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13 Giugno 2022 – Le clienti di Bibò!

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La vita è strana, la vita è bella, ma la vita è anche piena di sorprese e quando meno te l’aspetti…

“Che ci faccio qui?”

Ecco quello che pensavo quel pomeriggio assolato d’agosto, ero su una jeep guidata da un sessantenne loquace parlava, parlava e non la smetteva più, mi stava descrivendo luoghi a me sconosciuti, dopo l’autostrada mi stavo guardando intorno, solo campagna e poi campagna, ero scombussolata e non mi ero ancora ripresa dal viaggio in aereo, a Roma ebbi solo il tempo di prendere due cambi e metterli nel trolley, ho letto e riletto più volte i messaggi del mio (ex) datore di lavoro, lavoravo da poco con lui ed era successo di tutto e di più.

“Kim ho un grande piacere da chiederti, sono partito per Tokio all’improvviso, scusami per la cena da te,  ma non è giusto licenziarti, ho sbagliato, lo so, ma non lasciarmi così, dammi il tempo per spiegarmi, ora ho un’urgenza improvvisa e solo tu puoi risolverla, ti prego fammi sapere”

Ma chi si credeva di essere?

Continuai a raccogliere la mia roba, dovevo allontanarmi da quell’ufficio, gli avevo inviato un messaggio, mi licenziavo e lui era diventato il mio ex datore di lavoro, altro messaggio

“Solo di te mi posso fidare, ti prego!”

Aprii l’ultimo cassetto da svuotare e spuntò la rosa rossa che mi aveva regalato, mi sentii stringere il cuore, quanto ho fantasticato su quel gesto, come potevo dirgli di no adesso, si è vero,  l’ho colto all’improvviso ma se l’era meritato, ma il mio cuore diceva altro, decisi di fargli quest’ultimo regalo, quell’uomo misterioso mi aveva colpito e ancora non sapevo quanto,  glielo dovevo

“Va bene, ma sarà l’ultima cosa che farò per te! Dimmi?”

Immediatamente

“Grazie, Kim ci speravo, ma non ci credevo, grazie, preparati, tra quindici minuti verrà un’auto e ti porterà all’aeroporto di Fiumicino, destinazione Napoli, all’uscita troverai una jeep color rosa che ti condurrà nella Tenuta Maria Immacolata alla Foce del Sele, li troverai ulteriori istruzioni. p.s. Portati il necessario per il fine settimana. Grazie. Bibò”

.-.-.-.-.-.-.-.-.–.-.

Solo pochi mesi prima avevo perso l’ultimo lavoro, certo, sono abituata a tutto o quasi tutto, non è facile essere l’assistente personale di nessuno, ma ancora di più di un noto commercialista di Roma, ma era l’unico lavoro e per di più  a tempo determinato per tre mesi che avevo trovato, fui liquidata con una laconica frase “è…tempo di crisi!” e amen.

Questa storia, sta diventando una farsa, gli ultimi tre incarichi persi con la stessa frase e con lo stesso discorsetto di commiato…

“…sei brava, onesta e capace, troverai di certo qualcosa di meglio, ci dispiace…”

…poi, un assegno cumulativo, la lettera di licenziamento per “sopraggiunte difficoltà finanziarie aziendali” da portare all’INPS e così dicendo sono passati cinque anni che sommati agli altri cinque, tre di conoscenza e due di convivenza con un imbecille maniaco sessuale, mi hanno tolto un terzo della mia età tutta da cancellare irrimediabilmente.

Pensavo di aver toccato il cielo con un dito dieci anni fa quando conobbi all’epoca Romeo, giovane venticinquenne mio coetaneo, giornalista cattolico impegnato in una televisione cristiana, in quei tre anni di conoscenza, presi entrambi da impegni nazionali e internazionali era riuscito a mascherarsi, lui per seguire i viaggi internazionali cattolici e io invece assistente personale di un broker finanziario americano con sede a Roma e New York, la mia città natale.

Già, New York!

Nata li, da padre romano e madre americana, abbiamo vissuto dieci anni in quella bellissima città, ancora oggi serbo di quel luogo i miei migliori ricordi infantili, poi mia madre decise di tornare in Italia, a Roma città che amava e dove aveva conosciuto suo marito e convinse mio padre ad acquistare una tenuta a Tarquinia e lì ci trasferimmo vendendo il ranch e la casa a Newark, oggi allevano cavalli e sono felici, io un poco di meno, ma all’epoca, poco contava la mia delusione nel dover lasciare l’America.

Poi, gli studi, la laurea in scienze finanziarie internazionali, mi travolsero e mi ritrovai a lavorare quindici giorni prima di laurearmi a venticinque anni, venivo retribuita molto bene, dopo non molto tempo acquistai un monolocale a Roma a Monte Sacro, 25 metri quadri e mi trasferii, mi sentivo libera e appagata, ogni tanto andavo a trovare i miei a Tarquinia e furono anni favolosi, ricchi di esperienze fantastiche lavorative e amorose.

E fu allora che incontrai Romeo!…

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12 Giugno 2022 – Iole.

– Non se ne parla proprio…
Pausa
-…ma siete impazziti, cinquemila euro…ma è una miseria…
Pausa
– …ma che vuol dire che è piccolo…è un monolocale…si capisce che
è piccolo…o no…lo dice la parola…incredibile…
Pausa
-…basta!…la mia richiesta era di quindicimila euro, più che onesta,
ma visto che fate così i simpatici, se trovo qualcuno, mi
accontenterò anche di diecimila euro subito, addio.
Non avrei dovuto ascoltare, ma non potevo evitarlo, ero entrato in
quel bar solo perché avevo freddo, un bar molto grazioso, un
bancone pieno di dolciumi sulla destra entrando, poi subito dopo la
cassa e di fronte cinque piccoli separé con due sedie e un tavolino,
erano quasi tutti occupati e prima che qualcuno potesse
guadagnare il quinto separé mi fiondai, il tempo di sedermi un
cameriere sorridente
– Siete stato fortunato!
Lo guardai stupito, ma il suo sorriso mi disarmò, in un altro
momento mi sarei arrabbiato, invece
– Grazie.
La mia espressione stupita diceva altro, capì di essere stato
inopportuno e con aria professionale
– Gradisce qualcosa?
Mi rilassai
– Si, per cortesia una cioccolata calda e una cialda, grazie.
– Subito!

 

Con un perfetto dietrofront sparì!
Ero di pessimo umore, sradicato dalla mia città in ventiquattro ore,
nemmeno l’auto mi avevano fatto prendere “E’ la tua occasione,
vedrai”, solo una valigia con il necessario e poi imbarcato su un
aereo, destinazione “Aeroporto Orio al Serio di Bergamo”, quasi
svenivo, ero a millecinquecento chilometri da casa!
Ma chi me l’aveva fatto fare?
Figlio di un siciliano e di una toscana, mio padre era il proprietario
di un ristorante a Ragusa, mia madre una giornalista e fu proprio lei
ad inculcarmi le prime nozioni per il giornalismo e mio padre quello
della ristorazione, mia madre ci tenne particolarmente che non
prendesi l’accento siciliano d’accordo con mio padre, solo con gli
amici parlavo il siciliano che conoscevo molto bene, ma con gli altri
parlavo un perfetto italiano.
Da poco avevo festeggiato i miei trenta anni, ero un giornalista
investigativo e usavo uno pseudonimo “Lince”, con quello firmavo
gli articoli, ma uno di questi fu la causa del mio allontanamento
precoce dalla mia amata isola, alla ricerca di uno scoop, tanto
desiderato e voluto dal mio Direttore del giornale, era euforico, per
la prima volta avevano dovuto far ristampare le copie del giornale
perché terminato in tutte le edicole dell’isola.
La ragione?
Avevo scoperto un bidone di immondizia, una commistione, tra
politici e mafia con ramificazioni in tutto il territorio italiano, ed era
proprio per questo che mi trovavo all’altro capo della nazione,
dovevo ricercare, trovare e raccontare, il ramo sporco dei colletti
bianchi sul continente con l’aiuto dei servizi segreti italiani, solo loro
conoscevano la mia vera identità..
Come da istruzioni prima della partenza, all’arrivo seguii le persone
verso l’uscita, non eravamo in molti quella sera, una decina forse,
mi avevano detto che all’arrivo mi attendeva un auto e guardando

 

all’uscita vidi una persona con un cartello con solo un nome ”Alfio”,
mi avvicinai
– Sono io!
Mi squadrò, prese un tablet e dopo essersi rassicurato che ero
proprio io quella persona in fotografia
– Mi segua!
In auto, lui davanti e io dietro
– Sul sedile troverà una valigetta, dentro ci sono le istruzioni per la
sua permanenza qui, alloggerà per il momento in un appartamento
residence “La corte dell’angelo”, poi verrà contattato da un nostro
agente, buona permanenza.
Fine comunicazioni!
La sera dopo vennero, uno dei due era l’autista del giorno prima, mi
diedero nuovi documenti, mi chiamavo Vieri, nato a Firenze, era un
diminutivo di Oliviero “colui che possiede uliveti”, avevo un lavoro
presso la Gazzetta di………., come giornalista gastronomico e
trentamila euro in contanti, potevo utilizzarli come volevo, un tablet
per il resoconto giornaliero e due numeri di telefono cellulare per i
contatti con loro con un nuovo cellulare certamente intercettato da
loro, ci tennero a precisare che avevo carta bianca per le mie
ricerche, ma volevano essere messi al corrente di tutto quello che
poteva essere importante per l’indagini.
Erano di poche parole e nella mia mente li battezzai Flick e Flock!
Dai documenti nella valigetta venni a conoscenza che il soggetto
che stavamo cercando, per molto tempo era stato localizzato nei
paraggi di un quartiere della Bergamo alta ed era proprio lì che mi
diressi quella mattina ed entrai in quel bar.
Ero alla ricerca di un alloggio nelle vicinanze, ad onor del vero lo
cercavo in locazione, ma non mi sembrò vero ascoltare quella
telefonata, detto e fatto, con il giornale in mano mi affacciai al
separé e vidi una signora sulla sessantina che stava sbuffando….

(Totale 113 pagine)

(Ogni riferimento a persone, luoghi è frutto solo di fantasia)

11 Giugno 2022 – Il faro di Ondina!

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La mia vita scorreva e sbagliavo e continuavo a sbagliare, come tutti cercavo sempre la gratificazione negli altri, ma al momento, non sono riuscito ancora ad ottenerla!

Ma dico? E’ mai possibile che noi dobbiamo adeguarci e gli altri devono solo giudicare?

Ho trenta anni, non sono un adone, per cinque anni ho cercato di accontentare una donna, ma mai l’ho vista contenta, si, quei pochi minuti di attività sessuale che ogni tanto mi concedeva, si, mi concedeva, perché toglietevelo dalla testa la frase fatta “l’uomo comanda”… è una bugia, non ha mai comandato, punto!

E sempre lei che comandava, lei che ordinava e tu ad eseguire per farla contenta e lo fai con lei, lo fai con i tuoi genitori, lo fai con il tuo datore di lavoro, mai per te stesso!

Per oltre dieci anni ho lavorato nel campo informatico, sono diplomato, poi ho acquisito una mini laurea con un Master in tecnologie avanzate e nell’A.I., l’intelligenza artificiale, ed è stata proprio quest’ultima che mi ha portato alla rovina.

Costi esorbitanti per i programmi, commesse oltre manica con ritardati pagamenti, avevo una visone particolare, volevo “umanizzare” i robot, l’idea piacque a tutti, tranne nello scucire i soldi che servivano per sviluppare il software necessario, quello era il mio compito, sviluppatore, ma cosa mai avrei potuto sviluppare, se non avessi avuto quei programmi che mi servivano per mettere a punto una strategia da utilizzare poi nella programmazione del robot?

Quindi, convinto della mia idea, iniziai ad anticipare, indebitandomi fino al collo, forte però della promessa dei finanziatori esteri di coprire le spese a trenta, sessanta, novanta giorni.

Ma ciò non avvenne!

Ed io?

Mi trovai, in mutande!

Avevo ricevuto l’avviso per lo sfratto esecutivo dal mio appartamento per la fine del mese di dicembre, bel Natale quell’anno, l’amazzone non vide l’ora, dopo aver fiutato il mio fallimento, di trovarsi un altro stallone con cui andare via e mi lasciò senza tanti complimenti, avevo qualcosa da parte, ma il panico si impossessò del mio cervello, solo come un cane, depresso, non mi restava altro di lanciarmi dal diciottesimo piano del Centro Direzionale, avevo perso tutto, cosa mi costava, era un attimo e così… avrei risolto ogni mio problema, ma era Natale… e mi concessi una cena in un noto ristorante della mia città.

Nella mia vita, avevo fatto diversi lavori per mantenermi allo studio, oltre al canonico cameriere tuttofare, avevo lavorato anche in cucina ero bravo, me la cavavo, mi piacevano i profumi della cucina, ero contento di inventare e mescolare gli ingredienti e creare nuove pietanze partendo dalla tradizione gastronomica napoletana, poi conobbi lei Elena, sia maledetta dove si trova adesso, mi convinse come solo una donna sa fare, diceva che avevo delle potenzialità e dopo pochi mesi prendemmo un appartamento, abbandonai tutto per lei e mi dedicai all’informatica, lei era docente in un liceo scientifico e insegnava storia dell’arte, si esatto, ma non proprio quella che canonicamente chiamiamo arte, non la sublime arte del pittore, dello scultore, ma proprio quell’arte, quello della puttana!

– Allora Leon, ti è piaciuta la cena?

Chi aveva parlato era la proprietaria del ristorante, nonché la mia ex datrice di lavoro, Ester

– Certo, lo chef è stato grande!

Mi guardò, ma intuì che c’era qualcosa di stonato

– Elena?

Risposi guardandola negli occhi, di getto

– Di troia!

10 Giugno 2022 – Il volo del cormorano.

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Valleamare è una cittadina sul mar Tirreno, con una popolazione di circa cinquecento abitanti, è isolata dai centri più urbanizzati delle città vicine ma è sede di due importanti presidii che servono il comprensorio, il presidio sanitario di pronto soccorso con l’appoggio di due elicotteri per le urgenze e l’altro presidio, la farmacia comunale.

Shimon era il farmacista di origine ebraica, autorevole con la sua “divisa”,  un elegante vestito nero con una rendigote così lunga, arrivava all’altezza delle ginocchia, incuteva timore solo a guardarlo, cosa che praticamente mi capitava tutti i giorni tornando da scuola, c’era una ragione per passare di la ogni giorno, abitavo all’esatto opposto dalla sua abitazione, ed era sua figlia Sara, si nonostante  la mia giovane età, dodicenne, mi ero perdutamente innamorato di lei.

A scuola eravamo nella stessa classe fin dalle elementari, ma praticamente per lei ero un perfetto sconosciuto, troppo bella e perfetta per me, un viso pieno di lentiggini, capelli biondi, alle medie i suoi capelli avevano raggiunto il suo fondo schiena tra l’invidia delle sue coetanee, vestiva sempre in modo accurato, ma mai, dico mai ero riuscito a parlare con lei, tranne per qualche saluto sporadico.

Il mio era un amore platonico, unidirezionale!

Alle superiori, la mia famiglia non potendo sostenere i costi per inviarmi al liceo nella città vicina, mi dovetti accontentare , giocoforza fui iscritto all’unica scuola presente a Valleamare, una succursale distaccata dell’istituto alberghiero.

Lei era e continuava ad essere presente nella mia immaginazione, quindi conoscendo gli orari dell’autista che l’accompagnava con l’auto all’uscita della scuola, facevo in modo di essere presente sulla sua strada, per poterla salutare.

– Leo vieni?

Si, mi chiamo Leo, diminutivo di Leopoldo, il nome del nonno, grande chef, ma non ho preso da lui purtroppo, mio padre fa il pescatore e mia madre invece cucina in un ristorante sul mare “Il volo del cormorano” in onore dei numerosi uccelli acquatici che nidificano nella zona, lei si ha preso del padre e ne sfrutta tutte le sue ricette, sono figlio unico, ma ho un’amica del cuore, Anna, abbiamo la stessa età e frequentiamo la stessa scuola superiore, a lei racconto tutti i miei segreti e lei fa altrettanto con me, almeno credevo

– Anna dimmi?

– Dobbiamo correre, scommetto che ti sei dimenticato che oggi inizia la prima lezione per il brevetto di pilota

Una mano in fronte, bugiardo matricolato

– Hai ragione, andiamo!

E ci mettemmo a correre, dovevamo arrivare alla capitaneria di porto per frequentare il corso per la navigazione come pilota, oltre le cinque miglia marine, fu una mia idea e coinvolsi pure lei

– Ma dove ce l’hai la testa?

Non volevo rispondere, pensai ad una bugia, ma poi, sapevo che mi sarei pentito, proprio con lei non potevo

– Sara!

Si fermò di botto

– Ancora, ma allora non hai capito che è meglio lasciare stare, lei non ti fila proprio e lo sai.

La guardai stupito, era la prima volta che si rivolgeva così

– Perché?

Arrabbiata

– Lascia stare!…

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9 Giugno 2022 – La vita è strana!

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La vita è strana, sempre!

Quando iniziai l’università, dopo la fine degli studi non avevo idea di come sarebbe stata la mia vita, ma non mi aspettavo, che al termine, il mio docente di urbanistica

– Sono talmente soddisfatto del tuo lavoro, ti ho raccomandato al Consiglio d’Amministrazione dell’Università per essere il mio assistente con un contratto a tempo determinato per un anno, che ne dici?

Ecco!

Sono cinque anni che mi veniva rinnovato il contratto, e oggi ho ricevuto la raccomandata di aver vinto il Concorso come Professore associato, ero emozionato, sarei stato il più giovane docente associato, prima di aver compiuto i trent’anni.

Caddi pesantemente sul gradino della portineria dopo aver firmato il registro elettronico del postino

– Si sente bene?

Riuscii con la testa a dire di si, ma in quel momento tutta la mia vita passava davanti chiudendo gli occhi, orfano all’età di diciotto anni, nessun fratello o sorella in supporto, l’unico familiare viveva lontano da Roma in Sicilia e nonostante le sue offerte di aiuto, testardamente decisi di continuare da solo, avevo la casa, piccola, ma era la mia casa.

Mi accollai l’onere di mantenerla e sostenermi, come?

Iniziai a lavorare di pomeriggio in un ristorante a pochi chilometri di distanza da casa, quindi la mia giornata era, la mattina a seguire le lezioni all’università di pomeriggio al ristorante in qualità di tuttofare e la notte studiavo.

Furono anni terribili, specialmente quando arrivava il periodo delle festività, avevo pochi amici, solo universitari, ma erano troppo per me, tutti provenivano da famiglie agiate e non mi sentivo alla loro altezza, quindi accettavo tutti i turni più massacranti di lavoro al ristorante.

Credevo nell’amore, con la A maiuscola, ma di tutte quelle ragazze che avevo conosciuto in quegli anni, nessuna mi sembrava la donna giusta da frequentare e quindi solo  il tempo di una frettolosa conoscenza e capire che non era fatta per me cambiavo rotta e obbiettivi.

L’unica mia famiglia furono i gestori del ristorante, spesso Romeo

– Perché continui a martoriarti sui libri, qui da noi hai ricoperto tutti i ruoli e si vede che hai la stoffa del ristoratore…lo guardai stupito

– Si, non fare quella faccia meravigliata, lo sai anche tu!

Diventai rosso

– Ti ringrazio, ma ho un’altra passione…

E mi fermai, continuando a pulire il bancone d’ingresso

– …lo devo ai miei genitori, avevo promesso sul letto di morte di mia madre che non avrei lasciato l’università…

Poi sorridendo

-…e poi l’urbanistica mi ha conquistato!

Scuoteva la testa, non l’avevo convinto, ma era la verità!

Si, era vero, avevo fatto di tutto in quegli anni, da cameriere alle pulizie, da lavapiatti e come aiuto cuoco d’emergenza, tanto che Romeo e la moglie mi affidarono sempre qualche altro incarico, ero arrivato a fare i conti della giornata, i colloqui per il personale e prima di andare all’università, passavo per il mercato generale e riempivo la mia cinquecento scassata nel fiore della sua vecchiaia.

Mi piaceva, quell’aria che si respirava nel locale, si riempiva di voci, di comande a ripetizione, di facce nuove e persone abituali, erano la mia famiglia.

Dopo la vincita del concorso tutto cambiò!

D’improvviso, le ore non mi bastavano più, fui letteralmente sommerso da impegni, in effetti la cattedra che era stata del mio professore ricadde su di me come una valanga di neve, lezioni da tenere, compiti da correggere e poi…

…la nostra Università aveva un contratto una collaborazione con il Ministero della Ricerca Scientifica e Innovazione, ed ogni progetto era complesso ma ben remunerato, sommando il mio stipendio, arrivai all’età di ventotto anni, ad una cifra mensile di tutto rispetto…..

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8 Giugno 2022 – Una vita a metà.

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(Anteprima di lettura di tre pagine su settantacinque pagine)

Il treno correva veloce, vedevo scorrere le immagini senza che riuscissi a focalizzarle, i miei pensieri erano altrove ed anch’io correvo veloce con i miei pensieri!

Per distrarmi sfogliavo un giornale del mattino e sorridevo, c’era un titolo a carattere cubitali nella pagina dedicata alla cultura e arte:

“Il Falco è scomparso!”

poi su due colonne, veniva raccontata parte della vita del Falco, la sua scoperta e il suo successo e sempre la stessa domanda

“Chi era il Falco?”

Già!

Chiusi gli occhi e come in un film iniziarono a passare le immagini di quello che era realmente successo nei miei primi trent’anni della mia vita, fotogrammi di attimi vissuti intensamente e pieni di contrasti.

Amavo l’odore dei colori e fin da piccolo disegnavo tutto quello che mi colpiva realmente imbrattando quello che potevo per la disperazione di mia madre, dalle pareti domestiche alle tovaglie della tavola.

Già, mia madre…

… sopportava tutto quello che facevo e nonostante la perdita precoce del marito, con solo le sue forze, riuscì ad inculcarmi i valori reali della vita, l’amore per la bellezza e il giusto rispetto per i soldi, era fiera dei miei progressi a scuola, ma nonostante ciò, quando terminai il liceo classico e le dissi che volevo iscrivermi all’Accademia delle Belle Arti, si rifiutò di ascoltarmi.

E così mi ritrovai iscritto alla Laurea di Giurisprudenza!

Otto anni sono passati dal giorno della mia laurea, ricordo ancora oggi quel giorno…

– Signore biglietto.

E l’incanto svanì all’improvviso!

Mi risvegliai e persi i ricordi di allora, avevo la fronte madida si goccioline che scendevano silenziose.

Ma cosa stavo facendo?

Ero a Milano solo pochi giorni prima, si stava inaugurando una Mostra dei miei quadri, c’era tanta bella gente e io mi crogiolavo nell’ascoltare i loro commenti.

Nessuno sapeva che ero lì accanto a loro ed ero l’autore di quei quadri, solo una persona ne era a conoscenza, Loly la mia super agente, come se l’avessi evocata per telepatia, sentii un sussurro all’orecchio

  • Ti stai divertendo?

Non la risposi, spostandomi lateralmente, intercettai un cameriere con un vassoio con dei bicchieri di spumante, presi due flute dal vassoio al volo e mi girai

  • Si e no!

Aveva l’aria così meravigliata,  non potetti fare a meno di sorridere, ma lei senza perdere il suo self control

– Che diavolo vuoi dire ? Sai bene che qui tutti vorrebbero conoscere l’autore di questi quadri, nella prima ora della Mostra sono stati venduti già tre tuoi quadri e sono certa che basterebbe che dicessi che l’autore è tra di noi si scatenerebbe il putiferio per accaparrarsi una tua opera e avere una dedica sul retro del quadro….

Accigliato

  • Non ti permettere…

Stavolta sorrise

-Non lo farò, stai tranquillo, non voglio perdere il mio autore preferito!

Tranquillizzato

-Si, sono contento di tutte queste persone, no, perché sono certo che quello che sto per dirti non ti piacerà.

-Cosa?

La presi sottobraccio e ci spostammo sulla terrazza, mentre il banditore dell’asta urlava

– Venduto!

In quel momento il treno ad alta velocità entrò in stazione, ero a metà viaggio, era arrivato a Roma Termini, presi i miei bagagli, era la mia fermata, mentre guidavo l’auto a noleggio, ricordavo quei momenti

– Tu sei pazzo!…

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7 Giugno 2022 – Un evento indimenticabile.

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Un vecchio detto recita “L’uomo propone e Dio dispone”!

Non sono mai stato un amante dei detti o dei proverbi, ma nella vita non mi aspettavo di dovermi ricredere presto, all’età di trent’anni, dopo aver conseguito una laurea in economia e commercio e un master in Scienze della comunicazione, ero certo della strada che avrei dovuto iniziare di lì a poco.

Presentai il mio curriculum alle più prestigiose Università, a tempo di record, fui contattato dalla prestigiosa LUISS di Milano proponendomi un contratto a tempo indeterminato e dopo i primi sei mesi di prova, una cattedra a tempo pieno.

Ero euforico, avevo tanto studiato, mi appassionava quella materia più delle altre e con dodici pubblicazioni e un meritato centodieci con lode e menzione d’onore dell’Università La Sapienza di Roma, ero certo di poter contribuire nell’insegnamento universitario e trasmettere quella mia stessa passione agli studenti.

Ma!

Già, c’è sempre un ma, nella vita!

La mia famiglia gestiva un’azienda di ortofrutta, acquistava e rivendeva beni  di eccellenza del nostro territorio campano dal mercato ortofrutticolo e da produttori privati su una vasta area della Regione Lazio, la nostra sede era nell’alto casertano, quasi al confine con il mare laziale, avevamo a quell’epoca trenta dipendenti, mia madre gestiva la contabilità e mio padre invece gestiva gli acquisti e la logistica dei corrieri.

Già, avevamo i nostri corrieri, venti persone fidate con dieci furgoni frigoriferi, i quali giornalmente raggiungevano decine di ristoranti per rifornirli di una vasta gamma di frutta e verdure già pronte per essere utilizzate, si questo era il nostro punto di forza, nulla andava sprecato, le verdure erano sfrondate, pulite e preparate in apposite vaschette sotto vuoto, già pronte per essere utilizzate dagli Chef e  ad un costo contenuto, con un prodotto a chilometri zero e la frutta era sempre fresca di stagione….

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5 Giugno 2022 – Il segreto di Adelmo.

Quella settimana, al comune di Roccapinna, fu molto estenuante per me, finalmente arrivò il sabato e non vedevo l’ora di uscire dal lavoro

– Ragioniere, allora ci vediamo domani mattina?

Alzai la testa, ero distratto

– Si, certo! A domani mattina.

Invece di sorridere mi uscì una smorfia, per fortuna era già uscito dalla porta prima di notarla.

Chi aveva parlato?

Il mio capo era il ragioniere generale del Comune!

Roccapinna è un comune che se lo si cerca sulle cartine geografiche, spesso non si riesce a localizzarlo e non tutte le cartine lo riportano sulle colline marchigiane è un comune di duemilacinquecento abitanti, diviso in due frazioni,  sopralmonte e sottoalmonte, secoli fa il paese era solo sul monte, poi con l’industrializzazione, il dopo guerra, molti decisero di costruire in pianura e ora dopo decenni di migrazioni di famiglie, sopralmonte era abitato da trecento e due abitanti, anzi trecento e tre adesso, l’ultimo a risalire sono stato io, non per scelta ma per lavoro.

Prima abitavo con mia madre in pianura, lei viveva con la pensione di mio padre di reversibilità morto anni prima, ex operaio edile in tutta Italia, in effetti non avevo mai avuto una sede stabile, io e mia madre seguivamo lui e i cantieri dove andava a lavorare, quand’era in attività era molto ricercato, uno dei migliori nelle verifiche  e il coordinamento delle squadre di operai per la messa in opera del calcestruzzo, era salito al cielo troppo presto all’età di sessantasei anni, nemmeno il tempo di godersi qualche anno di pensione, sette infarti in una notte lo portarono via.

Mi chiamo Adelmo, nome troppo impegnativo per me ma era il nome del nonno paterno, ma tutti mi chiamano Dado, quando morì mio padre eravamo a Palermo da due anni, all’epoca mi ero diplomato in ragioneria e dopo ero sotto le armi a Cagliari in rafferma prolungata di tre anni, qualche anno dopo mia madre decise di tornare nella casa materna e quindi quando fui congedato tornai anch’io a Roccapinna.

Durante l’ultimo anno di militare partecipai ad un concorso in quel comune ed ora eccomi qui da due anni inquadrato come ragioniere addetto alle cartelle esattoriali inevase, ero sulla soglia dei trent’anni e visto che la sede del comune si era trasferita sottoalmonte, lasciarono gli uffici finanziari a sopralmonte, quindi per evitare di fare la spola decisi che era arrivato il momento di andare a vivere da solo e presi in locazione una casetta singola su tre piani, piccola ma confortevole.

Mi piaceva quel posto, non c’era la vita frenetica della cittadina, il silenzio era notevole ma i paesaggi colmavano quella tristezza che pervade quando si vive da soli, facevo lunghe passeggiate quando ero libero dal lavoro e covavo una passione segreta, portavo con me un notes e disegnavo quello che più mi colpiva.

L’invito del mio capo per la mattina successiva per mezzogiorno era dettato da una piccola competizione alla bocciofila locale, non erano molte le persone che conoscevo, ma avevo accettato lo stesso, non arrivai mai al palazzetto quella domenica!

Mi stavo preparando quando sentii il campanello della porta e…

…era mia madre con un grosso bustone giallo nelle mani!

– Ciao Dado, è arrivata questa busta per te.

Sorpreso

– Vieni mamma, ma che piacere, entra.

– No, non posso, ho la macchina fuori posto e poi mi aspettano in chiesa per il coro.

Stranamente, senza attendere nessuna risposta, sorridendo, girò le spalle e corse via, la seguii con gli occhi mentre entrava in auto e partì di corsa, quasi scappando, appoggiai la busta sul tavolo della cucina meravigliato dal suo comportamento  ma ancora di più curioso di vederne il suo contenuto, ma non so perché evitai di dare subito importanza, terminai di vestirmi, faceva freddo, eravamo ai primi di novembre e dalla televisione avevo saputo che erano in arrivo delle nevicate, non alle nostre altezze, ma nelle vicinanze, ero in procinto di mettermi la sciarpa, quando mi feci coraggio e aprii quella busta…

…c’erano delle cartine geografiche con delle parti colorate in rosso i bordi, poi alcuni documenti risalenti ad almeno una cinquantina di anni prima della mia nascita e alla fine un cartoncino con su scritto

“Al mio pronipote Adelmo con tutto il mio affetto e ricorda che: “La tradizione è memoria!”. Tuo prozio Adelmo”….

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4 Giugno 2022 – Il coraggio e la paura.

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E con questo, è il terzo lavoro che perdo in sei mesi.

Ma si!

E’ mai possibile accettare sempre dei compromessi?

No, basta!

Negli altri due, non mi pagavano mai. Ma in questo?

Se l’è meritato, certo sono stato licenziato, ma non potevo, non dovevo, andare avanti, anzi, ho aspettato fin troppo, ma quella mattina non ne potevo più.

Stavo come sempre al lavoro di prima mattina, avevo già più volte espresso il mio rammarico, di non poter fare la spesa per il locale, ma niente, ottuso e braccino corto, mi rispondeva

– Quando hai accettato il lavoro, ti avevo avvertito, la spesa la faccio io e tu cucini.

Certo, cucino, ma non avveleno le persone!

L’avevo già avvertito, quel giorno del riposo del locale, lo avevo intravisto mentre facevo una passeggiata per il rione, acquistava della merce nei posti più disparati e a basso prezzo

– Se continui così, me ne vado!

Gli dissi, e lui,  quasi con un mezzo sorriso di sogghigno

– Si. E dove vai?

Era questo che mi frenava, non avendo casa, accettavo solo dei posti dove mi fornivano l’alloggio, ovviamente il fitto me lo defalcavano dallo stipendio.

Alloggio?

Se quello si poteva chiamare alloggio, una stanzetta con un letto e un comodino, senza finestre, ricavato dallo sgabuzzino.

Ero pieno di idee al servizio militare, si ci ho provato, ho fatto tre anni, ma poi alla fine, non mi hanno arruolato e così mi trovai in mezzo ad una strada all’improvviso.

La famiglia, manco a parlarne, era distante mille chilometri e già da soli avevano problemi finanziari, quando seppero che mi avevano bocciato all’esame per rimanere sotto le armi, mi dissero “e ora arrangiati!”.

Eh già, una sorellastra, ragazza madre con due bambini da due padri, un fratellastro, entrava ed usciva dai centri di tossicodipendenza,  mia madre in cielo da tre anni e poi un padre, anzi patrigno, che passava le sue giornate al bar sotto casa a bere birra e a giocare a carte.

No, grazie!

Meglio dimenticarseli! Era proprio inutile sperare in qualcosa da loro.

Quei tre anni, furono per me una palestra, perfetto sconosciuto senza una raccomandazione, finii in cucina, a lavare pentoloni maleodoranti e padelle incrostate, l’unica cosa positiva fu la conoscenza con uno dei cuochi anziani, quando era il suo turno, mi insegnava a cucinare.

Fu proprio lui che avendo notato una certa predisposizione per la cucina mi invogliò ad iscrivermi ad un Corso online, per conseguire il titolo di cuoco.

Non era certamente l’Accademia, ma le basi, si!

Lo conquistai!

Quando uscivo la sera, dopo aver terminato il servizio di cucina, invece di fare come gli altri, alla ricerca di ragazze da abbordare, me ne andavo per librerie, alla ricerca di libri di cucina usati e dopo averli letti e riletti, li rivendevo ad altre librerie in cambio di altri libri.

Ero stufo, quella mattina, il padrone della trattoria, decise che quel lunedì dovevamo fare la lasagna e mi buttò letteralmente sulla tavola, circa tre chili di carne macinata e un filoncino bianco che lui definiva fiordilatte, dieci scatole di pasta fresca per lasagne.

– Ecco, cucina, oggi lasagne e polpette per secondo.

E se ne andò, vidi la scadenza della pasta fresca, era di un mese prima, poi passai al filoncino, era duro come una pietra, congelato e poi alla carne e qui, dovetti turarmi il naso, puzzava.

I nostri avventori erano degli operai di una vicina fabbrica, quasi sempre mangiavano da noi un piatto caldo per poi la sera arrangiarsi con pane e qualcosa.

Non potevo fare loro questo!

Come un pazzo, uscii dalla cucina, arrivai alla cassa, dove si trovava il padrone

– Secondo te, dovrei cucinare quella merda?

Avevo gli occhi fuori dalle orbite.

E lui, come se fosse la cosa più placida del mondo

– Certo! Ci metti gli aromi, la passi al forno e vedrai che nessuno se ne accorgerà, le altre le friggi.

– Tu sei pazzo, io non intendo avvelenare le persone.

Rideva, quello stolto, rideva.

Mi guardai attorno, c’era uno scaffale con delle bottiglie di vino scadente, ne presi una e la lanciai.

Non rise più, l’avevo centrato all’altezza degli occhi!

– Ti faccio arrestare!

3 Giugno 2022 – La finzione diventa realtà.

Leggi le prime pagine per entrare nel racconto e scegliere quello che preferisci.

Prima parte – La finzione

(Promemoria sotto copertura – nome: Sara)

Il mio nome sarà Sara, da sette anni responsabile in un negozio di informatica progettazione e sviluppo, 32 anni, single, non per necessità ma per scelta almeno per il momento.

E già, per scelta!

Ma oggi, inizio ad avere dei dubbi, vivo da sola, fotografa paesaggistica per passione, lavoro con quattro uomini, due sposati, due single, uno troppo anziano e uno troppo giovane.

Spesso, mi capita di essere chiamata da amici e parenti, a fare delle foto per qualche evento, mi diverto molto, e non nascondo che ogni volta, penso inconsciamente  “forse questa è l’occasione giusta”, per conoscere qualcuno, che faccia al caso mio.

Esatto!

Perché con l’età si iniziano ad avere dei dubbi, sulla persona che si vorrebbe vicino, certo, non mi sono mancate le occasioni di incontrare qualcuno, ma le motivazioni non erano quelle che canonicamente si conosce, conoscenza, innamoramento, fidanzamento e matrimonio!

Oggi ci si incontra, uno sguardo d’intesa, una parola, si passa la giornata, e poi, qualche ora a letto, per poi:

– Ci vediamo in giro, ciao!

– Ciao.

Solo e soltanto desiderio occasionale e ormonale!

Surrogato dell’amore!

Ecco, questa è la mia vita oggi, non sono brutta, leggermente rotondetta, ma ai posti giusti, mediamente alta, capelli neri, occhi castani, seno nella norma e tanti dubbi nella testa.

I miei colleghi, quando un cliente è single, cercano di dirottarmelo, non ho mai parlato con loro dei miei problemi, ma evidentemente hanno capito.

Cosa?

Quelli che tutto dicono in famiglia, devi pensare al domani, vuoi essere sola tutta la vita? vuoi mettere avere dei figli? vuoi…e tanto, ma tanto ancora.

Non rispondo, perché sarebbe inutile, ma, quando sono da sola, mi pongo le stesse domande, in silenzio senza confessarlo a nessuno.

Domani compio 33 anni, non ho voluto festeggiare con tutti, ma ho invitato due amiche, al pub, per bere qualcosa insieme.

Oggi invece, in negozio mi hanno festeggiata a sorpresa, torta e pasticcini, non me l’aspettavo, ma all’ora di pranzo hanno chiuso le saracinesche fatto largo su di un tavolo, ho spento le candeline, tra baci e abbracci.

Sono finalmente a casa, faccio una doccia ristoratrice, stasera voglio essere al top, ho acquistato un vestito che mi sembra adatto alla serata, inforco i miei stivali preferiti, lascio in ordine l’appartamento, (non si sa mai), ecco lo squillo al cellulare, sono loro, scendo:

– Come sei bella?

Lei e Mia, una ragazza di origine thailandese, sempre carina nei giudizi.

– Ma sei una favola?

Lei è l’altra, il mio alter ego, bella da morire, bionda, occhi azzurri, potrebbe avere chiunque, ma non le sta bene nessuno, Elga.

Leggermente arrossita:

– Grazie, su andiamo che si fa tardi.

Il pub è distante una decina di chilometri da casa, Mia è venuta con la sua auto, parcheggiamo ed entriamo.