Quinto capitolo
da pag.41 a pag,50
…”…
La domanda era rivolta a me, mi vergognavo di rispondere, ma dissi una semi bugia:
– Una settimana!
Antonio, che in quel momento era arrivato:
– Una settimana? Sul serio?
– Si – disse Rodolfo – è vero!
Sofia si fece attentissima, aveva la faccia sbigottita:
– Mi sembrate così affiatati, vi ho visto prima, mano nella mano, che parlavate fitto, fitto.
Ora vuoi sapere troppo, e che cavolo! Ma sorrisi:
– Stavamo litigando.
– No, non è possibile – poi rivolta al marito – guarda e impara come si litiga!
Antonio, non sapeva che dire, aveva attaccato la polenta e fece il gesto di essere impedito a rispondere.
– Stavamo discutendo, non litigando, siamo due persone che cercano di conoscersi.
E mi prese la mano. Mi sto sciogliendo, accidenti! Perchè fai così?
Sofia:
– Non ti credo!
– Come non mi credi?
– Lascia stare!Tutto questo è irreale, cioè tu non sai chi è lei e Sara non sa chi sei?
Rodolfo:
– Esatto!
Dovevo interrompere, con questa discussione, andavamo a finire male:
– Come chiamerete il bambino?
C’ero riuscita, Sofia si illuminò:
– Ancora non abbiamo deciso, anche se io ho un’idea.
Antonio si fece attento:
– Beh dilla amore mio, così anch’io ne verrò a conoscenza.
– No.
– Come no.
Un poco alterata:
– Scusatemi vado un attimo in bagno.
E si alzò.
Antonio la segui, si era preoccupato, rimanemmo soli.
Rodolfo
– Ho detto la verità, non so chi sei, ma nemmeno tu.
Lo guardai negli occhi:
– Ha importanza?
Per la prima volta distolse lo sguardo, si concentrò sul piatto:
– Hai ragione!
Mentiva, stava mentendo!
– Vado a vedere perché non tornano.
Mi meravigliai, ma lui scomparve e riapparve Antonio:
– E’ vero quello che ha detto Rodolfo?
Non volevo rispondere:
– Come sta Sofia?
– Meglio, ha avuto un accenno di nausea, sta fuori con Rodolfo adesso, ha detto che torna subito. Sai perché te lo chiedo, perché mi pare impossibile che ti abbia portato qui.
Non molla! E tipico del maschio italiano fare leva sulla curiosità femminile, e ci era riuscito, feci la faccia interrogativa, ma non continuò.
Tornarono gli altri, Sofia era più serena:
– Ti piace questa polenta Sara?
– Si è buona, è diversa da quella solita che ho assaggiato.
– La ricetta è di Rodolfo
Era Antonio
– Come?
– Si Sara, confermo.
Guardai Rodolfo che faceva finta di mangiare:
– Allora?
Lui pacatamente:
– Ha importanza?
E si era tolto il sassolino dalla tasca, tosto eh! Mi alzai di botto, presi il giubbino e mi avviai fuori.
Mi veniva da piangere, ma si può sapere che cosa sto facendo? Non lo so nemmeno io. Sono solo una stupida!
Si, sono attratta da lui, sto bene, almeno fino ad ora, ma questi silenzi, queste battute mi fanno male. E’ vero lui non ha colpe, eravamo venuti a fare una gita, e io che avevo fatto? Mi sono comportata come una bambina capricciosa a cui hanno tolto il giocattolo e non potendo riaverlo, alza e se ne va!
Scema, più che scema! E chi rientra!
Eccolo!
– Scusami!
Era sincero stavolta.
– Ho sbagliato io! E’ vero non ci conosciamo, ma non posso continuare così!
Mi prese tutte e due le mani:
– Tre anni fa, successe un incidente qui in montagna, tre alpinisti esperti che erano andati in quota la mattina, scivolarono su un lastrone di ghiaccio e uno, anzi una donna che stava con loro, perse la vita, quella donna era mia madre…
Accidenti!
– Mi dispiace
Non sapevo che dire, quella notizia mi aveva scioccato! Volevo svincolare almeno una mano, per accarezzarlo, ma non me lo fece fare.
– …gli altri due si salvarono ed erano Antonio e Sofia
Azz!!
– erano in cordata, Sofia si fratturò le braccia e Antonio le gambe, ma si salvarono. Sarei dovuto andare anch’io, ma quel giorno avevo un gruppo, dovevo stare in cucina per loro, stavo già pregustando il piacere di stare con la mia famiglia a tavola, quando Andrea, il medico della valle, venne al locale ad avvertirmi.
Oh! Ecco perché era stato così freddo!
Parlava, ma si vedeva che lo faceva sotto sforzo, erano ricordi che facevano male anche a parlarne a distanza di anni, svincolai la mano con forza e lo accarezzai sul viso, sentii le lacrime.
– Basta, non ti fare male, non voglio!
Ma lui fermo, continuò:
– No, mi devi ascoltare, nessuno ha colpa di quello che è successo, potevano morire tutti e tre o salvarsi, è stato il destino, aveva deciso così, ma non potevo più rimanere e me ne andai e da allora non sono più tornato, neanche quando mio padre mi ha pregato di essere accompagnato al cimitero, è venuto da solo.
Non ce la facevo, eh no, ora piangevo pure io!
– Si sono, anzi ero, un cuoco, era la mia passione, smisi di cucinare e studiai altro, lasciai la gestione ad Antonio qui con Sofia due ottimi cuochi e iniziai a lavorare in Borsa con i clienti della Banca di mio padre.
Dopo questa battuta, abbassò la testa sulle mie gambe e io gli accarezzavo i capelli, in silenzio, volevo dirgli qualcosa che lo alleviasse il dolore, ma tutte le cose che passavano per la testa, le bocciavo come parole vuote e inutili, poi:
– Quella sera, una settimana fa, venni in quel pub da solo, ero stanco, stavo meditando qualcosa di brutto…
fece una pausa
– …poi ti vidi al tavolo con le tue amiche, avevi una risata contagiosa, ti osservavo ma tu non mi vedevi. Eri allegra, anche se a tratti diventavi seriosa arricciando quel nasino
Io? Ma quando mai!
– …ti sfrenasti, ti alternavi dal tavolo alla pista, con le tue amiche, più di uno venne per invitarvi, ma tu volevi stare da sola, poi capitò che inciampasti e stavi per cadere, ero nelle vicinanze apposta per farmi notare e ti presi in braccio per non farti cadere.
Ma dove ero io! Cretina!
Mi fece sorridere questa cosa e se ne accorse, ora era rivolto con il viso verso di me:
– L’hai fatto apposta allora?
– Cosa?
– A farmi cadere!
– Io, ma se hai fatto tutto tu!
Sorridemmo entrambi… (se avesse saputo!!):
– Quella sera ti ho fatto una corte serrata, ma niente, poi non so se perché eri brilla…
Gli misi una mano sulla bocca:
– Io!
– … o perché mi avevi finalmente visto e ascoltato, mi desti quel foglietto.
Ecco fatto!
Le mie barriere stanno vacillando, siamo troppo vicini e poi quel ricordo così doloroso, quella confessione così sincera, mi avevano fatto girare la testa e non volendo mi ero abbassata un poco verso di lui, stavo per baciarlo! Giuro, non l’ho fatto apposta!
Ma non era il momento, eh no!
Che cavolo!
Alzai la testa violentemente, forse troppo in fretta, sentii un dolore e poi fu tutto buio.
Che mal di testa!
Ma dove sono, questa non è la mia camera da letto, era bella, ordinata con un lettino singolo, ma non era casa mia!
Perché sto con la pancia sotto, non l’ho mai sopportato, ora mi giro, no troppo faticoso, ma la testa non vuole funzionare ne a destra ne a sinistra, ma dove sono?
Chiudo e apro gli occhi, prima vedevo appannato, c’è un comodino in noce, con uno strano pupazzo che va su e giù, la luce è accesa, un piccolo paralume, quelli che servono per leggere la sera, senza dare fastidio a nessuno, guardo in basso, vedo la coperta, tasto con le mani, è soffice e calda.
Capperi, ma sono spogliata, vedo il reggiseno, quello che ho acquistato da poco, mi è costato un occhio, ma chi mi ha spogliata?
Ma, prima di tutto, dove sono?
Ho la testa confusa, faccio uno sforzo, cerco di girarmi dall’altra parte e chi è questa?
Vedo un’ombra indistinta, poi vedo meglio, mi pare di conoscerla, ma dove l’ho vista, mi sembra assopita, cerco di urlare, ma non ci riesco, ora provo con il braccio, lo caccio da sotto la coperta, brrr che freddo, lo rimetto dentro.
Faccio la tosse, ecco si è animata:
– Andrea, Andrea, si è svegliata.
E chi è Andrea?
Ma dove sono, in una gabbia di matti, e poi sono spogliata.
Azz!!
Vedo una persona che si avvicina:
– Come ti senti?
Non riesco a rispondere, faccio con la mano un gesto sotto le coperte.
Ma che fa? Mi scopre?
– Allora?
Un’altra persona e chi è?
– Adriana, non riesce ancora a parlare, ora le misuro la pressione, avverti Sofia.
La pressione?
Stai fresco, l’ho avuta sempre sotto terra, ma che sta facendo mi scopre, ho freddo!
– Stai tranquilla Sara, ti copro io.
Finalmente una voce femminile, ma chi è?
Una persona si accoccola all’altezza della testa:
– Sono Sofia, non ricordi?
– Era meglio portarla in ospedale, ma Rodolfo non ha voluto.
Inizio a ricordare, Rodolfo, Sofia, sono in montagna, ma che fai Sofia aspetti un bimbo, non stare così a terra, poi chi alza?
Riesco a muovere la testa per un si.
– Sofia, ma sei pazza? Vieni che ti alzo.
Questa voce, la sua voce, sparisce Sofia e appare Rodolfo:
– Sara mi senti?
Stessa risposta con la testa:
– Sia lodato il Signore, non preoccuparti, sei al rifugio, c’è Andrea il medico.
Ecco chi era! Andrea!
Vorrei parlare ma non mi esce la voce.
– Hai dato una testata, ti ricordi?
Faccio con la testa segno di no.
– Ma mi riconosci?
Riesco a fare un sorriso:
– Andrea mi riconosce.
– Già è un buon segno, testardo che non sei altro.
Perché lo chiama così, che gli ha fatto?
Ma che sta facendo, sento che mi sta scoprendo le gambe, non ti permettere! Davanti a tutti, che vergogna!
– Vado fuori.
– E’ meglio.
Puntura, ecco che sta facendo, un’iniezione, pizzicotto e fatta! Mi ricopre.
– Rodolfo puoi entrare.
– Allora, come va la pressione?
– Non va bene, si è alzata troppo, di certo è perché si è svegliata e non ha capito che cosa le sta succedendo, ora le ho fatto una piccola dose di sedativo, tra poco si addormenterà.
A me? La pressione alta? Ma che dice questo? Poi la siringa, il calmante, ma io lo denuncio!
Mi devo alzare, devo urlare, faccio leva sulle braccia, mi alzo di cinque centimetri e stramazzo sul letto.
– Sara, calmati, ora ti spiego, prima che ti addormenti, così forse ti calmi
Faccio si con la testa
– Hai dato una testata, eravamo fuori in veranda, io e te, all’improvviso hai alzato la testa e sei sbattuta violentemente su un portafiori in legno sotto la finestra, sei svenuta, abbiamo chiamato Andrea, voleva portarti in ospedale, io non ho voluto…
Iniziavo a non sentirlo quasi
– …ti ha dovuto mettere dei punti dietro alla testa, per questo stai sdraiata con la pancia sotto, almeno fino a…
E amen!
Che bel parco pieno di fiori, quanti colori e profumo, ci sono dei bimbi, giocano, “mamma, mamma Fumo ha trovato una cosa” mamma? ma mica sono io, “dove amore” e chi è questa non vedo il viso, certo è magra, “Giulia non correre che cadi”. Giulia? E da dove esce questo nome, “mamma devo fare la pipì” un’altra bimba, “mi scappa” – “aspetta Gemma arrivo” Gemma, ma è il nome di mia madre, “ecco fatto, andiamo da tua sorella Fumo ha trovato una cosa” – “si andiamo, mi dai la mano”- “eccomi”, due sorelle, Giulia e Gemma, – “mamma è un fungo”- “non toccarlo Giulia potrebbe essere velenoso” – “no mamma c’è Abramo che ha detto che è commestibile”, Abramo ma dove l’ho sentito questo nome, “mamma Gemma lo sta toccando” – “Gemma ascolta tua sorella maggiore” – “ma mamma è troppo bello” – “fai quello che ti ha detto” – “si mamma”- “sta arrivando papà, lo facciamo vedere a lui”- “papà, papà”- dov’è non lo vedo, dov’è.
– Sara che c’è?
Apro gli occhi, è mattina, la luce è spenta:
– Sara, che c’è?
Ma è Rodolfo, giro la testa, ha i capelli arruffati tipico di uno che ha dormito male, sta su una poltroncina e ora sta vicino a me:
– Nulla, nulla
– Come nulla, stavi gridando che mi sono svegliato
Io? Stavo gridando?
– No
– Si, dicevi dov’è, dov’è.
Non mi ricordavo nulla:
– Forse dove sono, dove sono.
– Sei al rifugio nel mio lettino, ovvero, quello che usavo quando stavo qui sopra, comunque non ha importanza, adesso chiamo Andrea per farti visitare, finalmente parli, mi stavo preoccupando
Era sincero, ma non potetti fare a meno di sorridere:…”…
Buona lettura…
a domani!
Araldo Gennaro Caparco
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