Giovedì 9 Marzo 2023 – Un Sogno per una…settimana! -La finzione diventa realtà. – Quarto capitolo

Giovedì 9 Marzo 2023 – Un Sogno per una…settimana! -La finzione diventa realtà. – Quarto capitolo

Quarto capitolo

da pag.31 a pag,40

…”…

La ringraziai con gli occhi e iniziammo il sentiero.

Signorino?  Ma chi era?  E loro chi erano?

Stavamo salendo in silenzio, ci aiutavamo con dei bastoni che aveva portato, lo scenario era da favola, ogni angolo era una scoperta di colori e di odori, strano, stavo tranquilla!

– A cosa stai pensando?

E ora che gli rispondo?

– Che il posto mi piace

– e…

– mi piace la natura

– e…

– chi sono quei due? Perché ti hanno chiamato signorino?

– Ecco, adesso stai dicendo la verità!

Mi aveva sorpresa!

– Vieni facciamo una pausa.

Ci sedemmo su una panchina:

– Allora quei due sono persone che mi conoscono da piccolo, spesso sono stato con loro in estate e da allora mi hanno sempre chiamato così e continuano a farlo.

Mi fissava negli occhi, non staccava un attimo:

– E ora rispondo alla tua domanda, ci siamo incontrati al pub, era il tuo compleanno, stavi sfrenandoti sulla pista, quando hai messo un piede in fallo e ti ho preso al volo per evitare che cadessi a terra. Dopo che mi hai ringraziato mi hai portato sulla pista da ballo e li ci siamo presentati, eri su di giri, ti avevo già notato, abbiamo continuato la serata insieme, poi quando mi sono offerto di accompagnarti, hai detto no, no per stasera!

Ed è  stato allora, che dietro alle mie insistenze per vederti ancora,  mi hai dato appuntamento per il sabato successivo all’uscita del lavoro, mi hai scritto su un foglietto -prese dal portafoglio un foglietto – il tuo numero di cellulare, l’indirizzo del lavoro e di casa, e sei sparita!

Azz!!

Non mi ricordavo nulla!

– Non mi ricordo nulla

– Ora mi credi?

Ma sono proprio rimbambita? Tenevo il foglietto per le mani e lo guardavo inebetita! Era la mia scrittura e lui aveva detto la verità, ed io mi sentivo una stronza!

– E tu?

Mi ero alzata, non sapevo cosa fare.

– Ho aspettato il sabato e sono venuto.

Che bella figura di merda!

– Scusami!

Era l’unica cosa che potevo dirgli, stava in attesa che aggiungessi qualcosa, ma per fortuna scesero due persone dal sentiero:

Ci avevano superato, salutandoci, ma poi l’uomo si fermò:

– Rodolfo ma sei tu?

Questo lo svegliò e distolse il suo sguardo che era fisso su di me, vide la persona e si illuminò:

– Andrea

E si abbracciarono:

– Allora, finalmente sei venuto, come stai?

Lui non rispose, mi prese per mano:

– Lei è Sara una mia amica, siamo venuti per pranzare al rifugio.

La signora:

– Ciao, io sono Adriana e lui è Andrea mio marito

– Piacere di conoscervi

Andrea non mollava:

– Sai come sarà contento Antonio, quando ti vedrà, spesso parliamo di te, erano anni che non venivi.

E lui:

– Tre anni, anche voi mi siete mancati, ma adesso tutto va meglio. Sara vogliamo andare?

Il suo non era un invito, ma dalla voce capii che era una esigenza, allontanarsi da li e subito.

– Si andiamo, arrivederci.

Salutammo e continuammo la salita , ovvero la fuga, in silenzio, dopo un bel poco, stavamo quasi arrivando al rifugio:

– Grazie

– E di che?

– Di avermi aiutato a sganciarmi

– L’avevo capito

– E ora, visto che ti ho raccontato la mia storia, tu?

Ecco tutti i nodi vengono al pettine. E ora? Bugia o verità?

– Non ti nascondo che sono tentata di non dirtelo, mi crederai una pazza o chissà che cosa, ma tu sei stato sincero con me ed io sarò altrettanto, ma non qui, arriviamo al rifugio e poi ti racconterò.

Non era convinto:

– Va bene.

Gli ultimi metri li facemmo mano nella mano, ero contenta di quel contatto fisico, diverso da altri che conoscevo, mi dava calore e emozione, ma contemporaneamente cercavo di non pensare quello che sarebbe potuto capitare al rifugio.

Mi stavo godendo il momento.

Ed era bello!

Mancava poco, ci raggiunse correndo una persona, si abbracciarono forte:

– Sei proprio tu, quando Andrea ci ha chiamato al cellulare, avevamo pensato ad uno scherzo, Sofia si è messa a ridere e ha detto, ma figurati Rodolfo ci avrebbe chiamato, ed io, Andrea se uno scherzo me la paghi.

Finalmente mi vide, Rodolfo non parlava ma il suo viso era sereno:

– Scusami, io sono Antonio, il socio di Rodolfo.

Socio? E di che?

– Io sono Sara.

– Scusami Antonio, anch’io sono molto emozionato, lei è Sara una mia amica, siamo venuti per fare una passeggiata.

– Lascia stare, adesso sei qui, vieni Sofia ha preparato la tavola.

Salimmo tutti e tre, Antonio l’aveva preso sottobraccio, come se avesse paura che scappasse, entrammo nel rifugio, un’ondata di caldo ci accolse, poi una ragazza, molto carina con un pancione:

– Sei proprio tu?

E lo abbracciò, piangendo.

Mi sentivo una scema, li guardavo e stavo rodendo dentro, ma perché? Perché l’abbracciava? Perché piangeva?

Ero rimasta all’ingresso in piedi dimenticata, furono dei minuti lunghissimi, poi venne Antonio, mi tolse lo zaino e mi portò ad un tavolo vicino al camino:

– Ecco siedi qui, ti riscalderai, scusala ma avevamo perso le speranze di rivederlo, poi la gravidanza l’ha resa emotivamente fragile, scusala.

Lo guardai:

– E di che? Ho notato che da quando siamo arrivati tutti quelli che abbiamo incontrato, sono felici di rivederlo.

Nel frattempo, mi prudevano le mani, stavano ancora abbracciati ed ora a bassa voce si stavano dicendo qualcosa.

– Si è vero, lui era l’anima di questo posto, l’ha creato lui, poi mi ha voluto coinvolgere, io e Sofia ci siamo conosciuti per merito suo.

Stava per continuare, ero molto attenta, finalmente Sofia lo lasciò per andare in bagno e lui venne verso di me:

– Scusami, ma era molto tempo che non la vedevo.

Non dissi nulla, ma forse la mia espressione era eloquente, tanto che si mise a ridere:

– Niente, niente, sei gelosa?

Lo guardai con gli occhi spalancati:

– Chi io?

E con la testa dissi no.

L’avrei strozzata se avessi potuto, sono una bugiarda matricolata!

Non mi ero accorta, stava venendo verso di noi:

– Scusami io sono Sofia, è stata una sorpresa troppo bella vederlo qui, ma sono stata scostumata nei tuoi confronti.

Ecco!

– Figurati, non c’è problema! Io sono Sara.

Mi morsi la lingua per non continuare, fui asciutta come un torrente in magra da secoli.

– Non essere arrabbiata, Sara, per me Rodolfo è come un fratello.

Era sincera:

– Scusami tu, non ti ho fatto gli auguri, maschietto o femminuccia.

Si illuminò:

– Maschietto e proprio adesso ho chiesto a Rodolfo di essere il padrino e lui ha accettato.

Ecco, cosa avevano da dirsi zitti, zitti.

Che scema che sono!

Nel frattempo lui si godeva la scena, guardava tutte e due, poi:

– Ora sorellina, che mi hai preparato.

– E’ una sorpresa.

E sparì!

Non lo volevo guardare, girai gli occhi, o almeno feci finta di guardare il locale, era una bella sala, c’erano delle persone che stavano mangiando, finestre che davano sulla valle, mi stava osservando, aspettava, sentivo i suoi occhi, mi girai:

– Perché mi fissi?

E lui sorridendo:

– Vorrei essere nella tua testa e sapere cosa stai pensando.

Era troppo per me!

Era un bel ragazzo, mi piaceva, era sincero, aveva modi gentili, ed era in assoluto la prima volta che provavo gelosia per qualcuno.

Era troppo! Non potevo continuare così.

– Mi dai le chiavi della macchina?

Era sbigottito:

– Le chiavi? E perché?

Lo guardai fisso negli occhi:

– Perché così so come fare per tornare a casa.

Spalanco gli occhi:

– Vuoi andartene?

– No, prima ti voglio raccontare tutto, poi, potrebbe essere.

Prese le chiavi e me le diede:

– Non capisco!

– Sono confusa, molto, ed è la prima volta, non voglio continuare a stare qui senza essere sincera.

– E allora, dimmi.

– Ma se viene Sofia?

Ci pensò un attimo:

– Dammi la mano.

– Perché?

– Loro vedranno e non si avvicineranno.

Così feci, ma tutto diventò più difficile, mi piaceva avere la sua mano, mi mordevo il labbro, ma poi gli raccontai tutto!

Lo feci di getto, senza mai fermarmi, iniziando da quella sera del mio compleanno fino al suo incontro con me, vidi che più di una volta Sofia o Antonio stavano per venire, ma fecero marcia indietro, non mi sono mai staccata dai suoi occhi e da li potevo vedere tutto quello che provava.

Alla fine, ero esausta, aspettavo la sentenza, con una mano sullo zaino, abbassai lo sguardo, mi vergognavo e tanto.

Ma come avevo fatto a trovarmi in quella condizione? Cosa mi dirà adesso? E se non dice nulla, che farò?

Avevo paura a guardarlo di nuovo, non volevo, ma così facendo non avrei mai avuto la risposta.

Alzai lo sguardo, mi stava osservando, era molto serio:

– Sei una sciocca!

– Si, lo so.

– Sei stata avventata!

– Si, lo so.

– Metti che al posto mio fosse venuto qualcuno con brutte intenzioni.

Stavo per alzarmi.

– Fermati, non fare un’altra sciocchezza, qui tram fuori non ce ne sono.

Mi fece sorridere, prima, poi però non ce la feci più e andai di corsa in bagno, per poco non buttai all’aria Antonio, mi chiusi dentro e mi misi a piangere in silenzio.

Potevo inventarmi tutto, un’altra storia e vivere il momento, ma non ero capace, ho detto la verità e ora cosa succederà?

Cercai di ricompormi, al massimo vado via!

Uscii e ritornai in sala, lui non si era mosso, quando mi vide mi venne a prendere, mi prese per mano:

– Vuoi che ti accompagni?

– Lo faresti?

– Si, se tu lo vuoi.

No, che non volevo, volevo restare con lui, ma volevo sapere cosa pensava di me, adesso!

– Antonio e Sofia.

– Se ne faranno una ragione

Eravamo arrivati al tavolo, l’uno di fronte all’altro, giuro che volevo sprofondare, mi guardava e non parlava, mi usci spontaneamente:

– Perché lo faresti?

– Chi sono io per giudicarti? E’ vero hai fatto una cosa stupida e avventata ma alla fine non è avvenuta! Per pura coincidenza avevo lo stesso nome e ti sei fidata, ma poi quando hai capito che non ero quella persona, sei scappata. Mi hai raccontato tutta la verità e hai avuto coraggio, altre non l’avrebbero fatto, lo sai. Lo so! E questo è importante per me, molto. Quella sera che ti stavo aspettando, ho fatto mille congetture sul perché eri scappata, ma poi, quando ti ho visto spaventata scendere da quel taxi, tutto è passato in secondo piano. Non è vero che ti ho portato sul letto e sono andato via, sono stato tutto il tempo vicino a te, per controllarti, non ti ho sfiorato mai e stavo bene dopo tanto tempo. Ed è per questo che ti ho chiesto di venire con me, oggi. Quello che mi hai raccontato è grave, ma non per me, ma per te, perché tu non hai bisogno di quel supporto per capire che cosa vuoi nella vita, altrimenti non saresti venuta con me oggi, spinta solo dall’essere stata bene quelle poche ore che abbiamo passato insieme. E’ vero, noi non ci conosciamo, ma stiamo bene, ed è questo che è importante per tutti e due. Se vuoi possiamo rimanere e goderci questa gita insieme, io lo vorrei. Che ne pensi?

Aveva fatto un ragionamento che non faceva una piega, l’avrei abbracciato, per non lasciarlo più, ma non potevo, ero troppo contenta, ma avevo paura a esternarlo, i suoi occhi erano limpidi, chissà quanto gli era costato, dirmi queste cose, mi tolsi il giubbino, posai lontano lo zaino, poi:

– Io sono Sara, single.

Lui capì:

– Io sono Rodolfo, single.

E ridemmo imbarazzati con la mano nella mano, arrivò Sofia:

– Allora ragazzi, volete mangiare?

Insieme:

– Si

Rodolfo

– Ad un patto che veniate anche voi qui.

– Si, gli feci eco, ci farebbe piacere.

Sofia mi guardò stupita:

– Ma forse volete stare da soli

Io, le indicai la sedia vicino a me.

– No ci fa piacere, vero Rodolfo?

– Si, sorellina.

Si sedette contenta.

– Finalmente, ho avuto paura che all’improvviso non vi avrei più visto.

Era Antonio, con dei piatti fumanti, in mano.

– Brontolone, prendi altri due piatti e vieni qui.

– Agli ordini.

E andò in cucina, mentre Sofia si sedette vicino a me, poi Rodolfo la fece mettere a posto suo:

– Se non ti dispiace, vorrei stare vicino a Sara che a tuo marito.

Sofia si alzò sorridendo, e io mi feci rossa:

– Quando hai ragione, hai ragione, ma da quando vi conoscete…”…

A domani per il quinto capitolo del mio romanzo.

Buona lettura.

Araldo Gennaro Caparco

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