Da Vanni – “Soloprimi”

Da Vanni – “Soloprimi”

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Era d’ agosto,

il caldo era notevole, ma alle prime ore della mattina era piacevole trovarsi per strada in auto tra le campagne, nell’aria un fiorire di colori e di profumi, quella mattina mi stavo recando alla stazione ferroviaria, dovevo ritirare dei giunti meccanici in arrivo da Arezzo.

I finestrini erano abbassati, la musica a tutto volume della radio mi facendo compagnia per quei sei chilometri di distanza dalla mia cittadina Alleria alla staziona ferroviaria.

Alleria, bel nome, vero?

Chi sa qual è l’origine del nome, ma ci stavo bene!

Dopo anni di “schiavitù” da partita Iva, una laurea in ingegneria meccanica messa definitivamente in bacheca all’ultimo esborso/pirata dello stato, ho detto basta e iniziato una nuova vita da cinque anni.

Questi erano i miei pensieri di quella mattina, un lunedì d’agosto che cambiò la mia vita!

Arrivai alla stazione con qualche minuto d’anticipo sul treno, un mio amico mi stava inviando quello che sarebbe servito per terminare l’opera della Madonna della Grotta,  già,  ero uno dei sostenitori e organizzatori della Festività del 15 di agosto, giorno in cui si sarebbero riversati qui centinai di persone, turisti ed ex emigrati, per partecipare a quella festività di cui la storia sul ritrovamento della Madonnina in quella Grotta, risaliva al 1500.

Sta per arrivare il treno, devo muovermi e andare verso la prima carrozza, la fermata non dura a lungo e il treno deve proseguire per Terni

– Sei tu Osvaldo?

– E tu dovresti essere Vanni?

– Si, sono io.

Si sporge dal finestrino e mi consegna un pacco

– Grazie, salutami Lapo quando torni.

– Sarà fatto, buona giornata!

Il mio nome è Vanni, diminutivo di Giovanni, età 50 anni, ben portati, “sposato/separato in casa” con Luisa biologa dell’Ospedale di Arezzo, oggi dovrebbe essere il nostro anniversario di matrimonio, il ventesimo, ma ha poca importanza, sono già quindici anni che non lo festeggiamo più, dal momento della sua vincita al concorso nella Asl di Arezzo, ci vediamo solo qualche volta, quando viene a casa non dormiamo insieme ma in stanze separate,  la sua vita è ad Arezzo, la mia era dovunque in giro per il mondo per lavoro e adesso è qui.

Stiamo divorziando, dovrebbe arrivare presto la risposta definitiva!

Cosa faccio?

Dopo aver smesso di girare il mondo, rincorrendo gare e appalti per un’industria tedesca che produceva motori per auto per quindici anni, ho deciso nonostante le rimostranze della mia ex moglie/non moglie, di ristrutturare il piano terra e il seminterrato del mio casale,  aprendo  una trattoria “SoloPrimi” dove faccio il gestore, il cuoco e il cameriere.

Guadagni?

Pochi, ma quanto basta per me e pagare le fatture e gli ammennicoli vari dell’attività e del casale.

La libertà non ha prezzo!

Questo è il mio motto.

Prendo il pacco e mi avviò all’uscita, poi la noto, chi?

Una ragazza, sulla panchina fuori alla stazione, due valigie uguali, una piccola e una grande, avrà sui venticinque anni, ben vestita, una massa di capelli biondi, sta seduta tutta composta in attesa.

Cosa mi ha colpito?

Qualcosa di strano?

Guardandola di sfuggita,  sembra avere un’aria familiare e poi lo sguardo, sono passato a pochi centimetri di distanza e il suo sguardo è nel vuoto, perso!

Sto fantasticando!

Spesso mi capita, sarà di certo una turista o una persona in attesa di qualcuno, forse aspetta l’autobus, forse il fidanzato, il padre, la madre, forse…

Basta fantasticare!

Mi aspetta una giornataccia, ieri era il mio giorno di chiusura, ma oggi riapro la trattoria e non ho ancora preparato nulla, l’avrei potuto fare ieri, ma sono andato a lavorare alla Grotta dopo aver pulito e lavato i pavimenti della trattoria e tornato tardi, giusto il tempo di preparare una cena leggera e buttarmi sul letto stanco in un sonno profondo ristoratore.

L’aria esterna si sta riscaldando, non bastano i finestrini abbassati, aumentò la velocità, ecco va meglio, prima di preparare devo passare per la Grotta e lasciare i giunti che ho appena preso.

La Grotta si  trova distante quasi tre chilometri dal centro abitato, su una montagna che sovrasta la nostra valle, la strada è agevole e panoramica, tutti tornanti e poi lassù quasi in cima, la spianata, grande come un campo di calcio, da li un sentiero piuttosto largo ma impraticabile per le auto porta alla Grotta dopo cinquecento metri.

Nello spazio antistante, su un mio progetto, stanno lavorando degli operai ad una struttura sopraelevata li dove dovrà essere montato l’altare e il baldacchino per la statua della Madonnina, eccezionalmente e solo per il giorno di ferragosto viene spostata dalla sua sede a cura della Confraternita di cui faccio parte per poi ritornare a sera nella sua sede naturale, la Grotta.

Si narrano due leggende su quel luogo:

– la prima racconta che due giovani pastori, un uomo e una donna, mentre si trovavano ai loro pascoli sul monte, furono presi un giorno alla sprovvista da un furioso temporale, erano con i loro ovini e caprini, impauriti trovarono riparo con le loro bestie nella grotta. La leggenda vuole che rimasero per una settimana, in attesa che il tempo migliorasse. Nel frattempo i giovani nel consolarsi a vicenda si innamorarono ed erano prossimi a congiungersi, quando due capre in un combattimento per la sovranità sul branco, fecero crollare una parte della grotta e venne scoperta una statua alta due metri, miracolosamente intatta che aveva due simboli in mano, sulla destra una colomba e sulla sinistra un similcuore. Nel vederla, furono così colpiti che non completarono la congiunzione carnale, la tempesta terminò all’improvviso, il cielo si illuminò con un sole splendente e i due corsero al villaggio per raccontare del ritrovamento della statua. Dalla cronaca orale e poi scritta nei secoli, vengono raccontate le nascite miracolose, frutto delle preghiere di donne che si rivolgevano a Lei per concepire un figlio;

–  la seconda, invece, racconta che al tempo esisteva un uomo gigantesco che andava di villaggio in villaggio, alla ricerca delle vergini e con le maniere forti riusciva a deflorare quelle donne. Nel piccolo villaggio, solo una ragazza era in età da marito e quando seppe che l’uomo si stava dirigendo verso il villaggio, si nascose sulla grotta del monte. L’uomo riuscì con minacce e percosse a conoscere il suo rifugio e la trovò, stava per portare a termine il suo turpe desiderio dopo aver tramortito la giovane in una giornata di pioggia torrenziale, quando, un fulmine penetrò nella grotta colpendo una parte e mettendo in luce la statua. L’uomo fu colpito dalla luce e si fermò, fu talmente abbagliato dalla statua, diventò cieco e uscì urlando dalla grotta e nessuno più l’ha rivisto. Un pastore nelle vicinanze sentì le urla della giovane e corse soccorrendola e insieme portarono la notizia al villaggio della scoperta della Madonna.

Qualche secolo dopo,  facendo dei lavori di consolidamento della volta della cripta, nel spostarla si scoprì a metà agosto, una scritta in oro sotto al basamento “Madonna virgo fecunda” e da allora si festeggia con canti e balli nella giornata di Ferragosto.

Avevo studiato e progettato una struttura agile e aperta che voleva raffigurare un fulmine caduto sulla terra e i giunti mi servivano da congiunzione delle rette tubolari per completare la coreografia.

La Grotta era tappezzata di ex voto e di regali che le persone donavano alla Madonna, solo noi della confraternita avevamo le chiavi di accesso alla cripta.

– Finalmente sono arrivati!

Era il mio giovane amico Lorenzo, laureato da poco in Conservatoria dei beni culturali,  dirigeva gli operai al lavoro, lavorava ad Arezzo al Ministero dei Beni Culturali

– Si, sono appena arrivati, ora scappo che devo preparare per il pranzo.

Sorridendo

– Siamo in dodici come gli apostoli.

Mi misi in auto ridendo

– Anche ventiquattro, per me non fa differenza, per la nostra amata Vergine questo ed altro.

Per me che ero nato in quella valle, Lei era importante per tante ragioni, ed era sempre un’emozione ritornare nella Grotta.

In quei giorni di lavoro venivano a pranzo e a cena da me i confratelli e gli operai impegnati nella costruzione a cui si aggiungevano i miei clienti abituali, ma ero contento, non volevo essere pagato da loro, ma il presidente della confraternita non volle sentire ragioni “Per il tuo progetto e la direzione dei lavori non possiamo sostenere le spese, ma per il vitto e le strutture per realizzarlo,  siamo noi che ci siamo autotassati ed è giusto darti il dovuto”.

E così, io dichiaravo cinquanta e lui mi dava cento, poi sorridendo diceva “So che è meno di quello che hai speso, ma non è giusto che tu mi chieda la metà della metà! Conosco il tuo impegno, ma non dobbiamo approfittare della tua disponibilità”.

Non avevo un menu fisso settimanale, non c’erano dei secondi, nella mia trattoria servivo solo l’antipasto, il primo, la frutta e nei giorni di festa il dolce.

Mentalmente mentre scendevo decisi di fare un sugo semplice con la salsiccia da servire con le pappardelle, mentalmente mi ripassai le quantità degli ingredienti che avevo nella dispensa e mi ricordai di aver terminato il salame, feci una variazione sul tragitto verso casa per farne rifornimento

Erano quasi le dieci quando arrivai in città, alla norcineria presi un buon quantitativo di salame e l’auto si riempì di profumo di carne conciata, stavo per uscire dal cortile del negozio, quando mi bloccai con l’auto.

Cos’era successo?

Di fronte all’ingresso del cortile c’era una pensilina per gli autobus con una panchina, il riflesso del sole rimbalzando sulla vetroresina di copertura schermava la scena,ma riconobbi le valigie e notai la stessa ragazza del mattino, stava seduta, aveva un cartello tra le mani, non riuscivo a leggere da lontano, incuriosito scesi dall’auto e mi avviai per attraversare la strada, ero ancora sul marciapiedi opposto, quando riuscii a leggere

“Cerco lavoro”.

Ero senza parole!

Attraversai la strada, mi avvicinai, lei mi notò

– Buongiorno.

La guardai meglio, era forse più piccola dei venticinque anni che le avevo dato, aveva un’espressione seria ma lo sguardo era perso nel vuoto

– Buongiorno, scusi la mia domanda, ma non ha paura?

Stavolta alzò lo sguardo, aveva degli occhi celesti, come il mare

– No, al mio paese si fa così.

Vedendo il mio disappunto, esclamò

– Da voi no?

Immediatamente

– Da noi? No certo! Ma hai idea di quello che fai,  chiunque, in questo modo, potrebbe importunarti, prenderti in giro, fare qualsiasi cosa, dicendo delle bugie per poi farti del male? Da noi ci sono delle agenzie dove rivolgersi, dare i propri dati e attendere le risposte.

La ragazza, abbassò il cartello, poi quasi sottovoce

– Non ho tempo di attendere!

Fu così spontanea la risposta che non potetti fare a meno di sedermi

– Io mi chiamo Vanni

E lei stringendo la mano

– Io Sofia, sono arrivata oggi dall’Olanda.

Lei analizzava me ed io facevo altrettanto, già quando aveva detto il nome, mi ero meravigliato, pensavo a qualche nome straniero, ma poi quando disse la nazione fui ancora di più sorpreso

– Che tipo di lavoro stai cercando?

Mi sembrò più rilassata, forse avevo fatto buona impressione, non lo so

– Baby sitter, badante, cameriera… tutto quello che posso fare legalmente ma ad una condizione che sia previsto anche l’alloggio.

Sarà perché il sole stava iniziando a picchiare, sarà che la vedevo così indifesa, sarà che fondamentalmente non sono normale

– Potrebbe interessarti un lavoro in una trattoria come cameriera e tuttofare.

Finalmente vidi un accenno di sorriso

– Tuttofare si, ma niente sesso!

Saltai dalla panchina

– Certo che no!

Sorrise

– Certo, a chi mi devo rivolgere?

Mi stavo ancora riprendendo dalla battuta

– A me! Ho una piccola trattoria, se vuoi, ti faccio vedere.

Si alzò immediatamente

– Andiamo!

Non credevo a me stesso, ma come mi era venuto di fare quella proposta, per anni ho lavorato senza nessuno ed ora?

Ma come si dice “cosa fatta capo ha”.

Misi a posto le valigie con il suo aiuto, entrammo in auto

– Che buon odore!

Era il profumo del salame, sorrisi

– L’ho preso adesso, vuoi assaggiare?

– Si, grazie, sono ventiquattrore che non mangio nulla.

Non tagliai il salame

– Posso darti del tu?

Mi guardò, era contenta

– Certo!

– Bene, allora Sofia, ora facciamo colazione come si deve e poi andiamo alla trattoria.

– Va bene.

E così facemmo, divorò tutto nel bar dove ci fermammo e dopo un breve tragitto arrivammo alla trattoria, non mi capacitavo, eppure non mi sembra una persona che non aveva i soldi per mangiare, è vestita bene, le valigie sono di marca, quale mistero c’è sotto?

– Ecco, siamo arrivati!

Scendemmo le valigie, poi il salame, aprii la trattoria e annusò l’aria

– Anche qui c’è un buon profumo!

Ero contento

– Grazie, ho lavato e pulito da cima a fondo ieri, ora ti porto le valigie sopra, c’è una stanza con bagno, rinfrescati, poi scendi giù, inizio a cucinare. Non ti dimenticare, portami i documenti che devo registrarti.

Fece con la testa di si e mi fiondai in cucina.

Dopo aver riposto il salame nella dispensa, una generosa lavata di mani, inforcai i guanti e iniziai a sbriciolare la salsiccia, in una pentola capiente  misi a soffriggere dell’olio d’oliva con la cipolla, immersi la salsiccia sbriciolata senza budelli, del rosmarino tritato finemente, un poco di pepe  alzando la fiamma

– Ma sei uno Chef?

Trasalii, mi ero completamente dimenticato di lei, eccola stava sulla porta e mi guardava incuriosita

– Si e no.

Risposi sorridendo

– Che buon odore!

– Oggi prepariamo sugo di salsiccia con le pappardelle.

Rise

– Prepariamo?

– Certo, qui fino ad oggi ho fatto tutto io, gestore, cuoco e cameriere, ora ci sei tu.

– A ecco!

Si avvicinò e mi diede i documenti.

– Appoggiali su quella mensola, li vedrò dopo, ora vuoi fare qualche domanda?

– Che devo fare?

Mi piaceva, era pratica ed efficiente, si era cambiata, aveva dei jeans e una camicetta bianca, i capelli li aveva raccolti in un’unica treccia

– Se te la senti vai in sala, appena esci di qua c’è una credenza con il tovagliato e il resto per guarnire la tavola, abbiamo oggi una tavolata con dodici persone, ma metti quindici coperti e un tavolo per quattro persone.

Nemmeno il tempo di finire la frase, sparì, continuai a cucinare, inclinai leggermente la pentola per eliminare il grasso in eccesso e poi versai del vino bianco secco aspettando che evaporasse.

Presi i documenti:

Sofia Palmer

Residente ad Amsterdam

Età 23 anni

Riportai i dati sul modulo di registrazione per i dipendenti in prova ed inviai il fax alla caserma dei carabinieri.

Aggiunsi la passata di pomodoro, un poco di zucchero e coprii la pentola, mettendo il fuoco basso. Su di un altro fornello, misi una pentola capiente per le pappardelle e entrai nella sala con i documenti in mano.

– Sofia, ecco…

Mi caddero da mano, ma come diavolo aveva fatto?

La sala a piano terra aveva dieci tavoli, aveva accorpato dei tavoli per i quindici come avevo detto, poi non si era fermata a preparare un solo tavolo, ma tutti, tutti erano pronti con tutto quello che serviva, aveva aperto le imposte delle finestre, abbassate le tendine contro gli insetti, acceso la radio sul canale della filodiffusione e la televisione sul canale delle news senza audio solo con le scritte che scorrevano.

Raccolsi il passaporto a terra, ma lei non la vedevo, mi guardai intorno.

Verso le toilette, c’era un angolo con due poltrone, per le persone che erano in attesa di entrare, ed eccola, stava raggomitolata su una di queste, evidentemente si era rilassata, ero stato uno stupido, dovevo immaginare,  era stanca, riposava, chiusi la finestra da dove entrava un fascio di luce solare, le misi un plaid addosso, era bella, aveva il viso rilassato.

La lascia riposare e tornai in cucina, erano tempo di preparare gli antipasti.

Tagliai il pane, i salumi, il formaggio e preparai la frutta, ma il pensiero era fisso, cosa ci faceva qui? Solo le scarpe che portava, quelle di ginnastica adesso, costavano un occhio!

Mancava un’ora alle 13.00, ora di arrivo degli operai, stavo impiattando gli antipasti

– Scusami Vanni, mi sono addormentata, grazie per il plaid.

Continuando a riempire i piatti

– Sono io che mi devo scusare, sono un negriero, appena sei arrivata ti ho messo a lavorare.

Sorrise, si era rinfrescata e cambiata la camicia, aveva messo il grembiule della trattoria e si mise ad aiutarmi

– Non potevi sapere!

– Nel pomeriggio sei libera, puoi riposarti, poi stasera il servizio inizia alle 20.00.

– Grazie, la stanza è bella.

– Si, era quella di mia madre, voleva la sua privacy, tieni le chiavi del portoncino d’ingresso, non ho il doppione.

– Grazie, vado a posare i documenti, ma posso lasciare le chiavi anche qui in cucina se vuoi.

– No, Sofia, voglio che stai tranquilla, tienili tu, l’altra chiave è quella dell’ingresso della trattoria, così sei libera di muoverti a piacimento, abito di fronte al tuo portoncino sul pianerottolo di sopra.

Era contenta, lo vedevo, le brillavano gli occhi

– Grazie, sei troppo gentile.

– No, sono coerente, ho visto come hai preparato la sala, sei brava e responsabile ma tu non conosci me e io altrettanto, è meglio così! Quando scendi mangiamo qualcosa,  poi si parte per il servizio.

Sorrise e sparì.

Quando ritornò, avevo già i piatti pronti sul tavolo nella sala prima della cucina, mangiammo in silenzio, gradì tutto, fu allora che mi accorsi che non aveva un telefono cellulare, strano, mi venne spontaneo

– Ma i tuoi lo sanno dove sei?

Ebbe un fremito, ma poi fissandomi con calma

– Sanno che sono in Italia, mio padre domani parte per raggiungere Atene in Grecia, poi lo raggiungerò.

E non disse più una parola!

Ero stato stupido lo so, ma avrei voluto farle mille domande, ma mi astenni, lei capì ritornò allegra come prima, arrivarono gli operai, tutti si accorsero della novità, uno in particolare mi disse che non le staccava gli occhi da dosso, me lo descrisse, era Lorenzo.

Arrivarono pure i miei clienti fissi del pranzo, due coppie, li chiamavo i magnifici quattro, se avessi sommato gli anni di ciascuno arrivavo alla cifra iperbolica di 320 anni.

La prima coppia era composta da un generale in pensione con la terza moglie straniera, l’altra coppia amica della prima era il farmacista della città in pensione con la moglie, entrambi non avevano figli.

Erano due anni che frequentavano tutti i giorni la trattoria solo per il pranzo, avevano una certa confidenza con me, le due mogli appena fu possibile vennero a chiedermi chi era quella ragazza, sorrisi di buon gusto e senza raccontare nulla, dissi che era di passaggio, aveva bisogno di lavorare e di un posto per dormire e io glielo avevo offerto.

Appagata la loro curiosità, fecero i complimenti per l’educazione e la correttezza nel servire ai tavoli, lo stesso fece anche Lorenzo quando venne a salutare, lo vidi, voleva chiedere di più, ma si astenne.

Sofia mi disse che avevano gradito tutto e iniziò a sparecchiare, mi misi a pulire la cucina, dopo circa un’ora

– Finito! Vanni di chi è quell’auto la fuori?

Era un  regalo per mia moglie, cinque anni fa l’avevo acquistata, una 600 nuova di zecca, aveva fatto si e no tremila chilometri da allora, ogni tanto la mettevo in moto o la usavo per fare delle commissioni senza usare il furgone

– E’ mia, ovvero l’avevo regalato alla mia ex moglie, perché?

Era rimasta colpita, forse dal tono della mia voce

– Non volevo, scusami.

– No, non ti preoccupare, dimmi.

La tranquillizzai

– Volevo prenderla per a fare un giro e rendermi conto della città, posso.

Andai all’armadietto in cucina

– Ecco! Ma non volevi riposare?

Le prese, si era illuminato il viso

– Riposerò stanotte, grazie.

Guidava bene, lo vidi dalle manovre per uscire dalla tettoia, era sicura di se, chissà dove è diretta, pensai, continuavo a fantasticare, ma non era giusto, presto andrà via, ne sono certo, ha detto che il padre sta per andare ad Atene e deve raggiungerlo….”…

…segue…
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Araldo Gennaro Caparco

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