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6 Settembre 2023 – Il faro di Ondina! – Romanzo di Araldo Gennaro Caparco

La mia vita scorreva e sbagliavo e continuavo a sbagliare, come tutti cercavo sempre la gratificazione negli altri, ma al momento, non sono riuscito ancora ad ottenerla!

Ma dico? E’ mai possibile che noi dobbiamo adeguarci e gli altri devono solo giudicare?

Ho trenta anni, non sono un adone, per cinque anni ho cercato di accontentare una donna, ma mai l’ho vista contenta, si, quei pochi minuti di attività sessuale che ogni tanto mi concedeva, si, mi concedeva, perché toglietevelo dalla testa la frase fatta “l’uomo comanda”… è una bugia, non ha mai comandato, punto!

E sempre lei che comandava, lei che ordinava e tu ad eseguire per farla contenta e lo fai con lei, lo fai con i tuoi genitori, lo fai con il tuo datore di lavoro, mai per te stesso!

Per oltre dieci anni ho lavorato nel campo informatico, sono diplomato, poi ho acquisito una mini laurea con un Master in tecnologie avanzate e nell’A.I., l’intelligenza artificiale, ed è stata proprio quest’ultima che mi ha portato alla rovina.

Costi esorbitanti per i programmi, commesse oltre manica con ritardati pagamenti, avevo una visone particolare, volevo “umanizzare” i robot, l’idea piacque a tutti, tranne nello scucire i soldi che servivano per sviluppare il software necessario, quello era il mio compito, sviluppatore, ma cosa mai avrei potuto sviluppare, se non avessi avuto quei programmi che mi servivano per mettere a punto una strategia da utilizzare poi nella programmazione del robot?

Quindi, convinto della mia idea, iniziai ad anticipare, indebitandomi fino al collo, forte però della promessa dei finanziatori esteri di coprire le spese a trenta, sessanta, novanta giorni.

Ma ciò non avvenne!

Ed io?

Mi trovai, in mutande!

Avevo ricevuto l’avviso per lo sfratto esecutivo dal mio appartamento per la fine del mese di dicembre, bel Natale quell’anno, l’amazzone non vide l’ora, dopo aver fiutato il mio fallimento, di trovarsi un altro stallone con cui andare via e mi lasciò senza tanti complimenti, avevo qualcosa da parte, ma il panico si impossessò del mio cervello, solo come un cane, depresso, non mi restava altro di lanciarmi dal diciottesimo piano del Centro Direzionale, avevo perso tutto, cosa mi costava, era un attimo e così… avrei risolto ogni mio problema, ma era Natale… e mi concessi una cena in un noto ristorante della mia città.

Nella mia vita, avevo fatto diversi lavori per mantenermi allo studio, oltre al canonico cameriere tuttofare, avevo lavorato anche in cucina ero bravo, me la cavavo, mi piacevano i profumi della cucina, ero contento di inventare e mescolare gli ingredienti e creare nuove pietanze partendo dalla tradizione gastronomica napoletana, poi conobbi lei Elena, sia maledetta dove si trova adesso, mi convinse come solo una donna sa fare, diceva che avevo delle potenzialità e dopo pochi mesi prendemmo un appartamento, abbandonai tutto per lei e mi dedicai all’informatica, lei era docente in un liceo scientifico e insegnava storia dell’arte, si esatto, ma non proprio quella che canonicamente chiamiamo arte, non la sublime arte del pittore, dello scultore, ma proprio quell’arte, quello della puttana!

– Allora Leon, ti è piaciuta la cena?

Chi aveva parlato era la proprietaria del ristorante, nonché la mia ex datrice di lavoro, Ester

– Certo, lo chef è stato grande!

Mi guardò, ma intuì che c’era qualcosa di stonato

– Elena?

Risposi guardandola negli occhi, di getto

– Di troia!

Stupita

– Mi ha lasciato, senza tanti complimenti, è da qualche parte da quindici giorni con qualche altro stallone, ricco e prossimo cornuto!

Sgranò gli occhi

– Te l’avevo detto!

Era vero!

L’aveva detto appena l’aveva conosciuta, ma si sa noi uomini spesso siamo dei perfetti coglioni, specialmente quando troviamo esseri come quelli, bella, capelli biondi, proveniva dall’est Europa, occhi celesti e gelidi, quando passeggiavamo per strada, non c’era uomo che non si girasse, di qualsiasi età, ed io?

Ero contento e cornuto, mi portai le mani in faccia

– Avevi ragione tu!

Quando rialzai la testa

– Per fortuna hai il tuo lavoro.

Sibilai, non avevo voglia di dirlo

– Perso!

Si sedette

– E ora?

– Non lo so, non ho più nulla, non ho parenti, i miei conoscenti e le mie amicizie si sono allontanate da tempo da quando lei è entrata nella mia vita, mi diceva “ti voglio tutto per me”, capisci e io l’ho accontentata sempre, che stupido!

Mi prese le mani, le avevo portate sulla testa, per dimenticare, faceva molto male il ricordo di lei, si, c’erano stati momenti felici, ma solo quando lei decideva di averli, io ero meno che niente, un oggetto da usare e all’occorrenza gettare tra i rifiuti, ecco come mi sentivo in quel momento, mi risvegliò con la sua voce alterata, urlò

– Allora? Che fai, ti arrendi?

Sapevo a cosa si riferiva, lei non si era arresa, aveva preso per i capelli prima che la droga lo portasse alla morte, suo figlio, le aveva tentate tutte e dopo aver tentato le strade legali, lo aveva denunciato ai carabinieri, facendolo arrestare insieme agli spacciatori e dopo un periodo di detenzione e di riabilitazione durato cinque anni, ora era pulito e lavorava in cucina come Chef, era uno dei più bravi della città, da tutti riconosciuto e apprezzato.

Non rispondevo, incalzava

– Non mi hai risposto Leon, che intendi fare?

Le bastò uno sguardo nei miei occhi, intuì subito e mi diede uno schiaffo, si alzò di scatto

– No, non puoi!

Scoperto e sconcertato dallo schiaffo improvviso

– Perché?

– Si vive una sola volta e tu hai tanto ancora da dare e avere dalla vita, non sporcare la memoria dei tuoi genitori!

Improvvisamente, aveva preso il mio cellulare e lo brandiva come una pistola, me lo mise davanti, c’era la fotografia dei miei genitori il giorno delle nozze, mia madre con una coroncina in testa di roselline bianche come si usava nel suo paese e mio padre in un completo bianco.

Galeotta fu una gita di mia madre a Napoli con universitari di Oslo, fu un colpo di fulmine per loro due, mio padre lavorava in una pizzeria e lei rimase colpita da quel giovane testa rossa in canottiera e con un foulard celeste al collo ad infornare e sfornare pizze, si sposarono giovanissimi, mio padre aveva ventidue anni e lei ne aveva appena compiuti venti, le famiglie non volevano, ma loro furono testardi e un anno dopo nacqui per la loro gioia.

Ester lo sapeva, era la mia immagine preferita, li amavo più di me stesso, ma un incidente ferroviario me li aveva portati via l’anno prima, erano partiti per festeggiare trenta anni di matrimonio alla Città del Vaticano, a Roma, dal Papa

– Allora?

Aveva colpito la corda giusta, mi alzai per abbracciarla

– Qualcosa troverò, grazie!

Non voleva che andassi via, volevo pagare la cena ma non volle, mi guardò negli occhi

– Sono certa, non lo farai! Vai figlio mio e vedrai che la provvidenza ti aiuterà, devi solo stare attento ai suoi segnali, non è una persona e ti risolve il problema, ma ha i suoi modi per rintracciarti.

Tornai a casa e versai fino all’ultima lacrima!

Il giorno del Capodanno, non so come e ne il perché, mi ritrovai sul molo Beverello, era la passeggiata preferita di mio padre, mi diceva sempre “da qui possiamo vedere i fuochi di tutta la città senza farci male”, ed era vero, da lontano seguivo i fuochi nei vari quartieri della città, ecco, il Vomero, Posillipo, Piazza Plebiscito, i Quartieri spagnoli erano meravigliosi e in acqua tante barche, dalla più piccola alle più eleganti e su ognuna si festeggiava la fine dell’anno.

Non so perché, ma guardandole, pensai a mio padre, mi convinse a prendere la patente nautica “Potrebbe sempre servire!” mi diceva, ed io in tutti quegli anni mi ero aggiornato sempre ed avevo partecipato a tutti i corsi che la capitaneria del porto organizzava per gli associati, ne andavo fiero.

Perché no!

Perché non propormi come pilota di qualche cabinato?

Mentre guardavo i fuochi dell’anno che andava via, decisi di presentarmi in capitaneria il giorno successivo, era quasi l’alba, inutile tornare a casa, avevo già le valigie pronte, Ester mi aveva mandato un messaggio “Se non sai dove andare, qui c’è sempre un posto per te, lo sai”, mi voleva bene, la ringraziai e con quest’animo passai la restante parte della notte nei pressi della capitaneria di porto.

Alle cinque di mattina arrivarono quelli delle pulizie, ero intirizzito dal freddo, mi notarono subito, ero come un pulcino bagnato e rattrappito seduto su una panca, una signora gentile

– Aspetta qualcuno?

Dissi di no con la testa, non avevo la forza di parlare

– Allora?

Mi feci forza

– Aspetto che apre la capitaneria.

Dissi battendo i denti

– Benedetto figliolo, qui congelerai, vieni entra dentro con noi, almeno sarai al caldo.

– Grazie.

E mi trovai nella sala d’aspetto della sede, sentivo in lontananza delle voci, la guardai interrogativamente

– Sono quelli che hanno fatto il turno di notte, stai tranquillo, li avverto io.

Iniziai a prendere calore, con degli spiccioli, dalla macchinetta automatica, un latte bollente con il caffè e iniziai dopo poco a riprendere colore, non riuscivo a stare fermo, le gambe si erano quasi atrofizzate e quindi percorrevo tutto il salone avanti e indietro, stando attento a non dare fastidio a loro che stavano pulendo, guardavo i tabelloni dove c’erano i comunicati e uno in particolare attirò la mia attenzione

“Vendesi faro di Zitrichy – Islanda”

5 Settembre 2023 – Tre chicchi d’uva! – Romanzo di Araldo Gennaro Caparco

Febbraio – Carnevale

Che festa fantastica, non avrei voluto partecipare, ma non potevo far un torto ad una mia cara amica Duna, una villa stupenda sul mare di Posillipo, una terrazza per innamorati e tanta allegria, fiumi di spumate, stavamo festeggiando la proposta di matrimonio di Alberto, l’aveva chiesta in sposa e lei aveva accettato, quando seppe che stavo all’aeroporto d Los Angeles

– Lo devi fare per me, appena arrivi a Roma, chiamami,

E così feci e all’aeroporto di Napoli, trovai l’auto di famiglia che mi aspettava per condurmi alla festa, eccola

– Ti stai divertendo?

Ero stanco morto, ma cercai di fare un sorriso

– Certo!

E nemmeno il tempo di rispondere, ecco Alberto con il trenino e la musica a tutto volume

– Vieni poltrone.

Mi agguantò per il torace e fui a capo del trenino, scendemmo lungo lo scalone d’ingresso, giuro, se avessi avuto la possibilità, sarei scappato in quel momento, ma niente da fare, Duna si mise davanti a me

– Saliamo sopra!

E vai, ancora una volta, le scale, le ginocchia non mi mantenevano, a metà scala, il papa di Alberto, Ilvo

– Ti do il cambio!

L’avrei abbracciato, se avessi avuto le forze, ma volentieri lasciai la presa di Duna e lui mi sostituì, come Dio volle, mi nascosi in una nicchia in mezzo alle scale e mi feci piccolo, piccolo, per non farmi notare.

Erano pazzi, si, di gioia e innamorati!

Chi l’avrebbe mai detto!

Solo due mesi fa, erano dei perfetti sconosciuti, Duna era stata mandata dalla sua azienda ad affiancarmi, per perfezionare un trasferimento di una partita di vino dell’area vesuviana per i paesi dell’est, avevano fatto una ricerca di mercato e per loro la nostra azienda di import ed export era la più affidabile, mi arrivò un fax per avvertirmi del suo arrivo, era un affare da migliaia di euro e non potevo far finta di nulla, quando Ivano il mio segretario mi avvertì che aveva telefonato dall’aeroporto e mi stava aspettando me ne ero completamente dimenticato, stavo pianificando il mio giro di clienti in Inghilterra e poi negli Stati Uniti e mi ero completamente tolto dalla testa il suo arrivo

– Cavolo e tu che gli hai detto?

Sorpreso

– Sta arrivando!

E ora?

Stavo lottando per il mio lavoro, era il momento di fare il salto di qualità, dovevo rendermi autonomo e quella mattina avevo parlato con il proprietario dell’azienda per avvertirlo che al mio ritorno mi sarei licenziato, lui cercò di trattenermi, voleva aumentare lo stipendio, ci volle il bello e il buono per fargli capire che per me era il momento, non era una questione di soldi, ma a trenta e più anni, non potevo fare a vita il globetrotter per il mondo, alla fine sconsolato dovette registrare la mia volontà, avevo dato appuntamento ad Alberto,il figlio del titolare all’aeroporto di Capodichino per metterlo al corrente che avevo parlato con il padre e mi ero dimenticato di Duna, presi il cellulare

– Alberto?

– Si Mino

– Dove sei?

– Ti sto aspettando sono all’aeroporto.

E vai!

– Ascoltami, sono in ritardo, ma c’è una nostra e tua cliente che viene dai paesi dell’est per acquistare i nostri prodotti, potresti sostituirmi, nel frattempo che arrivo?

E incrociai le dita

– Certo!

– E vai! Grazie, si chiama Duna e ti sta aspettando agli arrivi.

Stupito

– Vado!

E questo fu!

Un colpo di fulmine, quando finalmente mi liberai, chiamai per dire che stavo arrivando, ma mi dissero che non c’era bisogno, erano in auto e stavano andando in azienda e così partii per Londra, quando feci tappa a Los Angeles, Alberto mi telefonò per ringraziarmi “Ho trovato l’anima gemella, ed è tutto merito tuo, un abbraccio”.

Ecco perché ci tenevano che fossi alla festa quel giorno, ma io non ero proprio in condizione di stare sveglio, avevo il jet lang che mi procurava un fastidioso affanno, dalla nicchia dove mi ero nascosto, guadagnai l’uscita, chiamai il tassi e dopo poco ero a casa, vestito mi buttai sul letto, abbassai tutte le tapparelle e mi addormentai profondamente.

La mattina successiva, l’ultimo di Carnevale, dopo una colazione abbondante e dopo aver ascoltato i messaggi sulla segreteria, tramite il computer inviai gli ordini che avevo collezionato nel mio viaggio, neppure il tempo di inviare le email con le copie delle credenziali e dei bonifici che erano stati effettuati dalle aziende che avevano acquistato, partite di bottiglie del nostro vino, un messaggio sul cellulare, era la mia banca che mi avvertiva di un bonifico effettuato in quel momento di venticinquemila euro, era stato effettuato da Ilvo il titolare dell’azienda, ma c’era un errore, ben quindicimila euro in più, lo chiamai

– Sono Mino!

Sentii forte una risata

– Dimmi?

– Forse avete fatto un errore nel fare il bonifico adesso.

– Nessun errore.

– Ma allora?

– Non sono riuscito a trattenerti nella nostra azienda e questo è un nostro regalo, una gratificazione per il lavoro che hai svolto in questi ultimi ordini, poi riceverai la liquidazione per il tuo lavoro prestato, un abbraccio.

Era sempre stato di poche parole, riuscii solo a dire

– Grazie, non me l’aspettavo.

E lui

– La nostra azienda avrà sempre un posto per te, ricordatelo!

E riattaccò!

Sprofondai nella poltrona e in un attimo rividi questi ultimi anni della mia vita, la nostra famiglia aveva un azienda non molto grande a san Giuseppe Vesuviano, imbottigliavamo il vino di diversi produttori e poi li commercializzavamo ai ristoranti della zona vesuviana e sorrentina con il nostro logo, una piccola raspa e tre chicchi d’uva, solo per un vezzo all’età di diciotto anni mi feci fare un piccolo tatuaggio sulla spalla destra uguale e identico al nostro logo.

Gli affari andavano a gonfie vele e mio padre, vedovo dalla mia nascita, si, perché mia madre nel darmi alla luce, perse la vita, aveva preteso dopo la mia laurea in agraria che mi diplomassi anche come enologo e non vedeva l’ora di lasciarmi le redini dell’azienda e ritirarsi a Sorrento, il luogo che più amava in Italia, era li che aveva conosciuto mia madre, ed era lì che voleva tornare, ma un brutto giorno, un attentato camorristico fece saltare in aria l’azienda e mio padre per il dolore fu colto da infarto e morì sul colpo.

Avrei potuto ricostruire il tutto, l’assicurazione aveva pagato tutti i danni, ma non ero certo nell’animo di volerlo fare, avevo ventidue anni, troppo giovane per assumermi la responsabilità di ricostruire, poi un pensiero mi assillava, avevo paura che ripetessero l’attentato con gli operai nell’azienda e così decisi di non fare nulla, Ilvo, amico fraterno di mio padre fu il mio confessore, a lui raccontai tutto e fu sempre lui che mi propose di acquistare il terreno dove c’era la nostra azienda e mi propose di lavorare con lui come responsabile commerciale.

I mandanti e gli esecutori dell’attentato furono arrestati e solo allora accettai la sua proposta, ecco questo era tutto, non volendo lavorare nei luoghi dove ero conosciuto proposi di lavorare per l’estero, fu accettato, ed erano quindici anni che passavo più tempo fuori che a casa.

Da qui la voglia e il desiderio di fermarmi, iniziavo a sentire la stanchezza, il desiderio di una relazione stabile con qualcuno, si in quegli anni avevo conosciuto tante persone e più d‘una volta avevo iniziato anche qualche relazione, naufragate dopo qualche anno miseramente, anche per colpa mia, lo riconoscevo, ma mai in quegli anni ero riuscito a trovare la persona giusta, quasi tutte straniere, con altri abitudini ed altri modi di vivere distanti dal mio.

Dovevo muovermi, avevo un aereo nel pomeriggio che mi avrebbe portato a Palermo, avevo dei contatti con delle aziende e il mio curriculum li aveva incuriositi e interessati, aspettavano solo il momento di conoscermi, dopo aver scacciato una lacrima, mandai un messaggio ad Alberto, per salutarli, immediatamente dopo pochi minuti

“Ciao fratellone, ti aspettiamo il mese prossimo al nostro matrimonio. Duna”

Ero contento!

Avevo preparato le valigie, era venuto il proprietario per vedere se tutto era in ordine, mi disse di lasciare le chiavi in portineria, feci l’ultima telefonata dal telefono fisso per avvertire la compagnia dell’invio di una mia email di disdetta a far data da fine mese, ero in prossimità della porta, sentii lo squillo del telefono fisso, pensando ad una verifica della compagnia, risposi

– Buongiorno parlo con il signor Mino……

– Si, mi dica?

– Volevamo avere notizie per quella cascina nelle Langhe.

Pensando ad uno scherzo di carnevale da parte di qualche mio amico

– Che cosa?

L’altro sorpreso

– Chiedo scusa, ma questo è il numero che ho chiamato 081 45……

– Certo!

– Abbiamo preso il numero sul podere…

Non lo feci terminare, se ero uno scherzo, era di cattivo gusto, pensai di scherzare anch’io

– Mi ha preso alla sprovvista, sto per partire per Palermo, ma di quale delle mie proprietà parla…

E sorrisi, con la mano sulla bocca

– Ho qui i documenti, sono intestati a suo nome, la cascina si trova vicino ad Alba.

– Mi ascolti, potrebbe essere così gentile da inviarmeli sulla posta elettronica, mi scusi, ma vado di corsa, arrivederci.

E chiusi la telefonata, contento di non aver dato credito a qualche imbecille, sarà rimasto con un palmo di naso, presi le valigie e mi avviai all’aeroporto, ero in procinto di fare il ckekin, squillò di cellulare, messaggio

“Ecco i documenti da lei richiesti” e di seguito c’erano due allegati DreamImmobiliare di Cuneo.

Ero curioso, abituato ad utilizzare il mio cellulare come un ufficio portatile, mentre seguivo la fila, aprii gli allegati e dopo due minuti, mi allontanai dalla fila senza parole.

Pensai di aver letto male, in uno dei punti di internet point, scaricai su un computer la mia posta elettronica e gli allegati, mi mancava il respiro, tant’è che una hostess di passaggio, vedendo il mio stato

– Si sente male signore?

Avevo la vista appannata, le lacrime agli occhi, il viso paonazzo, sentii solo le sue mani che mi slacciavano la camicia, poi

– Aiuto, datemi una mano.

Due o forse quattro braccia mi sollevarono dalla poltroncina, mi stesero  a terra e con la valigia sotto le miei ginocchia, stavano slacciando la cintura dei pantaloni

– Un attimo, sono un medico, fatemi spazio.

Fu l’ultima cosa che sentii, una voce di donna preoccupata e tutto fu buio!

– Ma dove sono? Devo partire, il mio aereo per Palermo…

Una mano mi bloccò il torace e con una certa insistenza premeva per non farmi alzare, com’era duro quel letto e chiudendo gli occhi avvertii un sentore di alcol molto forte

– Stia fermo!

La voce era perentoria e non ammetteva repliche, qualcosa stringeva il mio braccio destro, poi sentii il puff di qualcosa che si premeva e la stretta era maggiore

– Allora dottoressa?

Sentivo in lontananza una voce

– I battiti stanno scendendo, la pressione è buona…

– Lo trasferiamo in ospedale?

– No, aspettiamo, la tempra è forte, non è stato un attacco cardiaco, ma qualcosa di molto forte , un’emozione forse, aspettiamo ancora.

– Ma il suo aereo?

Chi era? Chi erano queste persone? Feci uno sforzo per aprire gli occhi

– Dove sono?

Vedevo solo una luce fortissima che colpiva gli occhi

– Stia fermo, guardi in alto…

Invece mi girai verso la fonte della voce, era una donna giovane, occhi scuri e una montagna di capelli neri, stava esplorando con una piccola torcia i miei occhi

– Che fai?

Stavolta guardai la bocca, piccola a forma di cuore, sorrise

– Non ricordi nulla?

Arrossii

– No.

Non disse nulla, continuò  con la torcia, poi si alzò, si rivolse a qualcuno

– Va bene, si sta riprendendo, tra poco lo potete sollevare.

E stava per andarsene, feci appena in tempo ad agguantare una mano, la sinistra

– Ti prego!

Lei si girò

– Cosa mi è successo?

Riuscii a liberarsi della mia mano con la destra

– Sei svenuto e ti abbiamo portato qui nell’area di emergenza sanitaria dell’aeroporto, ti ho fatto un’iniezione per far calmare i tuoi battiti, erano accelerati, ma ora stai bene, devo andare il mio aereo parte tra qualche minuto.

Avevo paura, poi la sua stretta prima di lasciare la mano, mi aveva fatto bene

– Come ti chiami?

Sorpresa

– Sofia.

Sorrise

– Grazie Sofia.

E scomparve!

Dopo un bel poco, due persone mi sollevarono

– Ora stia fermo!

La testa mi girava, ma dopo poco, tutto si fermò intorno a me

– Riesce a scendere?

– Cerco.

E fui sorpreso, mi sentivo bene, mi imposi di rimanere in equilibrio

– Tutto bene, grazie!

Mi ricomposi, loro si allontanarono, poi uscii dalla camera e trovai i miei bagagli e una cartellina

– Questi fogli erano per terra, li abbiamo messo qui dentro.

Li abbracciai, dopo riempii dei moduli per l’uscita, li ringraziai, uscii per ritornare di nuovo immediatamente

– Scusatemi un’informazione, la dottoressa?

L’uomo sorrise

– E’ partita un’ora fa!

La delusione si leggeva chiaramente sul mio volto

– Volevo ringraziarla!

– L’avevo capito, ma adesso è in volo.

Balbettando

– Per dove?

– Cuneo, sta ritornando a casa sua.

– Se la sentite potete ringraziarla a nome mio?

Dissero di si, era inutile proseguire oltre, stavo uscendo, la ragazza che era con lui mi aprì la porta per farmi passare con le valigie, le allungai la mano per salutarla e sentii una cosa metallica che passava nella mia mano, sussurrò sorridendo

– Io non ne so nulla!

E scomparve, mi allontanai un poco dalla loro postazione, in un angolo aprii la mano, era una targhetta

“Dott.ssa Sofia Calamandrei – Aeroporto di Capodichino”

ero contento, mentalmente ringraziai quella ragazza e sentivo la necessità di un caffè, ne pagai altri due con delle sfogliatelle e chiesi la cortesia di portarle al posto di emergenza.

Cosa fare adesso?

Non lo sapevo, riaprii la cartellina e tutto mi ritornò prepotentemente, mi ricordai di tutto, mi sforzai di mantenermi calmo, ma non era umanamente possibile, tutto era strano, su quei fogli, c’era il mio nome e la mia data di nascita, ed io ero all’oscuro di tutto, rilessi più volte i documenti, avrei voluto parlare con qualcuno, ma sinceramente in quella situazione non sapevo cosa fare e poi in Piemonte, perché lì mi domandavo, cercai di ricordarmi se in qualche viaggio per lavoro ero già stato in quella regione e mi ricordai solo di una volta, verso Asti anni prima, fui chiamato da un’azienda per risolvere come enologo un problema al loro vino e da allora ogni anno, ci sentivamo per i saluti e gli auguri di Natale e Pasqua, erano affezionati a me, ma in altre zone non c’ero mai stato.

Guardai l’ora e mi avviai verso il tabellone delle partenze e decisi, dovevo andare a fondo e quindi l’unico modo era andare sul posto e rendermene conto e acquistai il ticket per Cuneo, dopo un’ora c’era un aereo, quando arrivai cercai di riposare qualche ora in un albergo lì vicino, ma non ci riuscivo, trovai due messaggi sul cellulare, erano di due aziende di Palermo, mi chiedevano un appuntamento, risposi che mi sarei fatto vivo io e in aeroporto presi un’auto a noleggio, per i miei frequenti viaggi, ero in possesso di una carta oro per il noleggio che mi dava l’opportunità di utilizzarla in qualunque stato europeo, scelsi una jeep pluri accessoriata a quattro ruote motrici, e partii.

Destinazione Alba!

Mi incantai nel vedere il panorama, dopo aver lasciato l’autostrada, all’altezza di Pallenzo il navigatore mi fece fare una variazione, avevo inserito l’indirizzo che c’era sulla mappa catastale che mi era stata inviata “Via degli Oleandri – Villa Borgo di Alba”, filari e filari di vigne a destra e sinistra, collinette morbide e terreni puliti da sotto vegetazione, case rurali che si vedevano in lontananza, il sole non era molto forte e dopo una curva, una distesa di filari di vigna con degli uomini al lavoro, stavano potando, mi fermai perché il navigatore non mi dava più segnalazioni, mi avviai per un piccolo varco tra i filari

– Prego, ha bisogno di qualcosa?

In controluce non riuscivo a vederlo per bene, poi mi spostai e lo vidi perfettamente, era una persona anziana, aveva una tuta di lavoro e le forbici in mano, mi accolse con un sorriso

– Si, scusatemi, sono diretto verso Villa Borgo, ma ad un certo punto il navigatore ha smesso di funzionare, può indicarmi la strada?

Sorrise

– Si, qui c’è un problema di ricezione, ma non può sbagliarsi, prosegua per dieci chilometri, poi alla rotonda sulla prima a destra e la porterà direttamente a Villa Borgo.

Lo ringraziai e mi stavo avviando, quando squillò il cellulare, era lo stesso numero del giorno precedente

– Pronto.

– Si, mi dica.

– La chiamo per quel casale…

Mi meravigliai, come poteva avere il mio numero di cellulare

– Mi tolga una curiosità, ma come ha fatto ad avere il mio numero di cellulare?

Silenzio

– Mi dica?

– Abbiamo telefonato a casa sua e ha risposto una persona, quando abbiamo chiesto di lei, ha detto che eravate partito e avevate lasciato la casa e quindi abbiamo chiesto se avesse avuto il vostro numero di cellulare e dopo qualche resistenza, l’ha fornito.

Ecco, perché, di certo era il mio proprietario

– Ora capisco, ditemi?

– Volevamo incontrarla.

– Dove siete?

– Ad Alba, all’ingresso sulla sinistra, fino alle tredici e poi dalle quindici alle diciotto.

Il signore nel frattempo aveva assistito a tutta la telefonata

– Se per voi non è un problema ci vediamo alla riapertura dell’agenzia…..

….segue…

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3 Settembre 2023 – Il coraggio e la paura – Romanzo di Araldo Gennaro Caparco

E con questo, è il terzo lavoro che perdo in sei mesi.

Ma si!

E’ mai possibile accettare sempre dei compromessi?

No, basta!

Negli altri due, non mi pagavano mai. Ma in questo?

Se l’è meritato, certo sono stato licenziato, ma non potevo, non dovevo, andare avanti, anzi, ho aspettato fin troppo, ma quella mattina non ne potevo più.

Stavo come sempre al lavoro di prima mattina, avevo già più volte espresso il mio rammarico, di non poter fare la spesa per il locale, ma niente, ottuso e braccino corto, mi rispondeva

– Quando hai accettato il lavoro, ti avevo avvertito, la spesa la faccio io e tu cucini.

Certo, cucino, ma non avveleno le persone!

L’avevo già avvertito, quel giorno del riposo del locale, lo avevo intravisto mentre facevo una passeggiata per il rione, acquistava della merce nei posti più disparati e a basso prezzo

– Se continui così, me ne vado!

Gli dissi, e lui,  quasi con un mezzo sorriso di sogghigno

– Si. E dove vai?

Era questo che mi frenava, non avendo casa, accettavo solo dei posti dove mi fornivano l’alloggio, ovviamente il fitto me lo defalcavano dallo stipendio.

Alloggio?

Se quello si poteva chiamare alloggio, una stanzetta con un letto e un comodino, senza finestre, ricavato dallo sgabuzzino.

Ero pieno di idee al servizio militare, si ci ho provato, ho fatto tre anni, ma poi alla fine, non mi hanno arruolato e così mi trovai in mezzo ad una strada all’improvviso.

La famiglia, manco a parlarne, era distante mille chilometri e già da soli avevano problemi finanziari, quando seppero che mi avevano bocciato all’esame per rimanere sotto le armi, mi dissero “e ora arrangiati!”.

Eh già, una sorellastra, ragazza madre con due bambini da due padri, un fratellastro, entrava ed usciva dai centri di tossicodipendenza,  mia madre in cielo da tre anni e poi un padre, anzi patrigno, che passava le sue giornate al bar sotto casa a bere birra e a giocare a carte.

No, grazie!

Meglio dimenticarseli! Era proprio inutile sperare in qualcosa da loro.

Quei tre anni, furono per me una palestra, perfetto sconosciuto senza una raccomandazione, finii in cucina, a lavare pentoloni maleodoranti e padelle incrostate, l’unica cosa positiva fu la conoscenza con uno dei cuochi anziani, quando era il suo turno, mi insegnava a cucinare.

Fu proprio lui che avendo notato una certa predisposizione per la cucina mi invogliò ad iscrivermi ad un Corso online, per conseguire il titolo di cuoco.

Non era certamente l’Accademia, ma le basi, si!

Lo conquistai!

Quando uscivo la sera, dopo aver terminato il servizio di cucina, invece di fare come gli altri, alla ricerca di ragazze da abbordare, me ne andavo per librerie, alla ricerca di libri di cucina usati e dopo averli letti e riletti, li rivendevo ad altre librerie in cambio di altri libri.

Ero stufo, quella mattina, il padrone della trattoria, decise che quel lunedì dovevamo fare la lasagna e mi buttò letteralmente sulla tavola, circa tre chili di carne macinata e un filoncino bianco che lui definiva fiordilatte, dieci scatole di pasta fresca per lasagne.

– Ecco, cucina, oggi lasagne e polpette per secondo.

E se ne andò, vidi la scadenza della pasta fresca, era di un mese prima, poi passai al filoncino, era duro come una pietra, congelato e poi alla carne e qui, dovetti turarmi il naso, puzzava.

I nostri avventori erano degli operai di una vicina fabbrica, quasi sempre mangiavano da noi un piatto caldo per poi la sera arrangiarsi con pane e qualcosa.

Non potevo fare loro questo!

Come un pazzo, uscii dalla cucina, arrivai alla cassa, dove si trovava il padrone

– Secondo te, dovrei cucinare quella merda?

Avevo gli occhi fuori dalle orbite.

E lui, come se fosse la cosa più placida del mondo

– Certo! Ci metti gli aromi, la passi al forno e vedrai che nessuno se ne accorgerà, le altre le friggi.

– Tu sei pazzo, io non intendo avvelenare le persone.

Rideva, quello stolto, rideva.

Mi guardai attorno, c’era uno scaffale con delle bottiglie di vino scadente, ne presi una e la lanciai.

Non rise più, l’avevo centrato all’altezza degli occhi!

– Ti faccio arrestare!

Esclamò

– No, ti faccio arrestare prima io, chiamali i carabinieri, così faccio vedere quello che hai acquistato.

Si manteneva la fronte, stava rovistando nel cassetto, ma prima che potesse prendere la pistola, con un calcio lo chiusi chiudendogli la mano destra dentro, lanciò un urlo

– Fuori da qui!

Il tempo di prendere la sacca e ed ero in strada.

Quel lurido straccione, non mi aveva nemmeno pagato quel mese, diceva domani, avevo 150 euro in tasca, ma se lo meritava.

E ora? Cosa faccio?

La città non era molto grande, avevo poche possibilità di trovare altro, delle due trattorie e quattro ristoranti, ne avevo frequentati tre e mi erano bastati.

Via, dovevo andare via e di corsa, prima che quello scellerato, mi denunciasse per qualcosa che non avevo fatto per vendetta.

2 Settembre 2023 – Il coraggio di resistere! – Fiaba di Araldo Gennaro Caparco

Aeroporto di Milano

Cosa stavo pensando?

Un anno fa, mi trovavo nella stessa sala d’attesa, quella mattina dovevo partire per Madrid in Spagna, avevo vinto una borsa di studio di tre mesi per un approfondimento della Legge internazionale sulle adozioni, ma…

…già, ma…

…squillò all’improvviso il cellulare…

…e tutto cambiò!

La mia vita non era stata facile, orfana dei genitori a quattordici anni, io e mia sorella più grande di cinque anni ci trovammo all’improvviso catapultati in un’altra città, Caraglio in provincia di Torino, a casa della nonna materna, fu lei che da quel momento in poi ci accolse e ci guidò.

Poi, purtroppo mia sorella una sera tornando dal lavoro a soli trent’anni perse la vita per un maledetto tir che la travolse…e per me fu un colpo mortale, fui fortunata che la nonna, ormai oggi novantenne con uno spirito di una trent’enne, cercò di risollevarmi dal buio completo in cui ero caduta

– Figlia mia, lo so che ti manca, ma la vita deve andare avanti.

Piangevo, erano due settimane che non uscivo di casa

– Ma come faccio nonna, sono rimasta…

Lei mi accarezzò i capelli

– Non sei sola, siamo insieme!

E mi abbracciò!

Già, quella telefonata in aeroporto mi cambiò la vita e ancora non sapevo di quanto, guardai il display, era la clinica dove era ricoverata per un controllo mensile la nonna

– Pronto…

E tutto cambiò!

Raccolsi le mie cose, mi fiondai alla ricezione dei voli e mi feci rimborsare il biglietto, fui fortunata, non volevano, mancavano pochi minuti all’imbarco, ma c’era una ragazza più o meno della mia età, non era riuscita a trovare un biglietto per Madrid e quando sentì quello che stavo chiedendo

– Vendilo a me!

Non ci pensai due volte e glielo feci pagare la metà, non la finiva di ringraziarmi e poi, di corsa alla stazione dei tassì, entrai nel primo

– Clinica Nostra Signora di Guadalupe prego.

Tornai a casa a notte inoltrata, mi raggomitolai sul divano e piansi tutte le lacrime che mi erano rimaste, in clinica

– Lei è la nipote Cloe?

Lo guardai, avevo un velo davanti agli occhi

– Si

– Mi dispiace averla turbata, sua nonna non voleva, sapeva che era in aeroporto…

Lo fermai, stropicciandomi gli occhi per scacciare il velo

– Mi dica!

Fu sorpreso

– Così giovane e così determinata!

– Grazie.

– Sua nonna ha bisogno di un intervento chirurgico urgente, purtroppo non è in convenzione con l’ASL, dobbiamo intervenire sul cuore prima che sia troppo tardi, mi dispiace….

Le sentivo, le gocce di pianto, ma le ricacciai

– Quanto verrebbe a costare?

Era titubante

– Dottore?

– Tutto compreso…

Si fermò

-…diecimila euro! Cinquemila all’accettazione e gli altri al termine dell’operazione dopo la degenza.

Un colpo allo stomaco mi avrebbe fatto meno male…

…diecimila euro…un’enormità!

Con quest’animo l’indomani mattina mi recai a Torino, ero determinata a chiedere un prestito dando in garanzia il monolocale che avevo acquistato un anno prima con i soldi che mi avevano lasciato i miei genitori, il risarcimento dell’incidente di mia sorella e una quota parte dei soldi che mi aveva voluto donare mia nonna per evitare che facessi la spola tra Milano e Caraglio e la Facoltà di Giurisprudenza di Milano.

Ma nulla!

I soldi mi servivano in una settimana e tra banche e finanziarie, pur essendo notevolmente interessate ad acquisire la garanzia del monolocale, risposero che per istruire la pratica e portarla a termine ci voleva circa un mese.

Presi il treno ad alta velocità per Milano delle diciotto, ero stanca e delusa, non sapevo proprio a quale santo votarmi, ero a digiuno e mi avviai verso il distributore automatico per prendere qualcosa, lì vicino c’erano due ragazze che stavano parlottando concitatamente, pur non volendo

– Ma io lo denuncio…

Disse la più giovane sui ventitré anni…

E l’altra

– …ma perché non mi hai fatto entrare…

– Non ha voluto…

– Ma cosa è successo?

Lei diventando rossa dalla rabbia, guardandola diritto negli occhi

– …mi ha offerto del denaro per restare incinta…

Mi scappò il caffè dalle mani, si accorsero di me solo allora e disorientate immediatamente

– Andiamo via!

E lasciò cadere un biglietto in tanti pezzi a terra!

Giuro, non sapevo cosa fare, le guardai allontanarsi, ero sola nel vagone ristorante, quasi in uno stato ipnotico raccolsi quei quadratini, nascondendoli in tasca come se avessi rubato qualcosa.

Arrivai a Milano verso le diciannove, c’era un treno in partenza sul binario opposto, guardai, era diretto a Torino, non so cosa, saltai sul treno…

– Pronto?…

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

…segue…..

Storia originale di Araldo Gennaro Caparco

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.–.–.–.-.-.-.-.-.-.

Non sono uno scrittore ma un “sognatore narrante” e questi sono i miei sogni riportati sotto forma di E-Book.
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1 Settembre 2023 – Dalle stalle alle stelle – Romanzo di Araldo Gennaro Caparco

Leggi le prime pagine per entrare nel racconto e scegliere quello che preferisci.

Non potrò mai dimenticare per tutta la vita, quella mattina!

La notte fu agitata, l’insonnia era diventata la compagna della mia vita, al massimo erano solo due le ore di sonno e poi … gli occhi sbarrati e il cielo della stanza a farmi compagnia fino alla luce dell’alba, verso le sette, all’improvviso squilla il cellulare, l’agguanto

– Pronto?

– Sei sveglio?

Riconobbi la voce, il mio migliore amico

– Franco, sei tu?

– Si, sono io, ho una notizia importante da darti.

– Dimmi?

Silenzio, pausa, grosso sospiro

– Mi sposo!

Saltai dal letto

– Ma come? Sei sicuro? E quando?

Risata dall’altro capo del filo

– Sorpreso amico mio?

– Certo!

Risata

– Ho trovato la donna che fa per me Laura e non me la lascio scappare. Ti chiamo per darti un’altra bella notizia.

Stupito già dalla prima

– Sono emozionato per te, dimmi.

– Domenica sarai il mio testimone di nozze!

In pochi secondi passarono per la mente le immagini di quando ci eravamo incontrati la prima volta, eravamo con i calzoncini corti, timidi entrambi, poi una palla fece il miracolo, iniziammo a giocare e da quel momento fummo inseparabili.

Lui ed io, due caratteri diversi, io magro come un’alice e lui robusto come un panzarotto, estrazioni familiari diverse economicamente, ma ciò non ci divise mai, anzi, lui studioso ed io un sognatore, lui si laureò in Economia e Commercio ed io mi fermai al diploma per lavorare.

Poi il lavoro ci divise, eravamo sempre comunque in contatto, io a Napoli e lui adesso a  Padova.

Sapevo della ragazza, l’aveva conosciuta in un Master fatto in Spagna, Laura, mi mandò le sue foto, erano splendidi insieme, sorridenti, ma adesso prossimi alle nozze, incredibile

– Rino, ci sei?

Ingollai le lacrime

– Si, ma perché io?

– Perché sei mio fratello, accetti?

Silenzio

– Rino?

Le parole non mi uscivano, ero emozionato

– Certo che si!

Un urlo, poi “Laura ha accettato, Rino sarà il mio testimone”

– Non avevo dubbi! Ti aspetto, quando vieni?

Non era una domanda, lo sapevo

– Arrivo, anche oggi.

Tranquillizzato, un urlo e poi

– Lo sapevo! Un abbraccio da noi due, a più tardi. Ti mando via email le indicazioni per venire qui da noi.

– Grazie.

E chiuse la telefonata.

Quasi contemporaneamente mi arrivano le indicazioni sul telefonino, e già, era certo, non mi sarei mai tirato indietro, mentre preparavo la valigia, il ricordo della nostra ultima telefonata alcuni mesi prima

“Sono dispiaciuto”

“Lo so”

“Ma quando è capitato?”

“Stanotte, mi hanno bruciato il locale”

“Tutto distrutto”

“Si”

“Tu come stai?”

“Uno schifo”

“Vorrei stare li per aiutarti, ma sono in Spagna”

“Tranquillo, mi riprenderò”

Non passava settimana che non mi chiamasse!

Mentre stavo in treno per Padova, ricordai quei momenti tristi e felici, dopo anni di gavetta, finalmente avevo il mio locale, la mia pizzeria, furono mesi difficili all’inizio, poi con un duro lavoro, iniziai ad avere fortuna, volli condividere con il quartiere il successo e decisi di mettere un “contapizze” devolvevo un euro per ogni pizza che sfornavo all’oratorio della chiesa per contribuire alle spese per i ragazzi disagiati.

Dopo tre anni, la pizzeria cresceva sempre di più.

Iniziarono a venire le prime “chiamate” dalla delinquenza, volevano darmi “protezione” in cambio di una somma settimanale, rifiutai.

Tenni duro per due anni.

Poi… fu la fine!

All’ennesima richiesta, con danni alla vetrina del locale, mi rivolsi alla polizia, concordammo un’azione per una finta “mazzetta” destinata a loro, e,  in quell’azione furono arrestati alcuni delinquenti, passarono tre giorni dall’arresto, l’incendio del locale e la fine del sottoscritto e della sua attività.

Dopo la prima rabbia, in attesa del risarcimento dell’assicurazione, tentai di farmi assumere in un ristorante, una pizzeria, ma nulla, si era sparsa la voce, ero da sei mesi senza lavoro.

Avevano fatto terra bruciata intorno a me!

Andavo avanti ancora con i risparmi da parte, cercando di non entrare in depressione, stavo valutando di andarmene all’estero, ma non trovavo il coraggio di farlo, amavo la mia città, nonostante tutto.

Avevo trentacinque anni,  ma ne sentivo il doppio!

Dovevo distrarmi e non pensare sempre alla stessa cosa.

Guardavo fuori al finestrino il paesaggio era diverso dal nostro, niente più colline, ne boschi, ma solo grandi distese di terra e fattorie distanti tra loro, ogni tanto una città e poi arrivato a Padova, seguendo le istruzioni di Franco, presi un’auto a noleggio e mi avviai verso Ala nel trentino, era la città natale di Laura, avevano deciso di sposarsi li.

Frequenti furono le telefonate di Franco, il quale non vedeva l’ora che arrivassi, lui meridionale come me, si sentiva un estraneo in questa terra, emozionante fu il nostro incontro, io mingherlino e lui robusto, conobbi Laura, una bella ragazza, sprizzava gioia da tutti i pori, ci definì Davide e Golia.

– Finalmente ti conosco!

Era Laura, una bella ragazza, occhi scuri come la pece, una massa di capelli biondi che l’incorniciavano il viso e sincera come l’acqua di una fonte.

Ero contento, la loro gioia mi faceva bene, mi lasciai trasportare, gli occhi di Franco luccicavano

– Ero certo che avresti preso il primo treno, ti abbiamo prenotato una stanza nell’albergo dove faremo il rinfresco, ora andiamo al ristorante.

Erano preoccupati per me, lo sapevo, ma mi travolsero raccontando i preparativi per le nozze, li ascoltavo ma non rispondevo, mi lasciavo trasportare e così ci ritrovammo a tavola.

– Allora fratello, mi hai fatto una bella sorpresa!

– Ero certo, non mi avresti detto di no, abbiamo programmato tutto e Laura continuava a dirmi, ma quando lo chiami? Ed io , non ti preoccupare, all’ultimo momento, e così è stato.

– Hai rischiato, ma sono contento.

Laura mi studiava, poi

– Che progetti hai Rino?

Bella domanda

– Non lo so?

Franco si fece serio

– Non ti lasciare andare, sei provato, ma sei in gamba.

Non mi piaceva come andava la discussione, cercai di evitare la risposta

– Allora, la festa di addio alla vostra posizione di single?

Si guardarono e risero

– Abbiamo deciso di non farla, viviamo insieme da due anni e siamo più che contenti di sposarci.

– E tu?

Era Laura

– Hai qualcuna?

Sempre più imbarazzato

– No, e da tempo, oramai!

E lei subito

– Mai dire mai!

Meravigliato non dissi nulla.

Dirottai l’attenzione su altro, mi parlarono del loro lavoro a Padova, avevano uno studio di architettura e andava talmente bene che avevano assunto tre collaboratori.

Terminata la cena mi avviai all’albergo dopo le indicazioni di Franco, dopo pochi minuti arrivai, la struttura era bella per quello che potevo distinguere di sera, la stanza era confortevole, scesi dopo aver disfatto la valigia e chiesi se potevano farmi la cortesia di far stirare il vestito

– Certo! Lei deve essere l’amico del Sig.Franco venuto per il matrimonio.

Sorpreso

– Si, sono io.

Si era accorto della sorpresa

– Scusatemi, qui ci conosciamo tutti, poi Laura è cresciuta qui, siamo contenti per lei. Scusatemi.

– Non vi preoccupate, capisco. Buonanotte.

Mi ringraziò con gli occhi, prese il vestito e finalmente tornai in camera per dormire.

Dormire?

Avrei voluto, ma non riuscivo a chiudere occhio, dopo aver fatto il giro del mondo in quel letto, troppo grande per me, mi alzai rivestendomi e scesi per fare una passeggiata.

L’aria era frizzante, eravamo prossimi alle vicine montagne, nonostante avessi cappello, giacca pesante e guanti, sentivo freddo.

In lontananza c’era rumore di acqua che scorreva, seguii il rumore e mi trovai nei pressi di un ponticello nel parco dell’albergo, sotto scorreva un torrente, la luce della luna mi faceva da guida e vedevo ogni tanto zampillare qualcosa nell’acqua, erano dei pesci.

Sarà stata la loro vista, l’aria frizzante, il silenzio, iniziai a sentire che l’ansia lentamente diminuiva, iniziavo a sentirmi in pace con me stesso, avevo fatto la cosa giusta, anche se questo aveva portato la fine del mio locale.

Tornai in camera e finalmente di addormentai.

Giuro la mattina successiva, non mi sarei svegliato, ma uno squillo sul cellulare, mi fece desistere, era un messaggio

“Scendi poltrone, facciamo colazione. Franco”

Guardai l’orologio, erano le dieci, mi vestii in fretta e aprendo la porta trovai il mio vestito pronto, lo riposi nell’armadio e scesi al ristorante dell’albergo

– Finalmente!

– Se non mi avessi inviato il messaggio avrei dormito fino a tardi.

Era allegro

– Ma tu sei o non sei il mio testimone?

Lo guardai divertito

– Si.

– E allora? Mi sono trasferito stamattina qui in albergo, sai ci tengo alle tradizioni, domani è il gran giorno e lei ci tiene alla cerimonia tradizionale, lo sposo non deve vedere la sposa se non in chiesa, quindi, oggi passeremo la giornata insieme.

– Bene, allora quali programmi hai?

– Ora facciamo colazione, poi andiamo a rimisurare il vestito e ti faccio conoscere un poco la città.

E così facemmo, tranne qualche piccolo particolare, il cellulare.

Non passavano cinque minuti che quei due non si sentissero.

La città mi piaceva e mentre lui parlava con l’amata, io osservavo e registravo tutto quello che vedevo.

C’erano alcuni ristoranti, ma nessuna pizzeria.

La chiesa era bella, mentre Franco verificava che le richieste di Laura erano state esaudite dal fioraio, il sagrista si avvicinò

– Domani molti verranno in chiesa per vedere il matrimonio.

Ero sorpreso e continuò

– Sa e da diversi anni che non ne viene celebrato uno, poi i due sposi sono conosciuti, Laura è una di noi.

Ero contento per i miei amici, ma quello che non aveva detto lo scoprii solo il giorno dopo.

La funzione era per le 11.00, alle 9.30 eravamo già pronti e dovevo trattenere Franco che voleva andare in chiesa già a quell’ora

– Andiamo a controllare la sala per il ricevimento, metti che hanno sbagliato a mettere i fiori che ha richiesto Laura.

Mi guardò di malavoglia, poi sentendo quel nome mi sorrise

– Andiamo!

Rimasi sbalordito, senza parole, era un salone rettangolare tutto in legno, con delle arcate al solaio alto più di cinque metri, i tavoli erano rettangolari tutti vestiti di bianco, su ogni tavolo dei portafiori con fiori verdi e bianchi, un colpo d’occhio che avrebbe sorpreso chiunque, poteva contenere duecento persone, poi al centro,  il tavolo tondo degli sposi con un enorme cuore sospeso in alto e le loro due iniziali, la F e la L.

Ero a bocca aperta, senza parole e non sentivo la voce del mio amico che continuava a chiamarmi

– Rino, Rino.

Finalmente mi strattonò e mi svegliai

– Rino ti presento…

E io come se non l’avessi sentito

– Ma è meraviglioso qui, che bello.

– Grazie.

Sentii una voce di donna, mi girai e la vidi, una signora suo sessanta anni, capelli corti ricci e biondi, vestita elegantemente con un pigiama palazzo azzurrino, che stava sorridendo

– Ti presento…

E lei

– Ivana

Mi allungò la mano, non so perché, ma mi venne d’istinto di baciarla, rimase stupita ma non la ritrasse

– Onorato, io sono Rino.

Franco

– La Signora Ivana è la proprietaria di questa bella struttura.

Ero rapito dai suoi occhi, erano chiari e non li staccava un attimo dai miei

– Complimenti!

– Grazie, è rimasto stupito?

– Certo, lei ha fatto fare un lavoro stupendo, i miei amici non potevano scegliere di meglio è la prima volta che vedo tanta bellezza, rispecchia la sua proprietaria

Arrossì

– Franco, non mi avevi detto che era anche un adulatore?

Rise, e Franco fece altrettanto

– Vedi Ivana lui è così, sincero fino alla fine. Sai aveva un locale a Napoli…

Lo fermai

– Non parliamo di me, per piacere, oggi è la vostra giornata, dobbiamo andare.

Poi rivolto a lei

– E’ stato un piacere, ma penso che ci vedremo in chiesa o sbaglio?

Civettuola

– No, non sbaglia, vi raggiungerò li, oggi per la nostra città e un bel giorno, ci sarà anche la televisione regionale all’evento.

Meravigliato, mi rivolsi a Franco

– Come?

– Si, il nonno di Laura è il Presidente della Camera di Commercio di Trento e la televisione regionale ha chiesto il permesso di fare un servizio sul nostro matrimonio e noi abbiamo accettato con piacere.

Ci avviammo, notavo la sua emozione, difatti esplose quando arrivammo finalmente in chiesa.

Era quasi al completo, non so quante persone mi furono presentate, arrivammo finalmente all’altare, Laura aveva voluto dei fiori semplici su ogni banco, alle 11.00 precise fece il sue ingresso, era stupenda.

Emozionatissimi, salimmo gli ultimi gradini, la testimone della sposa era la sorella più piccola di Laura, il sacerdote prima di iniziare esortò l’assemblea per un applauso agli sposi e così la tensione diminuì.

Cosa pensavo?

Per tutta la durata della cerimonia, non riuscivo a distogliere lo sguardo dai miei due amici, erano la felicità fatta persona, si tennero stretti per mano fino alla consegna degli anelli, entrambi avevano le lacrime agli occhi durante le frasi di rito, non riuscivano a leggerle,  il tutto fu suggellato da un bacio finale e un applauso scosse la chiesa.

Il ricevimento fu un’apoteosi di balli e canti, ogni tanto vedevo Ivana che discretamente sorvegliava la sala, i camerieri erano perfetti, le pietanze regionali e la troupe televisiva riprendeva i momenti salienti, fino a quando verso la fine,  mi avvicinò un cameriere

– Signore c’è una persona che vuole parlarle.

E mi fece segno di seguirlo.

Chi poteva essere, non conoscevo nessuno, se non Ivana, ed era difatti lei

– Una persona mi ha parlato di lei, la sua storia e volevo cogliere l’occasione per fargliela conoscere.

– Ma Signora.

– Sono Ivana per te.

Mi prese per mano e ci inoltrammo in una sala adiacente, c’era una ragazza con un microfono in mano, la guardai, era molto bella, rossa di capelli, un viso pieno di lentiggini e due occhi blu che mi fissavano, guardai Ivana

– Rino ti presento Eva.

Pasticciò con il microfono, poi si rese conto che era inutile tenerlo come una torcia lo passò nella sinistra abbassandolo,  porgendomi la mano destra

– Piacere, a cosa devo …

Aveva un vestito adatto per l’occasione, le poneva in risalto il seno prorompente, era titubante, quasi balbettando

– Signore volevo farle un’intervista, sono la direttrice del giornale radio online della televisione regionale.

Un’intervista? A me? E perché?

– Perché?

Guardai lei e Ivana

– Ci hanno informato su quello che le accaduto a Napoli e volevo…

Non la feci proseguire, guardai Ivana e lei,  ero sconvolto,  uscii dal salone a passo svelto, erano rimaste interdette, non andai in sala, presi la scala per la mia camera.

Continuavo a ripetermi, perché, perché, anche qui! Oggi è un giorno di festa. Perché?

Mi buttai sul letto e piansi.

Dopo un poco sentii bussare alla porta, cercai di asciugarmi sommariamente le lacrime

– Chi è?

Dissi alterato.

Silenzio, mi alzai e andai alla porta, l’aprii, era Eva…”…

…segue…
Non sono uno scrittore ma un “sognatore narrante” e questi sono i miei sogni riportati sotto forma di E-Book.
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31 Agosto 2023 – Da Vanni – “Soloprimi” – Romanzo di Araldo Gennaro Caparco

Leggi le prime pagine per entrare nel racconto e scegliere quello che preferisci.

Era d’ agosto,

il caldo era notevole, ma alle prime ore della mattina era piacevole trovarsi per strada in auto tra le campagne, nell’aria un fiorire di colori e di profumi, quella mattina mi stavo recando alla stazione ferroviaria, dovevo ritirare dei giunti meccanici in arrivo da Arezzo.

I finestrini erano abbassati, la musica a tutto volume della radio mi facendo compagnia per quei sei chilometri di distanza dalla mia cittadina Alleria alla staziona ferroviaria.

Alleria, bel nome, vero?

Chi sa qual è l’origine del nome, ma ci stavo bene!

Dopo anni di “schiavitù” da partita Iva, una laurea in ingegneria meccanica messa definitivamente in bacheca all’ultimo esborso/pirata dello stato, ho detto basta e iniziato una nuova vita da cinque anni.

Questi erano i miei pensieri di quella mattina, un lunedì d’agosto che cambiò la mia vita!

Arrivai alla stazione con qualche minuto d’anticipo sul treno, un mio amico mi stava inviando quello che sarebbe servito per terminare l’opera della Madonna della Grotta,  già,  ero uno dei sostenitori e organizzatori della Festività del 15 di agosto, giorno in cui si sarebbero riversati qui centinai di persone, turisti ed ex emigrati, per partecipare a quella festività di cui la storia sul ritrovamento della Madonnina in quella Grotta, risaliva al 1500.

Sta per arrivare il treno, devo muovermi e andare verso la prima carrozza, la fermata non dura a lungo e il treno deve proseguire per Terni

– Sei tu Osvaldo?

– E tu dovresti essere Vanni?

– Si, sono io.

Si sporge dal finestrino e mi consegna un pacco

– Grazie, salutami Lapo quando torni.

– Sarà fatto, buona giornata!

Il mio nome è Vanni, diminutivo di Giovanni, età 50 anni, ben portati, “sposato/separato in casa” con Luisa biologa dell’Ospedale di Arezzo, oggi dovrebbe essere il nostro anniversario di matrimonio, il ventesimo, ma ha poca importanza, sono già quindici anni che non lo festeggiamo più, dal momento della sua vincita al concorso nella Asl di Arezzo, ci vediamo solo qualche volta, quando viene a casa non dormiamo insieme ma in stanze separate,  la sua vita è ad Arezzo, la mia era dovunque in giro per il mondo per lavoro e adesso è qui.

Stiamo divorziando, dovrebbe arrivare presto la risposta definitiva!

Cosa faccio?

Dopo aver smesso di girare il mondo, rincorrendo gare e appalti per un’industria tedesca che produceva motori per auto per quindici anni, ho deciso nonostante le rimostranze della mia ex moglie/non moglie, di ristrutturare il piano terra e il seminterrato del mio casale,  aprendo  una trattoria “SoloPrimi” dove faccio il gestore, il cuoco e il cameriere.

Guadagni?

Pochi, ma quanto basta per me e pagare le fatture e gli ammennicoli vari dell’attività e del casale.

La libertà non ha prezzo!

Questo è il mio motto.

Prendo il pacco e mi avviò all’uscita, poi la noto, chi?

Una ragazza, sulla panchina fuori alla stazione, due valigie uguali, una piccola e una grande, avrà sui venticinque anni, ben vestita, una massa di capelli biondi, sta seduta tutta composta in attesa.

Cosa mi ha colpito?

Qualcosa di strano?

Guardandola di sfuggita,  sembra avere un’aria familiare e poi lo sguardo, sono passato a pochi centimetri di distanza e il suo sguardo è nel vuoto, perso!

Sto fantasticando!

Spesso mi capita, sarà di certo una turista o una persona in attesa di qualcuno, forse aspetta l’autobus, forse il fidanzato, il padre, la madre, forse…

Basta fantasticare!

Mi aspetta una giornataccia, ieri era il mio giorno di chiusura, ma oggi riapro la trattoria e non ho ancora preparato nulla, l’avrei potuto fare ieri, ma sono andato a lavorare alla Grotta dopo aver pulito e lavato i pavimenti della trattoria e tornato tardi, giusto il tempo di preparare una cena leggera e buttarmi sul letto stanco in un sonno profondo ristoratore.

L’aria esterna si sta riscaldando, non bastano i finestrini abbassati, aumentò la velocità, ecco va meglio, prima di preparare devo passare per la Grotta e lasciare i giunti che ho appena preso.

La Grotta si  trova distante quasi tre chilometri dal centro abitato, su una montagna che sovrasta la nostra valle, la strada è agevole e panoramica, tutti tornanti e poi lassù quasi in cima, la spianata, grande come un campo di calcio, da li un sentiero piuttosto largo ma impraticabile per le auto porta alla Grotta dopo cinquecento metri.

Nello spazio antistante, su un mio progetto, stanno lavorando degli operai ad una struttura sopraelevata li dove dovrà essere montato l’altare e il baldacchino per la statua della Madonnina, eccezionalmente e solo per il giorno di ferragosto viene spostata dalla sua sede a cura della Confraternita di cui faccio parte per poi ritornare a sera nella sua sede naturale, la Grotta.

Si narrano due leggende su quel luogo:

– la prima racconta che due giovani pastori, un uomo e una donna, mentre si trovavano ai loro pascoli sul monte, furono presi un giorno alla sprovvista da un furioso temporale, erano con i loro ovini e caprini, impauriti trovarono riparo con le loro bestie nella grotta. La leggenda vuole che rimasero per una settimana, in attesa che il tempo migliorasse. Nel frattempo i giovani nel consolarsi a vicenda si innamorarono ed erano prossimi a congiungersi, quando due capre in un combattimento per la sovranità sul branco, fecero crollare una parte della grotta e venne scoperta una statua alta due metri, miracolosamente intatta che aveva due simboli in mano, sulla destra una colomba e sulla sinistra un similcuore. Nel vederla, furono così colpiti che non completarono la congiunzione carnale, la tempesta terminò all’improvviso, il cielo si illuminò con un sole splendente e i due corsero al villaggio per raccontare del ritrovamento della statua. Dalla cronaca orale e poi scritta nei secoli, vengono raccontate le nascite miracolose, frutto delle preghiere di donne che si rivolgevano a Lei per concepire un figlio;

–  la seconda, invece, racconta che al tempo esisteva un uomo gigantesco che andava di villaggio in villaggio, alla ricerca delle vergini e con le maniere forti riusciva a deflorare quelle donne. Nel piccolo villaggio, solo una ragazza era in età da marito e quando seppe che l’uomo si stava dirigendo verso il villaggio, si nascose sulla grotta del monte. L’uomo riuscì con minacce e percosse a conoscere il suo rifugio e la trovò, stava per portare a termine il suo turpe desiderio dopo aver tramortito la giovane in una giornata di pioggia torrenziale, quando, un fulmine penetrò nella grotta colpendo una parte e mettendo in luce la statua. L’uomo fu colpito dalla luce e si fermò, fu talmente abbagliato dalla statua, diventò cieco e uscì urlando dalla grotta e nessuno più l’ha rivisto. Un pastore nelle vicinanze sentì le urla della giovane e corse soccorrendola e insieme portarono la notizia al villaggio della scoperta della Madonna.

Qualche secolo dopo,  facendo dei lavori di consolidamento della volta della cripta, nel spostarla si scoprì a metà agosto, una scritta in oro sotto al basamento “Madonna virgo fecunda” e da allora si festeggia con canti e balli nella giornata di Ferragosto.

Avevo studiato e progettato una struttura agile e aperta che voleva raffigurare un fulmine caduto sulla terra e i giunti mi servivano da congiunzione delle rette tubolari per completare la coreografia.

La Grotta era tappezzata di ex voto e di regali che le persone donavano alla Madonna, solo noi della confraternita avevamo le chiavi di accesso alla cripta.

– Finalmente sono arrivati!

Era il mio giovane amico Lorenzo, laureato da poco in Conservatoria dei beni culturali,  dirigeva gli operai al lavoro, lavorava ad Arezzo al Ministero dei Beni Culturali

– Si, sono appena arrivati, ora scappo che devo preparare per il pranzo.

Sorridendo

– Siamo in dodici come gli apostoli.

Mi misi in auto ridendo

– Anche ventiquattro, per me non fa differenza, per la nostra amata Vergine questo ed altro.

Per me che ero nato in quella valle, Lei era importante per tante ragioni, ed era sempre un’emozione ritornare nella Grotta.

In quei giorni di lavoro venivano a pranzo e a cena da me i confratelli e gli operai impegnati nella costruzione a cui si aggiungevano i miei clienti abituali, ma ero contento, non volevo essere pagato da loro, ma il presidente della confraternita non volle sentire ragioni “Per il tuo progetto e la direzione dei lavori non possiamo sostenere le spese, ma per il vitto e le strutture per realizzarlo,  siamo noi che ci siamo autotassati ed è giusto darti il dovuto”.

E così, io dichiaravo cinquanta e lui mi dava cento, poi sorridendo diceva “So che è meno di quello che hai speso, ma non è giusto che tu mi chieda la metà della metà! Conosco il tuo impegno, ma non dobbiamo approfittare della tua disponibilità”.

Non avevo un menu fisso settimanale, non c’erano dei secondi, nella mia trattoria servivo solo l’antipasto, il primo, la frutta e nei giorni di festa il dolce.

Mentalmente mentre scendevo decisi di fare un sugo semplice con la salsiccia da servire con le pappardelle, mentalmente mi ripassai le quantità degli ingredienti che avevo nella dispensa e mi ricordai di aver terminato il salame, feci una variazione sul tragitto verso casa per farne rifornimento

Erano quasi le dieci quando arrivai in città, alla norcineria presi un buon quantitativo di salame e l’auto si riempì di profumo di carne conciata, stavo per uscire dal cortile del negozio, quando mi bloccai con l’auto.

Cos’era successo?

Di fronte all’ingresso del cortile c’era una pensilina per gli autobus con una panchina, il riflesso del sole rimbalzando sulla vetroresina di copertura schermava la scena,ma riconobbi le valigie e notai la stessa ragazza del mattino, stava seduta, aveva un cartello tra le mani, non riuscivo a leggere da lontano, incuriosito scesi dall’auto e mi avviai per attraversare la strada, ero ancora sul marciapiedi opposto, quando riuscii a leggere

“Cerco lavoro”.

Ero senza parole!

Attraversai la strada, mi avvicinai, lei mi notò

– Buongiorno.

La guardai meglio, era forse più piccola dei venticinque anni che le avevo dato, aveva un’espressione seria ma lo sguardo era perso nel vuoto

– Buongiorno, scusi la mia domanda, ma non ha paura?

Stavolta alzò lo sguardo, aveva degli occhi celesti, come il mare

– No, al mio paese si fa così.

Vedendo il mio disappunto, esclamò

– Da voi no?

Immediatamente

– Da noi? No certo! Ma hai idea di quello che fai,  chiunque, in questo modo, potrebbe importunarti, prenderti in giro, fare qualsiasi cosa, dicendo delle bugie per poi farti del male? Da noi ci sono delle agenzie dove rivolgersi, dare i propri dati e attendere le risposte.

La ragazza, abbassò il cartello, poi quasi sottovoce

– Non ho tempo di attendere!

Fu così spontanea la risposta che non potetti fare a meno di sedermi

– Io mi chiamo Vanni

E lei stringendo la mano

– Io Sofia, sono arrivata oggi dall’Olanda.

Lei analizzava me ed io facevo altrettanto, già quando aveva detto il nome, mi ero meravigliato, pensavo a qualche nome straniero, ma poi quando disse la nazione fui ancora di più sorpreso

– Che tipo di lavoro stai cercando?

Mi sembrò più rilassata, forse avevo fatto buona impressione, non lo so

– Baby sitter, badante, cameriera… tutto quello che posso fare legalmente ma ad una condizione che sia previsto anche l’alloggio.

Sarà perché il sole stava iniziando a picchiare, sarà che la vedevo così indifesa, sarà che fondamentalmente non sono normale

– Potrebbe interessarti un lavoro in una trattoria come cameriera e tuttofare.

Finalmente vidi un accenno di sorriso

– Tuttofare si, ma niente sesso!

Saltai dalla panchina

– Certo che no!

Sorrise

– Certo, a chi mi devo rivolgere?

Mi stavo ancora riprendendo dalla battuta

– A me! Ho una piccola trattoria, se vuoi, ti faccio vedere.

Si alzò immediatamente

– Andiamo!

Non credevo a me stesso, ma come mi era venuto di fare quella proposta, per anni ho lavorato senza nessuno ed ora?

Ma come si dice “cosa fatta capo ha”.

Misi a posto le valigie con il suo aiuto, entrammo in auto

– Che buon odore!

Era il profumo del salame, sorrisi

– L’ho preso adesso, vuoi assaggiare?

– Si, grazie, sono ventiquattrore che non mangio nulla.

Non tagliai il salame

– Posso darti del tu?

Mi guardò, era contenta

– Certo!

– Bene, allora Sofia, ora facciamo colazione come si deve e poi andiamo alla trattoria.

– Va bene.

E così facemmo, divorò tutto nel bar dove ci fermammo e dopo un breve tragitto arrivammo alla trattoria, non mi capacitavo, eppure non mi sembra una persona che non aveva i soldi per mangiare, è vestita bene, le valigie sono di marca, quale mistero c’è sotto?

– Ecco, siamo arrivati!

Scendemmo le valigie, poi il salame, aprii la trattoria e annusò l’aria

– Anche qui c’è un buon profumo!

Ero contento

– Grazie, ho lavato e pulito da cima a fondo ieri, ora ti porto le valigie sopra, c’è una stanza con bagno, rinfrescati, poi scendi giù, inizio a cucinare. Non ti dimenticare, portami i documenti che devo registrarti.

Fece con la testa di si e mi fiondai in cucina.

Dopo aver riposto il salame nella dispensa, una generosa lavata di mani, inforcai i guanti e iniziai a sbriciolare la salsiccia, in una pentola capiente  misi a soffriggere dell’olio d’oliva con la cipolla, immersi la salsiccia sbriciolata senza budelli, del rosmarino tritato finemente, un poco di pepe  alzando la fiamma

– Ma sei uno Chef?

Trasalii, mi ero completamente dimenticato di lei, eccola stava sulla porta e mi guardava incuriosita

– Si e no.

Risposi sorridendo

– Che buon odore!

– Oggi prepariamo sugo di salsiccia con le pappardelle.

Rise

– Prepariamo?

– Certo, qui fino ad oggi ho fatto tutto io, gestore, cuoco e cameriere, ora ci sei tu.

– A ecco!

Si avvicinò e mi diede i documenti.

– Appoggiali su quella mensola, li vedrò dopo, ora vuoi fare qualche domanda?

– Che devo fare?

Mi piaceva, era pratica ed efficiente, si era cambiata, aveva dei jeans e una camicetta bianca, i capelli li aveva raccolti in un’unica treccia

– Se te la senti vai in sala, appena esci di qua c’è una credenza con il tovagliato e il resto per guarnire la tavola, abbiamo oggi una tavolata con dodici persone, ma metti quindici coperti e un tavolo per quattro persone.

Nemmeno il tempo di finire la frase, sparì, continuai a cucinare, inclinai leggermente la pentola per eliminare il grasso in eccesso e poi versai del vino bianco secco aspettando che evaporasse.

Presi i documenti:

Sofia Palmer

Residente ad Amsterdam

Età 23 anni

Riportai i dati sul modulo di registrazione per i dipendenti in prova ed inviai il fax alla caserma dei carabinieri.

Aggiunsi la passata di pomodoro, un poco di zucchero e coprii la pentola, mettendo il fuoco basso. Su di un altro fornello, misi una pentola capiente per le pappardelle e entrai nella sala con i documenti in mano.

– Sofia, ecco…

Mi caddero da mano, ma come diavolo aveva fatto?

La sala a piano terra aveva dieci tavoli, aveva accorpato dei tavoli per i quindici come avevo detto, poi non si era fermata a preparare un solo tavolo, ma tutti, tutti erano pronti con tutto quello che serviva, aveva aperto le imposte delle finestre, abbassate le tendine contro gli insetti, acceso la radio sul canale della filodiffusione e la televisione sul canale delle news senza audio solo con le scritte che scorrevano.

Raccolsi il passaporto a terra, ma lei non la vedevo, mi guardai intorno.

Verso le toilette, c’era un angolo con due poltrone, per le persone che erano in attesa di entrare, ed eccola, stava raggomitolata su una di queste, evidentemente si era rilassata, ero stato uno stupido, dovevo immaginare,  era stanca, riposava, chiusi la finestra da dove entrava un fascio di luce solare, le misi un plaid addosso, era bella, aveva il viso rilassato.

La lascia riposare e tornai in cucina, erano tempo di preparare gli antipasti.

Tagliai il pane, i salumi, il formaggio e preparai la frutta, ma il pensiero era fisso, cosa ci faceva qui? Solo le scarpe che portava, quelle di ginnastica adesso, costavano un occhio!

Mancava un’ora alle 13.00, ora di arrivo degli operai, stavo impiattando gli antipasti

– Scusami Vanni, mi sono addormentata, grazie per il plaid.

Continuando a riempire i piatti

– Sono io che mi devo scusare, sono un negriero, appena sei arrivata ti ho messo a lavorare.

Sorrise, si era rinfrescata e cambiata la camicia, aveva messo il grembiule della trattoria e si mise ad aiutarmi

– Non potevi sapere!

– Nel pomeriggio sei libera, puoi riposarti, poi stasera il servizio inizia alle 20.00.

– Grazie, la stanza è bella.

– Si, era quella di mia madre, voleva la sua privacy, tieni le chiavi del portoncino d’ingresso, non ho il doppione.

– Grazie, vado a posare i documenti, ma posso lasciare le chiavi anche qui in cucina se vuoi.

– No, Sofia, voglio che stai tranquilla, tienili tu, l’altra chiave è quella dell’ingresso della trattoria, così sei libera di muoverti a piacimento, abito di fronte al tuo portoncino sul pianerottolo di sopra.

Era contenta, lo vedevo, le brillavano gli occhi

– Grazie, sei troppo gentile.

– No, sono coerente, ho visto come hai preparato la sala, sei brava e responsabile ma tu non conosci me e io altrettanto, è meglio così! Quando scendi mangiamo qualcosa,  poi si parte per il servizio.

Sorrise e sparì.

Quando ritornò, avevo già i piatti pronti sul tavolo nella sala prima della cucina, mangiammo in silenzio, gradì tutto, fu allora che mi accorsi che non aveva un telefono cellulare, strano, mi venne spontaneo

– Ma i tuoi lo sanno dove sei?

Ebbe un fremito, ma poi fissandomi con calma

– Sanno che sono in Italia, mio padre domani parte per raggiungere Atene in Grecia, poi lo raggiungerò.

E non disse più una parola!

Ero stato stupido lo so, ma avrei voluto farle mille domande, ma mi astenni, lei capì ritornò allegra come prima, arrivarono gli operai, tutti si accorsero della novità, uno in particolare mi disse che non le staccava gli occhi da dosso, me lo descrisse, era Lorenzo.

Arrivarono pure i miei clienti fissi del pranzo, due coppie, li chiamavo i magnifici quattro, se avessi sommato gli anni di ciascuno arrivavo alla cifra iperbolica di 320 anni.

La prima coppia era composta da un generale in pensione con la terza moglie straniera, l’altra coppia amica della prima era il farmacista della città in pensione con la moglie, entrambi non avevano figli.

Erano due anni che frequentavano tutti i giorni la trattoria solo per il pranzo, avevano una certa confidenza con me, le due mogli appena fu possibile vennero a chiedermi chi era quella ragazza, sorrisi di buon gusto e senza raccontare nulla, dissi che era di passaggio, aveva bisogno di lavorare e di un posto per dormire e io glielo avevo offerto.

Appagata la loro curiosità, fecero i complimenti per l’educazione e la correttezza nel servire ai tavoli, lo stesso fece anche Lorenzo quando venne a salutare, lo vidi, voleva chiedere di più, ma si astenne.

Sofia mi disse che avevano gradito tutto e iniziò a sparecchiare, mi misi a pulire la cucina, dopo circa un’ora

– Finito! Vanni di chi è quell’auto la fuori?

Era un  regalo per mia moglie, cinque anni fa l’avevo acquistata, una 600 nuova di zecca, aveva fatto si e no tremila chilometri da allora, ogni tanto la mettevo in moto o la usavo per fare delle commissioni senza usare il furgone

– E’ mia, ovvero l’avevo regalato alla mia ex moglie, perché?

Era rimasta colpita, forse dal tono della mia voce

– Non volevo, scusami.

– No, non ti preoccupare, dimmi.

La tranquillizzai

– Volevo prenderla per a fare un giro e rendermi conto della città, posso.

Andai all’armadietto in cucina

– Ecco! Ma non volevi riposare?

Le prese, si era illuminato il viso

– Riposerò stanotte, grazie.

Guidava bene, lo vidi dalle manovre per uscire dalla tettoia, era sicura di se, chissà dove è diretta, pensai, continuavo a fantasticare, ma non era giusto, presto andrà via, ne sono certo, ha detto che il padre sta per andare ad Atene e deve raggiungerlo….”…

…segue…
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24 Agosto 2023 – Aurora.

Napoli, stazione dell’alta velocità.

Il marciapiedi è semi vuoto, sto aspettando la visualizzazione sui monitor per il numero delle carrozze ed è in quel momento guardandomi intorno che la noto, poco più in la, una ragazza con due valigie, arranca sul marciapiedi, una più piccola maneggevole e l’altra più grande, a vederla sembra molto pesante, riesce comunque a trasportarle nonostante una borsa a tracolla, che gioca a fare l’altalena davanti e dietro al suo corpo, lasciandola senza fiato.

Alta, quasi come me, un metro e ottanta circa, molto magra al contrario del sottoscritto, capelli neri a caschetto, età sui venticinque anni circa, pantaloncini neri, maglia bianca, fantasmini rosa e scarpe da ginnastica dello stesso colore.

Ecco i numeri si visualizzano sui monitor, la vedo, siamo ad uno scompartimento di distanza, ma con due classi diverse, lei in prima ed io in smart, arriva il treno, tre minuti la sosta per poi ripartire, la perdo di vista un attimo, entro con il mio trolley ma mi fermo sulla soglia, l’appoggio a terra e ridiscendo, lei non c’è più, ma la valigia grande è lì, non vedo nessuno vicino, istintivamente mi avviò all’ingresso del suo vagone, guardo dentro, eccola sta trafficando con la prima valigia senza rendersi conto che il treno sta per partire

– Attenta!

Colpita, dalla mia voce, quasi urlò girandosi all’improvviso, sbilanciandosi

– Ma che succede?

Giusto il tempo per tirare il piede dentro, la porta del treno si rinchiude e tragicomicamente mi trovo spiaggiato tra i gradini di ingresso e in mano ancora stretto il valigione, portato in salvo dentro al vagone

– Non ti sei resa conto che il treno stava partendo?

Mi guarda meravigliata, gli occhialoni scuri da sole si abbassano sul nasino rivelando due occhi azzurri come il colore del mare

– No, mi dispiace! Vieni, ti aiuto.

Sbloccato finalmente da quella scomoda posizione, l’accompagno al posto nel suo scompartimento seguendola, mi guarda divertita

– Grazie.

– Di nulla, io mi chiamo Rino e tu?

– Aurora.

Non avevo voglia di andare via, l’aiutai a sistemare i bagagli, sul vano superiore

– Se dovessi aver bisogno di qualcosa, sto nell’altro scompartimento.

La vidi per un attimo smarrita, si guardò intorno, il suo vagone era semivuoto e inaspettatamente

– Perché non vieni qui?

Stavolta fui io ad essere stupito, ma l’idea mi piaceva, sorrisi

– Ora vedo se è possibile!

– Ma è vuoto?

– Si, è vero, ma è una classe diversa, vedo se è possibile.

– Grazie allora.

Le strinsi la mano, ma nessuno dei due aveva intenzione di lasciarla alla fine ci riuscimmo, mi feci undici vagoni prima di trovare il capotreno, gli spiegai la mia intenzione di cambiare classe e lui dal cellulare, vide un solo posto disponibile, il quindici, ed era proprio quello di fronte a lei, lo presi, pagai la differenza e tornai, stava leggendo o almeno così mi pareva, si illuminò vedendomi, contenta

– Ci sei riuscito?

– Si, è stata una fortuna, ho parlato con il capotreno e pagato la differenza.

Stupita

– Ma, era necessario?

– Non sarei stato capace di fare altro, sai sono figlio di un ferroviere e mi sarei sentito in imbarazzo in un posto non mio e di una classe diversa senza averne titolo.

Aggiustai il mio trolley mentre lei mi guardava, sempre più incuriosita

– Viaggi leggero?

Non era un’affermazione, ma una domanda

– Si, sto andando a fare un colloquio di lavoro.

Interessata

– Che lavoro fai?

Mi divertiva questo dialogo tra sconosciuti

– Ufficialmente sono un geometra, ma per diletto cucino.

Meravigliata, sorridendo

– E quale dei due lavori è impegnato in questo tuo viaggio?

– Entrambi!

Era incuriosita ed io ero disponibile a parlare, ma anche curioso di conoscere il perché del suo viaggio, fummo interrotti dagli stewart della compagnia ferroviaria ci offrirono uno snack e utilizzammo quei pochi minuti per analizzarci a vicenda

– E tu? Ho visto che hai due valigie corpose, ti stai trasferendo?

Divento rossa all’improvviso, poi abbasso gli occhi e quasi sottovoce

– Si, e per sempre!

E cadde il gelo, mi morsi quasi la lingua per aver fatto quella domanda inopportuna, per fortuna arrivammo a Roma Termini

– Sgranchisco le gambe e fumo una sigaretta, vuoi venire?

Sollevata

– Perché no?

Scendemmo!

C’erano molte persone in attesa di salire, mi misi da parte per fumare la sigaretta e lei mi seguiva, poi squillò il suo cellulare, mi allontanai senza perderla di vista, dai gesti intuii che era qualcosa di importante, era nervosa e gesticolava ma sempre senza alzare la voce e così facendo non si era resa conto che si stava allontanando dalla banchina e dal treno.

Spesso avevo fatto quella linea come tanti giovani e meno giovani alla ricerca di un lavoro, conoscevo a memoria i vari segnali per la ripresa del viaggio, mi allarmai quando sentii il secondo squillo della prova dei freni e senza pensarci due volte, mi avvicinai di corsa, stava oltre lo scompartimento e quasi prendendola in braccio la catapultai nello scompartimento, fui aiutato dai miei centoventi chili di peso e placcando rovinammo sul predellino, era sconvolta

– Ma che diamine?

Ansimavo, appena dentro si chiusero le porte

– Stavamo per perdere il treno, non te ne sei accorta?

Si guardò intorno, il cellulare le cadde da mano aprendosi

– No, non mi ero resa conto, scusami!

Senza accorgermene avevo quasi urlato

– Quando ti ho visto presa al telefono, ho pensato di fare la cosa giusta, scusami.

Presi con calma il cellulare, rimisi la batteria a posto e glielo diedi, qualcosa era cambiato in lei, stava lacrimando, mi preoccupai, pensai di essere stato inopportuno

– Non l’ho fatto apposta, anche se non ti nascondo è stato un  piacere prenderti in braccio.

Le strappai un sorriso e arrossì

– Vieni, andiamo a sederci.

La presi per mano e ritornammo ai nostri posti, mi sedetti

– Vado un attimo in bagno.

Lasciò la borsa e il cellulare

– Aurora, la borsa.

Stavolta sorrise

– Con te sono tranquilla!

E si avviò, ero contento!

Quando ritornò

– Ho trent’anni, da cinque collaboro con un anziano architetto specializzato in ristrutturazione di chiese, quando ha saputo che avevo un colloquio di lavoro a Torino, mi ha affidato un progetto l’abbiamo fatto insieme, per portarlo al sacerdote che l’ha commissionato, in un paese vicino ad Aosta, Saint Marcel…

Se fossi stato attento, certamente avrei notato che ascoltando quel nome si era allertata, ma continuai, guardando fuori

– …ma la mia vera passione è la cucina, ho un secondo diploma dell’alberghiero come chef…

Stupita e oramai ripresa

– Davvero?

– Si, il mese scorso ho risposto ad un annuncio e oggi nel pomeriggio ho un colloquio di lavoro e domani vado a presentare il progetto al sacerdote.

E mi girai verso di lei, capì che era arrivato il suo momento

– Era mio padre al telefono!

Disse quasi piangendo e si fermò

– Non continuare, non voglio sapere, ti prego.

Ma lei continuò

– Sono andata via da casa per sempre!

Ero stupito!

E non parlò più, arrivammo a Firenze, avevo rispettato il suo silenzio

– Vuoi scendere?

Fece con la testa di no e quando tornai nel vagone, notai la sua aria più serena, appena mi vide

– Solo qualche giorno fa ho saputo di avere un fratello gemello.

Sgranai gli occhi e dovetti fare una faccia così strana che scoppiò a ridere

– Come? Un fratello gemello e tu non lo sapevi?

Ridiventò seria

– Si, è stata mia nonna ad avvertirmi e la sto raggiungendo, a Torino viene mio fratello Antonio a prendermi, quando l’ho detto a mio padre,  non voleva che partissi, ha continuato a negare che ci fosse un mio gemello, abbiamo litigato, ho preso le mie cose e sono andata via.

Un poco per quello che aveva detto, un poco perché a Bologna, il treno si riempì di persone, rimanemmo in silenzio per diversi minuti

– Ma se non lo conosci come farai a riconoscerlo?

Mi guardò diritto negli occhi

– Mi ha detto che avrà una sciarpa rossa al collo e di sicuro non potrò non riconoscerlo.

Tutto strano!

Cercai di distrarla

– Che lavoro fai?

Si illuminò

– Lavoravo in una radio cittadina, avevo una mia rubrica che trattava la cronaca nera e ha detta degli altri, ero anche abbastanza brava, quando ho lasciato il lavoro, il direttore voleva in tutti i modi convincermi a non farlo, aumentando anche lo stipendio, ma poi alla fine, non riuscendo mi ha dato dei numeri di telefono per delle radio locali di Aosta, dove sono diretta.

Secondo errore, se fossi stato attento!

Ma non lo ero, mi bastava guardarla, ma per non metterla in imbarazzo lo facevo di nascosto, ma non appena chiudevo gli occhi, la rivedevo, il suo sorriso, i suoi occhi , la sua bocca, ero indifeso.

Si chiuse in un mutismo, arrivammo a Torino, l’aiutai a prendere i bagagli e ci avviammo all’uscita di Porta Nuova, ma di persone con una sciarpa rossa al collo nemmeno l’ombra, lei iniziò a preoccuparsi, prese il cellulare, nessuna risposta

– Andiamo verso il parcheggio, vedrai che si sarà fermato li.

Prendemmo le valigie e ci spostammo sulla destra verso il parcheggio, ma nulla nemmeno li, non c’era nessuno in attesa con la sciarpa rossa

– Ho telefonato e non risponde, ho mandato dei messaggi, ma nulla, nessuna risposta.

Era come un pulcino disorientato

– Facciamo così, ora prendiamo un tassì e andiamo al bed e breakfast che ho prenotato.

Lei mi guardò allibita

– Stai tranquilla, non ho nessuna intenzione cattiva, ci sono due camere da letto, sono stato spesso in quel luogo.

Sorrise

– E poi?

– Io vado al colloquio di lavoro e tu nel frattempo ti puoi rinfrescare e chiamare tuo fratello, ci terremo in contatto con il cellulare.

Mi stupì la sua velocità nel rispondere, immediatamente

– Va bene!

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Il mattino dopo.

Sono fuori ad un palazzo di Corso D’Azeglio, ho preso un’auto a noleggio e sono in attesa delle undici l’orario che mi ha dato Aurora per l’appuntamento.

Cos’è capitato?

Dopo aver accompagnato Aurora, la lasciai per andare al ristorante per il colloquio, al lato opposto della città verso via Conte Verde in prossimità del Duomo dove si trova la Sindone e la sede del Comune di Torino.

Incontrai il proprietario, un peruviano, mi fece vedere la struttura e mi avvertì che tra non molto sarebbe arrivato il cuoco per farmi il colloquio, nell’attesa vedendo lo stato della cucina, mi cambiai e fece pulizia, ci tenevo a fare una bella figura e così misi a lucido tutto, ma della brigata di cucina e dello chef nemmeno l’ombra.

Squillò il cellulare

– Rino.

– Dimmi Aurora.

– Hai finito?

– No, non ho ancora iniziato, nel frattempo ho messo a posto la cucina

Silenzio

– Da solo?

– Si, non ti dico in che condizioni era.

Sorrise

– Senti, volevo dirti che ho sentito una mia amica e mi trasferisco da lei per stanotte

Stavolta ero io senza parole

– Rino?

– Si, ci sono.

Ero dispiaciuto e si sentiva

– Scusami, non riesco a rintracciare mio fratello, ho avvertito nonna, potremmo andare insieme in auto domani, mia nonna non è molto distante da Saint Marcel, che ne pensi?

Si ero dispiaciuto, ma l’idea mi piaceva

– Certo!

– Bene, allora ti mando l’indirizzo, a domani, in bocca al lupo per il colloquio.

E già, il colloquio!

Non ci fu nessun colloquio!

Il proprietario ad una certa ora mi avvertì che lo chef e la brigata di cucina si erano licenziati in tronco, era disperato, aveva delle ordinazioni per dei tavoli e mi pregò di dargli una mano e così fu.

Alle quattro di mattina terminai il servizio, voleva che tornassi il giorno dopo, ma gli dissi di no e mi diede duecento euro per avergli salvato la serata.

Tornai a casa e trovai tutto intatto, Aurora non aveva usato nulla, tante erano le domande senza risposta, ma stanco e distrutto così com’ero mi misi a letto e dormii profondamente.

Ed eccomi qui, letteralmente in mezzo ad una strada in sua attesa, ero arrivato in anticipo, presi un caffè e chiesi delle indicazioni stradali e dopo mi riportai sotto al palazzo dove avevo parcheggiato l’auto, alle undici precise si aprì il portone, ma non era lei, uscì una ragazza bionda mozzafiato, aveva una tuta pantaloncini corti e canottiera nera che mostrava in pieno il suo bellissimo corpo, si avvicinò sorridendo, era talmente evidente la mia sorpresa

– Tu devi essere Rino!

Quasi balbettando

– Si, e tu?

Sorrise

– Tara, l’amica di Aurora.

Solo allora realizzai che lei non c’era

– E Aurora?

– E’ partita!

Così dicendo, mi diede un foglietto

– Mi ha detto di darti questo, ciao.

E si avviò correndo.

Inebetito la guardai, senza parole, si girò, salutai come un deficiente e lessi il foglietto

“ Scusami, non avendoti sentito ho pensato che avresti fatto tardi stanotte e non ti ho chiamato sul cellulare,  mio fratello viene…”…

…segue…
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Araldo Gennaro Caparco

22 Agosto 2023 – La finzione diventa realtà.

Prima parte – La finzione

(Promemoria sotto copertura – nome: Sara)

Il mio nome sarà Sara, da sette anni responsabile in un negozio di informatica progettazione e sviluppo, 32 anni, single, non per necessità ma per scelta almeno per il momento.

E già, per scelta!

Ma oggi, inizio ad avere dei dubbi, vivo da sola, fotografa paesaggistica per passione, lavoro con quattro uomini, due sposati, due single, uno troppo anziano e uno troppo giovane.

Spesso, mi capita di essere chiamata da amici e parenti, a fare delle foto per qualche evento, mi diverto molto, e non nascondo che ogni volta, penso inconsciamente  “forse questa è l’occasione giusta”, per conoscere qualcuno, che faccia al caso mio.

Esatto!

Perché con l’età si iniziano ad avere dei dubbi, sulla persona che si vorrebbe vicino, certo, non mi sono mancate le occasioni di incontrare qualcuno, ma le motivazioni non erano quelle che canonicamente si conosce, conoscenza, innamoramento, fidanzamento e matrimonio!

Oggi ci si incontra, uno sguardo d’intesa, una parola, si passa la giornata, e poi, qualche ora a letto, per poi:

– Ci vediamo in giro, ciao!

– Ciao.

Solo e soltanto desiderio occasionale e ormonale!

Surrogato dell’amore!

Ecco, questa è la mia vita oggi, non sono brutta, leggermente rotondetta, ma ai posti giusti, mediamente alta, capelli neri, occhi castani, seno nella norma e tanti dubbi nella testa.

I miei colleghi, quando un cliente è single, cercano di dirottarmelo, non ho mai parlato con loro dei miei problemi, ma evidentemente hanno capito.

Cosa?

Quelli che tutto dicono in famiglia, devi pensare al domani, vuoi essere sola tutta la vita? vuoi mettere avere dei figli? vuoi…e tanto, ma tanto ancora.

Non rispondo, perché sarebbe inutile, ma, quando sono da sola, mi pongo le stesse domande, in silenzio senza confessarlo a nessuno.

Domani compio 33 anni, non ho voluto festeggiare con tutti, ma ho invitato due amiche, al pub, per bere qualcosa insieme.

Oggi invece, in negozio mi hanno festeggiata a sorpresa, torta e pasticcini, non me l’aspettavo, ma all’ora di pranzo hanno chiuso le saracinesche fatto largo su di un tavolo, ho spento le candeline, tra baci e abbracci.

Sono finalmente a casa, faccio una doccia ristoratrice, stasera voglio essere al top, ho acquistato un vestito che mi sembra adatto alla serata, inforco i miei stivali preferiti, lascio in ordine l’appartamento, (non si sa mai), ecco lo squillo al cellulare, sono loro, scendo:

– Come sei bella?

Lei e Mia, una ragazza di origine thailandese, sempre carina nei giudizi.

– Ma sei una favola?

Lei è l’altra, il mio alter ego, bella da morire, bionda, occhi azzurri, potrebbe avere chiunque, ma non le sta bene nessuno, Elga.

Leggermente arrossita:

– Grazie, su andiamo che si fa tardi.

Il pub è distante una decina di chilometri da casa, Mia è venuta con la sua auto, parcheggiamo ed entriamo.

Il pub, è stracolmo, stasera c’è una gara tra chi beve più birra senza stramazzare a terra, il social ha fatto il suo dovere, molti hanno risposto all’appello, ci sediamo ad un tavolo e ordiniamo.

E’ il momento dei regali, Mia mi ha regalato un fantastico foulard mille colori, apro il pacchetto di Elga, una spilla, un’agenda e un biglietto da visita.

La guardo interrogativamente e lei:

– Sono anni che ti conosciamo, ma da qualche mese sei cambiata, sei diventata più triste, io e Mia ce ne siamo accorte e abbiamo cercato di capire il perché, ma non ci siamo riuscite. Allora, la spilla è il mio regalo con il tuo segno zodiacale, lo scorpione, mentre l’agenda…

Mia:

– L’agenda ti servirà a scrivere cosa vorresti nella vita adesso, diciamo una sorta di diario, dove mettere per iscritto i tuoi desideri e una volta che l’hai fatto…

Elga:

– Tutto potrebbe essere più chiaro! Ma se non dovessi riuscire, e il tuo massimo desiderio oggi è di origine sentimentale, potresti rivolgerti a questo numero di telefono.

La cosa iniziava ad incuriosirmi, le abbraccio ringraziandole, ma confesso che non ho capito il significato del bigliettino da visita.

Elga:

– Guarda dietro, mentre noi andiamo a prendere qualcosa da bere.

Si alzarono, prima che potessi dire qualcosa e rimasi li, con quel bigliettino di forma quadrata, color oro, con un numero di cellulare sulla prima facciata, poi lo girai, ero curiosa!

“Agenzia fantasma

– Sei single?

– Vorresti una vita coniugale, ma ti fa paura?

– Hai coraggio?

– Sei temeraria?

Chiamaci!!”

Cosa vuol dire?

Inizio a fantasticare, sarà forse un’agenzia di toy boy, forse un’agenzia matrimoniale, un collocamento per single maschili, ma che accidenti sarà?

Eccole, sono tornate con tre bicchieri di birra alla spina.

Mia

– Allora?

Non volevo essere sgarbata, le guardai:

– Penso che non sono ancora pronta a far decidere ad altri, se voglio un toy boy, un marito o un appuntamento al buio.

Mi guardarono divertite, non erano arrabbiate, io si!

Elga:

– Schiocca, nulla di tutto questo.

– Come?

– E già, devi sapere – era Mia – una mia collega al lavoro, diede di matto, buttò tutto all’aria, i campioni dei profumi saltarono dal tavolo, pensammo tutti che fosse impazzita, ma il capo reparto, una persona molto saggia, mi chiese di accompagnarla a casa e di farle compagnia per quel giorno e volle aiutarla.

Mi feci molto attenta.

– Quando fui a casa con lei, dopo essersi sfogata, le preparai del te, e lei si aprì, parlando. Mi raccontò che era stanca della sua vita solo per il lavoro, voleva fortemente avere una famiglia ma aveva paura. Non sapeva a cosa poteva andare incontro! Una sua amica, le aveva dato un bigliettino e le aveva consigliato di fare una prova.

Una prova?

Elga:

– Si, una prova!

– Cosa vuol dire?

– Se hai pazienza, anch’io rimasi di stucco quando me lo raccontò e chiesi di avere qualche altra informazione, e lei, si una prova, vivere con qualcuno e capire se si è pronti per una vita coniugale. Ma è pazzesco, le dissi. La mia amica l’ha fatto, ed ora è felicemente sposata, mi disse lei.

Ma è pazzesco!

Ci guardammo negli occhi e ripetemmo la stessa cosa.

– E poi, cosa accadde alla tua amica?

– Mesi dopo, mi sembra due mesi dopo, un giorno venne in laboratorio e ci portò le partecipazioni per le sue nozze, mi prese in disparte e in una bustina mi diede il bigliettino, non volle aggiungere altro, disse solo, se un domani dovessi averne bisogno, usalo ti porterà fortuna, mi è costato un poco ma mi ha fatto bene.

Ero senza parole! Ma cosa vuol dire, una prova?

Le amiche capirono che mi stavo imbarazzando e intristendo:

– Andiamo in pista a festeggiare, poi ci penserai.

E andammo.

Fu una serata memorabile, ma anche stancante, non mi ricordo tutto, complice le birre, ma fui felice.

Inutile dire, facemmo tardi, ed eravamo anche leggermente brille, stramazzai sul letto com’ero vestita e mi addormentai.

La mattina successiva, era domenica, mi svegliai verso mezzogiorno, mi buttai sotto la doccia, poi con l’accappatoio mi misi sul letto, sulla sponda, la mia borsa cadde e uscirono l’agenda e il bigliettino.

Non volevo toccare, ne l’una, ne l’atro!

Mi ricordai tutto, ma che pazzia? E poi perché fare una cosa simile? Una prova? E in che cosa consiste?

Mi preparai una ricca frittata, misi un tovagliolo e iniziai a mangiare, era una bella giornata, il sole faceva capolino e un raggio impertinente raggiunse la mia camera, guardai la traiettoria, si fermò sul bigliettino, il riflesso si puntò su di me.

Che sciocchezza!

Sparecchiai la tavola, passai sulla poltrona, accesi il televisore, ma non lo guardavo, presi l’agenda e una penna, iniziai a scrivere, erano tutte domande senza risposta, ma chi diavolo mi doveva rispondere, quasi inconsciamente presi il bigliettino, feci il numero:

– Pronto

– Si, prego

Una voce calda al di la del telefono mi colpì, senza inflessioni dialettali:

– Ho ricevuto questo numero da un’amica.

– Certo, il nostro passa parola, desidera?

– Non lo so?

– Sono Rino il titolare di questa agenzia, se ha telefonato e perché desidera fare delle domande.

– Si

Come cavolo aveva fatto a pensarlo?

– Mi dica, sono qui per questo.

– Di cosa si tratta?

– Semplice, noi forniamo accompagnatori a seconda delle sue esigenze.

– Toy boy?

– No, non trattiamo questo genere di cose.

La voce era diventata seria:

– E allora?

– Mi ascolti, noi forniamo accompagnatori, per una serata, per un fine settimana, per un mese, per far vivere una vita coniugale senza legami sentimentali, escludendo il sesso, chiedo scusa per la crudezza.

Ero allibita:

– No, ha fatto bene!

– Il nostro personale, è formato su questa linea, si tratta di un periodo transitorio, dove le persone che non hanno vissuto questa realtà, possono viverla anonimamente e poi decidere con calma se perseguirla o meno nella loro vita normale.

Ora era più chiaro.

– Ci sei?

– Si, ci sono, sto riflettendo.

– Bene, ora è compito mio farle delle domande, posso?

– Il suo nome

– Sara

– L’età

– 33, appena compiuti.

– Auguri allora, è single?

– Si

– Mi può inviare una sua foto alla mia email?

– Si

– Questo è l’indirizzo …….…..@gmail.com, se vuole può riflettere e se lo desidera mi può richiamare, quando vuole.

Questa non me l’aspettavo, non ha insistito, non ha voluto convincermi:

– Si.

– Grazie, allora arrivederci.

Per tutto il pomeriggio feci delle ricerche su internet, solo verso le 20.00, trovai un forum, dove si parlava di esperienze di questo tipo, le lessi tutte, inviai la mia foto e telefonai:

– Pronto, sono Sara

– Si, ho visto, mi dica?

– E’ inutile dire che mi sembra un’idea pazzesca, forse sto perdendo la coscienza di me stessa, ma vorrei provare.

– Capisco il suo stato d’animo, le consiglio di andare a vedere il nostro Forum

– Già fatto

– Non avevo dubbi, per questo ha mandato la foto.

– Si

– Allora, le spiego in poche parole, se desidera provare, le posso consigliare un fine settimana, anche se è il servizio che costa di più.

– Mi dica?

Ero curiosa.

– Il servizio consiste nell’accompagnarla a cinema o a teatro o altra manifestazione che desidera, segue cena in ristorante e passeggiata, l’indomani gita fuori porta dove vuole con pranzo, ore 20.00 fine servizio, costo 2000 euro tutto compreso.

Azz!!

– Dimenticavo, tutto compreso assicurazione e fattura al 20%.

– Assicurazione?

– Certo, lei sarà assicurata dai LLody di Londra per qualsiasi problema che possa avere con il nostro accompagnatore, fino ad un massimale di 1.000.000 di euro.

– Cosa vuol dire?

– Il nostro personale è collaudato, ma se le dovesse capitare qualche incidente con questa persona, verrà risarcita immediatamente.

Facendo due calcoli, il vero servizio veniva a costare 1500 euro.

– E’ una cifra notevole?

– Si, certo, ma lei non avrà altra spesa, organizzeremo tutto noi, lei dovrà versare come anticipo 1000 euro sul conto IBAN………………., le verrà inviata la ricevuta e la copia dell’assicurazione, dovrà solo dirci dove vuole andare, dove cenare e dove fare la gita nel raggio di 100 chilometri dalla sua residenza, sei giorni prima. Al resto pensiamo noi. Dovrà aggiungere il suo indirizzo, i suoi hobby e le sue passione,  i suoi dati e quelli della persona che desidererebbe, stessa età o altro, italiano o altro, altezza e peso, se nella sua città o altro e le manderemo delle foto di persone che potrebbero interessarle.

Che organizzazione!

Nel frattempo stavo scrivendo sull’agenda.

– Ha scritto tutto?

Come cavolo ha fatto?

– Se vuole posso ripetere

– No, grazie.

– Questo è tutto, ci faccia sapere

– Un attimo, vorrei chiedere una cosa?

– Dica?

– E per una settimana?

– I parametri sono diversi e uguali per un mese, escluso il costo. Ma il vitto e l’alloggio sono a carico suo.

– Ah ecco!!

– Se vuole posso anche dirglielo.

– No, vorrei prima pensarci.

– Perfetto, buona serata.

Ero senza parole, certo era una cifra notevole, ma che pazzia? Non volevo pensarci più, stavo per andare a dormire, quando squilla il cellulare:

– Pronto

– Sono Elga, ma aspettavi una telefonata?

– Perché?

– Ma avrò capito male, come stai?

E ora che le dico, ho la testa che continua a risuonare della voce dello sconosciuto, una bugia?…”…

…segue…
Non sono uno scrittore ma un “sognatore narrante” e questi sono i miei sogni riportati sotto forma di E-Book.
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Locomotiva 38 – Secondo racconto breve di Araldo Gennaro Caparco -batterista per una notte.

Quanti viaggi…quante storie si potrebbero raccontare…

…sono figlio di un ferroviere e mio padre desiderava che provassi ad entrare in ferrovia…a nulla valsero le mie proteste…avevo vent’anni e  già un lavoro…ma per farlo contento mi iscrissi ad un  concorso e dopo poco mi arrivò la lettera di partecipazione…dovevo raggiungere Torino…sede del concorso in ferrovia…

…fu un viaggio per nulla tranquillo…

…nel mio scompartimento c’era con me …una famiglia…padre e madre di un ragazzo e la sua fidanzata…provenivano da San Giorgio a Cremano…erano chiassosi e mi facevano compagnia…ma…

…a metà viaggio…

…non si capì più nulla…fummo catapultati gli uni sugli altri…il treno aveva impattato un autotreno ad un passaggio a livello…deragliando…

…per fortuna nessuno dei passeggeri…compresi noi cinque fummo feriti…

…all’epoca non esistevano i telefonini…e…quindi ci dovemmo armare di pazienza e attendere che la rete ferroviaria venisse ripristinata e fu in quell’occasione che familiarizzammo…ci dividemmo quelle poche provviste che ci eravamo portati da casa e fu qui che venni a conoscenza che il giorno dopo,,,

…il ragazzo doveva fare il concorso in ferrovia e la fidanzata di sera doveva esibirsi in un locale a Torino e lui l’avrebbe accompagnata con la sua chitarra…avevano contattato un gruppo che avrebbe sopportato con altri strumenti questa esibizione…con un mini registratore mi fecero ascoltare le canzoni e così passammo quelle ore interminabili d’attesa…mi piaceva il ritmo della batteria..uno strumento che mi affascinava da sempre…e goffamente ne seguivo il ritmo…

…il nostro treno doveva arrivare normalmente a Torino per le 20.00…ma arrivammo dopo un’estenuante attesa solo alle 24.00…a notte inoltrata…

…ci salutammo e visto che la prova d’esame scritta era dopo quella dell’orale della mattina nel pomeriggio…fui invitato al locale…loro soggiornavano da un cugino e mi dissero che mi avrebbero accompagnato con l’auto …

…quella notte dormii poco e male…fui fortunato che il Direttore dei Salesiani mi attese a quell’ora e mi indicò un divano dove avrei potuto riposare…era rimasta l’unica soluzione…perchè non avendo notizie…aveva destinato un posto letto ad un’altra persona in serata…

…dopo la prova del concorso …i miei amici mi aspettavano e dopo poco raggiungemmo Corso Peschiera dove si trovava il locale…ma…quando arrivammo…entrarono nel panico…

…il batterista del gruppo non si era presentato e quindi la ragazza non avrebbe potuto esibirsi…cercarono di contattare altre persone…ma fu un nulla di fatto e fu solo allora che…

“ti ho visto quando ascoltavamo la canzone sul treno che battevi ritmicamente le mani mimando la batteria…”

…lo guardai strano e lui…

“…fallo per noi, dacci una mano alla batteria”

E io

“tu sei pazzo!”

…ma alla fine mi ritrovai dietro ad una batteria…cercando di suonare e…divertendomi un mondo.

Non ho mai dimenticato quella sera, batterista per una notte a Torino.

Araldo Gennaro Caparco

 

 

Locomotiva 38 – Primo racconto breve di Araldo Gennaro Caparco – Happy la mia cagnolina.

Quanti viaggi…quante storie si potrebbero raccontare…
…tanti ma tanti anni fa…trovai e adottai un cagnolino di una cucciolata in Sardegna dove eravamo in esercitazione a Capo Teulada…lo portai a Merano (BZ) dove ero in servizio di leva presso il Savoia Cavalleria…
…lo tenni nascosto nei bagni per giorni con l’aiuto dei miei compagni di camerata…nell’attesa di chiedere una licenza per tornare a casa per Natale…
…finalmente arrivò il giorno della licenza…
….avevamo le divise invernali con un cappotto due taglie più grandi…e lei era così piccola…
…in  treno era accucciata al calduccio interno del cappotto…avevamo da fare dodici ore di viaggio…
…ma…
…quando arrivò il controllore durante la notte…io mi ero appisolato…lei uscì e…
…dovetti pagare un biglietto anche per lei…con le mie poche risorse economiche…
…ma mai e poi mai mi sono dispiaciuto di quello che accadde allora…la chiamai Happy ed è rimasta con me per molti anni e dopo tanto tempo una persona che conosceva le razze canine…mi disse e controllai che era un Cirneco dell’Etna…
…una grande avventura per lei…dalla Sicilia alla Sardegna e poi in Campania a Caserta…