Archivio annuale 2021

5 Agosto 2021 – Diario di un “sognatore” – “Vita reale”– Quarta parte

…E…una rivelazione a sorpresa:

pag.17

“…

– Anna ti vuole.

– Perché te ne vai?

– No non me ne vado, vado a preparare la colazione.

– Ha detto il medico leggera.

– Ricevuto.

Salii sopra, ed eccola li, stava seduta sul letto, Richard le aveva posto dei cuscini o tutto quello che aveva potuto trovare per farla stare comoda, era imbronciata, poi vedendomi cercò di darsi un contegno:

– Sei un bastardo

– Lo so.

– Sei l’essere che meno avrei voluto vedere qui.

– Lo so

– Sapevo che eri arrivato

Stavolta ero io stupito

– Si, lo sapevo

– ma…

– Niente ma, volevo vendicarmi

– ma..

– Ho chiamato io Francesco il giardiniere per sapere se eri tu che stavi a casa, e quando oggi mi ha chiamato per dirmi che cercavi un ristorante, sono stata io a suggerire di dirti di venire qui.

Non ci potevo credere, sapeva tutto , anzi aveva preparato tutto.

– Si, è inutile che ti arrovelli in quella tua testaccia, e non te la prendere con Francesco, sapeva tutto perché ha sposato la mia migliore amica. Si, ti aspettavo, ti ho visto arrivare, e già pregustavo quello che ti volevo fare.

– ma..

– E smettila con questi ma! Mi hai umiliata, illusa, abbandonata e alla fine

Aspettavo la stoccata finale, il medico aveva detto che si sarebbe ripresa presto, ma mica così presto, per la miseria.

– e alla fine, mi hai salvata!

Non me l’aspettavo, aspettavo tuoni e fulmini, e invece la dolcezza nelle ultime parole, mi fecero sciogliere , l’abbracciai e piangendo insieme:

– Scusami e se puoi perdonami!

Richard salii proprio in quel momento, con un vassoio in mano, con discrezione fece un accenno di  tosse, poi salii sempre di più con il tono, alla fine ce ne accorgemmo, lo guardammo e scoppiammo in una risata liberatoria, tutti e tre:

– Vieni qua amico mio, questa è Anna.

– Piacere di conoscerla.

E giù un’altra risata!

Anna mi guardò seria:

– Rino, so tutto, Richard era venuto giù per svegliarti, poi è risalito e ha detto che era proprio un peccato, perché sembravi un angelo del focolare.

Rise:

– Ci credo poco.

Dissi io.

Lei non rispose, ovviamente aveva capito tutto, come sempre:

– Allora mi ha raccontato tutto, dalla a alla zeta.

La guardai allarmato:

– Proprio tutto?

Fece di si con la testa.

Oddio e ora che succede:

– Ora sono io che voglio raccontare tutto.

Quasi, quasi mi veniva un colpo!…”

A domani.

Araldo Gennaro Caparco

4 Agosto 2021 – Diario di un “sognatore” – “Vita reale”– Terza parte

Tutto avvenne in poco tempo!

E dopo un salvataggio miracoloso….

da pag.12 a pag.16

“…Ma perché?

Era una domanda che non aveva risposta, ma mi martellava, la guardavo com’era bella, nonostante dal viso traspariva una sofferenza che avrebbe potuto portarla alla morte.

La bombola dell’ossigeno era pronta, mi sedetti su una delle due poltroncine , trattenendo la sua mano e massaggiandola, sentivo che lei sentiva, alle volte stringeva di più con le dita.

Dopo un poco di tempo, sali Richard con delle tazze, con un profumo che in quel momento mi sembrò paradisiaco, aveva fatto del brodo bollente di carne. Si sedette anche lui su una poltroncina e iniziammo a sorbire a piccoli sorsi, la guardava e non aveva il coraggio di parlare, iniziai io:

– Per fortuna che oggi sei venuto, senza di te non ce l’avrei fatta.

Mi guardò sorridendo:

– Sono io che ti devo ringraziare. Senza di te, non avrei mai conosciuto questa bellissima ragazza.

Fui colpito dalla sua sincerità, se ne accorse:

– Scusami , forse non dovevo!

Stavolta fui io a sorridere:

– No, amico mio, sei stato sincero ed anch’io lo sono stato con te, quando ti ho raccontato tutto, ho detto la verità, non una bugia, si le voglio bene, e anche tanto, ma come una sorella, quella che non ho mai avuto, quella con cui non mi sono potuto mai confidare. Il mio amore non è qui, stai tranquillo.

Si illuminò come una lampadina, si alzò e quasi si versava addosso tutto il brodo della tazza, mi venne vicino e mi abbracciò forte, forte.

Solo allora, prese coraggio e sedendosi sulla poltroncina, prese l’altra mano di Anna e la massaggiava come facevo io.

Il tepore della stanza, la stanchezza prese il sopravvento, ci addormentammo, dopo circa un’ora mi svegliai di soprassalto, poi con calma mi resi conto di dov’ero, vidi il mio amico con la testa sulla coperta vicino alla mano che teneva saldamente di Anna.

Mi alzai e scesi nella sala, prima passai per la cucina, diavolo di un Richard aveva messo tutto a posto, era di una pulizia immacolata, così come facevamo a fine servizio nell’albergo dove lavoravamo, poi andai nella sala, il camino sapientemente caricato, aveva bisogno di altra legna e li vicino c’era la pentola del brodo che era rimasta al caldo.

I tavoli erano in ordine, aveva anche spazzato per terra e rimesso tutto a posto. Uscii fuori e cercai la legnaia, presi dei ciocchi di legna d’ulivo, e li portai dentro,vicino al camino.

Non c’era ombra di polvere, ne sulle mensole, ne sui ripiani, era evidente che Anna ci teneva molto, in alcuni punti della sala si trovavano dei portafiori con dei fiori profumati che non davano fastidio. Era lavanda.

Si, era un bel posto.

Ma di chi era? Cosa era successo? Che ci faceva Anna li?

Domande senza risposta, ma dopo un poco sentii un urlo, feci la scala a quattro gradini e mi ritrovai sopra, era stato Richard:

– Che è successo?

– Ha aperto gli occhi, poi ha detto qualcosa e mi ha stretto la mano.

Andai vicino al letto:

– Anna mi senti? Se non puoi parlare, stringi la mia mano.

Ed ecco che le sue dita strinsero.

Avrei voluto urlare di gioia, ma mi trattenni:

– Ascolta. Siamo al ristorante, siamo io e Richard.

Strinse un’altra volta.

– Cerca di aprire gli occhi, non è un sogno.

Niente.

– Anna ascoltami, non sei in un sogno, sono io Rino.

Ecco, apri gli occhi.

Evviva!

– So che non ti ricordi nulla, ma non ti preoccupare, sei in buone mani. Se hai capito batti le ciglia una volta.

Uno!

– Bene, ti stai riprendendo, sei sul lettino sopra alla cucina.

Uno!

– Non ti domandare il perché, poi tutto sarà chiarito, ora riposati.

Uno!

– Se hai voglia di bere qualcosa di caldo, ho fatto un brodino.

Era Richard che aveva preso coraggio:

Uno!

– Rino, come ce lo facciamo bere?

– Semplice, vado giù e prendo una cannuccia al bar.

Mi stavo allontanando, quando:

– Rino

Era Richard che indicava Anna.

Guardai Anna, batte le ciglia due volte.

– Vado io.

E scese.

La guardai e dissi

– Allora so che vorresti buttarmi fuori, e non hai tutti i torti, ma ti prometto che lo potrai fare quando starai bene, capito?

Uno!

Mi misi a ridere e anche i suoi occhi ridevano.

Ritornò Richard e rimase perplesso guardandomi ridere, poi gli raccontai e si tranquillizzò:

– Ora fatti da parte che è il mio turno.

Mi spostai e Anna non fece difficoltà:

– Posso aiutarti io?

Disse Richard

Uno!

– Well, allora fai finta che sei dal dentista

Uno!

– Ecco, io mantengo la tazza e tu tramite la cannuccia bevi, quando ti sei stancata, batti le ciglia tre volte e io la stacco.

Uno!

Che bel quadretto, non avevo mai visto Richard così preso da qualcosa, evidentemente Anna l’aveva colpito e non vorrei sbagliare pure lei non era indifferente.

Bah, chissà!

Scesi in sala e chiamai il medico per raccontargli come si stava evolvendo la cosa, fu molto contento, e mi disse che a questo punto, l’ossigeno non serviva più e che avrebbe mandato qualcuno a ritirarlo. Mi rassicurò che gli esami erano tutti nella norma e che se continuava così tra qualche ore si sarebbe ripresa, mi raccomandò di farle assumere roba leggera per tre giorni senza affaticarla. Lo ringraziai, dissi che avrei fatto come voleva, e lo avrei tenuto al corrente, poi gli dissi di far bussare due volte al campanello che sarei venuto giù con la bombola per riportarla all’addetto che avrebbe mandato.

In un angolo della cucina, notai una piccolissima scrivania e una sedia, con dei quaderni, quelli che solitamente si compilano a fine giornata per il commercialista, sbirciai il primo che era davanti e notai come l’andamento del ristorante era in negativo.

Guardai nei frigoriferi, e notai che pur non essendo proprio ricchi di ingredienti erano ben sistemati e freschi, non c’era nulla di scaduto.

Nella dispensa, pur se minuscola, aveva tutto il necessario e tra le attrezzature del ristorante c’era anche l’abbattitore, elemento indispensabile in un ristorante ma che pochi hanno in dotazione.

Due squilli di campanello, salii sopra, stava ancora sorbendo il brodo, curata da Richard che stava raccontando delle sue esperienze in Inghilterra, presi la bombola e andai all’ingresso, ringraziai e tornai dentro.

Faceva un freddo cane fuori, mi misi vicino al camino e mi addormentai….”

A domani.

Araldo Gennaro Caparco

3 Agosto 2021 – Diario di un “sognatore” – “Vita reale”– Seconda parte

Un incontro non previsto.

da pag.5 a pag.7

“…- Se mi riconosce sono nei guai.

Sempre più razionale:

– Da quando non la vedevi.

Immediatamente:

– Da dodici anni!

Tirò un sospiro di sollievo:

– Allora facciamo così, noi due parliamo in inglese, di certo in questi dodici anni sarai un poco cambiato, no? Tu non parlare!

Era rischioso, ma forse poteva andare, si, in dodici anni ero cambiato, i capelli erano più bianchi che neri, avevo la barba, curata, ma la barba prima non l’avevo.

Aveva ragione, non mi dovevo preoccupare!

Dovevo solo incrociare le dita, cercai di darmi un contegno e lentamente entrammo nella sala.

I tavoli occupati erano aumentati, meglio così!

Con fare disinvolto, ci recammo ai posti che c’erano stati assegnati, la cercavo ma non la vedevo, alzai il menu all’altezza degli occhi e feci finta di leggere le pietanze.

Richard, invece stava guardando la sala e non si accorse che la ragazza stava per venire al nostro tavolo, con una gamba cercai di toccare la sua, ma invece la sfortuna volle che presi in pieno una borchia di ferro che si trovava sotto la tavola, mi usci spontaneamente e ad alta voce:

– Ma che diamine ho colpito?

E mi abbassai sotto la tavola.

Quando mi rialzai.

La frittata era fatta!

Non c’era una ragazza davanti a me, ma una donna che al posto degli occhi neri come la pece, li aveva rosso sangue, le mani sui fianchi che prudevano, con le dita in movimento, le gambe divaricate per dare potenza al probabile schiaffo in arrivo o da destra o da sinistra o da entrambe le mani e la testa abbassata pronta a colpire la mia fronte.

No, non era una ragazza ma si era trasformata in un toro con le corna molto ma molto … imbufalita.

Solo allora Richard si accorse di quello che stava accadendo, ed in un perfetto inglese:

– God help use! (Che Dio ci aiuti)

Non ero più il solo con la un pallore cadaverico, anche il mio amico si aspettava da un momento all’altro una risposta non proprio urbana.

Dopo qualche secondo di imbarazzo, cercando di ritrarmi da quella attrazione fatale, degli occhi iniettati di odio, ritrovai la voce e rivolto a Richard:

– Ti presento una mia amica, Anna.

Lui mi guardò, come per dirmi qualcosa, poi in inglese:

– What are we doing? (cosa facciamo?)

Ed io:

– Let’s wait (attendiamo)

– What? (cosa?)

– The storm! (la bufera!)

Stranamente lei mi guardò con uno sguardo meno irato, poi:

– Sei un…..

Mi alzai:

– Non iniziamo ad offenderci, siamo in un luogo pubblico

Poi con le mani giunte:

– Ti prego, non qui!

La mia strana reazione ebbe il suo effetto, come una tempesta si alza all’improvviso con dense nubi nere e poi un venticello che nasce all’improvviso spazza tutto via, così il volto e tutto il suo corpo si rilassò, sembrava quasi una persona calma.

Richard riprese colore, tese la mano per salutare e fu corrisposto.

Io non ci provai nemmeno, fu sempre lei che ci sorprese:

– Visto che abbiamo fatto conoscenza e visto che lei conosce l’italiano, anche se stentato, potrebbe dire a questa persona che le sta di fianco, che invece di nascondersi avrebbe potuto presentarsi come una persona civile, ed io l’avrei accolto come tale, forse!

Nel frattempo ci eravamo seduti, solo lei sovrastava la tavola e noi due.

Colto di sorpresa Richard iniziò a ripetermi, ma lo bloccai:

– Se avessi saputo prima della tua presenza, sarei stato come sempre, molto civile e sarei venuto a salutarti, prima di entrare e di sedermi, e quel “forse” che hai detto che non mi convince. Puoi anche riferire che se la mia persona non è gradita possiamo anche andarcene.

L’avevo detto tutto d’un fiato, i miei nervi erano tesi come una corda di violino, stavo per cedere, scappare, ma non volevo dargliela vinta.

Si irrigidì, quella sua calma apparente mi faceva paura, la conoscevo bene, non si sarebbe fatta scappare l’occasione di rinfacciarmi tutto quello che avevo fatto.

Stavolta Richard non sapeva più che fare, devo dire che questa situazione grottesca, mi faceva quasi ridere adesso, ma non potevo, non era ancora finita.

Stava per parlare, quando fummo salvati da una voce che tuonò il suo nome, richiamandola alla realtà, si girò e si allontanò.

– Ma si può sapere che cavolo hai combinato?

Era il mio amico, che con un occhio guardava me e con l’altro squadrava la sala per vedere se lei era in prossimità.

– E’ una mia vecchia amica, anzi è stata più di questo, ma è successo tanto tempo fa.

– Ma che l’hai fatto, ho l’impressione che se avesse avuto in mano qualcosa di tagliente, l’avrebbe con piacere affondata nel tuo corpo.

– Si, ne sono certo anch’io!

– E allora?

– L’ho piantata due volte, senza farmi più vedere.

Stupito:

– Oh my God!…”

A domani.

Araldo Gennaro Caparco

2 Agosto 2021 – Diario di un “sognatore” – “Vita reale”– Prima parte

“Vita reale”, con questo romanzo si conclude la Trilogia – Se devi sognare, esagera! 

Un paesaggio incontaminato, boschi centenari, un luogo da favola…e dopo una curva…

da pag.1 a pag.3

“…ci stiamo recando al ristorante che mi è stato segnalato e che non conosco.

Richard è impaziente di arrivare, e più volte mi chiede :

– Quando arriviamo?

– Presto!

Sorrisi, presi l’ultima curva della strada che portava al Convento, poi iniziai a scendere in una piccola serie di curve, ed ecco in basso si poteva notare una costruzione quasi delimitata da due strade parallele, si intravedeva un grosso stagno, poi un’area con delle panchine, a ridosso un’area per il parcheggio e poi una costruzione.

Iniziai la discesa e dopo poco mi trovai all’ingresso della struttura, non c’era nessuno, entrai con l’auto e la parcheggiai vicino ad altre tre macchine in sosta.

– Ma come è possibile?

– Cosa?

Dissi io.

– Questo! Siamo in mezzo ad un bosco, su una piccola montagna, un allevamento con delle trote e che trote!

Risi, ci eravamo fatti la stessa domanda.

– Chissà, sarà una caratteristica del luogo.

Scosse la testa e la montagna dei suoi capelli rossi seguiva l’onda che si formava.

– Ma non avevi fame?

Si risvegliò:

– Certo! Andiamo.

Seguimmo il corso di un viottolo con acciottolato, alla fine tre gradini e vedemmo l’insegna, sobria ed elegante, era raffigurato un antico pozzo con relativo secchio alla fine e sotto

BENVENUTI

Al Pozzo

Entrammo e lo scambio termico tra l’esterno e l’interno, mi fece appannare gli occhiali, fu buffo, per alcuni secondi non vidi nulla solo la nebbia, Richard si accorse che stavo per prendere una caduta su un gradino e mi mantenne in piedi.

Fui fortunato, il gradino certamente mi avrebbe fatto fare un grande ingresso con il sedere per terra.

Lo ringraziai con gli occhi, ma era ancora tutto appannato, vidi e non vidi, una persona che veniva verso di noi e ci guidò ad un tavolo vicino al camino.

Il tepore finalmente sciolse la cortina, mi guardai intorno, la sala non era molto grande, forse circa 80 posti a sedere, tutta rivestita in legno, c’erano delle credenze antiche ai lati di una porta sulla destra, il soffitto era formato da travi in legno, il camino era certamente antecedente alla nuova costruzione, grande, con dei portali robusti in pietra e grande, come piaceva a me.

Sulla sinistra c’era un’altra porta, dove in alto si poteva leggere a lettere grandi,

SERVIZI e INGRESSO POZZO.

I tavoli erano per quattro persone, larghi ed abbondanti, con delle tovaglie in lino bianche sopra ad altre a quadretti rosse e bianche, tutti erano completi di accessori come bicchieri e posate, nel muro delle cripte con bottiglie di vino ed altre cose.

Era gradevole, mi piaceva!

Richard, si allontanò per andare a lavarsi le mani ed io nel frattempo, avevo notato una ragazza che si stava muovendo tra i tavoli occupati, sparecchiando.

Lo faceva con insolita leggerezza, senza fretta, era di spalle e potevo ammirare la sua gonna e camicetta in nero la gonna con un grembiule bianco e la camicetta bianca immacolata, i lunghi capelli neri riuniti a torcia sulla testa ponevano in risalto un collo piuttosto lungo.

Ma quando di girò, mi venne un colpo!

Mi alzai di scatto, prima che potesse accorgersene, coprendomi la faccia e i capelli con le mani e mi fiondai verso i servizi, entrai con una tale forza che se avessi incontrato qualcuno lo avrei di certo buttato di nuovo dentro, nei pressi di uno dei water presenti. Per fortuna non accadde, arrivai trafelato ai lavandini, dove Richard si stava lavando le mani con una certa meticolosità, tipica di cucina.

Mi guardò come se mi avesse visto per la prima volta:

– Rino, ma che succede?…”

A domani.

Araldo Gennaro Caparco

1 agosto 2021 – Diario di un “sognatore” – “Il Castello”– Decima e ultima parte.

Termina qui il diario del romanzo “Il Castello”, questi dieci spunti del mio racconto  pubblicato, se vi hanno incuriosito e desiderate conoscere il resto del racconto, potreste acquistarlo in formato EBook dal mio sito www.isognidiaraldo.it, il romanzo è formato da 254 pagine, grazie.

Un regalo inaspettato.

da pag.127 a pag.130

“…

Il giorno dopo Ostia, ho fatto creare una società, la “Dream the Sky” con soli due soci, io e te, a cui sono intestate il conto corrente e il contratto della cassetta di sicurezza dove sono depositate quegli oggetti che hai recuperato e il libretto di circolazione dell’auto, e sarà la stessa società che gestirà il ristorante di cui ho già la licenza d’apertura e funzionamento con tutte le autorizzazioni, farai gestire ad Isa la parte contabile. Quando io mancherò, l’unico beneficiario sarai tu di questa società.

Ero senza parole, per l’ennesima volta aveva pensato a tutto, non aveva dimenticato nulla:

– Ma è troppo!

– Nulla è troppo per un buon figlio.

Così dicendo, mi abbracciò e mi accompagnò all’elicottero, e prima di salutarci:

– Ora avverto Nando che si farà trovare al Castello nel pomeriggio, in modo da farti vedere il resto, salutami il Maestro e Isa, ci vedremo alla nascita della bambina, nel frattempo prosegui come meglio credi nell’organizzazione della struttura.

Ci abbracciammo, e salii sull’elicottero, non vedevo nulla, il mio cuore era troppo impegnato nell’assorbire tanto bene, le mie coronarie cercavano di far rientrare le pulsazioni in modo regolare, senza riuscirci.

Arrivai a Salerno, dopo un’ora e mezzo, segno che ne aveva fatta di strada il panfilo nel frattempo, presi il satellitare:

“Inizia la nostra avventura, grazie sempre”

Dopo pochi secondi la risposta:

“Dream the Sky, sempre!”

 

Presi il cellulare e chiamai casa, chiesi di far venire pure Riccardo e Irene, il Maestro mi volle sentire:

– Rino?

– Si Maestro

– Hai ascoltato?

– Si

– Hai deciso?

– Si

– Ti aspetto!

Non smetteva mai di meravigliarmi, era unico, ed io avevo avuto la fortuna di conoscerlo ed apprezzarlo per tutte le sue doti, e non solo quella culinaria.

Presi l’auto e la strada mi sembrava interminabile, arrivato a casa, nel salone li trovai tutti in attesa, il Maestro fu il primo a parlare:

– Il geometra ti saluta, ho dato la nostra risposta, mercoledì andiamo dal notaio.

– Grazie Maestro, prima di ogni cosa voglio ringraziare tutti voi, ma in particolar modo mia moglie Isa che mi ha dato sempre coraggio, oggi amore mio ho dovuto decidere una cosa senza di te, e mi ha fatto male, ma spero che condividerai con me la gioia per quello che sta per accadere.

Ora….

…e raccontai tutto, senza tralasciare nulla.

Mentre parlavo, mi ero commosso a tal punto, che Isa venne vicino per darmi forza nel proseguire, alla fine, tra l’incredulità generale, notai che tutti avevano accettato la mia risposta allo sceicco, in particolare il maestro, si alzò e ad alta voce:

– Sapevo che avresti fatto la cosa giusta.

Isa:

– Ti perdono, per aver deciso anche per noi, ma hai fatto quello che era giusto.

Mia madre che è sempre stata un’organizzatrice nata:

– E ora?

Aveva ragione

E ora?

C’erano tante cose da decidere e da fare.

Riccardo e Irene erano troppo silenziosi, dopo aver fatto le congratulazioni per quella avventura che stava per iniziare, notai che parlavano a bassa voce, come solo sanno fare gli innamorati, perché loro parlano con il cuore e non con le parole, allora dissi:

– Allora, voi due, volete dirci qualcosa?

Li avevo beccati, arrossirono allo stesso modo, poi Riccardo tirò un sospiro e:

– Volevamo dirvi che è nostra intenzione sposarci a fine anno.

La gioia esplose, chiamammo Ada per darle le ultime notizie, volle connettersi tramite skype e festeggiammo le due belle notizie a tavola.

Dopo pranzo, io e il Maestro, ci avviammo verso il Castello, avremmo visto la struttura, poi con calma saremmo ritornati per il resto con Isa e gli altri, avevamo un appuntamento con Nando, e non volevo farlo attendere.

Oramai la valigetta era un accessorio che portavo sempre con me, l’avevo alleggerita di alcune cose che avevo riposto nella cassaforte di casa.

Mentre guidavo, vedevo che il Maestro, ogni tanto si voltava verso di me, e poi senza parlare girava lo sguardo, aspettava una mia domanda, e in effetti ne avevo  una che mi bruciava sulle labbra, ma avevo promesso a me stesso di non farla, così, visto che non la facevo, iniziò lui:

– E’ stato difficile?

Avevo capito subito che cosa voleva dire, ma:

– Cosa?

– Decidere?

– Sulla proposta dite?

– Si

Era quello che voleva che io gli dicessi, poi:

– Sai hai fatto la cosa giusta!

Non mi trattenni:

– Voi già sapevate

Fece un balzo sul sedile:

– Chi te l’ha detto?

Sorrisi, l’avevo scoperto:

– Nessuno, ma stamattina quando vi ho trovato vestito di tutto punto, ho notato che avevate una macchiolina di pomodoro sulla camicia, segno che non eravate proprio andato a letto, ma mi avete atteso che per darmi un consiglio senza scoprirvi.

Era ancora più stupito:

– E’ vero, diavolo di un genero.

31 luglio 2021 – Diario di un “sognatore” – “Il Castello”– Nona parte

Emergenza pediatrica e la depressione di Riccardo.

da pag 69 a pag.73

“…

– Allora…

In quel momento squillo il cellulare, non era il mio ma quello del Maestro, il quale si alzò, chiese scusa e entrò in casa, dopo qualche minuto chiamò Riccardo, poi ritornarono entrambi, il Maestro preoccupato e Riccardo torvo in viso.

Tanto che Isa, si rivolse al padre:

– Che sta succedendo?

– Chiedilo a tuo fratello.

Era secco, e deciso, e arrabbiato.

Isa, degna figlia di tale padre ben conscia che il fratello non stava bene ancora, rispose con piglio altrettanto deciso al padre:

– Dimmelo tu!

– Rino ti ricordi di quella persona al pranzo che mi aveva lasciato il biglietto da visita, mi ha telefonato adesso, aveva avuto il numero di cellulare da Giorgio della Mimosa, per rintracciarmi e mi ha chiesto di Riccardo.  Ha un problema serio con il nipotino di sei anni, avevano contattato Boston per portarlo ma non c’è tempo e sono stati loro che hanno fatto il nome di Riccardo.

Ero molto attento, non tanto a quello che stava dicendo il Maestro ma alla reazione di Riccardo, il padre parlava e lui si era messo la testa tra le mani:

– Perché?

Dissi io:

– Dov’è ricoverato, vogliono operarlo d’urgenza e lui voleva avere la consulenza di Riccardo che ben conosce questo tipo di malattia, è stato proprio il Primario di Boston a consigliarlo, prima di dare il consenso. Allora gli ho detto che avrei rintracciato mio figlio e gli avrei dato notizie. L’ho riferito a Riccardo e lui mi ha detto che non se la sente.

Momenti drammatici, la tensione era alle stelle, nessuno di noi si sentiva di dire una parola, avevamo si visto qualche miglioramento, ma spesso capitava che si assentasse dal reale, tipico della depressione.

Irene si fece coraggio, si alzò, si inginocchio verso Riccardo che oramai aveva messo la testa così in basso che era all’altezza delle ginocchia, con la sinistra, libero il suo viso dalle mani, asciugò le lacrime che stavano scorrendo silenziosamente e guardandolo negli occhi:

– Sono solo poche settimane che ti conosco, ma mi sembra una vita che ti stavo aspettando. Ho imparato a conoscerti e a volerti bene, ho sentito la gioia quando mi hai raccontato dei tuoi piccoli pazienti che ce l’avevano fatta e la tristezza per quelli che non avevi potuto salvare. Ascoltami Riccardo, so che ce la puoi fare, non voglio convincerti, ma vorrei che ti ponessi una sola domanda – se fosse tuo figlio, cosa faresti?

Azz!!

Eravamo tutti in ansia per la sua risposta o la sua reazione, lentamente si alzò, aiutando Irene ad alzarsi, l’abbraccio, e le diede un bacio corrisposto, non credevamo ai nostri occhi, poi rivolto a me:

– Mi accompagni.

– Certo, dove?

Il Maestro, finalmente contento:

– A Velletri.

Irene non si era ancora ripresa, era rimasta interdetta, corse ad abbracciare Isa piangendo dalla gioia.

Presi il foglio su cui avevo appuntato tutto e lo passai al Maestro, il quale stava telefonando a Roma, prendemmo l’auto e andammo prima al Centro Ippico a prendere la borsa di Riccardo e in meno di un quarto d’ora stavamo sull’autostrada.

Avevo inserito il navigatore, avevamo due ore e mezzo di viaggio ad andatura normale, non vi nascondo che dove mi è stato possibile, ho aumentato la velocità, Riccardo era silenzioso, ma tranquillo. Avevo portato con me la mia valigetta con il telefono satellitare e il computer e bene feci, perché dopo circa un’ora di viaggio, il Maestro chiamò Riccardo per avvertire che gli ultimi esami fatti al bambino tre ore prima, li avevano mandato tramite email sulla mia posta elettronica.

Mi fermai ad area di sosta e feci passare Riccardo dietro in modo che potesse studiare con tutta calma il caso, sul computer.

Ad un certo punto sentii:

– Stanno per fare una cazzata.

– Che succede Riccardo?

– Succede che hanno preso un abbaglio, ma sarò più preciso dopo che avrò visitato il bambino.

– Che devo fare?

Fu preciso e netto:

– Correre.

Non me lo feci dire più di una volta, Isa mi chiamò ed io dall’auricolare le raccontai che cosa aveva detto il fratello.

– E tu?

– Sto correndo!

– Sii prudente.

– Non ti preoccupare, a più tardi.

Erano passati altri trenta minuti, questa volta fu il Maestro a chiamare:

– Rino

– Ditemi

– Dove siete?

– Abbiamo appena passato Frosinone

– Bene, allora ascolta, uscite per Latina, una pattuglia dei carabinieri è in attesa, vi faranno strada fino a Velletri.

– Carabinieri?

– Si, la seduta operatoria è prevista per le 21.00, il Direttore ha informato il Prefetto e lui ha messo a disposizione una pattuglia, per farvi andare ancora più spediti.

– Perfetto, a più tardi.

Cosi fu, all’uscita di Latina, trovammo non una ma due pattuglie, una dei carabinieri e una della polizia, e a sirene spiegate con noi al centro, stavamo volando verso Velletri.

Nel frattempo Riccardo aveva inviato i dati anche al suo Primario, poi chiamò il Vaticano o perlomeno così mi era sembrato, tutto in inglese.

Finalmente arrivammo, il Direttore era fuori in attesa, gli presentai Riccardo e sparirono dentro.

Chiamai a casa:

– Siamo qui, Riccardo è entrato adesso.

Era Isa:

– Come sta?

– Lo vedo tranquillo, professionale e desideroso di visitare il bambino.

– Speriamo bene

– Irene?

– Sta qui, stanotte rimane con noi, mi sembra un pulcino.

– Tranquillizzala, sa quello che fa, ha chiamato e inviato i dati dalla macchina al suo primario, poi ha chiamato il Vaticano.

Sorpresa:

– Il vaticano?

– Si, parlavano in inglese, ma per stare attento alla strada, non ho prestato attenzione.

– Fammi sapere.

– Un bacio….”

A domani.

Araldo Gennaro Caparco

30 luglio 2021 – Diario di un “sognatore” – “Il Castello”– Ottava parte

Un sogno che svanisce…

da pag.61 a pag.65

“…Le squadre non impegnate con i carpentieri e i muratori, stavano pulendo il sottobosco, che aveva aggredito le piante di alto fusto e stavano liberando anche antichi sentieri che una volta erano utilizzati in mancanza di strade per raggiungere il Castello.

Avevo fatto montare all’esterno e all’interno del casolare delle telecamere, per dare la possibilità ad Enzo da Berlino di seguire quando poteva i lavori, forse avevano deciso di chiudere il ristorante per la settimana per raggiungerci.

Stavo facendo dei calcoli, sulle spese sostenute, quando sentii un auto che sopraggiungeva, pensai subito ad Isa, usci fuori e vidi il Sindaco con il geometra che stavano scendendo:

– Che bella sorpresa sig.Sindaco.

Aveva una faccia che non mi piaceva:

– Buongiorno, potrei parlarle un momento.

Iniziai a preoccuparmi:

– Prego entrate.

Ci accomodammo, e:

– Sono portatore di una notizia non bella,

– Che succede , i miei familiari?

Scosse la testa:

– Come lei ben sa, io e mio fratello che è il Direttore dei Lavori abbiamo inoltrato da tempo la richiesta di variazione d’uso del Casolare, abbiamo fornito a supporto tutta la documentazione necessaria ed eravamo certi che questa sarebbe stata approvata. Gli estremi per un cambio di destinazione c’erano e ci sono tutt’ora, ma stamattina abbiamo ricevuto lui in qualità di geometra/direttore dei lavori ed io in qualità di Sindaco, la decisione dell’Ufficio del catasto generale, che bocciava la richiesta.

Ero allibito, non mi uscivano le parole:

– Ma come? Abbiamo fatto tutti i rilievi necessari anche geologici, abbiamo tutte le autorizzazioni, ed ora?

Il Sindaco era costernato:

– Le opere che sono state fatte, erano dovute per il consolidamento della struttura, ma purtroppo mentre la Commissione stava per dare il parere positivo, è stato presentato un ricorso circostanziato, che in base al quale, la destinazione deve essere quella di abitazione e non di altro genere.

Il geometra:

– Quando sono stato avvertito, ho contattato l’ufficio preposto e fatto domanda per la lettura del ricorso, hanno trenta giorni per rispondere.

Sindaco:

– Nel frattempo, ho dovuto emanare l’Ordinanza di sospendere i lavori e sono venuto personalmente a consegnarla, non mi sembrava opportuno farle arrivare dall’ufficiale giudiziario la comunicazione, e copia della stessa è già stata inviata agli uffici di competenza, nonché ai carabinieri. Sono molto dispiaciuto, ma purtroppo sono atti dovuti.

Non era possibile, non poteva essere vero, mi stava crollando il mondo addosso, il progetto, la mia famiglia, il sogno di una vita che stava per avverarsi, i soldi investiti, il futuro, tutto si fermava per un ricorso!

Non riuscivo a parlare, guardavo quei due ma il mio sguardo era oltre, tutto, tutto si stava vanificando:

– Ma il ricorso?

– La prassi è lunga, dopo l’invio entro trenta giorni, lo studio la preparazione del contro ricorso, la presentazione, poi la Commissione ha 120 giorni per emettere il parere, che dopo comunque deve essere accolto o respinto,  sia a livello comunale, che provinciale e regionale.

Era il Sindaco

– E nel frattempo?

Dissi io

Cercavo una soluzione, ma non la trovavo, mi aggrappavo a qualsiasi cosa, pur di uscire da quel girone infernale che mi stava strozzando:

– Nel frattempo, il cantiere da ora è chiuso a tempo indeterminato, solo in un caso può essere riaperto.

Con attenzione:

– Quale?

Il geometra:

– Che lei desista dal cambiamento dello stato d’uso e venga ritrasmesso per uso abitativo.

La frittata era fatta!

– E se continuassi?

Domanda stupida e non degna di un essere normale, ma in quello stato non lo ero, ne lo potevo essere:

– Sarebbe considerato un cantiere abusivo, oggetto di norme penali e pesanti sanzioni pecuniarie.

Il Sindaco:

Aprì la borsa e mi consegnò l’Ordinanza, firmai in automatico per ricevuta, la lessi era un caterva di codicilli ed articoli, ma la cosa più importante era racchiusa in poche righe, …”il cantiere seduta stante era chiuso per mancata autorizzazione a procedere secondo gli art.li……….”…

Cercai di darmi un contegno e di non far trasparire la rabbia dell’impotenza che mi stava assalendo:

– Ovviamente ottempererò a questa Ordinanza, nel frattempo continuate a seguire la pratica e resto in attesa di vostre notizie in merito.

Il Sindaco:

– Volevo avvertirla che tra poco arriveranno i vigili urbani che dovranno esporre l’Ordinanza e quindi il cantiere dovrà essere vuoto e il casolare sarà sottoposto ai sigilli.

Avevo bisogno di tempo per pensare, di pace e tranquillità, congedai ringraziando e mi chiusi nel piccolo casolare.

Non dovevo perdere la calma, non potevo chiamare nessuno in quel momento, dovevo assolutamente parlare con Sachib, lo feci chiamare, e gli raccontai tutto l’accaduto:

– Ma come è possibile?

Era stupito e incredulo:

– Nemmeno io ci posso credere, ma queste sono le leggi italiane, ti ho chiamato per fare in modo che in attesa dei vigili portate via tutto quello che vi può essere utile e i macchinari, perché una volta che sono stati posti i sigilli, nulla può essere preso, diamoci da fare, domani mattina ci vediamo qui io e te e parliamo del resto.

-Signore, chi può volervi tanto male?

Lo guardai:

– Che io sappia , nessuno!…”

A domani.

Araldo Gennaro Caparco

29 luglio 2021 – Diario di un “sognatore” – “Il Castello”– Settima parte

Uno spiacevole incidente e …

da pag.51 a pag.54

“…Eravamo quasi arrivati, che strano, c’erano delle persone, una trentina,  all’ingresso e stavano leggendo un biglietto sulla porta, posai l’auto e con il Maestro ci avviammo per raggiungerli, avevo visto la macchina di Riccardo parcheggiata, segno che era andato a prendere Isa e gli altri, ma non li vedevo.

Ci avvicinammo, mi avvicinai all’ingresso e lessi:

“Spiacenti ma a causa di un incidente oggi il Centro Ippico rimarrà chiuso”

Le persone e non erano poche, avevano prenotato da diversi giorni, per festeggiare l’anniversario dei loro genitori, erano amareggiati, ma anche preoccupati, evidentemente erano del luogo e conoscevano Irene.

Non c’è cosa peggiore, che l’attesa per una giornata particolare, e poi vederla sfumare così velocemente.

Leggevo sui loro volti, il dispiacere, ma cosa fare? Presi il cellulare e chiamai Isa:

– Pronto

– Si Rino

– Ma che è successo? Qui fuori ci sono delle persone, dov’è Irene? E mamma Ida?

Silenzio, no buono:

-Allora?

– Un’ora fa circa,eravamo appena arrivati, Irene stava facendo scuola di equitazione a delle persone, un improvviso scarto del cavallo che montava, dovuto ad un passaggio veloce di uno scoiattolo l’ha fatta cadere, mamma Ida che era in cucina, l’ha vista da lontano e si è sentita male. Adesso siamo nell’appartamento di Irene, Riccardo sta prestando le cure per lei e mamma Ida, per fortuna non si è rotta il braccio destro, ma è una brutta slogatura. Mamma Ida ha una tachicardia e non se la sente di aprire il ristorante.

Azz!!

– Sono dispiaciuto! Passami Irene.

– Cosa?

– Fai come ti dico amore mio,prima che queste persone si allontanino.

Dopo trenta secondi, una voce flebile:

– Dimmi Rino

– Mi dispiace per quello che è vi è successo,qui fuori ci sono una trentina di persone e stanno per arrivare altre persone, se permetti apriamo noi la cucina e il ristorante, io e il Maestro.

Il Maestro che aveva sentito tutto, approvò immediatamente, e si avvio a fermare le persone prima che si allontanassero:

– Allora?

– Ma non posso accettare.

– Ascoltami Irene, queste persone sono venute per passare delle ore liete, perché rovinare loro la giornata, ci pensiamo noi.

Fai presto a rispondere!

– Accetto! Non so come farete! La chiave la trovi, sulla finestra di sinistra in alto, dov’è la mimosa, grazie.

Ecco un segno positivo!

– A più tardi, riguardatevi.

Feci un cenno al Maestro di tutto bene, andai alla finestra e presi la chiave, ci scusammo per l’attesa, raccontammo in breve quello che era accaduto e ci presentammo:

– Saremo noi che vi serviremo, benvenuti.

Un applauso liberatorio dei convenuti, sciolse la tensione, li facemmo accomodare.

Eravamo “in pista” io e il Maestro, e vai!!

I tavoli erano già pronti, mentre loro si accomodavano:

– Maestro, ve la sentite?

– Alla grande.

Ci cambiammo rapidamente, io in sala e il Maestro ai fornelli, cosa avrei dato di essere con lui in cucina, non perché mi spaventasse essere in sala, l’avevo fatto centinaia di volte, ma per carpire qualche segreto del suo cucinare.

Prima di tutto, dovetti memorizzare i luoghi del locale, attivai i condizionatori a umidificatori, misi in funzione lo stereo con un audio moderato, poi andai a prendere del prosecco da offrire nell’attesa che il Maestro si organizzasse.

Già, ero preoccupato, ogni cuoco ama la sua di cucina ma in quella degli altri è un’altra cosa, dopo aver servito il prosecco, feci una capatina in cucina:

– Che ne dite?

Era straimpegnato, aveva trovato il menu per la festa dell’anniversario, aveva saggiato le basi e misi in funzione i fornelli, i forni e la salamandra.

Ma come cavolo aveva fatto?

Erano solo dieci minuti e sembrava il padrone della cucina:

– Sei tu, allora quanti coperti abbiamo.

Sorrisi, non perdeva tempo:

– trentadue tavolo 1, anniversario – quattro tavoli da quattro, 2,3,4,5, a la carte più due tavolo 6, a la carte.

Fece un rapido calcolo, lesse i menu della giornata:

– Bene, 50 persone, allora menu unico avverti in sala, eccezionalmente solo per oggi.

Era chiaro, il tempo stringeva non aveva aiuto in cucina, era solo, poteva dedicarsi ad un solo menu per fare le cose ben fatte come voleva lui, con me in sala stava tranquillo.

Con molta discrezione andai in sala, e feci veicolare il messaggio, aggiungendo:

– Il nostro pluridecorato Chef, sostituisce eccezionalmente la proprietaria e in questo caso propone questo menu per tutti in omaggio al festeggiamento in questo luogo di un Anniversario di matrimonio.

Riservai un tavolo per i nostri parenti da 6.

E si inizia la giostra:

– Rino, questo campanello, suonerà appena pronti gli antipasti, mamma Ida aveva preparato le basi, ora ci sarà il mio tocco.

E che tocco!

Trillo il campanello nel frattempo che prendevo l’ordinazione delle bibite, mi sarebbero serviti dei pattini a rotelle in quel momento, ma non li avevo, con tutta la velocità possibile, passai a servire l’antipasto tagliata di salumi e formaggi, diavolo di un Maestro, aveva aggiunto il miele in piccoli contenitori.

Portai le bibite, tagliai il pane, cestini pronti.

Ai tavoli!

Nel frattempo che gustavano l’antipasto, sul tavolo rettangolare in cucina, posizionai i piatti di portata vuoti:

– Vai in sala, dammi il tempo , per la fine dell’antipasto….”

A domani.

Araldo Gennaro Caparco

28 luglio 2021 – Diario di un “sognatore” – “Il Castello”– Sesta parte

Primo colpo di scena.

da pag.40 a pag.42

“…Inutile dire che tutti noi sapevamo il perché, ma per fortuna prima che arrivassero delle domande scomode da parte di Riccardo, arrivarono le pietanze. Mentre la signorina le stava servendo, per una maledetta storta, stava per cadere un piatto, me ne accorsi e feci giusto in tempo a fermare la caduta di lei, afferrandola con la mano destra alla vita. Lei stupita, di quello che stava accadendo, cinse con la sua la mia mano, per aggrapparsi, e fu allora che vide l’anello:

– Ma allora è lei il figlio dello sceicco?

Tutto accadde in pochi secondi, il Maestro stava per bere, gli cadde il bicchiere da mano sulla tovaglia e poi per terra, Isa che stava per portare una forchettata di spaghetti alla bocca,versò letteralmente tutto il suo contenuto sulla tovaglia, e Riccardo che si apprestava a versarsi un bicchiere di prosecco, gli cadde la bottiglia da mano, e in coro:

– Cosaaaaaaaaaaaaaa?

Avevo raddrizzato la signorina, alla vista di quello sfacelo, non sapevo se ridere o piangere, cercai di tamponare prima l’uno poi l’altro:

– Non è come credete voi, ora vi racconto tutto.

E come ciliegina sulla torta, la signorina svenne, lesto fu Riccardo a prenderla prima che cadesse a terra sbattendo la testa, la prese in braccio e la depositò su un divano poco distante, Isa si alzò, prese una boccetta di profumo che portava con se e la fece rianimare:

– Non volevo scusami, non volevo.

– Stai tranquilla adesso, ti riprenderai subito, respira profondamente, avanti.

Così fece e in pochi minuti riacquistò le forze, si erano avvicinati tutti anche la signora che era in cucina, fu la prima, ma il Maestro la fermò un attimo prima che arrivasse alla poltrona:

– Non si preoccupi mio figlio è un medico.

Si bloccò e attese che si riprendesse:

– Tutto Bene?

– Si mamma Ida tutto bene.

Ristabilita la calma, ci spostammo in un altro tavolo,  tutti mi guardavano incuriositi, andai alla macchina e presi la valigetta che mi aveva regalato lo sceicco:

– Ora in attesa di iniziare il pranzo interrotto così bruscamente, vi racconto tutto.

E così feci, fummo interrotti solo una volta dalla signorina che ci portò da bere e si scuso per l’accaduto:

– Non ti devi preoccupare, stai bene?

– Si grazie, è merito del signore che mi ha raccolto mentre cadevo.

Isa, senti dolcezza in quelle parole e prese la palla al balzo:

– Mio fratello si chiama Riccardo, io sono Isa questo è mio marito Rino e lui è il capostipite mio padre, saremmo onorati se ci trattassi come persone di famiglia.

Arrossi, che più non poteva, un peperone rosso era anemico nei suoi confronti:

– Grazie, grazie io sono Irene e in cucina c’è mamma Ida. Tra poco sarà tutto pronto….”

A domani.

Araldo Gennaro Caparco

27 luglio 2021 – Diario di un “sognatore” – “Il Castello”– Quinta parte

Il mio diario, piccoli spunti tratti dal romanzo “Il Castello”. Buona lettura.

Una nuova novità, il Centro Ippico “Il castagno”…e una dolce proprietaria, Irene:

da pag. 35 a pag.37

“…

Azz!

Ero senza parole!

Il Maestro e Riccardo si erano fermati sulla terrazza, feci quello che avrebbe fatto un fratello, andai verso di lui, lo abbracciai forte forte:

– Ce la faremo, vedrai!

Mi guardò, con quello sguardo spento, ma una scintilla scoccò e rimanemmo in silenzio abbracciati.

Ecco perché Isa prudentemente aveva allontanato i bambini, e mia madre complice l’aveva ascoltata. Voleva dare il tempo al fratello di sfogarsi con noi della famiglia.

Isa ci raggiunse:

– Sarebbe ora di pranzo, ma visto che nulla abbiamo preparato, andremo al Centro Ippico, dove abbiamo preso un bungalow per Riccardo e pranzeremo li, ho chiamato e ci aspettano.

Centro Ippico? Altra novità!

Accettai di buon grado senza dire nulla, presi l’auto e ci avviammo. Non era proprio dietro casa, dopo una decina di chilometri, vidi l’indicazione

“Centro Ippico Il Castagno”

In effetti si trovava in un enorme castagneto, ed eccolo davanti a noi, il paddock, il campo per i principianti, le stalle ordinate in due file, poi il corpo centrale, che fungeva da direzione e agri ristorante. Fermai l’auto, nel parcheggio, Riccardo chiese di andare a fare una doccia che poi ci avrebbe raggiunto. Il Maestro non volle lasciarlo da solo, disse qualcosa a Isa, e noi due ci avviammo alla sala.

Dopo l’entrata, notammo una decina di tavoli, perfettamente pronti, c’erano una decina di persone, ad un tavolo che forse festeggiavano qualcosa, Isa decise di usare un tavolo leggermente distante, per poter parlare in pace. Notai, la pulizia e il profumo del pulito, dalle tovaglie alle tende, i bicchieri a tavola erano lucenti, le posate erano nascoste sotto dei copri tovaglioli, un profumo di legna proveniva dalle travi a tutto sesto in alto, era confortevole e caldo.

Ci accomodammo:

– Rino papà ha detto di chiamare Ada.

– Ada?

– Si, vuole vedere se le è possibile raggiungerci nei prossimi giorni.

Aveva ragione, come sempre il Maestro, con le due sorelle vicine, i nipoti e noi tutti, avrebbe avuto di sicuro un giovamento:

– Certo, ha ragione, vuoi che la chiamo io?

– No, ora vado fuori e la chiamo.

Rimasi solo, respiravo aria di cucina, guardai ancora meglio il locale, in fondo sulla sinistra, c’era un vetro e dietro vidi una signora che stava ai fornelli, mi è sempre piaciuta l’idea della cucina a vista, anche al Casolare volevo fare la stessa cosa, poi la vidi, una ragazza stava venendo verso di me, alta, con i capelli neri racchiusi in una cuffia, una camicetta bianca e una gonna a quadroni, con un sorriso:

– Buongiorno, vogliono ordinare.

Quel sorriso incantava, era contenta, erano entrati altri clienti e non si faceva remore a farlo capire, mi destai:

– Buongiorno, si certo. Solo un attimo che arrivano tutti, se vuole può dirmi il menu e io lo trasmetto agli altri. E complimenti per la sala perfettamente arredata e pulita.

Se avesse potuto avrebbe sorriso ancora di più, in quel momento entrò Isa:

– Mia moglie.

– Buongiorno.

– Buongiorno, ma lei non era venuta prima con un altro uomo?

Isa, divertita dalla mia faccia, le sorrise:

– Si, sono venuta con mio fratello, lei è la proprietaria del Centro.

– Si, scusatemi, non volevo.

Mi piaceva questo duetto, era ovvio che Isa si era accorta che la ragazza mi aveva colpito e quindi volle mettere subito in chiaro le cose. Nel frattempo io avevo avuto la possibilità di scrutarla senza farmene accorgere, volto pulito, 28 anni circa, un’ombra di rossetto sulle labbra e un corpo da amazzone. Non c’era nulla da dire era proprio una bella ragazza, mediterranea.

– Allora vi dico il menu, per primo spaghetti al limone o ravioloni castagne e ricotta con sugo semplice, per secondo carne arrostita con contorno di insalata o salciccia e patate al forno.

Semplice, semplice:

– Grazie, aspettiamo gli altri, allora.

– Vi porto qualcosa da bere nel frattempo.

Accettammo di buon grado e se ne andò, silenziosamente come se fosse in una sfilata, la stavo guardando.

Isa mi diede una gomitata:….”

A domani.

Araldo Gennaro Caparco