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7 Ottobre 2022 – Il coraggio e la paura.

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E con questo, è il terzo lavoro che perdo in sei mesi.

Ma si!

E’ mai possibile accettare sempre dei compromessi?

No, basta!

Negli altri due, non mi pagavano mai. Ma in questo?

Se l’è meritato, certo sono stato licenziato, ma non potevo, non dovevo, andare avanti, anzi, ho aspettato fin troppo, ma quella mattina non ne potevo più.

Stavo come sempre al lavoro di prima mattina, avevo già più volte espresso il mio rammarico, di non poter fare la spesa per il locale, ma niente, ottuso e braccino corto, mi rispondeva

– Quando hai accettato il lavoro, ti avevo avvertito, la spesa la faccio io e tu cucini.

Certo, cucino, ma non avveleno le persone!

L’avevo già avvertito, quel giorno del riposo del locale, lo avevo intravisto mentre facevo una passeggiata per il rione, acquistava della merce nei posti più disparati e a basso prezzo

– Se continui così, me ne vado!

Gli dissi, e lui,  quasi con un mezzo sorriso di sogghigno

– Si. E dove vai?

Era questo che mi frenava, non avendo casa, accettavo solo dei posti dove mi fornivano l’alloggio, ovviamente il fitto me lo defalcavano dallo stipendio.

Alloggio?

Se quello si poteva chiamare alloggio, una stanzetta con un letto e un comodino, senza finestre, ricavato dallo sgabuzzino.

Ero pieno di idee al servizio militare, si ci ho provato, ho fatto tre anni, ma poi alla fine, non mi hanno arruolato e così mi trovai in mezzo ad una strada all’improvviso….

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6 Ottobre 2022 – Dalle stalle alle stelle

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Non potrò mai dimenticare per tutta la vita, quella mattina!

La notte fu agitata, l’insonnia era diventata la compagna della mia vita, al massimo erano solo due le ore di sonno e poi … gli occhi sbarrati e il cielo della stanza a farmi compagnia fino alla luce dell’alba, verso le sette, all’improvviso squilla il cellulare, l’agguanto

– Pronto?

– Sei sveglio?

Riconobbi la voce, il mio migliore amico

– Franco, sei tu?

– Si, sono io, ho una notizia importante da darti.

– Dimmi?…

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5 Ottobre 2022 – Da Vanni – “Soloprimi”

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Era d’ agosto,

il caldo era notevole, ma alle prime ore della mattina era piacevole trovarsi per strada in auto tra le campagne, nell’aria un fiorire di colori e di profumi, quella mattina mi stavo recando alla stazione ferroviaria, dovevo ritirare dei giunti meccanici in arrivo da Arezzo.

I finestrini erano abbassati, la musica a tutto volume della radio mi facendo compagnia per quei sei chilometri di distanza dalla mia cittadina Alleria alla staziona ferroviaria.

Alleria, bel nome, vero?

Chi sa qual è l’origine del nome, ma ci stavo bene!

Dopo anni di “schiavitù” da partita Iva, una laurea in ingegneria meccanica messa definitivamente in bacheca all’ultimo esborso/pirata dello stato, ho detto basta e iniziato una nuova vita da cinque anni.

Questi erano i miei pensieri di quella mattina, un lunedì d’agosto che cambiò la mia vita!

Arrivai alla stazione con qualche minuto d’anticipo sul treno, un mio amico mi stava inviando quello che sarebbe servito per terminare l’opera della Madonna della Grotta,  già,  ero uno dei sostenitori e organizzatori della Festività del 15 di agosto, giorno in cui si sarebbero riversati qui centinai di persone, turisti ed ex emigrati, per partecipare a quella festività di cui la storia sul ritrovamento della Madonnina in quella Grotta, risaliva al 1500.

Sta per arrivare il treno, devo muovermi e andare verso la prima carrozza, la fermata non dura a lungo e il treno deve proseguire per Terni

– Sei tu Osvaldo?

– E tu dovresti essere Vanni?

– Si, sono io.

Si sporge dal finestrino e mi consegna un pacco

– Grazie, salutami Lapo quando torni.

– Sarà fatto, buona giornata!

Il mio nome è Vanni, diminutivo di Giovanni, età 50 anni, ben portati, “sposato/separato in casa” con Luisa biologa dell’Ospedale di Arezzo, oggi dovrebbe essere il nostro anniversario di matrimonio, il ventesimo, ma ha poca importanza, sono già quindici anni che non lo festeggiamo più, dal momento della sua vincita al concorso nella Asl di Arezzo, ci vediamo solo qualche volta, quando viene a casa non dormiamo insieme ma in stanze separate,  la sua vita è ad Arezzo, la mia era dovunque in giro per il mondo per lavoro e adesso è qui.

Stiamo divorziando, dovrebbe arrivare presto la risposta definitiva!

Cosa faccio?

Dopo aver smesso di girare il mondo, rincorrendo gare e appalti per un’industria tedesca che produceva motori per auto per quindici anni, ho deciso nonostante le rimostranze della mia ex moglie/non moglie, di ristrutturare il piano terra e il seminterrato del mio casale,  aprendo  una trattoria “SoloPrimi” dove faccio il gestore, il cuoco e il cameriere.

Guadagni?

Pochi, ma quanto basta per me e pagare le fatture e gli ammennicoli vari dell’attività e del casale.

La libertà non ha prezzo!

Questo è il mio motto.

Prendo il pacco e mi avviò all’uscita, poi la noto, chi?

Una ragazza, sulla panchina fuori alla stazione, due valigie uguali, una piccola e una grande, avrà sui venticinque anni, ben vestita, una massa di capelli biondi, sta seduta tutta composta in attesa.

Cosa mi ha colpito?

Qualcosa di strano?

Guardandola di sfuggita,  sembra avere un’aria familiare e poi lo sguardo, sono passato a pochi centimetri di distanza e il suo sguardo è nel vuoto, perso!

Sto fantasticando!

Spesso mi capita, sarà di certo una turista o una persona in attesa di qualcuno, forse aspetta l’autobus, forse il fidanzato, il padre, la madre, forse…

Basta fantasticare!

Mi aspetta una giornataccia, ieri era il mio giorno di chiusura, ma oggi riapro la trattoria e non ho ancora preparato nulla, l’avrei potuto fare ieri, ma sono andato a lavorare alla Grotta dopo aver pulito e lavato i pavimenti della trattoria e tornato tardi, giusto il tempo di preparare una cena leggera e buttarmi sul letto stanco in un sonno profondo ristoratore.

L’aria esterna si sta riscaldando, non bastano i finestrini abbassati, aumentò la velocità, ecco va meglio, prima di preparare devo passare per la Grotta e lasciare i giunti che ho appena preso.

La Grotta si  trova distante quasi tre chilometri dal centro abitato, su una montagna che sovrasta la nostra valle, la strada è agevole e panoramica, tutti tornanti e poi lassù quasi in cima, la spianata, grande come un campo di calcio, da li un sentiero piuttosto largo ma impraticabile per le auto porta alla Grotta dopo cinquecento metri.

Nello spazio antistante, su un mio progetto, stanno lavorando degli operai ad una struttura sopraelevata li dove dovrà essere montato l’altare e il baldacchino per la statua della Madonnina, eccezionalmente e solo per il giorno di ferragosto viene spostata dalla sua sede a cura della Confraternita di cui faccio parte per poi ritornare a sera nella sua sede naturale, la Grotta.

Si narrano due leggende su quel luogo:

– la prima racconta che due giovani pastori, un uomo e una donna, mentre si trovavano ai loro pascoli sul monte, furono presi un giorno alla sprovvista da un furioso temporale, erano con i loro ovini e caprini, impauriti trovarono riparo con le loro bestie nella grotta. La leggenda vuole che rimasero per una settimana, in attesa che il tempo migliorasse. Nel frattempo i giovani nel consolarsi a vicenda si innamorarono ed erano prossimi a congiungersi, quando due capre in un combattimento per la sovranità sul branco, fecero crollare una parte della grotta e venne scoperta una statua alta due metri, miracolosamente intatta che aveva due simboli in mano, sulla destra una colomba e sulla sinistra un similcuore. Nel vederla, furono così colpiti che non completarono la congiunzione carnale, la tempesta terminò all’improvviso, il cielo si illuminò con un sole splendente e i due corsero al villaggio per raccontare del ritrovamento della statua. Dalla cronaca orale e poi scritta nei secoli, vengono raccontate le nascite miracolose, frutto delle preghiere di donne che si rivolgevano a Lei per concepire un figlio;

–  la seconda, invece, racconta che al tempo esisteva un uomo gigantesco che andava di villaggio in villaggio, alla ricerca delle vergini e con le maniere forti riusciva a deflorare quelle donne. Nel piccolo villaggio, solo una ragazza era in età da marito e quando seppe che l’uomo si stava dirigendo verso il villaggio, si nascose sulla grotta del monte. L’uomo riuscì con minacce e percosse a conoscere il suo rifugio e la trovò, stava per portare a termine il suo turpe desiderio dopo aver tramortito la giovane in una giornata di pioggia torrenziale, quando, un fulmine penetrò nella grotta colpendo una parte e mettendo in luce la statua. L’uomo fu colpito dalla luce e si fermò, fu talmente abbagliato dalla statua, diventò cieco e uscì urlando dalla grotta e nessuno più l’ha rivisto. Un pastore nelle vicinanze sentì le urla della giovane e corse soccorrendola e insieme portarono la notizia al villaggio della scoperta della Madonna.

Qualche secolo dopo,  facendo dei lavori di consolidamento della volta della cripta, nel spostarla si scoprì a metà agosto, una scritta in oro sotto al basamento “Madonna virgo fecunda” e da allora si festeggia con canti e balli nella giornata di Ferragosto.

Avevo studiato e progettato una struttura agile e aperta che voleva raffigurare un fulmine caduto sulla terra e i giunti mi servivano da congiunzione delle rette tubolari per completare la coreografia….

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4 Ottobre 2022 – Aurora.

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Napoli, stazione dell’alta velocità.

Il marciapiedi è semi vuoto, sto aspettando la visualizzazione sui monitor per il numero delle carrozze ed è in quel momento guardandomi intorno che la noto, poco più in la, una ragazza con due valigie, arranca sul marciapiedi, una più piccola maneggevole e l’altra più grande, a vederla sembra molto pesante, riesce comunque a trasportarle nonostante una borsa a tracolla, che gioca a fare l’altalena davanti e dietro al suo corpo, lasciandola senza fiato.

Alta, quasi come me, un metro e ottanta circa, molto magra al contrario del sottoscritto, capelli neri a caschetto, età sui venticinque anni circa, pantaloncini neri, maglia bianca, fantasmini rosa e scarpe da ginnastica dello stesso colore.

Ecco i numeri si visualizzano sui monitor, la vedo, siamo ad uno scompartimento di distanza, ma con due classi diverse, lei in prima ed io in smart, arriva il treno, tre minuti la sosta per poi ripartire, la perdo di vista un attimo, entro con il mio trolley ma mi fermo sulla soglia, l’appoggio a terra e ridiscendo, lei non c’è più, ma la valigia grande è lì, non vedo nessuno vicino, istintivamente mi avviò all’ingresso del suo vagone, guardo dentro, eccola sta trafficando con la prima valigia senza rendersi conto che il treno sta per partire

– Attenta!

Colpita, dalla mia voce, quasi urlò girandosi all’improvviso, sbilanciandosi

– Ma che succede?

Giusto il tempo per tirare il piede dentro, la porta del treno si rinchiude e tragicomicamente mi trovo spiaggiato tra i gradini di ingresso e in mano ancora stretto il valigione, portato in salvo dentro al vagone

– Non ti sei resa conto che il treno stava partendo?

Mi guarda meravigliata, gli occhialoni scuri da sole si abbassano sul nasino rivelando due occhi azzurri come il colore del mare

– No, mi dispiace! Vieni, ti aiuto.

Sbloccato finalmente da quella scomoda posizione, l’accompagno al posto nel suo scompartimento seguendola, mi guarda divertita

– Grazie.

– Di nulla, io mi chiamo Rino e tu?

– Aurora.

Non avevo voglia di andare via, l’aiutai a sistemare i bagagli, sul vano superiore

– Se dovessi aver bisogno di qualcosa, sto nell’altro scompartimento.

La vidi per un attimo smarrita, si guardò intorno, il suo vagone era semivuoto e inaspettatamente

– Perché non vieni qui?

Stavolta fui io ad essere stupito, ma l’idea mi piaceva, sorrisi

– Ora vedo se è possibile!…

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3 Ottobre 2022 – Tutta colpa di un’anatra!

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Aosta

– Dott.ssa ho una bella notizia per lei.

Il cellulare iniziò a tremare

– Quale?

Quel silenzio non finiva mai

– Allora?

Si sentì un sorriso

– Sono uscite le graduatorie del Concorso Nazionale, lei è tra le prime venti…

Lanciai un urlo, poi recuperai il cellulare volato sul divano

– E…

– Le è stato assegnato l’incarico nella sua regione, l’aspetto per la firma di accettazione nel mio ufficio.

Non riuscivo a crederci

– Grazie Direttore, ci vediamo in ufficio.

Questo era successo una settimana prima, ora mi trovo sull’autostrada per Reggio Calabria, finalmente ritorno nella mia regione, dopo una gavetta durata dieci anni, tra le montagne della Valle d’Aosta e Trentino.

In ufficio fu prima festa grande per me, non avevo mai nascosto il mio desiderio di tornare a casa, poi venne il momento commovente ed emozionante degli addii, non so quanto ho pianto, volevo essere forte, ma alla fine, crollai.

Tutti, si erano affezionati a me e tutti mi diedero una mano a svuotare la mia villetta, con me avevo solo una valigia e un trolley, il resto era stato già inviato presso uno spedizioniere a Ragusa in attesa del mio arrivo tre giorni prima, un mio cugino Alfio mi avvertì che tutto era stato trasferito in un locale della ditta.

Gradualmente scendendo per l’autostrada mi liberai dei vestiti pesanti, eravamo in primavera e quando arrivai a Reggio Calabria, per imbarcarmi sul traghetto per Messina, avevo un vestito leggero a maniche corte con solo un foulard al collo, quello di mia madre, finalmente sentivo il caldo dopo per anni aver sofferto il freddo, per un’anima mediterranea come me, avevo sofferto tanto, ma mai, dico mai, avevo abbandonata l’idea di ritornare nella mia Sicilia.

Appena laureata, per un moto di ribellione verso la mia famiglia, partecipai ad un concorso, avevo 23 anni e non sopportavo l’idea che mio padre si risposasse dopo la morte di mia madre avvenuta solo due anni prima, non era un astio nei confronti di quella donna, ma, avrei desiderato che mio padre non avesse fatto una cosa così affrettata, non mi ero ancora ripresa da allora e i nostri contatti furono irrimediabilmente troncati, non avevo più nessun padre mi ripetevo e alla fine mi convinse che così fosse, onestamente lui cercò in tutti i modi di riallacciare il rapporto, più di una volta, nonostante il suo carattere  e la sua indole, venne a trovarmi, ma furono momenti di imbarazzo totale, il tempo di un caffè insieme e nulla più.

Eravamo simili, troppo simili e distanti!

Al contrario i parenti di mia madre, erano costantemente al corrente di quello che facevo, in particolare una sorella di mia madre non mi lasciò mai da sola, per diverse stagioni estive venne in montagna a farmi compagnia, accampò la scusa che i medici le avevano prescritto aria di montagna, per una sua malattia, non ho mai saputo di quale malattia e non l’ho mai chiesto, sapevo era tutta una scusa per stare con me e tanto mi bastava.

Fu proprio a farmi arrivare la notizia del primo concorso e fu sempre lei che mi esortò a partecipare, dieci anni non sono pochi e quasi mi stavo abituando a quello stile di vita, è vero, non sopportavo tante cose, ma tutto passava in secondo ordine, quando vedevo che il mio lavoro era gratificato.

Amavo il mio lavoro e tutti mi chiamavano Dott.ssa Emy, per loro era difficile accettare il mio nome, Emilia, quindi lo troncavano per fare prima.

Si mi chiamavo Emilia, come la mia nonna materna, mio padre mal sopportava sua madre, l’accusava di aver fatto delle preferenze nei confronti dei fratelli a suo discapito e quindi quando venne il momento, disse a mia madre di scegliere lei il mio nome e lei dopo aver tentato inutilmente di convincerlo che non era giusto nei confronti della suocera, restò irremovibile sulla sua decisione e lei volle donarmi il nome di mia nonna….

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1 Ottobre 2022 – Tre chicchi d’uva!

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Febbraio – Carnevale

Che festa fantastica, non avrei voluto partecipare, ma non potevo far un torto ad una mia cara amica Duna, una villa stupenda sul mare di Posillipo, una terrazza per innamorati e tanta allegria, fiumi di spumate, stavamo festeggiando la proposta di matrimonio di Alberto, l’aveva chiesta in sposa e lei aveva accettato, quando seppe che stavo all’aeroporto d Los Angeles

– Lo devi fare per me, appena arrivi a Roma, chiamami,

E così feci e all’aeroporto di Napoli, trovai l’auto di famiglia che mi aspettava per condurmi alla festa, eccola

– Ti stai divertendo?

Ero stanco morto, ma cercai di fare un sorriso

– Certo!

E nemmeno il tempo di rispondere, ecco Alberto con il trenino e la musica a tutto volume

– Vieni poltrone.

Mi agguantò per il torace e fui a capo del trenino, scendemmo lungo lo scalone d’ingresso, giuro, se avessi avuto la possibilità, sarei scappato in quel momento, ma niente da fare, Duna si mise davanti a me

– Saliamo sopra!

E vai, ancora una volta, le scale, le ginocchia non mi mantenevano, a metà scala, il papa di Alberto, Ilvo

– Ti do il cambio!

L’avrei abbracciato, se avessi avuto le forze, ma volentieri lasciai la presa di Duna e lui mi sostituì, come Dio volle, mi nascosi in una nicchia in mezzo alle scale e mi feci piccolo, piccolo, per non farmi notare.

Erano pazzi, si, di gioia e innamorati!

Chi l’avrebbe mai detto!

Solo due mesi fa, erano dei perfetti sconosciuti, Duna era stata mandata dalla sua azienda ad affiancarmi, per perfezionare un trasferimento di una partita di vino dell’area vesuviana per i paesi dell’est, avevano fatto una ricerca di mercato e per loro la nostra azienda di import ed export era la più affidabile, mi arrivò un fax per avvertirmi del suo arrivo, era un affare da migliaia di euro e non potevo far finta di nulla, quando Ivano il mio segretario mi avvertì che aveva telefonato dall’aeroporto e mi stava aspettando me ne ero completamente dimenticato, stavo pianificando il mio giro di clienti in Inghilterra e poi negli Stati Uniti e mi ero completamente tolto dalla testa il suo arrivo

– Cavolo e tu che gli hai detto?

Sorpreso

– Sta arrivando!

E ora?…

…segue…

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30 Settembre 2022 – Una seconda opportunità.

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Erano le quattro e mezza del mattino e a quell’ora le strade erano deserte, il vento soffiava forte e la temperatura era intorno ai due gradi, ma noi tre, liberi dal lavoro, eravamo spensierati e tra una battuta e un’altra mi accompagnavano a casa perche ero il più giovane del gruppo, poi loro due raggiungevano le loro abitazioni poco distanti dalla mia.

Eravamo tre amici inseparabili e avevamo solo due passioni all’epoca, la musica e la cucina!

Mi chiamo Rino e i miei due amici Dino e Ludo, già Ludo, nome criptico, un dono dei suoi genitori, convinti della nascita di una femminuccia per tutta la durata della gravidanza avevano illusa la nonna paterna promettendo la continuità del suo nome, Ludovica, quindi quando tra lo stupore di tutti, nacque un bel maschietto, per non deluderla lo vollero chiamare Ludo, un nome da lui mai accettato e lo marchiò per tutta la vita.

Ci eravamo esibiti in un pub, Dino era compositore, voce solista e suonava la chitarra, Ludo si alternava al basso e al pianoforte ed infine io ero il batterista e alle volte sassofonista, suonavamo canzoni degli anni ’70/80, arrangiate a modo nostro.

Durante la settimana studiavamo e la sera lavoravamo in un ristorante, io e Ludo come lavapiatti e Dino invece alle fritture, ci pagavano a giornate e con quella paghetta io e Dino riuscivamo a comprarci qualcosa di vestiario, Ludo non ne aveva bisogno, ma volentieri, incurante delle discussioni con la sua famiglia ci accompagnava, all’epoca io ero sedicenne, mentre Ludo era diciottenne e Dino ventenne.

Il nostro momento fortunato capitò un sabato sera e non ne eravamo a conoscenza ma tra il pubblico era presente una persona in cerca di talenti e il giorno successivo, lo ricordo molto bene, come se fosse oggi, Dino mi chiamò al telefono

– Rino, ti passiamo a prendere tra poco!

Ancora assonnato, guardai la sveglia sul comodino, erano le dieci del mattino

– Per cosa?

– Dobbiamo andare al locale, vogliono farci un provino, passo al garage di Ludo, prendo la nostra attrezzatura e ti passiamo a prendere tra un’ora, vestiti!

Ero meravigliato, un provino? A noi?

Non mi diede nemmeno il tempo di rispondere riattaccò, e io?

Ancora assonnato corsi come una meteora in bagno, mio padre notò tutto dalla cucina

– Ma dove vai a quest’ora?

Non risposi, il tempo di farmi una doccia, vestirmi, raccontare della telefonata a mio padre…

…suonò il campanello, erano loro!

E questo fu l’inizio della fine!…

29 Settembre 2022 – Una vita a metà.

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(Anteprima di lettura di tre pagine su settantacinque pagine)

Il treno correva veloce, vedevo scorrere le immagini senza che riuscissi a focalizzarle, i miei pensieri erano altrove ed anch’io correvo veloce con i miei pensieri!

Per distrarmi sfogliavo un giornale del mattino e sorridevo, c’era un titolo a carattere cubitali nella pagina dedicata alla cultura e arte:

“Il Falco è scomparso!”

poi su due colonne, veniva raccontata parte della vita del Falco, la sua scoperta e il suo successo e sempre la stessa domanda

“Chi era il Falco?”

Già!

Chiusi gli occhi e come in un film iniziarono a passare le immagini di quello che era realmente successo nei miei primi trent’anni della mia vita, fotogrammi di attimi vissuti intensamente e pieni di contrasti.

Amavo l’odore dei colori e fin da piccolo disegnavo tutto quello che mi colpiva realmente imbrattando quello che potevo per la disperazione di mia madre, dalle pareti domestiche alle tovaglie della tavola.

Già, mia madre…

… sopportava tutto quello che facevo e nonostante la perdita precoce del marito, con solo le sue forze, riuscì ad inculcarmi i valori reali della vita, l’amore per la bellezza e il giusto rispetto per i soldi, era fiera dei miei progressi a scuola, ma nonostante ciò, quando terminai il liceo classico e le dissi che volevo iscrivermi all’Accademia delle Belle Arti, si rifiutò di ascoltarmi.

E così mi ritrovai iscritto alla Laurea di Giurisprudenza!

Otto anni sono passati dal giorno della mia laurea, ricordo ancora oggi quel giorno…

– Signore biglietto.

E l’incanto svanì all’improvviso!

Mi risvegliai e persi i ricordi di allora, avevo la fronte madida si goccioline che scendevano silenziose.

Ma cosa stavo facendo?

Ero a Milano solo pochi giorni prima, si stava inaugurando una Mostra dei miei quadri, c’era tanta bella gente e io mi crogiolavo nell’ascoltare i loro commenti.

28 Settembre 2022 – Tato – Sotto lo stesso tetto, ma non a letto.

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Tato era il mio diminutivo, mia sorella me l’aveva affibbiato, era più piccola di me di cinque anni, non sapeva parlare, allora per chiamarmi, mi indicava con la manina e poi …Tato!

E dopo, anche in età adulta, invece di chiamarmi con il vero nome Antonio o con un diminutivo Nino, ero sempre per lei e per tutta la famiglia Tato e basta.

Non siamo stati molto fortunati, la nostra famiglia non navigava in buone acque, solo papà lavorava e mamma era casalinga, lui era quasi sempre lontano in viaggio e quindi abbiamo subito, si, subito, nostra madre, le sue ansie, le sue paure erano il miscuglio dei nostri caratteri.

Ancora oggi, il ricordo va a quell’estate, quando fui allontanato da casa, per il parto di mia madre e già all’epoca si partoriva in casa, non in ospedale o in una comoda clinica a pagamento, quindi fu l’occasione per inviarmi dai nonni, quando tornai dopo circa un mese, trovai questo fagotto che urlava e strepitava, faceva i suoi bisogni in continuazione, ma mai, mi fu data l’opportunità di familiarizzare, ero troppo piccolo dicevano e non si fidava di lasciarmela tenere in braccio da solo.

Passarono gli anni e tra noi nacque un tacito accordo, la lasciavo giocare con i miei trenini, ma sempre e solo quando ero presente, più d’una volta la trovai di nascosto con qualche autotreno giocattolo o altro, non amava molto le sue bambole, voleva imitarmi e io facevo finta di nulla.

Passarono gli anni, io alle medie e lei alle elementari, poi finito il ciclo dovevo passare alle superiori, avrei voluto fare il liceo classico, ma le condizioni economiche della famiglia non lo permettevano, dovevo fare qualcosa che mi avrebbe dato l’opportunità dopo cinque anni di lavorare e quindi fui iscritto contro la mia volontà ad un istituto tecnico, aspirazioni zero, non era adatta a me quella scuola, ma non avevo la possibilità di scegliere.

Lei iniziò le medie, poi il magistrale e io finalmente arrivai al diploma, e qui ci fu la svolta delle nostre vite, tragicamente, non avevamo un auto, mio padre per andare a trovare i suoi genitori utilizzava una macchina in affitto, si faceva trovare alla stazione per portarlo al paesello, quella volta complice un brutto raffreddore di mia sorella Evi, tra le nostre rimostranze, decisero di andare da soli, il guidatore prese una scivolata sul ghiaccio e i tre finirono in una scarpata molto profonda, persero la vita tutti.

E ci ritrovammo orfani, accolti a casa della nonna materna, donna energica e poco incline ai rapporti con due nipoti adolescenti, avevo intenzione di continuare a studiare, oramai con la maggiore età avrei potuto scegliere finalmente il mio corso di studi, ma nemmeno allora fu possibile, mia nonna era anziana, la sua pensione non bastava e quindi iniziai a lavorare, ovviamente in nero, nessuno ci diede una mano, lavoravo presso un cantiere edile, dove facevo di tutto, per la preparazione e la messa in opera dell’impianto elettrico degli appartamenti.

Non venivo pagato molto, ma alla fine della settimana consegnavo i soldi che mi venivano dati a mia nonna e lei provvedeva per il mangiare, il vestire e per lo studio di Evi e del sottoscritto.

Gli altri nonni erano ancora più indigenti e solo una volta all’anno, in prossimità del Natale, riuscivo ad organizzarmi per andarli a trovare, per il resto dei mesi, scrivevo delle lettere senza mai risposta, un loro vicino gliele leggevano, non sapevano ne scrivere, ne leggere.

Evi prima del diploma, iniziò ad avere dei dolori diffusi per tutto il corpo, era una donna oramai, non potendo scegliere si confidava con me, decisi che non poteva soffrire così e nonostante le proteste della nonna, la ricoverai nell’ospedale più vicino per delle indagini sul suo stato di salute, sei mesi durò, era affetta da una malattia incurabile e alla fine… mi ritrovai solo!

L’ultimo ricordo che ho di lei, fu il giorno della sua morte, ero nello stanzone dove era ricoverata

– Tato mi prometti una cosa?

Cercavo di non guardarla, stavo piangendo, mi feci forza

– Segui i tuoi sogni, me lo prometti?

Non volevo risponderle, avrei fatto di tutto per non vederla in quelle condizioni, ma lei imperterrita

– Me lo prometti Tato?

Feci cenno di si con la testa

– Non mi basta, devi dirmelo

Piangendo

– Si, te lo prometto!

E spirò!

Il dolore della sua perdita si impadronì di me, non riuscivo a connettere, ne a pensare, passai dei mesi totalmente assente, ma avevo promesso e ogni volta che mi recavo al cimitero, non potevo non pensare a quello.

Un pomeriggio d’estate mi ritrovai nei pressi di un fiume, l’acqua era alta e rumorosa, stavo accarezzando l’idea di lasciarmi andare, sarebbe stato tutto più semplice, ero tormentato e tentato, passai la notte sul riva, la mattina il sonno mi colse e fu liberatorio, sognai:

“Ero in una valle, vicino ad un fiume: “Signore, signore” dobbiamo andare, mi girai verso la voce e sorrisi alla bimba che avevo in braccio, due fari neri i suoi occhi mi stavano guardando e con la manina cercava di raggiungere la barba, poteva avere un anno o quasi, aveva sentito l’altra voce e cercava di girarsi, ma il sonno era più forte, mi sorrise e si abbandonò con gli occhi chiusi, con l’altra mano con l’indice sul mio naso feci segno a quella persona di non continuare, stavo ammirando un Angelo, il mio “Amore la prendo io”, due braccia si allungarono, non volevo lasciarla, vidi solo le braccia, una voglia di cioccolato sul braccio destro, le due mani a forma di conca e depositai il mio bene, alzai gli occhi per vederla.”

Mi svegliai!

Avevo freddo, si la tentazione era ancora forte, ma il sogno mi aveva distratto, inaspettatamente si alzò un venticello, un foglio di giornale volò per l’aria, chissà da dove proveniva, impattò le mie gambe, quel tocco inaspettato fu la mia fortuna, lessi il titolo, “Arruolamento volontario…”, la promessa, il sogno, il giornale.

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Erano gli anni ’70 “Peace and Love”, tutti o quasi tutti i giovani, si sentivano impegnati in questa missione, c’erano due fronti giovanili nettamente distinti, quello violento e i non violenti, Dina faceva parte del primo fronte, laureata giovanissima, senza genitori, aveva deciso di operare la sua missione d’amore in Africa, era specializzata in medicina d’urgenza, chiese e ottenne di entrare a far parte di un’organizzazione umanitaria che seguiva i conflitti nel Corno d’Africa.

Non aveva orari, erano tre medici, pochi paramedici e una folla di persone da accudire, nonostante la sua giovane età, aveva visto di tutto, la notte aveva gli incubi, spesso non riusciva a dimenticare, quei volti, i loro corpi straziati e la loro fine certa la morte, poi aveva un segreto che la sconvolgeva ogni notte.

Venne chiamata dal primario, corse già vestita

– Dove devo andare?

Il primario, non rispose, si alzò e gentilmente l’accompagnò ad una sedia da campo vicino alla scrivania

– Non devi andare da nessuna parte!

Stupita

– Ma allora, perché mi avete fatta chiamare, ho dei pazienti a cui devo fare la terapia?

27 Settembre 2022 – Tesla.

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Dati anagrafici:

Nome Lino, Età 40 anni compiuti da poco,Celibe,Lavoro – Investigatore, Città – Napoli. Bello vero, mica tanto!

Dopo aver avuto un’esperienza in campo lavorativo per dieci anni in una multinazionale, una mattina ti svegli e sei disoccupato!

Smarrimento, farmaci, depressione e chi più ne ha più ne metta, 11 anni di convivenza, stessa modalità, stesso destino, neanche un biglietto, neanche a guardarsi negli occhi ed essere sincera, un sms sul cellulare, il giorno del mio licenziamento “Non ce la faccio più, vado via, parto con un amico in Australia. Addio”.

Ma si può essere così aridi, non dico che la nostra relazione fosse tutta rose e fiori, stavamo bene insieme, almeno credevo, più volte le avevo chiesto di regolarizzare la nostra posizione, e lei niente, “Stiamo bene così!”, figli? Nemmeno a parlarne, dovevamo rifuggire tutte le occasioni che si presentavano, con i nostri amici, che nel frattempo, avevano prolificato.

Avevo accettato tutto, per lei, e ora? Uno sms e si chiude la partita!

Dopo la fase di analisi, coadiuvato da un amico psicologo, durata 24 mesi, alla fine ho concluso, che era una stronza, una grande stronza!

Ed io… un coglione!

Ed eccomi qui, fresco di diploma.

E già a quaranta anni!

Non avendo altre  possibilità nel mio campo lavorativo, oramai sempre più tecnologico dove internet fa il lavoro di dieci uomini o donne in strada a vendere, incontrai per caso alla villa comunale, una domenica, un mio compagno di scuola Pietro. Non mi aveva riconosciuto, lo chiamai io, ci sedemmo su una panchina e dopo cinque minuti, il tempo di raccontare la sua vita, mi interroga sulla mia.

Dopo trenta secondi, avevo finito, tra lo sbalordimento e tre mosche che erano entrate per esplorare la sua bocca, per poi uscirne senza che se ne accorgesse, era solo per stupore, le sue prime parole, anzi la sua unica parola, “Cazzo!” e terminò la conversazione. Seguì un imbarazzante silenzio, che durò diversi minuti, mi offri una sigaretta e accettai di accenderla, poi “Devi rifarti una vita”, lo guardai senza rispondere “Sei stato sempre il più studioso e curioso della nostra classe, tutti, ma proprio tutti, ti avevano come  “confessore”, uomini e donne, perché sapevano che quello che ti rivelavano era come se fosse chiuso in una cassaforte, la tua!”, lo ascoltavo e non capivo, ma mi nascondevo dietro la nuvola del fumo della sigaretta.

– Ascolta, io lavoro da tempo per un’agenzia interinale, l’altro giorno è venuta una nostra cliente a portarci dei volantini, ha un’agenzia investigativa e sta promuovendo un corso, il primo nella Regione Campania.

– E io che c’entro?

– Devi muoverti,  cambiare, scrollarti la negatività che hai addosso, si vede da lontano che sei uno straccio, che ti costa? Vacci a parlare, dammi in tuo numero di cellulare che quando vado a casa ti invio tutto tramite sms, l’indirizzo e il numero telefonico.

Lo feci contento, ma giusto per non farlo dispiacere, ci salutammo e rimasi su quella panchina.

Mi guardavo intorno, famiglie con bambini, nonni con nipoti, badanti con anziani, l’immancabile uomo dei palloncini, le urla di un neonato, nulla mi dava fastidio!

Ero solo immerso nei miei pensieri, nel pomeriggio, Pietro mi inviò quello che avevo promesso, ringraziai e… me ne dimenticai!

Era passata una settimana, la mia giornata era divisa in questo modo, la mattina all’ufficio di collocamento, due fette di pane in cassetta con una sottiletta, era il mio pranzo, poi letto e televisione, televisione e letto. Nel fare lo zapping tra i canali, mi capitò di vedere una pubblicità con una bella signora che invogliava le persone ad iscriversi al primo corso per informatore commerciale.

Fu un lampo, mi ricordai tutto, l’incontro con Pietro e il resto, presi il cellulare e chiamai!