foto, alcuni ritraevano lui con una bella signora, poi lui con una ragazza, aguzzai la vista, poteva avere la mia stessa età, capelli neri come la pece, un sorriso smagliante incorniciato in un viso ovale, era bella!…”….

…segue…
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Araldo Gennaro Caparco

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