La vita è strana, la vita è bella, ma la vita è anche piena di sorprese e quando meno te l’aspetti…
“Che ci faccio qui?”
Ecco quello che pensavo quel pomeriggio assolato d’agosto, ero su una jeep guidata da un sessantenne loquace parlava, parlava e non la smetteva più, mi stava descrivendo luoghi a me sconosciuti, dopo l’autostrada mi stavo guardando intorno, solo campagna e poi campagna, ero scombussolata e non mi ero ancora ripresa dal viaggio in aereo, a Roma ebbi solo il tempo di prendere due cambi e metterli nel trolley, ho letto e riletto più volte i messaggi del mio (ex) datore di lavoro, lavoravo da poco con lui ed era successo di tutto e di più.
“Kim ho un grande piacere da chiederti, sono partito per Tokio all’improvviso, scusami per la cena da te, ma non è giusto licenziarti, ho sbagliato, lo so, ma non lasciarmi così, dammi il tempo per spiegarmi, ora ho un’urgenza improvvisa e solo tu puoi risolverla, ti prego fammi sapere”
Ma chi si credeva di essere?
Continuai a raccogliere la mia roba, dovevo allontanarmi da quell’ufficio, gli avevo inviato un messaggio, mi licenziavo e lui era diventato il mio ex datore di lavoro, altro messaggio
“Solo di te mi posso fidare, ti prego!”
Aprii l’ultimo cassetto da svuotare e spuntò la rosa rossa che mi aveva regalato, mi sentii stringere il cuore, quanto ho fantasticato su quel gesto, come potevo dirgli di no adesso, si è vero, l’ho colto all’improvviso ma se l’era meritato, ma il mio cuore diceva altro, decisi di fargli quest’ultimo regalo, quell’uomo misterioso mi aveva colpito e ancora non sapevo quanto, glielo dovevo
“Va bene, ma sarà l’ultima cosa che farò per te! Dimmi?”
Immediatamente
“Grazie, Kim ci speravo, ma non ci credevo, grazie, preparati, tra quindici minuti verrà un’auto e ti porterà all’aeroporto di Fiumicino, destinazione Napoli, all’uscita troverai una jeep color rosa che ti condurrà nella Tenuta Maria Immacolata alla Foce del Sele, li troverai ulteriori istruzioni. p.s. Portati il necessario per il fine settimana. Grazie. Bibò”
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Solo pochi mesi prima avevo perso l’ultimo lavoro, certo, sono abituata a tutto o quasi tutto, non è facile essere l’assistente personale di nessuno, ma ancora di più di un noto commercialista di Roma, ma era l’unico lavoro e per di più a tempo determinato per tre mesi che avevo trovato, fui liquidata con una laconica frase “è…tempo di crisi!” e amen.
Questa storia, sta diventando una farsa, gli ultimi tre incarichi persi con la stessa frase e con lo stesso discorsetto di commiato…
“…sei brava, onesta e capace, troverai di certo qualcosa di meglio, ci dispiace…”
…poi, un assegno cumulativo, la lettera di licenziamento per “sopraggiunte difficoltà finanziarie aziendali” da portare all’INPS e così dicendo sono passati cinque anni che sommati agli altri cinque, tre di conoscenza e due di convivenza con un imbecille maniaco sessuale, mi hanno tolto un terzo della mia età tutta da cancellare irrimediabilmente.
Pensavo di aver toccato il cielo con un dito dieci anni fa quando conobbi all’epoca Romeo, giovane venticinquenne mio coetaneo, giornalista cattolico impegnato in una televisione cristiana, in quei tre anni di conoscenza, presi entrambi da impegni nazionali e internazionali era riuscito a mascherarsi, lui per seguire i viaggi internazionali cattolici e io invece assistente personale di un broker finanziario americano con sede a Roma e New York, la mia città natale.
Già, New York!
Nata li, da padre romano e madre americana, abbiamo vissuto dieci anni in quella bellissima città, ancora oggi serbo di quel luogo i miei migliori ricordi infantili, poi mia madre decise di tornare in Italia, a Roma città che amava e dove aveva conosciuto suo marito e convinse mio padre ad acquistare una tenuta a Tarquinia e lì ci trasferimmo vendendo il ranch e la casa a Newark, oggi allevano cavalli e sono felici, io un poco di meno, ma all’epoca, poco contava la mia delusione nel dover lasciare l’America.
Poi, gli studi, la laurea in scienze finanziarie internazionali, mi travolsero e mi ritrovai a lavorare quindici giorni prima di laurearmi a venticinque anni, venivo retribuita molto bene, dopo non molto tempo acquistai un monolocale a Roma a Monte Sacro, 25 metri quadri e mi trasferii, mi sentivo libera e appagata, ogni tanto andavo a trovare i miei a Tarquinia e furono anni favolosi, ricchi di esperienze fantastiche lavorative e amorose.
E fu allora che incontrai Romeo!
Il più grosso sbaglio della mia vita fino ad oggi, parlava di matrimonio, era gentile, garbato, premuroso ed io…ero innamorata pazza, ma poi…non volevo ancora legarmi con un matrimonio, avevo venticinque anni, mi propose dopo tre anni di alterni incontri occasionali, di convivere e fu solo allora che gettò la maschera, clericale fino al collo in ambito pubblico ma un viscido maiale in ambito privato, sembrava invasato, era ammalato di sesso sfrenato e nonostante le mie ripetute proteste, cercava in tutti i modi, anche usando delle droghe per riuscire a convincermi.
Ma con me aveva sbagliato!
Lo lasciai una notte legato con delle manette ai polsi e alle caviglie al letto, urlante come un ossesso, da allora non ne avevo più sentito parlare.
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Mi stavo perdendo nei ricordi, non volevo pensare sempre alla stessa cosa, poi all’improvviso dopo una curva, una distesa azzurra come il cielo si aprì davanti a me, non potetti fare altro che rimanere a bocca aperta
Il mare!
Mi risvegliai immediatamente, guardai quella persona di fianco come se l’avessi visto per la prima volta e sbottai
Ammutolì!
Non lo guardavo, ma mi resi conto di essere stata sgarbata, non volevo, ma quel “signora” mi mandava in bestia e che cavolo avevo solo trentacinque anni, oggi, era un modo per difendermi, non volevo accettare che il tempo era passato anche per me, cercai di scusarmi
Mi sorrise, lo guardai meglio, era bruciato dal sole
L’avevo fatta grossa, pensavo un lavorante
Non mi rispose, ma non mi sembrò per nulla meravigliato, non rispondeva, continuai
Non potrò mai dimenticarlo, nonostante la strada avesse diverse curve, mi guardò amorevolmente
Mi feci attenta
Poi solo nel sentire quel diminutivo mi allertai, si, era il suo diminutivo, ma nessuno tranne le sue clienti lo chiamavano così
Fermò dolcemente la jeep in un ansa della strada, poi
Sgranai gli occhi
Rimasi a bocca aperta
Ero senza parole a bocca aperta, lui se ne accorse, ma fece finta di nulla
Non riuscivo a parlare, accennai solo un sì con la testa, riprese la marcia con la jeep sorridendo.
Ed io?
Allibita!
Era la prima volta che ascoltavo per interposta persona un complimento da lui, finalmente chiusi la bocca e gli occhi e in un attimo, ricordai i primi due mesi con lui…
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Assonnata guardai il cellulare, Ester
Risata
Guardai l’orologio, era mezzogiorno
Venni a sapere da Ester, di una persona che aveva chiamato il suo ufficio di collocamento per chiedere di me
…e iniziò a raccontarmi, alla fine, meravigliata e incredula, iniziò la giostra… doccia veloce, cambio veloce, dovevo attraversare tutta Roma, avevo il colloquio alle quattordici al Viale delle Scienza n 365, vicino all’Università La Sapienza ed io ero a Monte Sacro, non presi l’auto, mi sarei ingolfata nel traffico del pranzo, chiamai un tassì, il tempo di asciugarmi i capelli, citofono, tassì e via per le strade di Roma, mi risuonavano ancora le parole di Ester
“ E’ stato il tuo vecchio datore di lavoro di New York Bob a fargli il tuo nome, il Dottor Aldomaria Baldo di Petroso, noto commercialista di Roma ha bisogno di un’assistente personale a tempo pieno per tre mesi, ha cercato in giro una sostituta con alcune caratteristiche ed è stato fatto il tuo nome, l’impiego è full time per cinquemila euro al mese più i contributi e l’alloggio gratis, hai due ore per prepararti se accetti, alle quattordici c’è il colloquio, allora che ne pensi?”
Accettai il colloquio senza dire una parola di più!
Ultimo piano, ascensore e due porte, mancavano cinque minuti alle quattordici, mi guardai nello specchio dell’ascensore, avevo messo un vestito a fiori dopo molte perplessità, ma lo ritenevo di buon augurio, me l’aveva regalato mia madre il mese prima per il mio trentacinquesimo compleanno, non dovetti nemmeno bussare, si aprì una delle due porte
In inglese perfetto, ringraziai nella stessa lingua e mi trovai in una stanza finemente arredata con due divani e quattro poltrone, ma vidi poco, osservavo quell’uomo che era davanti a me, poteva avere una quarantina d’anni, brizzolato, vestito Armani, sguardo aperto e sorriso per niente affettato, era un bell’uomo, aveva un fascino particolare
Stavolta in francese, nonostante la mia meraviglia risposi immediatamente in spagnolo, avevo capito, ecco cosa stava facendo, stava sondando il mio curriculum, sorrise ed entrai
Stavolta in italiano, l’ufficio era grande come la stanza all’ingresso, luminosissimo, con ampi vetrate, due scrivanie affiancate e quattro mega monitor e una sola tastiera, arredato con cura con sedie ergonomiche, frigobar e armadi di quercia alla parete.
Il suo studio era in stile inglese, notai due porte dietro la sua scrivania enorme di rovere, mi fece segno di accomodarmi su una delle poltroncine, era soffice e comodissima, diedi uno sguardo sulla scrivania perfettamente ordinata, c’era il mio curriculum, ci stavamo studiando a vicenda
Non so perché, arrossii senza volere
La sua voce, mi colpì, era sì severa, ma dolce e poi quelle parole mi colpirono, solo allora notai aveva un piccolo telecomando in mano, si sedette non dietro alla scrivania
E ora?
Alzò la mano per fermarmi
Mi spiazzò, ma chi cavolo pensa di essere questo? Ecco quello che pensavo in quel momento, lo guardai diritto negli occhi e con un certo impeto
Dissi stizzita e lui per tutta risposta, pigiò un tasto del telecomando e dall’alto discesero quattro monitor, guardò l’orologio al polso, inutile dire un Rolex d’oro
Mi girai e vidi in uno dei monitor un ufficio più grande della mia stanza, stavano entrando delle persone, tre per l’esattezza e un quarto si posizionò sulla prima scrivania, accese il monitor
Rispose
E si misero a lavorare, chiuse l’audio
Mi venne spontaneo
Mi fermò
Mi morsi un labbro, lui lo notò, ma non disse nulla
Capì immediatamente, sorrise, mi piaceva quando sorrideva
Alzai la testa, non mi aspettavo di essere chiamata per nome
Imbarazzata
Dissi di sì, ma ero poco convinta, si accese un secondo monitor, era un pianerottolo con una grossa vetrata, c’erano due porte
Sgranai gli occhi dallo stupore, si accese il terzo monitor, era la stanza all’ingresso che avevo visto prima e poi il quarto monitor che portava ad un ingresso a piano terra del palazzo
Mi venne spontaneo
Era meravigliato
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Riaprii finalmente gli occhi e non riuscivo a crederci, eravamo in un ampio cortile, c’erano molte persone indaffarate, Carmine si fermò nei pressi di una villetta bianca come il latte, era accecante con la luce del sole d’agosto, poi guardai meglio e notai tante fioriere tutto intorno, di fianco erano presenti altre tre villette uguali alla prima, sulla sinistra invece un enorme capannone, dove entravano e uscivano diverse persone, dietro dei silos enormi, ne contai quattro, al centro in lontananza una costruzione diversa dalle altre su due piani, molto bella, era datata ma completamente ristrutturata, ero talmente rapita da quella visione all’improvviso
– Venga, per di qua!
Era la voce di una donna, guardai meglio mi stava sorridendo
– Sono Maria la moglie di Carmine.
Lui stava dietro, aveva notato tutte le mie espressioni, le diedi la mano
– Mi scusi, ma non mi aspettavo…
E lei
– Questo?
Dissi di si, Carmine
– E non ha ancora visto nulla!
E si diresse con il mio trolley verso la villetta, Maria
– Ha bisogno di qualcosa?
– No grazie, vorrei solo rinfrescarmi un poco.
Lei
– Carmine, non ti preoccupare, ci penso io alla…
L’anticipai
– Mi chiami Kim, la prego.
Era contenta
– …a Kim, io sono Maria.
Carmine
– Allora ci vediamo dopo, vado al caseificio per provvedere alla consegna serale.
Stavamo per entrare in casa, mi girai
– Carmine, mi farebbe vedere la tenuta tra una mezzora?
Lui contento
– Certo! A tra poco!
Entrammo in casa, tutto era in ordine, Maria mi guidò, un saloncino con l’angolo cottura, poi una stanza da letto molto spaziosa e un bagno annesso, un guardaroba seminascosto da una finta parete, grande come il bagno e una stanzetta più piccola con un lettino a castello corredato d’armadio, tutto profumava di pulito e l’odore dei fiori profumati in tutte le stanze, rilassavano, alla fine non riuscii a contenermi
– E’ molto bello qui!
– Si vero, è stato il dottore che le ha fatte costruire e arredare tre anni fa.
Ed abbassò la voce, rotta da qualche emozione, cosa che non mi sfuggì, ma fu lesta ad andare nell’altra stanza
– Venga, si può rinfrescare qui e poi le ho preparato degli abiti più comodi e un paio di stivali, se vuole vedere la tenuta potrebbe farle comodo.
Ero meravigliata, guardai tutto su una poltroncina nella stanza da letto, erano della mia misura
– Ma come hai fatto?
Indicando i vestiti
– E’ stato il dottore a darmi le misure!
E sull’uscio della porta esterna
– Ci vediamo dopo!
Ma come cavolo aveva fatto?
Erano perfetti, mentre stavo facendomi una doccia ristoratrice ricordai, ecco sapevo chi poteva essere stata, Gilda, una delle clienti dello studio, era stata di certo solo lei a dargli le mie misure e continuai a ricordare il nostro incontro al colloquio.
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Stava aspettando, ma faceva in modo di non farmelo notare guardando nei monitor, con qualche perplessità, dissi con sicurezza
– Accetto!
Era soddisfatto e non fece nulla per nasconderlo
– Alle diciassette abbiamo i primi appuntamenti, ce la fai a portare le cose che ti servono nell’appartamento?
– Certo!
Passò dietro alla scrivania, mi passò un contratto da firmare, la cosa che notai immediatamente, una postilla
“Periodo di prova di tre mesi propedeutico ad un contratto a tempo indeterminato con aumento del fisso mensile del trenta per cento”
Una manna dal cielo!
Notò che mi ero soffermata, la penna era tremolante
– Se tutto va bene, potresti rimanere…
Firmai immediatamente, lui controfirmò e mi diede una copia per me, prese delle chiavi dal cassetto della scrivania e mi disse che con l’ascensore normale del palazzo, inserendo una chiave potevo salire direttamente al pianerottolo del mio appartamento
– Benvenuta nella squadra, ci vediamo alle diciassette!
– La ringrazio Dottore, a più tardi.
Non stavo nella pelle, ma non potevo rilassarmi, avevo un lavoro e questo mi bastava., tornai a casa e presi le cose di prima necessita e dei vestiti, quando ritornai le sorprese non erano finite, l’appartamento era fantastico, all’ingresso un living con angolo cottura, un enorme televisore al plasma, la mia stanza da letto era a dir poco meravigliosa e il bagno era per una regina, trovai sul tavolo della cucina, tutte le provviste appena acquistate, caricai il frigorifero e controllai il contenuto degli armadietti, il colore delle pareti, quello dei mobili erano una favola, mi girava la testa.
Se avessi saputo cosa mi aspettava, forse… …forse sarei stata meno contenta!
I primi dieci giorni furono terribili, non avevamo orari, la sera tornavo talmente distrutta che dopo una doccia ristoratrice non vedevo l’ora di mettermi a letto, il lavoro era notevole, dovevo fare i conteggi, coordinare gli impiegati, prendere gli appuntamenti, alle volte capitava anche di ricevere persone dopo le ventitré.
In quel periodo dimagrii di cinque chili e non ero per niente contenta, già non ero una ragazza formosa, anzi direi il giusto, alta un metro e ottanta per ottanta chili di peso, curve al punto giusto con un seno non prorompente ma nemmeno minuscolo, per pranzo e cena non mi dovetti mai preoccupare, arrivava direttamente dal ristorante sotto casa, bastava che facessi uno squillo con il cellulare e arrivava puntualmente a qualsiasi ora, io e lui ci vedevamo di rado, perché quando non c’erano appuntamenti, lui non c’era mai nello studio, quasi sempre in viaggio in Europa e oltre, l’ufficio era affidato a me e se c’erano delle decisioni improvvise o urgenti non dovevo fare nient’altro che digitare il suo numero di cellulare, solo qualche volta pressata dagli impiegati per avere una risposta, avemmo un diverbio telefonico, ma poi dopo aver…
…segue….
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