Archivio annuale 2022

19 Dicembre 2022 – Il volo del cormorano.

Descrizione

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Valleamare è una cittadina sul mar Tirreno, con una popolazione di circa cinquecento abitanti, è isolata dai centri più urbanizzati delle città vicine ma è sede di due importanti presidii che servono il comprensorio, il presidio sanitario di pronto soccorso con l’appoggio di due elicotteri per le urgenze e l’altro presidio, la farmacia comunale.

Shimon era il farmacista di origine ebraica, autorevole con la sua “divisa”,  un elegante vestito nero con una rendigote così lunga, arrivava all’altezza delle ginocchia, incuteva timore solo a guardarlo, cosa che praticamente mi capitava tutti i giorni tornando da scuola, c’era una ragione per passare di la ogni giorno, abitavo all’esatto opposto dalla sua abitazione, ed era sua figlia Sara, si nonostante  la mia giovane età, dodicenne, mi ero perdutamente innamorato di lei.

A scuola eravamo nella stessa classe fin dalle elementari, ma praticamente per lei ero un perfetto sconosciuto, troppo bella e perfetta per me, un viso pieno di lentiggini, capelli biondi, alle medie i suoi capelli avevano raggiunto il suo fondo schiena tra l’invidia delle sue coetanee, vestiva sempre in modo accurato, ma mai, dico mai ero riuscito a parlare con lei, tranne per qualche saluto sporadico.

Il mio era un amore platonico, unidirezionale!

Alle superiori, la mia famiglia non potendo sostenere i costi per inviarmi al liceo nella città vicina, mi dovetti accontentare , giocoforza fui iscritto all’unica scuola presente a Valleamare, una succursale distaccata dell’istituto alberghiero.

Lei era e continuava ad essere presente nella mia immaginazione, quindi conoscendo gli orari dell’autista che l’accompagnava con l’auto all’uscita della scuola, facevo in modo di essere presente sulla sua strada, per poterla salutare.

– Leo vieni?

Si, mi chiamo Leo, diminutivo di Leopoldo, il nome del nonno, grande chef, ma non ho preso da lui purtroppo, mio padre fa il pescatore e mia madre invece cucina in un ristorante sul mare “Il volo del cormorano” in onore dei numerosi uccelli acquatici che nidificano nella zona, lei si ha preso del padre e ne sfrutta tutte le sue ricette, sono figlio unico, ma ho un’amica del cuore, Anna, abbiamo la stessa età e frequentiamo la stessa scuola superiore, a lei racconto tutti i miei segreti e lei fa altrettanto con me, almeno credevo

– Anna dimmi?

– Dobbiamo correre, scommetto che ti sei dimenticato che oggi inizia la prima lezione per il brevetto di pilota

Una mano in fronte, bugiardo matricolato

– Hai ragione, andiamo!

E ci mettemmo a correre, dovevamo arrivare alla capitaneria di porto per frequentare il corso per la navigazione come pilota, oltre le cinque miglia marine, fu una mia idea e coinvolsi pure lei

– Ma dove ce l’hai la testa?

Non volevo rispondere, pensai ad una bugia, ma poi, sapevo che mi sarei pentito, proprio con lei non potevo

– Sara!

Si fermò di botto

– Ancora, ma allora non hai capito che è meglio lasciare stare, lei non ti fila proprio e lo sai.

La guardai stupito, era la prima volta che si rivolgeva così

– Perché?

Arrabbiata

– Lascia stare!…

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18 Dicembre 2022 – Tesla

Descrizione

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Dati anagrafici:

Nome Lino, Età 40 anni compiuti da poco,Celibe,Lavoro – Investigatore, Città – Napoli. Bello vero, mica tanto!

Dopo aver avuto un’esperienza in campo lavorativo per dieci anni in una multinazionale, una mattina ti svegli e sei disoccupato!

Smarrimento, farmaci, depressione e chi più ne ha più ne metta, 11 anni di convivenza, stessa modalità, stesso destino, neanche un biglietto, neanche a guardarsi negli occhi ed essere sincera, un sms sul cellulare, il giorno del mio licenziamento “Non ce la faccio più, vado via, parto con un amico in Australia. Addio”.

Ma si può essere così aridi, non dico che la nostra relazione fosse tutta rose e fiori, stavamo bene insieme, almeno credevo, più volte le avevo chiesto di regolarizzare la nostra posizione, e lei niente, “Stiamo bene così!”, figli? Nemmeno a parlarne, dovevamo rifuggire tutte le occasioni che si presentavano, con i nostri amici, che nel frattempo, avevano prolificato.

Avevo accettato tutto, per lei, e ora? Uno sms e si chiude la partita!

Dopo la fase di analisi, coadiuvato da un amico psicologo, durata 24 mesi, alla fine ho concluso, che era una stronza, una grande stronza!

Ed io… un coglione!

Ed eccomi qui, fresco di diploma.

E già a quaranta anni!

Non avendo altre  possibilità nel mio campo lavorativo, oramai sempre più tecnologico dove internet fa il lavoro di dieci uomini o donne in strada a vendere, incontrai per caso alla villa comunale, una domenica, un mio compagno di scuola Pietro. Non mi aveva riconosciuto, lo chiamai io, ci sedemmo su una panchina e dopo cinque minuti, il tempo di raccontare la sua vita, mi interroga sulla mia.

Dopo trenta secondi, avevo finito, tra lo sbalordimento e tre mosche che erano entrate per esplorare la sua bocca, per poi uscirne senza che se ne accorgesse, era solo per stupore, le sue prime parole, anzi la sua unica parola, “Cazzo!” e terminò la conversazione. Seguì un imbarazzante silenzio, che durò diversi minuti, mi offri una sigaretta e accettai di accenderla, poi “Devi rifarti una vita”, lo guardai senza rispondere “Sei stato sempre il più studioso e curioso della nostra classe, tutti, ma proprio tutti, ti avevano come  “confessore”, uomini e donne, perché sapevano che quello che ti rivelavano era come se fosse chiuso in una cassaforte, la tua!”, lo ascoltavo e non capivo, ma mi nascondevo dietro la nuvola del fumo della sigaretta.

– Ascolta, io lavoro da tempo per un’agenzia interinale, l’altro giorno è venuta una nostra cliente a portarci dei volantini, ha un’agenzia investigativa e sta promuovendo un corso, il primo nella Regione Campania.

– E io che c’entro?

– Devi muoverti,  cambiare, scrollarti la negatività che hai addosso, si vede da lontano che sei uno straccio, che ti costa? Vacci a parlare, dammi in tuo numero di cellulare che quando vado a casa ti invio tutto tramite sms, l’indirizzo e il numero telefonico.

Lo feci contento, ma giusto per non farlo dispiacere, ci salutammo e rimasi su quella panchina.

Mi guardavo intorno, famiglie con bambini, nonni con nipoti, badanti con anziani, l’immancabile uomo dei palloncini, le urla di un neonato, nulla mi dava fastidio!

Ero solo immerso nei miei pensieri, nel pomeriggio, Pietro mi inviò quello che avevo promesso, ringraziai e… me ne dimenticai!….

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14 Dicembre 2022 – Il rumore del silenzio.

Descrizione

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Alle volte bisogna farsi del male, per stare bene.

Erano anni che aspettavo, forse troppi, ma prima di allora non c’era stata l’opportunità di fare qualcosa, ora si.

Era il momento!

Sono libero, finalmente, ma da dove iniziare?

A 35 anni, un matrimonio fallito alle spalle, un’unione nata dopo un tempo ragionevole per conoscersi, e poi dissolta, nel peggiore dei modi dopo tre anni.

Progetti, famiglia e figli, spariti in una sola frase:

“Non voglio stare con te, ti ho tradito e non voglio avere figli!”

Bello vero!

Sei più tre anni buttati nella fogna, quindi separazione e divorzio dopo un anno.

E ora?

Mesi di assoluta depressione, una realtà che prima non mi era conosciuta, tante e molte altre persone sono nel mio stesso stato.

Mangio e a letto, letto e mangio, è mancato poco che impazzissi.

L’unica ancora, l’unica cosa che mi è rimasta e quello “il borgo del rumore del silenzio”, come lo chiamo io, l’ho amato fin dalla fanciullezza, poi lo stop, la morte di colui che me l’aveva fatto amare, senza parlare, mio nonno.

Avevo sedici anni!…

13 Dicembre 2022 – Il faro di Ondina!

Descrizione

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La mia vita scorreva e sbagliavo e continuavo a sbagliare, come tutti cercavo sempre la gratificazione negli altri, ma al momento, non sono riuscito ancora ad ottenerla!

Ma dico? E’ mai possibile che noi dobbiamo adeguarci e gli altri devono solo giudicare?

Ho trenta anni, non sono un adone, per cinque anni ho cercato di accontentare una donna, ma mai l’ho vista contenta, si, quei pochi minuti di attività sessuale che ogni tanto mi concedeva, si, mi concedeva, perché toglietevelo dalla testa la frase fatta “l’uomo comanda”… è una bugia, non ha mai comandato, punto!

E sempre lei che comandava, lei che ordinava e tu ad eseguire per farla contenta e lo fai con lei, lo fai con i tuoi genitori, lo fai con il tuo datore di lavoro, mai per te stesso!

Per oltre dieci anni ho lavorato nel campo informatico, sono diplomato, poi ho acquisito una mini laurea con un Master in tecnologie avanzate e nell’A.I., l’intelligenza artificiale, ed è stata proprio quest’ultima che mi ha portato alla rovina.

Costi esorbitanti per i programmi, commesse oltre manica con ritardati pagamenti, avevo una visone particolare, volevo “umanizzare” i robot, l’idea piacque a tutti, tranne nello scucire i soldi che servivano per sviluppare il software necessario, quello era il mio compito, sviluppatore, ma cosa mai avrei potuto sviluppare, se non avessi avuto quei programmi che mi servivano per mettere a punto una strategia da utilizzare poi nella programmazione del robot?

Quindi, convinto della mia idea, iniziai ad anticipare, indebitandomi fino al collo, forte però della promessa dei finanziatori esteri di coprire le spese a trenta, sessanta, novanta giorni.

Ma ciò non avvenne!

Ed io?

Mi trovai, in mutande!

Avevo ricevuto l’avviso per lo sfratto esecutivo dal mio appartamento per la fine del mese di dicembre, bel Natale quell’anno, l’amazzone non vide l’ora, dopo aver fiutato il mio fallimento, di trovarsi un altro stallone con cui andare via e mi lasciò senza tanti complimenti, avevo qualcosa da parte, ma il panico si impossessò del mio cervello, solo come un cane, depresso, non mi restava altro di lanciarmi dal diciottesimo piano del Centro Direzionale, avevo perso tutto, cosa mi costava, era un attimo e così… avrei risolto ogni mio problema, ma era Natale… e mi concessi una cena in un noto ristorante della mia città.

Nella mia vita, avevo fatto diversi lavori per mantenermi allo studio, oltre al canonico cameriere tuttofare, avevo lavorato anche in cucina ero bravo, me la cavavo, mi piacevano i profumi della cucina, ero contento di inventare e mescolare gli ingredienti e creare nuove pietanze partendo dalla tradizione gastronomica napoletana, poi conobbi lei Elena, sia maledetta dove si trova adesso, mi convinse come solo una donna sa fare, diceva che avevo delle potenzialità e dopo pochi mesi prendemmo un appartamento, abbandonai tutto per lei e mi dedicai all’informatica, lei era docente in un liceo scientifico e insegnava storia dell’arte, si esatto, ma non proprio quella che canonicamente chiamiamo arte, non la sublime arte del pittore, dello scultore, ma proprio quell’arte, quello della puttana!

– Allora Leon, ti è piaciuta la cena?

Chi aveva parlato era la proprietaria del ristorante, nonché la mia ex datrice di lavoro, Ester

– Certo, lo chef è stato grande!

Mi guardò, ma intuì che c’era qualcosa di stonato

– Elena?

Risposi guardandola negli occhi, di getto

– Di troia!

Stupita

– Mi ha lasciato, senza tanti complimenti, è da qualche parte da quindici giorni con qualche altro stallone, ricco e prossimo cornuto!

Sgranò gli occhi

– Te l’avevo detto!

Era vero!

L’aveva detto appena l’aveva conosciuta, ma si sa noi uomini spesso siamo dei perfetti coglioni, specialmente quando troviamo esseri come quelli, bella, capelli biondi, proveniva dall’est Europa, occhi celesti e gelidi, quando passeggiavamo per strada, non c’era uomo che non si girasse, di qualsiasi età, ed io?

Ero contento e cornuto, mi portai le mani in faccia

– Avevi ragione tu!

Quando rialzai la testa

– Per fortuna hai il tuo lavoro.

Sibilai, non avevo voglia di dirlo

– Perso!

Si sedette

– E ora?

– Non lo so, non ho più nulla, non ho parenti, i miei conoscenti e le mie amicizie si sono allontanate da tempo da quando lei è entrata nella mia vita, mi diceva “ti voglio tutto per me”, capisci e io l’ho accontentata sempre, che stupido!

Mi prese le mani, le avevo portate sulla testa, per dimenticare, faceva molto male il ricordo di lei, si, c’erano stati momenti felici, ma solo quando lei decideva di averli, io ero meno che niente, un oggetto da usare e all’occorrenza gettare tra i rifiuti, ecco come mi sentivo in quel momento, mi risvegliò con la sua voce alterata, urlò

– Allora? Che fai, ti arrendi?

Sapevo a cosa si riferiva, lei non si era arresa, aveva preso per i capelli prima che la droga lo portasse alla morte, suo figlio, le aveva tentate tutte e dopo aver tentato le strade legali, lo aveva denunciato ai carabinieri, facendolo arrestare insieme agli spacciatori e dopo un periodo di detenzione e di riabilitazione durato cinque anni, ora era pulito e lavorava in cucina come Chef, era uno dei più bravi della città, da tutti riconosciuto e apprezzato.

Non rispondevo, incalzava

– Non mi hai risposto Leon, che intendi fare?

Le bastò uno sguardo nei miei occhi, intuì subito e mi diede uno schiaffo, si alzò di scatto

– No, non puoi!

Scoperto e sconcertato dallo schiaffo improvviso

– Perché?

– Si vive una sola volta e tu hai tanto ancora da dare e avere dalla vita, non sporcare la memoria dei tuoi genitori!

Improvvisamente, aveva preso il mio cellulare e lo brandiva come una pistola, me lo mise davanti, c’era la fotografia dei miei genitori il giorno delle nozze, mia madre con una coroncina in testa di roselline bianche come si usava nel suo paese e mio padre in un completo bianco.

Galeotta fu una gita di mia madre a Napoli con universitari di Oslo, fu un colpo di fulmine per loro due, mio padre lavorava in una pizzeria e lei rimase colpita da quel giovane testa rossa in canottiera e con un foulard celeste al collo ad infornare e sfornare pizze, si sposarono giovanissimi, mio padre aveva ventidue anni e lei ne aveva appena compiuti venti, le famiglie non volevano, ma loro furono testardi e un anno dopo nacqui per la loro gioia.

Ester lo sapeva, era la mia immagine preferita, li amavo più di me stesso, ma un incidente ferroviario me li aveva portati via l’anno prima, erano partiti per festeggiare trenta anni di matrimonio alla Città del Vaticano, a Roma, dal Papa

– Allora?

Aveva colpito la corda giusta, mi alzai per abbracciarla

– Qualcosa troverò, grazie!

Non voleva che andassi via, volevo pagare la cena ma non volle, mi guardò negli occhi

– Sono certa, non lo farai! Vai figlio mio e vedrai che la provvidenza ti aiuterà, devi solo stare attento ai suoi segnali, non è una persona e ti risolve il problema, ma ha i suoi modi per rintracciarti.

Tornai a casa e versai fino all’ultima lacrima!

Il giorno del Capodanno, non so come e ne il perché, mi ritrovai sul molo Beverello, era la passeggiata preferita di mio padre, mi diceva sempre “da qui possiamo vedere i fuochi di tutta la città senza farci male”, ed era vero, da lontano seguivo i fuochi nei vari quartieri della città, ecco, il Vomero, Posillipo, Piazza Plebiscito, i Quartieri spagnoli erano meravigliosi e in acqua tante barche, dalla più piccola alle più eleganti e su ognuna si festeggiava la fine dell’anno.

Non so perché, ma guardandole, pensai a mio padre, mi convinse a prendere la patente nautica “Potrebbe sempre servire!” mi diceva, ed io in tutti quegli anni mi ero aggiornato sempre ed avevo partecipato a tutti i corsi che la capitaneria del porto organizzava per gli associati, ne andavo fiero.

Perché no!

Perché non propormi come pilota di qualche cabinato?

Mentre guardavo i fuochi dell’anno che andava via, decisi di presentarmi in capitaneria il giorno successivo, era quasi l’alba, inutile tornare a casa, avevo già le valigie pronte, Ester mi aveva mandato un messaggio “Se non sai dove andare, qui c’è sempre un posto per te, lo sai”, mi voleva bene, la ringraziai e con quest’animo passai la restante parte della notte nei pressi della capitaneria di porto.

Alle cinque di mattina arrivarono quelli delle pulizie, ero intirizzito dal freddo, mi notarono subito, ero come un pulcino bagnato e rattrappito seduto su una panca, una signora gentile

– Aspetta qualcuno?

Dissi di no con la testa, non avevo la forza di parlare

– Allora?

Mi feci forza

– Aspetto che apre la capitaneria.

Dissi battendo i denti

– Benedetto figliolo, qui congelerai, vieni entra dentro con noi, almeno sarai al caldo.

– Grazie.

E mi trovai nella sala d’aspetto della sede, sentivo in lontananza delle voci, la guardai interrogativamente

– Sono quelli che hanno fatto il turno di notte, stai tranquillo, li avverto io.

Iniziai a prendere calore, con degli spiccioli, dalla macchinetta automatica, un latte bollente con il caffè e iniziai dopo poco a riprendere colore, non riuscivo a stare fermo, le gambe si erano quasi atrofizzate e quindi percorrevo tutto il salone avanti e indietro, stando attento a non dare fastidio a loro che stavano pulendo, guardavo i tabelloni dove c’erano i comunicati e uno in particolare attirò la mia attenzione

“Vendesi faro di Zitrichy – Islanda”

Non avevo nulla da fare, erano da poco passate le sette di mattina, ci voleva un’altra ora prima che la Capitaneria aprisse gli uffici, con il cellulare iniziai a fare delle ricerche sul faro e a mano a mano, iniziai ad incuriosirmi, era su un isolotto completamente disabitato, collegato alla terra tramite una striscia di rocce e pietrisco, un faro di colore rosso e si vendeva con una foresteria con tre stanze da letto.

Il faro era in vendita da un mese e il bando di concorso terminava alle 9.30 del 2 gennaio del nuovo anno, la cifra era notevole, era stato messo all’asta inizialmente per cinquantamila euro, il costo era arrivato dopo il terzo ribasso a dodicimila euro, guardai le foto, certo non era in buone condizioni, ma mi piaceva, un attimo di distrazione e mi cadde il cellulare, aprendosi in due e spargendo per terra il contenuto, un’idea pazzesca iniziava a girarmi in testa, ma ci vollero altri due caffè per diventare lucido, cercai di aggiustare il cellulare, lo accesi e si aprirono gli sportelli della capitaneria, erano tre, il mio era il secondo centrale, guardai meglio e vidi una faccia conosciuta, era un vecchio marinaio, pronto ad andare in pensione, da lui dovevamo rivolgerci ogni volta che dovevamo vidimare la patente nautica

– Buongiorno Tenente.

Mi guardò, poi mi riconobbe

– Leon sei venuto a vidimare la patente nautica?

Ero imbarazzato, quasi sottovoce

– Si, ma non solo…

Lui si avvicinò al vetro dello sportello

– E…

Presi la patente nautica dal portafoglio, gliela passai

– Volevo anche una informazione?

Lui la prese, stava scrivendo i dati e mi ascoltava

– Vorrei rispondere ad un annuncio, quello che si trova in bacheca.

Solo allora alzò la testa ed io con la mano stavo indicando la bacheca

– Quale delle tante?

– Il faro!

La penna si spuntò e lui mi guardava con gli occhi fuori dalle orbite

– Quello di Zitrichy?

Con la testa dissi di si

– Ti vuoi suicidare?

12 Dicembre 2022 – Trilogia – Se devi sognare, esagera! – Fine – Terzo capitolo “Vita Reale”

Descrizione

Trilogia – Se devi sognare, esagera! – Fine – Terzo capitolo “Vita Reale”

è una SORPRESA!!!…

segue la…

Trilogia – Se devi sognare, esagera! – Secondo capitolo “Il Castello”

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11 Dicembre 2022 – Trilogia – Se devi sognare, esagera! – Secondo capitolo “Il Castello”

Il Castello

Eravamo quasi arrivati, la strada era quella ne ero certo, alla fine della discesa dalla collina, il Maestro mi fece notare, degli uomini armati.

Già che ci facevano li in mezzo al nulla?

La mercedes, filò veloce e la macchina di scorta a ruota, terminammo la discesa, ci portammo sulla statale, dopo il capanno di vimini, c’era una stradina seminascosta, con una sbarra, si alzò immediatamente per poi richiudersi velocemente.

Tenevo la mano di Isa stretta nella mia, era completamente rapita dal panorama, ma non diceva nulla, la maternità dei gemelli, l’aveva resa ancora più bella, i lineamenti si erano rassodati un poco, ma lentamente stava ritornando come prima.

Aveva un completo bianco di pantaloni e camicetta, mettevano ancora più in risalto i capelli biondi che scherzavano sul suo petto ad ogni fruscio d’aria.

.-  Ohhhhhh

Era Isa:

– Ma è uno splendore!

Eravamo quasi alla fine della strada e si intravedeva il Castello in fondo, anche il Maestro era incuriosito, l’unico non tranquillo ero io.

Non mi chiedete il perché, non c’era nessuna ragione apparente, ma non ero sereno.

Scendemmo tutti dalle auto, i quattro della scorta si posizionarono all’ingresso del Parco, n attesa c’era un signore dall’età direi sui settant’anni, ci aspettava:

– Benvenuti, lo Sceicco vi sta aspettando.

Ecco chi era uno sceicco!

Ma come ho fatto a non pensarci, il porto, la squadra a disposizione, la strada sulla collina, gli uomini armati.

Mentre venivamo accompagnati, verso l’ingresso del Castello, la persona ci illustrava le culture del corridoio centrale del viale:

– Qui alla mia destra c’è un limoneto, protetto dalla rupe di sopra e dai canneti, a sinistra, il giardino delle spezie, diviso in grandi rettangoli, protetti dalle piante mediterranea, fanno ombra quando il sole è alto, di seguito il roseto voluto dalla Signora dello Sceicco e di lato l’agrumeto con vari tipi di piante.

Era un posto da favola, non c’è che dire, colori a profusione, profumi inebrianti, tutto curato e ordinato, Isa si fermò ad ammirare dalla terrazza, vicino all’agrumeto, il mare sottostante, cristallino, da sopra si vedevano le rocce sommerse dall’acqua, poco distante c’era un grosso yacht, ormeggiato, segno del fondale molto alto.

Non so quanti di voi hanno letto David Copperfield di Charles John Huffam Dickens , ma quel signore mi aveva dato una brutta impressione, da quando l’avevo visto l’ho paragonato a Uriah Heep, il cattivo, il subdolo di quel bellissimo racconto, il modo di comportarsi, il parlare sommesso, la schiena incurvata in segno di umile servilismo, mi aveva dato fastidio.

Poi un’altra cosa mia aveva colpito, il Parco era stupendo, ma era come se non avesse un’anima, era come una cartolina che si acquista per mandare i saluti, l’una vale l’altra, non c’erano segni di utilizzo, era vuoto!

Un senso di smarrimento, ecco quello che sentivo!

10 Dicembre 2022 – Trilogia – Se devi sognare, esagera! – Primo capitolo “Il Maestro”

Il Maestro.

Erano mesi che ogni fine settimana, affacciandomi dal balcone di casa mia, notavo un’auto alle 4 del mattino, in particolar modo il sabato o la domenica, stazionare sotto il palazzo di fronte alla mia abitazione.
Un giorno decisi di capire, cosa e chi aspettasse!!
Mi posizionai la sera prima e parcheggiai l’auto in modo che la mattina potessi agevolmente spostarmi. L’Indomani, pur non avendo la certezza, mi svegliai alle 3 e con un plaid entrai in un’auto gelida nel buio totale in attesa.
Certo di fare una cosa stupida, ma mi sentivo tonico per l’avventura che forse mi aspettavo, di certo poteva essere anche una delusione, ma era un’ipotesi che allontanavo, c’era qualcosa, mi intrigava e ciò mi bastava.
Puntualmente, alle 4 arrivò l’auto e si fermò in attesa.
Tolsi il plaid in fretta , misi le cintura e …alle 4.05 scese una persona, si intravedevano solo i capelli bianchi, era intabarrato con un grande mantello per proteggersi dal freddo ed aveva una valigetta in mano, strana forma, era un rettangolo abbastanza corposo, entrò in fretta in auto dal lato posteriore e in un attimo l’auto si mise in moto.
Feci altrettanto, dopo trenta secondi, complice il semaforo alla fine della strada, la raggiunsi…..

L’auto proseguiva lesta, la mia non era all’altezza, per fortuna avevo preso la più grande, mi tenevo a debita distanza, ma che bello vedere il cielo stellato, poche auto in giro, ma è meglio non divagare.

Le cose si mettono male, l’auto sta filando verso l’autostrada e ora? Vado.

Se si inizia una cosa si porta anche a termine.

Telepass a posto, benzina a posto, inserisco il navigatore, siamo in direzione Napoli. Onde evitare di fare il trenino, sorpasso e mi tengo sulla terza corsia, mi faccio superare, mi allontano, e ora? Che succede? L’auto mette la freccia e si avvicina ad un’area di sosta dove vedo stazionare un furgoncino. Non posso non superare, accidenti. Decido di fermarmi alla prossima area di sosta, a trovarla, eccola è prossima, metto la freccia e in  quell’istante con la coda dell’occhio intravedo l’auto, sta sopraggiungendo con il furgoncino al seguito, stavolta in velocità.

Elimino la freccia e mi metto sulla scia, loro aumentano e io arranco, ma sono fortunato la sagoma del furgone mi fa da segnalatore, usciamo dall’autostrada, direzione tangenziale, non c’è un’anima, qualche fornitore e trasportatore. Il navigatore mi da indicazione che siamo sulla via per il mare, ma alle 4.35 chi va al mare? Pensieri scomposti, mi concentro, siamo sulla strada di Pozzuoli, direzione porto e qui le cose diventano difficili, c’è un andirivieni di auto e camioncini, cerco di non perdere l’obiettivo, scendiamo per viuzze verso il mare, certo le scorciatoie sono ben conosciute all’autista dell’auto, ma a me no!

Prossimo incrocio alla fine della strada a T, esco, mi fermo, scomparsi!

Vediamo, ho due opzioni, la destra non mi piace nemmeno per le strade, decido di andare a sinistra, quando tutto manca riprendo la strada inversa e torno a casa. Complice la strada semideserta, cammino a passo di lumaca, sostando nei pressi delle traverse, nulla. Ma dove mai sono finiti? Quando ho quasi perso la speranza, in lontananza, quasi come si facesse l’occhiolino, una grande “ P” di parcheggio, si accende e si spegne mi guida.

9 Dicembre 2022 – Tutta colpa di un’anatra!

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Aosta

– Dott.ssa ho una bella notizia per lei.

Il cellulare iniziò a tremare

– Quale?

Quel silenzio non finiva mai

– Allora?

Si sentì un sorriso

– Sono uscite le graduatorie del Concorso Nazionale, lei è tra le prime venti…

Lanciai un urlo, poi recuperai il cellulare volato sul divano

– E…

– Le è stato assegnato l’incarico nella sua regione, l’aspetto per la firma di accettazione nel mio ufficio.

Non riuscivo a crederci

– Grazie Direttore, ci vediamo in ufficio.

Questo era successo una settimana prima, ora mi trovo sull’autostrada per Reggio Calabria, finalmente ritorno nella mia regione, dopo una gavetta durata dieci anni, tra le montagne della Valle d’Aosta e Trentino.

In ufficio fu prima festa grande per me, non avevo mai nascosto il mio desiderio di tornare a casa, poi venne il momento commovente ed emozionante degli addii, non so quanto ho pianto, volevo essere forte, ma alla fine, crollai.

8 Dicembre 2022 – Una seconda opportunità.

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Erano le quattro e mezza del mattino e a quell’ora le strade erano deserte, il vento soffiava forte e la temperatura era intorno ai due gradi, ma noi tre, liberi dal lavoro, eravamo spensierati e tra una battuta e un’altra mi accompagnavano a casa perche ero il più giovane del gruppo, poi loro due raggiungevano le loro abitazioni poco distanti dalla mia.

Eravamo tre amici inseparabili e avevamo solo due passioni all’epoca, la musica e la cucina!

Mi chiamo Rino e i miei due amici Dino e Ludo, già Ludo, nome criptico, un dono dei suoi genitori, convinti della nascita di una femminuccia per tutta la durata della gravidanza avevano illusa la nonna paterna promettendo la continuità del suo nome, Ludovica, quindi quando tra lo stupore di tutti, nacque un bel maschietto, per non deluderla lo vollero chiamare Ludo, un nome da lui mai accettato e lo marchiò per tutta la vita.

Ci eravamo esibiti in un pub, Dino era compositore, voce solista e suonava la chitarra, Ludo si alternava al basso e al pianoforte ed infine io ero il batterista e alle volte sassofonista, suonavamo canzoni degli anni ’70/80, arrangiate a modo nostro….

7 Dicembre 2022 – Iole.

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Iole.

– Non se ne parla proprio…
Pausa
-…ma siete impazziti, cinquemila euro…ma è una miseria…
Pausa
– …ma che vuol dire che è piccolo…è un monolocale…si capisce che
è piccolo…o no…lo dice la parola…incredibile…
Pausa
-…basta!…la mia richiesta era di quindicimila euro, più che onesta,
ma visto che fate così i simpatici, se trovo qualcuno, mi
accontenterò anche di diecimila euro subito, addio.
Non avrei dovuto ascoltare, ma non potevo evitarlo, ero entrato in
quel bar solo perché avevo freddo, un bar molto grazioso, un
bancone pieno di dolciumi sulla destra entrando, poi subito dopo la
cassa e di fronte cinque piccoli separé con due sedie e un tavolino,
erano quasi tutti occupati e prima che qualcuno potesse
guadagnare il quinto separé mi fiondai, il tempo di sedermi un
cameriere sorridente
– Siete stato fortunato!
Lo guardai stupito, ma il suo sorriso mi disarmò, in un altro
momento mi sarei arrabbiato, invece
– Grazie.
La mia espressione stupita diceva altro, capì di essere stato
inopportuno e con aria professionale
– Gradisce qualcosa?
Mi rilassai
– Si, per cortesia una cioccolata calda e una cialda, grazie.
– Subito!

 

Con un perfetto dietrofront sparì!
Ero di pessimo umore, sradicato dalla mia città in ventiquattro ore,
nemmeno l’auto mi avevano fatto prendere “E’ la tua occasione,
vedrai”, solo una valigia con il necessario e poi imbarcato su un
aereo, destinazione “Aeroporto Orio al Serio di Bergamo”, quasi
svenivo, ero a millecinquecento chilometri da casa!
Ma chi me l’aveva fatto fare?
Figlio di un siciliano e di una toscana, mio padre era il proprietario
di un ristorante a Ragusa, mia madre una giornalista e fu proprio lei
ad inculcarmi le prime nozioni per il giornalismo e mio padre quello
della ristorazione, mia madre ci tenne particolarmente che non
prendesi l’accento siciliano d’accordo con mio padre, solo con gli
amici parlavo il siciliano che conoscevo molto bene, ma con gli altri
parlavo un perfetto italiano.
Da poco avevo festeggiato i miei trenta anni, ero un giornalista
investigativo e usavo uno pseudonimo “Lince”, con quello firmavo
gli articoli, ma uno di questi fu la causa del mio allontanamento
precoce dalla mia amata isola, alla ricerca di uno scoop, tanto
desiderato e voluto dal mio Direttore del giornale, era euforico, per
la prima volta avevano dovuto far ristampare le copie del giornale
perché terminato in tutte le edicole dell’isola.
La ragione?
Avevo scoperto un bidone di immondizia, una commistione, tra
politici e mafia con ramificazioni in tutto il territorio italiano, ed era
proprio per questo che mi trovavo all’altro capo della nazione,
dovevo ricercare, trovare e raccontare, il ramo sporco dei colletti
bianchi sul continente con l’aiuto dei servizi segreti italiani, solo loro
conoscevano la mia vera identità..
Come da istruzioni prima della partenza, all’arrivo seguii le persone
verso l’uscita, non eravamo in molti quella sera, una decina forse,
mi avevano detto che all’arrivo mi attendeva un auto e guardando

 

all’uscita vidi una persona con un cartello con solo un nome ”Alfio”,
mi avvicinai
– Sono io!
Mi squadrò, prese un tablet e dopo essersi rassicurato che ero
proprio io quella persona in fotografia
– Mi segua!
In auto, lui davanti e io dietro
– Sul sedile troverà una valigetta, dentro ci sono le istruzioni per la
sua permanenza qui, alloggerà per il momento in un appartamento
residence “La corte dell’angelo”, poi verrà contattato da un nostro
agente, buona permanenza.
Fine comunicazioni!
La sera dopo vennero, uno dei due era l’autista del giorno prima, mi
diedero nuovi documenti, mi chiamavo Vieri, nato a Firenze, era un
diminutivo di Oliviero “colui che possiede uliveti”, avevo un lavoro
presso la Gazzetta di………., come giornalista gastronomico e
trentamila euro in contanti, potevo utilizzarli come volevo, un tablet
per il resoconto giornaliero e due numeri di telefono cellulare per i
contatti con loro con un nuovo cellulare certamente intercettato da
loro, ci tennero a precisare che avevo carta bianca per le mie
ricerche, ma volevano essere messi al corrente di tutto quello che
poteva essere importante per l’indagini.
Erano di poche parole e nella mia mente li battezzai Flick e Flock!
Dai documenti nella valigetta venni a conoscenza che il soggetto
che stavamo cercando, per molto tempo era stato localizzato nei
paraggi di un quartiere della Bergamo alta ed era proprio lì che mi
diressi quella mattina ed entrai in quel bar.
Ero alla ricerca di un alloggio nelle vicinanze, ad onor del vero lo
cercavo in locazione, ma non mi sembrò vero ascoltare quella
telefonata, detto e fatto, con il giornale in mano mi affacciai al
separé e vidi una signora sulla sessantina che stava sbuffando….

(Totale 113 pagine)

(Ogni riferimento a persone, luoghi è frutto solo di fantasia)

…segue…
Non sono uno scrittore ma un “sognatore narrante” e questi sono i miei sogni riportati sotto forma di E-Book.
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