Archivio mensile aprile 2020

27 Aprile 2020 – Quattordicesima puntata: “Una seconda opportunità” di Araldo Gennaro Caparco

“Le storie sono magiche. La nostra capacità di essere umani è raccontare storie. Le storie uniscono le persone e ti rendi conto che anche gli altri hanno le tue stesse paure, hanno i tuoi stessi sogni. Le storie creano empatia e danno una “ragione di esistere”

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27 Aprile 2020…

Quattordicesima puntata: “Una seconda opportunità”.

…un mio nuovo “romanzo spontaneo sgrammaticato” in diretta web ogni settimana, cinque pagine da condividere con voi!!

Prossima puntata il 4 maggio 2020.

Araldo Gennaro Caparco
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…festeggiamenti, avevano una certa età e si vergognavano, conoscevano tutto quello che mi era accaduto negli ultimi mesi e solo la settimana prima Rosa
“Deciditi, non puoi continuare così, ti ammalerai”
Ed ora eccomi qui!
Entrai nella trattoria
– Padron Rino!
Mi girai stupito, guardai meglio, era Liam
– Liam!
Il nostro abbraccio fu spontaneo e violento al tempo stesso, non riuscimmo a parlare nessuno dei due
– Allora!
Ci girammo, era Rosa sorridente, aveva però gli occhi lucidi, mi rifugiai tra le sue braccia e lei in un orecchio
– Bentornato, vieni.
Salutai Liam e per mano ci avviammo verso la cucina, incurante degli sguardi dei clienti curiosi, ai fornelli c’era Nino
– Guarda qui chi è arrivato?
Era Nino, lo riconoscevo anche di spalle per la sua stazza, buffo con quel cappello rovesciato sulla testa, si all’incontrario, si girò con una frusta in mano, stava sbattendo delle uova, mi vide, la frusta saltò dalla mano rovinando sulla cucina e spargendo lembi di uovo dovunque
– Dio santo, allora è vero!
E in un attimo ci ritrovammo abbracciati tutti e tre e forse per la prima volta mi sentii sereno, anche la stanchezza era passata, ma Rosa, dopo che avevo rifiutato di mangiare qualcosa, mi fece accompagnare da Nino nella stanza di sopra, in quel momento realizzai che mi stavano aspettando, tutto era in ordine e su un tavolino, c’era un termos e dei pasticcini, tant’è che rivolto a Nino
– Ma…
Sorrise
– Domani Rino, domani, ora riposa!
E se ne andò!
Dormii come un sasso, fui svegliato dal trillo di un messaggio sul cellulare, lo presi al volo e una lacrima scese senza far rumore, sulla mia posta certificata era arrivata una notifica di una denuncia di diffida per l’episodio davanti la mia ex casa e di seguito una convocazione a trenta giorni al Tribunale della Sacra Rota per l’inizio della procedura per l’annullamento del matrimonio, non era possibile, mi sembrava di impazzire, ero stato proprio io a chiedere che si facesse la doppia funzione, civile e religiosa e Nina era d’accordo, e ora?
Non era bastato il divorzio civile, anche l’annullamento, ma perché?
Iniziai a singhiozzare piano, poi sempre più forte, presi un cuscino e tamponai la bocca per poter urlare senza essere sentito da nessuno, avrei perso tutto, anche mia figlia!
Alla fine, cercai di ricompormi e scesi giù in sala, guardai l’ora, era quasi mezzogiorno, tutti erano impegnati a preparare il servizio per il pranzo, ma quando Rosa mi vide
– Madonna santa, sei bianco come un cencio, Nino vieni adesso!
Mi trascinò verso un tavolo al lato opposto dalla cucina, Nino arrivò affannato, ma il fiato si fermò non appena mi vide
– Che ti è successo?…
Raccontai tutto, feci vedere il messaggio e poi li misi al corrente delle ultime notizie, erano a bocca aperta e Rosa ogni tanto cercava di tranquillizzarmi con la sua mano sulla spalla, ero arrabbiato, deluso, frastornato, oramai sconfitto.
Rosa e Nino, nei giorni successivi, avevano cercato in ogni modo di tranquillizzarmi, lei mi offrì un posto di lavoro in cucina, ma non volli accettare, cercai di mettermi in contatto con Nina, ma non rispondeva alle mie chiamate o per meglio dire il suo numero di cellulare e quello di casa, non erano più attivi, chiamai Didier, più volte, lasciai un messaggio sulla segreteria, ma non ebbi risposta, mi allontanai dalla trattoria, non perché mi dava fastidio, Nino e Rosa si comportavano come dei genitori per me, ma avevo bisogno di stare da solo, trovai un monolocale al lato opposto della città, per dieci giorni provai e riprovai, chiamando anche al ristorante dove ero stato il direttore, ma la risposta fu sempre la stessa
“Non sappiamo nulla, il proprietario è in viaggio con la famiglia.”
Prima di andar via Nino mi chiese se avesse potuto fare qualcosa per me, e io
– Trovami un lavoro!
Rosa
– Ma tu puoi rimanere qui, un lavoro c’è per te lo sai!
L’abbracciai
– No Rosa, non ci riesco oggi, forse un domani, ma oggi no, grazie.
Tramite Nino diedi l’incarico ad un avvocato di patrocinarmi alla Sacra Rota, solo per accettare l’incarico versai cinquemila euro, per fortuna avevo ancora da parte i soldi dell’assicurazione del camper e del food truck, senza mi sarei visto perso, per ora stavo utilizzando i risparmi che avevo sul conto corrente a Marsiglia, frutto del lavoro come direttore del ristorante, accarezzai l’idea di recarmi di persona a casa, ma il viaggio per Marsiglia sarebbe costato e quindi dovetti desistere, poi un giorno
– Pronto.
– Rino sei tu?
Era Didier riconobbi la voce, non riuscivo a parlare
– Rino?
Ispirai tanto fiato da gonfiare un pallone
– Si, finalmente!
– Come stai?
Non risposi
– Scusami se non ci siamo sentiti prima, ma solo oggi ho potuto chiamarti…
– Perché?
Silenzio
– Didier, perché? Ho chiamato Nina, l’ho chiamata a casa, sul cellulare, ho chiamato te e nessuno rispondeva, perché? Come sta mia figlia, lo sai che tra dieci giorni devo presentarmi per la causa di annullamento del matrimonio davanti ai giudici della Sacra Rota? Ma cosa sta succedendo, perché tanto accanimento? Non bastava il divorzio?
Sentivo solo il respiro lievemente affannato
– Parla, ti prego!
Solo allora
– Denis.
Stupito
– Cosa Denis?
– Ha fatto tutto lui e se potesse farebbe in modo di mandarti in galera pur di non vederti più…
Urlai
– M perché’ ? Cosa gli ho fatto io?
Non mi rispondeva
– Didier?
– Stamattina è partito per tornare a Marsiglia, noi siamo ancora a Stoccolma, dopo il tuo ultimo gesto a Marsiglia per contattare Nina siamo partiti per una crociera nei Mari del Nord, l’altro ieri siamo arrivati qui e lui aveva già programmato di acquistare un locale per un ristorante e ha coinvolto Nina in questa ricerca, lei ora non è in albergo in giro per vistare dei locali con la tata e Nives con un agente immobiliare…
Lui parlava ma io non lo sentivo, solo quando parò di lei e di Nives
– Come stanno?
– Nives chiede spesso di te tra l’amore della mamma e la disperazione del nonno, Nina spesso è assente, non riesce ancora a credere che tu possa averla tradita, è provata, ma suo padre riesce sempre in qualche modo a tenerla impegnata, più d’una volta mi ha chiesto se fossi a conoscenza di qualcosa su di te, le ho detto quello che sapevo…
Ero contento, stava pensando a me allora
– Lo sa che sono in Italia?
Silenzio
– No!
– Perché non glielo hai detto?
– Non ho avuto la possibilità!
Stava dicendo una bugia lo sentivo
– Didier cosa devo fare?
Sentii un sospiro
– Ecco, questa è la domanda giusta, ascolta mi hai raccontato tutto quello che è successo e se le cose sono andate veramente così, devi dimostrarlo…
Ecco dove voleva arrivare!
– …lo so che è difficile, ma è l’unico modo.
Piangevo in silenzio!
In sede del tribunale Nina nemmeno era presente, c’era solo il suo avvocato per procura, l’avvocato della famiglia, ma venni lo stesso a conoscenza tramite Didier che non aveva avuto modo di vedere le foto, vietate dal padre e la sentenza emessa fu il definitivo tagliarmi fuori dalla famiglia, non ero mai esistito e non avevo il permesso di vedere mia figlia, feci subito opposizione al Tribunale presso la Commissione Europea, entro sessanta giorni avrei ricevuto la risposta, mi sembrava di impazzire, come poteva essere che non ricordavo nulla?
Dopo il consiglio del mio avvocato di non essere presente alla Sacra Rota, caddi in depressione, la sentenza per annullamento fu confermata, l’avvocato mi disse che c’erano delle prove schiaccianti della mia infedeltà chiesi e ottenni, dietro il pagamento degli oneri di norma, notevoli, tra l’altro di ricevere copia delle prove, quando le vidi, 10 fotografie, rimasi senza parole, ritraevano quello che non riuscivo a ricordare e c’eravamo solo noi due, io e Sima, due corpi nudi, ma guardando meglio mi resi conto che su sette fotografie delle dieci, erano false, non ero io, galvanizzato dalla scoperta tentai di mettermi in contatto con Nina, con Didier, ma nulla, i numeri di telefono risultavano liberi o sconosciuto quello di Nina.
Misi al corrente il mio avvocato, ma fu lapidario
“E’ la vostra parola sulla sua, dovete dimostrarlo per poter richiedere il rifacimento del processo!”
Non era possibile che accadesse tutto ciò, non riuscivo a farmene una ragione e più volte tentai di mettermi in contatto con mia figlia, ma inutilmente, ero sull’orlo di fare una sciocchezza, volevo scomparire dalla faccia della terra, suicidarmi forse era l’unica soluzione, avevo perso tutto, cosa mi rimaneva?
Ma la provvidenza non si era dimenticata di me!
Nino riuscì a trovarmi un lavoro, Rosa continuava a pregarmi di lavorare con lei, ma non volli, accettai il lavoro, era a tempo determinato come operatore ecologico per tre mesi, quello che mi spinse ad accettare fu il mio aggrapparmi alla vita e l’amore per mia figlia Nives, dovevo tenermi impegnato e così accettai i turni più faticosi e meno appetibili per gli altri, lavoravo dalle due di notte alle dieci di mattina, riposavo solo due ore per poi andare a cucinare alla mensa dei poveri all’altro lato della città di Parma, preparavo pranzo e cena e servivo ai tavoli quando c’era bisogno, tornavo a casa distrutto, poche ore e ritornavo al lavoro, al Mercato Generale, si proprio quello dove avevo iniziato la mia attività con il food truck.
Nei primi giorni nessuno si accorse di me, poi qualcuno iniziò a farmi domande,
“Sai assomigli molto….”
“Ma tu sei già stato qui…”
Ero imbarazzante, ma dopo qualche perplessità accettai di rispondere alle domande senza entrare in ulteriori particolari, ma evidentemente le mie risposte non avevano esaudito la curiosità di qualcuno dei miei vecchi compagni di mercato, si informarono e mi resi conto dopo qualche giorno che sapevano tutto di me e della mia storia sfortunata, furono gentili con me, mai una parola sul passato, mi “adottarono” senza mai lasciarmi da solo, così dimostrarono il loro affetto nei miei confronti.
Non avevo più notizie da due mesi da Marsiglia, provai a chiamare Didier, ma non rispose, ma il giorno del mio compleanno, venni chiamato nel pomeriggio dal capo turno
– Ho un grosso problema.
– Ditemi?
– Potresti anticipare il turno di stanotte?
– Perché?
Era stato sempre gentile con me, era lui che mi aveva assunto
– C’è stata una manifestazione presso il Pro Consolato inglese in Corso Stati Uniti, ho bisogno di personale per ripulire, ci sono solo due addetti sul luogo, so che oggi è il tuo compleanno, ma….
– Vado!
Era contento
– Grazie, avrai il doppio della paga per questa giornata.
– Grazie…..
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…la prossima puntata il 4 maggio 2020…buona lettura…

 

20 Aprile 2020 – Tredicesima puntata: “Una seconda opportunità” di Araldo Gennaro Caparco

20 Aprile 2020…

Tredicesima puntata: “Una seconda opportunità”.

…un mio nuovo “romanzo spontaneo sgrammaticato” in diretta web ogni settimana, cinque pagine da condividere con voi!!

Prossima puntata il 27 aprile 2020.

Araldo Gennaro Caparco
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…quindici contratti per altrettanti matrimoni da eseguire entro la fine dell’anno
Ero su di giri, avevo telefonato a Nina per raccontarle l’andamento, inviato fotografie e quando le avevo detto della chiusura dei nuovi contratti mi passò suo padre
– Hai fatto proprio un bel lavoro figlio mio.
Rimasi di sasso, era la prima volta che mi chiamava così, mi sentii orgoglioso… e per l’ennesima volta sbagliai a credergli, recita un proverbio del mio Paese “Chi nasce tondo, non potrà mai morire quadro”!
Sima era stata efficientissima, sapevo che l’indomani sarebbe dovuta partire per la Thailandia e quindi quando venne a salutare in cucina, non mi meravigliai di nulla
– Ti ringrazio, senza di te questa settimana me la sarei vista di brutto!
Mi guardò interrogativamente, sorrisi, rispose al sorriso
– Senza di te, mi sarei trovato a disagio nel coordinare tante etnie e relativi menu, sei un’interprete fantastica, mi dispiace doverti salutare.
Mi abbracciò, nell’orecchio
– Lo faremo più tardi!
E sparì!
Come un’ebete la vidi scomparire in quella nuvola bianca di vestito svolazzante
– Signore noi andiamo!
Mi girai, erano gli avventisti, aspettavano la paga e questo mi distolse, quando finalmente spensi l’ultima serie di luce, su un ristorante, già ripulito e pronto per la domenica mattina, con i tavoli già preparati, guardai l’orologio, erano le quattro e mezzo, avevo tanta energia positiva, uscii fuori sulla terrazza del locale di fronte al mare e inalai tanta aria per quanto ne potevano contenere i miei polmoni e mi avviai verso l’albergo per il meritato riposo di alcune ore.
Appena entrai nella hall, il portiere di notte
– Signore è atteso nella sala grande.
Era sovrappensiero, continuai per la mia strada verso l’ascensore, mi richiamò
– Signore!
– Dica?
Sorrise, stranamente era uscito dalla sua postazione, mi prese un braccio e strinse
– E’ atteso…
Ero stupito, lo guardai bene, mi rimase impresso un neo piccolo nero sul sopraciglio dell’occhio di sinistra, mi guardai intorno
– Dove?
– Nella sala grande!
Indicandola, aprii la porta e…
…tutto era buio, poi si illuminò, sul palco in fondo c’erano i ballerini indiani che avevano allietato uno dei momenti del matrimonio, una musica dolcissima e martellante, iniziò e con essa loro a muoversi, il ritmo aumentava sempre di più, meravigliato mi accomodai e in quel momento entro in scena Sima, ogni ballo in India racconta una storia, fui affascinato da lei, era con degli abiti che mettevano in evidenza tutto il suo corpo con generosi spacchi laterali che lasciavano intravedere nascondendo, non stava ballando, ma con i gesti e le movenze, la storia raccontava di un Amore che era nato, più d’una volta si avvicinò e potevo sentire il suo profumo, gli occhi penetranti e gli sguardi ammiccanti, ero estasiato.
E fu la mia fine! E che cavolo, mica ero fatto di pietra!
I ballerini scomparvero, l’alba era prossima ad arrivare, vedevo il suo corpo di riflesso, mi prese per mano e dopo poco ci ritrovammo nella mia stanza, opposi una flebile resistenza, quasi impercettibile la sua voce
– Ora ti posso salutare come voglio e desidero io, vuoi?
La mia stanza era una suite all’ultimo piano dell’albergo, era composta di una stanza all’ingresso con due porte per i bagni e poi la stanza da letto, sul tavolino in quella stanza c’erano dei bicchieri e una bottiglia di spumante
– Vengo subito!
Disse stampandomi un bacio sulla bocca, oramai ero rapito e rosso dal desiderio
– Ti aspetto!
E scomparve in bagno per riapparire dopo un poco con i capelli bagnati e completamente nuda, mi portò lo spumante, lo stappai e lei mi diede le spalle conscia di quello che faceva vedere, versò e venne verso di me con i calici dopo aver stampato un bacio sul mio bicchiere, brindammo e non volle spegnere le luci, la sua pelle, il suo profumo invase tutto il mio corpo e…
…fu la mia fine!
Sentivo tuoni in lontananza, strano pensai, aprii gli occhi e non riuscivo a vedere nulla, c’era uno slip sulle mie orecchie e copriva i miei occhi, era rosa, in un attimo cercai di realizzare cosa stesse succedendo, qualcuno alla porta bussava con vigore, mi guardai intorno, tutto era in subbuglio, il reggiseno di Sima era sul mio bicchiere, il suo vestito per terra, il lenzuolo era disseminato dal rosso porpora del rossetto, la testa mi ronzava, vidi l’ora, mezzogiorno, i colpi alla porta aumentarono, cercai di trovare il mio slip ma non lo trovavo, presi la prima cosa che trovai sulla sponda del letto, un telo da doccia
– Vengo, arrivo!
Urlai, aprii la porta, era Nina con suo padre!
E come una tragedia, tutto da quel momento, andò a rotoli!
In pochi giorni, mi ritrovai, senza figlia, senza famiglia, senza lavoro, quello stesso giorno fui buttato letteralmente fuori casa, a nulla valse raccontarle la verità, le dissi che ad un certo punto non mi ricordavo più nulla, le mie ricerche per trovare Sima furono inutili, era partita la mattina stessa per la Thailandia e poi si era dissolta, sparita nel nulla, non volle sentire ragioni, era rabbiosa spalleggiata dal padre, riuscì ad avere in un tempo record anche l’affido esclusivo di Nives e mi era stato permesso di vederla una sola volta al mese con la sua governante per poche ore!
L’unico che mi diede una mano fu Didier di nascosto da Nina, riuscì a trovarmi una sistemazione in un affittacamere in un paesino vicino Marsiglia, i loro avvocati chiesero con urgenza una seduta della magistratura per la sentenza di divorzio e con una velocità impressionante, mentre ero assistito da un avvocato d’ufficio, mi ritrovai divorziato.
Nei mesi successivi, cercai in ogni modo di vedere mia figlia Nives, al di la delle visite programmate, ma vi riuscii solo due volte di sfuggita, mi sembrava di vivere in un incubo, non dormivo, non mangiavo e spesso a piedi facevo quei tre chilometri per arrivare nei pressi del ristorante con l’assurda speranza di poterla vedere, di parlarle, ma più d’una volta mi ritrovai a terra, malmenato da buttafuori del locale, arrivai ad incatenarmi davanti alla villetta dove erano, ma fui allontanato dalla polizia e mi beccai tre denunce per molestie.
Ero diventato l’ombra di me stesso!
Ogni notte rivivevo quel momento, come un film si srotolava nei miei ricordi, la notte prima di andare davanti alla scuola di Nives, dopo aver pianto per l’ennesima volta per tutta la notte, mi svegliai spossato ma deciso a cercare una soluzione, non poteva andare a finire così, volevo la mia famiglia, mia figlia ed ero certo di non aver fatto nulla di male e di essere caduto in una trappola, ne ero convinto, ma dovevo dimostrarlo e non era certo facile.
Fu Nives che mi vide per prima e incurante del grido della tata corse verso di me
– Papà!
Se avessi avuto le ali, in quel momento sarei volato verso il Cielo con lei, ci abbracciammo forte, con la coda dell’occhio vidi arrivare la tata
– Buon primo giorno di scuola piccola mia, papà ti vuole tanto, ma tanto bene!
Mi guardò sorridendo
– Anch’io!
Un attimo dopo era stata presa in braccio dalla tata e fu allontanata da me!
Vederla andar via così senza nemmeno poterla salutare, fu una sferzata che mi colpì profondamente e non so ancora oggi come capitò, ma dopo una corsa folle, mi ritrovai davanti alla mia ex casa, bussai il campanello una decina di volte, sentivo del trambusto al di la della porta, ma nessuno mi apriva
– Nina so, che stai dietro la porta,aprimi….
Nulla
-…ascoltami bene, quello che ti ho raccontato è la pura verità, sono stato raggirato, ma non ce la faccio da solo, ho bisogno di te, ti amo, ho bisogno di mia figlia, il mio grande amore dopo di te e ho deciso di dimostrarti che ho ragione, non so ancora come, ma da questo momento in poi, lavorerò per farlo, non riesco ad odiarti, ti amo troppo, dammi una seconda opportunità!
Nel silenzio irreale di una situazione irreale, i sensi si acuiscono, la sentivo, stava piangendo, il mio primo impulso fu quello di scagliarmi contro quella porta e abbatterla, ma avrei sbagliato un’altra volta, sentii la sirena di un auto della gendarmeria in avvicinamento, qualcuno evidentemente aveva avvertito suo padre della mia presenza lì
– Abbi fede in me!
E mi allontanai velocemente!
Non potevo restare inattivo, non avevo mai perso i contatti con Ines e avevo telefonato ad Alfio spesso, era arrivato il momento di partire da zero, dovevo combattere se volevo raggiungere il mio obbiettivo, quindi mi avviai a piedi verso il garage dove avevo ancora l’attrezzatura acquistata anni prima, quella degli eventi, volevo vedere in che condizioni erano e se potevo utilizzarle ancora, ma con mia somma sorpresa, trovai il garage vuoto, telefonai al proprietario e mi disse che molti mesi prima, erano arrivati dei traslocatori con un ordine firmato da Denis per portare via tutto.
Non avevo più nulla!
Nei giorni successivi, cercai di trovare lavoro nei ristoranti, ma era stata fatta terra bruciata intorno a me, ne ebbi a certezza quando mi avviai verso la pescheria di Alfio, appena mi vide mi venne incontro abbracciandomi, sua figlia Ines non c’era, aspettava un bambino, si era sposata con Andrè e fu lì che venni a sapere che Denis aveva velatamente minacciato chiunque mi avesse offerto un lavoro, lui non aveva paura e mi disse che se volevo potevo restare come dipendente nella sua pescheria
– Ti ringrazio, ma non è il caso.
Meravigliato
– Che farai?
Di getto
– Parto!
– Per dove?
– Torno in Italia!
Era la prima volta in assoluto, mai e poi mai mi sarebbe sfiorata l’idea di tornare a Parma e inconsciamente decisi di farlo, il tempo di arrivare all’affittacamere, raccattare in un borsone le mie cose, telefonai a Didier per avvertirlo, era stato l’unico a darmi una mano, stranamente non disse nulla augurandomi buon viaggio e partii con la mia auto destinazione Parma.
Furono otto ore via Monaco, Genova e poi Parma, terribili, ogni tanto dovevo fermarmi per riprendermi, non dalla stanchezza, ma perché le lacrime mi annebbiavano la vista, arrivai alle prime luci della sera nei pressi della trattoria da Rosa, a fatica uscii dall’auto, avevo tutti i muscoli indolenziti, mai e poi mai mi sarei aspettato di tornare, spesso in quegli anni di lontananza ci eravamo sentiti, sapevo che si erano sposati civilmente, non avevano voluto …

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…la prossima puntata il 27 aprile 2020…
Buona lettura

13 Aprile 2020 – Dodicesima puntata: “Una seconda opportunità” di Araldo Gennaro Caparco

13 Aprile 2020…

Dodicesima puntata: “Una seconda opportunità”.

…un mio nuovo “romanzo spontaneo sgrammaticato” in diretta web ogni settimana, cinque pagine da condividere con voi!!

Prossima puntata il 20 aprile 2020.

Araldo Gennaro Caparco

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– Votre hôte est également le bienvenu avec M. Didier. (Anche il vostro ospite e gradito con il signor Didier)
Didier tradusse.
Ero meravigliato, Nina mi guardò e sorrise
– Merci d’accord. (Grazie, va bene)
– Nous viendrons vous chercher à dix heures, au revoir et merci. (Verremo a prendervi alle dieci, arrivederci e grazie)
E ripartirono!
Tre anni dopo.
Eccomi qui come un mendicante in attesa dell’elemosina, non sono i soldi che mi interessano, sono fuori la scuola di mia figlia Nives, oggi è il suo primo giorno di scuola all’asilo, sono due mesi che non la vedo, lei e la madre sono andate in vacanza in Inghilterra in estate con Denis suo padre.
Non sono andato a casa stanotte dopo aver lavorato, volevo trovare il posto giusto almeno per vederla e non farmi vedere, perché… ho combinato un casino ed ora mi trovo in queste condizioni.
Le luci dell’alba sono ancora lontane, ho freddo!
Eppure tutto andava a meraviglia o almeno era questo che pensavo, iniziando da quella sera in Corsica, mi ricordo bene dopo la partenza della corvetta
Didier rivolta a Nina
– Hai fatto bene ad accettare, lo sai che non potevi rifiutarti.
Lei
– Lo so! Sono certa che è stato papà ad avvertirli che ero in zona.
Li guardavo stupiti, si girarono
– Rino te la senti di venire con noi?
Era stato Didier, guardai lei, aspettava
– Nina se non ti dispiace, vorrei rimanere qui, non mi sentirei a mio agio, sarei impacciato per le fasciature e poi se ho ben capito è un invito che non puoi non accettare, ti accompagnerà Didier e io nel frattempo cercherò di recuperare le forze riposando.
Era dispiaciuta, lo vedevo, lo sentivo e questo mi piaceva, si avvicinò e accarezzandomi una guancia
– Grazie, anche se mi dispiace di doverti lasciare da solo.
Sorrisi
– Me la caverò, stai tranquilla!
E così si avviarono, dopo essersi preparati, vedevo quel puntino bianco del motoscafo allontanarsi e già sentivo la sua mancanza, decisi che quelle fasciature erano troppo ingombranti e quindi dopo aver tolto quella del torace, medicai la ferita alla testa e applicai un semplice cerotto piuttosto largo, impiegai quasi un’ora da solo, ecco, ora andava meglio, respiravo!
Ero in procinto di mettermi a letto nella mia cuccetta, quando sentii un motore in avvicinamento, diavolo era già finito il galà, sentii i passi di qualcuno che scendeva, il motore si allontanava, mi avviai sul ponte e…
…eccola, era lei, meravigliato
– Siete già tornati?
La vedevo sulla scaletta, il corpo fasciato in un abito lungo celeste, ma per un gioco di luci si intravedeva tutto il suo corpo, sorrideva, aveva qualcosa di strano nei suoi occhi, anche loro sorridevano e scendeva lentamente facendomi arretrare
– Non potevo stare lì… Didier è rimasto, sono solo io…per te.
E la natura fece il suo corso!
Fu una settimana meravigliosa, navigavamo ed era più il tempo che eravamo sottocoperta che fuori al ponte, era stupenda, eravamo felici e innamorati pazzi, l’uno dell’altra.
Ma l’incanto finì quando ritornammo a Marsiglia, solo allora mi resi conto che non sarebbe stato facile far accettare al padre la nostra relazione, furono mesi tormentati, il padre non riusciva ad accettare che sua figlia fosse innamorata di uno spiantato, si, così mi chiamava, lui che aveva fondato un impero, due alberghi, quattro ristoranti.
Ci vedevamo di nascosto con l’aiuto di Didier, avevo provato in tutti i modi a farmi accettare da lui, ma non ne voleva sapere, fino a quando…
Didier
– Rino ti vengo a prendere a casa alle tredici.
Guardavo il cellulare incredulo, solo la sera prima c’eravamo incontrati in uno degli eventi che avevo organizzato, era venuto per avvertirmi che Nina era stata bloccata dal padre per una cena con l’Ambasciatore inglese
– Perchè?
– Denis ti vuole parlare!
Mi cadde il cellulare da mano, Denis era il padre di Nina
– Cosa vuole?
Lo dissi urlando, non era la prima volta che ci incontravamo e alla fine tutte le volte doveva intervenire Nina per dividerci, ero stanco di vederlo, ero arrivato al punto di chiederle di scappare con me pur sapendo che non l’avrebbe mai fatto, voleva troppo bene a suo padre e mi mortificai quando piangendo disse
– Ti amo Rino, ma non posso lasciarlo da solo è tutta la mia famiglia, lo capisci?
Didier
– Te lo dirà lui!
Eravamo nel suo appartamento, una suite all’ultimo piano di uno dei suoi alberghi, il più prestigioso, da lì si poteva intravedere tutta Marsiglia, seduti l’uno di fronte all’altro, mi aveva accolto freddamente, ci divideva solo una scrivania con la copertura di una lastra di cristallo, muoveva ritmicamente una penna sul cristallo, ero sul punto di scoppiare, ma non volevo dargli la soddisfazione di parlare per primo
– Tu sai cosa penso di te!
Mi alzai di scatto
– Certo! Era questo che volevate dirmi, allora posso andare.
E mi girai per andarmene, ma lui
– Quanto vuoi?
Dovetti contare fino a dieci prima di girarmi, il sangue affluì violentemente alla testa, ero rosso come un pomodoro
– Mi state offendendo!
Avrei voluto dire ben altro, ma non volevo provocarlo, lentamente dalla tasca interna della giacca prese un libretto d’assegni, scarabocchiò qualcosa, lo staccò
– Penso che questo ti possa convincere.
E spostò l’assegno verso di me, non lo guardai nemmeno
– State sbagliando, io….
Non riuscii a terminare di parlare, entrò Nina, strano non era preoccupata, anzi, era luminosa, Didier era dietro di lei
– Finalmente, i miei due uomini insieme…
Prima di andarle incontro, mi girai verso di lui, sulla scrivania l’assegno non c’era più
– Nina, come sei radiosa!
L’abbracciai, era eccitata
– Sediamoci!
E mi portò verso uno dei divani della stanza
– Vieni papà.
Didier rimase all’ingresso
– Cosa c’è di tanto importante bambina mia.
Lei non lo curò proprio, mi fissò negli occhi
– Sono felice Rino, ti amo e so che anche tu provi la stessa cosa, non so proprio come dirtelo…
Mi prese le mani e le stringeva a più non posso
-… aspettiamo un bambino e…
L’abbracciai forte
– Ma è meraviglioso, che bello!
Si sentì un tonfo, Denis, suo padre, era svenuto!
Didier chiamò il 118, Nina piangeva sul viso del padre, ricovero, lieve infarto e quando si riprese fu deciso che ci saremmo sposati e contemporaneamente avremmo fatto il battesimo del bambino, nella stessa funzione, non stavo nella pelle, io padre, era meraviglioso, andammo a convivere in una villetta acquistata dal padre per noi e Denis voleva che lavorassi nel più grande ristorante dei quattro, ma i rapporti tra noi non erano cambiati, era livido di rabbia, ma per amore della figlia evitava di farsi scoprire, non accettai, decisi di lavorare nel più piccolo, il quarto in ordine e grado, settanta posti, alla periferia di Marsiglia, accettò di buon grado, almeno così sembrava e così fu per tutta la gravidanza.
Poi nacque Nives!
Descrivere la nostra gioia è difficile, ero un padre molto ansioso e preso in giro da lei, sempre più bella, la gravidanza l’aveva ancora di più fatta diventare donna e spesso ringraziavo Dio di avermela fatta conoscere, due mesi dopo ci sposammo, fu una festa meravigliosa, in piena estate con quasi duecento invitati, suo padre volle che firmassimo un accordo pre matrimoniale, voleva tentare un’altra carta, nonostante fosse felice di essere nonno, c’era una postilla “in caso di divorzio nulla del patrimonio mi era dovuto”, gli diedi l’ulteriore schiaffo, firmando senza battere ciglia.
Se avessi intuito, se non fossi stato così accecato dalla felicità, forse… sarei stato più attento!
Ma così non fu!
Durò due anni, Nives iniziava allora a camminare, per stare più vicino alla famiglia, accettai di diventare il direttore del più grande dei quattro ristoranti, era ad un isolato da casa nostra, non appena potevo lasciavo il lavoro e correvo a casa
– Che bello averti qui!
Nina aveva deciso di non lavorare fino ai tre anni d’età della piccola, era una perfetta mamma e moglie, sempre contenta delle mie improvvise apparizioni
– Ti amo.
Più d’una volta, complice il riposino della bimba, passavamo delle ore nella nostra stanza da letto.
Il lavoro per me era bellissimo da quando Denis, dopo i primi mesi, perennemente presente, non si faceva più vedere nel locale, avevo dodici dipendenti, due uomini e dieci donne al servizio in sala, tra cameriere e sommelier e il ristorante andava alla grande, avevo stravolto i menu, inserendo pietanze italiane, gradite dai nostri clienti, ma…la fine era dietro l’angolo!
E io fui un coglione!
Quella settimana fu terribile, uno sceicco aveva deciso di sposarsi a Marsiglia e la futura moglie di origini locali, aveva scelto il nostro ristorante per il ricevimento del matrimonio, le sue richieste furono precise e dovetti assumere temporaneamente altro personale, gli invitati erano una marea e i menu, per il rispetto delle varie religioni dei partecipanti, erano complessi, sudai sette camicie per metterli insieme e farli accettare, per cinque giorni preparammo ogni giorno un menu diverso per essere certi della buona riuscita e fu proprio colpa delle diverse etnie che dovetti assumere un interprete.
E che interprete!
Si chiamava Simi, era di una bellezza straordinaria, parlava dodici lingue, le sue origini erano indiane, alta quasi due metri, un corpo statuario, due occhi verdi e una folta capigliatura liscia nera come la pece, vestiva sempre con sari multicolore, stravolse tutti, fu inviata da un agenzia dove Denis si rivolgeva in Inghilterra, era la mia ombra e fu la mia rovina.
Denis aveva invitato Nina per una settimana alle Baleari, lei non voleva lasciarmi solo, ma quell’impegno con lo sceicco era troppo importante per noi per rinunciare , ero certo, bastava che dicessi una parola e lei non sarebbe partita con Nives e Didier, non la dissi, anche perché ascoltai senza essere notato una telefonata con suo padre e da lì venni a sapere che era felicissima di accettare
Quindi non avendo la necessità di tornare a casa, per poter seguire da vicino tutti i preparativi, Denis mi fece mettere a disposizione una camera nell’albergo poco distante di sua proprietà, sarei dovuto essere più attento, ma l’impegno che mi ero assunto e la necessità di far fare una buona figura alla società, annebbiarono i miei cinque sensi.
Inizialmente non me ne resi conto, ma Sima sul lavoro era costantemente presente con me e così dopo i primi tre giorni, anche stupito dalla sua poliedrica esperienza non solo nelle lingue straniere, ma anche competenza sui cibi e gli ingredienti che dovevamo preparare e servire, diventammo una “coppia fissa”, anche per il pranzo e la cena.
Più volte al giorno sentivo la piccola al telefono e Nina, mi raccontò che il posto era bellissimo e suo padre aveva deciso di prolungare di due giorni la loro permanenza perché intenzionato ad acquistare un ristorante sul mare ed aveva chiesto consiglio a lei.
Era contenta, non me la sentii di protestare!
Il matrimonio si svolse il sabato e fu una giornata infernale, 600 invitati, 60 camerieri, dieci cuochi in cucina con le varie brigate, Sima sembrava un angelo con un sari bianco e una collana di topazio al collo, non ci fermammo un minuto dalle quattordici alle due di notte, quando finalmente tutto finì, con i ringraziamenti pubblici della coppia felice, gli apprezzamenti degli invitati e …

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…la prossima puntata il 20 aprile 2020…
Buona lettura

6 Aprile 2020 – Undicesima puntata: “Una seconda opportunità” di Araldo Gennaro Caparco

6 Aprile 2020…

Undicesima puntata: “Una seconda opportunità”.

…un mio nuovo “romanzo spontaneo sgrammaticato” in diretta web ogni settimana, cinque pagine da condividere con voi!!

Prossima puntata il 13 aprile 2020.

Araldo Gennaro Caparco

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Dopo un attimo di smarrimento, realizzai, sapevo bene cosa potesse significare, detto e fatto, presi un giubbotto, una cintura con dei pesi, lui intuì quello che volevo fare
– Ma non può farlo lei è infortunato!
Gridò, urlai
– Vado io!
Con una mano feci cenno di mettermi sulle spalle la bombola piccola di ossigeno, strinsi la cinghia, inserii il boccaglio e dopo aver messo le pinne un salto in acqua, l’impatto non fu proprio da manuale, ero scoordinato, quando risalii in superficie localizzai la boa e nonostante i dolori, a bracciate la raggiunsi, per poi immergermi, non vedevo nulla, seguivo la corda, ogni tanto davo uno strappo, sperando in una risposta, ma nulla, furono secondi interminabili e quando raggiunsi la fine mi spaventai, lei non c’era, il gancio si era impigliato in un cespuglio di corallo, lo strattonai e lo inserii nella cintura, pregavo di vederla, girai a 360 gradi intorno a me stesso, furono delle bollicine che mi diedero la direzione, provenivano da una cavità poco distante, le bollicine stavano diminuendo, l’ossigeno era quasi terminato, come una furia con le pinne in modalità motore, inserii la mano nella cavità, presi una gamba, recalcitrava, la tenni stretta e tirai, era semi incosciente, staccai il mio boccaglio e il suo facendo inalare l’ossigeno, solo allora aprì gli occhi, mi riconobbe, velocemente, le staccai le due bombole e abbracciandola, tirai il sondino del giubbotto, sganciando la cintura che avevo sui fianchi, si gonfio e con forti pinnate stavamo volando verso l’alto.
Era svenuta!
Ero talmente intento nello sforzo verso l’alto che non mi resi conto di un’ombra in superficie, feci giusto in tempo a spostarla ma non potetti fare a meno di colpire la vetroresina, in un attimo un dolore violento alla testa e dopo poco una chiazza di sangue intorno a me
– Lasciate, la prendo io!
Furono le parole che sentii appena fuori dall’acqua e due poderose mani la issavano a bordo, solo allora la lasciai andare, la stessa mano dopo poco agguantò il mio braccio e riuscii anch’io a salire
– Siete ferito!
Urlò, la guardavo non si era ancora ripresa, sembrava morta, a mia volta
– Andiamo alla barca!
Le slacciai la tuta fino all’inguine, il cuore batteva ma era flebile, il viso cereo, iniziai a insufflare ossigeno dalla bocca alternando ritmicamente con le mani sul torace, ero senza fiato, ma non mi fermavo, lanciai un urlo e continuai, vedevo avvicinarsi la barca, continuai , diventò rossa all’improvviso e un getto d’acqua annebbiò la mia vista, ero seduto, l’abbracciai per consentire di cacciare l’acqua
– Vivaddio!
Tossiva!
Agganciata la barca, attaccai la scaletta con lei sulle spalle, l’uomo salì velocemente dopo di me, la posai con delicatezza su un gavone
– Nina, Nina…
Non rispondeva, sentii solo la sua mano che cercava di stringere il braccio
– Tenga questo, a lei provvedo io.
Era un asciugamano per tamponare il sangue, come un fuscello, la prese e la portò giù sotto coperta, finalmente mi sfogai piangendo!
Ero disorientato, lentamente iniziavo a ricordare e a pormi delle domande, ma ora il mio pensiero era per lei, non so quanto tempo ho passato su quel ponte, il sangue cessò di uscire, avevo solo un gran mal di testa e il torace dolorante
– Venga che l’aiuto a togliere e a farle la medicazione.
Mi girai
– Ma lei è?
– Didier, questo è il mio nome.
– Come sta?
Sorrise finalmente
– Lei è arrivato giusto in tempo, era molto agitata, le ho fatto un’iniezione calmante e l’ho messa a letto, continuava a chiedere di lei, quando le ho detto che stava bene, ha acconsentito a mettersi a letto, ora venga le tolgo le bende.
Meravigliato
– L’ha messa a letto?
Iniziando con le forbici a togliere la fasciatura al torace
– Non è mica la prima volta, sono vent’anni che la conosco l’ho vista crescere…
Sgranai gli occhi
– …lei per me è come una figlia e io per lei il vice padre.
– Mi chiamo Rino, sarei onorato se mi deste del tu!
– Anche tu Rino.
Con una precisione e senza parlare, mi medicò la ferita alla testa e rifece la fasciatura al torace
– Grazie.
Si spostò verso il timone
– Ecco, adesso vai, guido la barca nel porto più vicino, scendi, sono certo che la vuoi vedere.
Nonostante tutto, scattai in piedi e scesi giù, la porta era aperta della cabina, respirava bene, com’era bella, mi accoccolai ai piedi della cuccetta in silenzio, ma evidentemente lei aveva avvertito qualcosa, cercava con la mano, la presi
– Sono qua Nina, riposa.
E tutto mi ritornò alla mente!
Spossato mi addormentai ricordando, non so per quanto tempo dormimmo, non sentivo più la mia mano si era addormentata, poi all’improvviso iniziai a respirare male, avevo mancanza d’aria, strinsi più forte la mano, si svegliò
– Che succede Rino?
Non riuscivo a rispondere, con l’altra mano battevo sul petto, la bocca aperta e gli occhi fuori dalle orbite
– Aiuto, Didier presto!
Arrivò e mi alzò come un fuscello per portarmi in coperta, Nina piangeva
– Che è successo?
– Una crisi respiratoria, aspetta lo libero dalle fasciature al torace.
– Cosa devo fare?
– Vai al timone, vai a manetta verso Bastia, siamo a pochi chilometri.
Era tutto ovattato, ascoltavo senza poter rispondere, l’aria fredda della sera aveva avuto un effetto benefico, Didier non perse tempo, con il coltello che aveva nella cintura, con un taglio netto lacerò la fascia che mi teneva stretto il torace, alla fine, iniziai a respirare, sentii urlare Nina
– Allora?
– Tutto tranquillo Nina, sta respirando, vieni.
Pochi secondi e una massa di capelli mi coprì il viso
– Mi farai morire!
Rimanemmo in silenzio, arrivammo con le prime ombre della sera, eravamo in rada, da lontano si vedevano le luci della città, il respiro fino ad allora affannato stava diminuendo, lei sonnecchiava, accarezzai i suoi capelli
– Grazie.
Alzò la testa e forse solo allora si rese conto che non avevo più l’aria smarrita e disorientata di prima
– Come stai?
Invece di risponderle
– Chi l’avrebbe mai detto, da un autobus ad una barca.
Le strappai un sorriso, era raggiante
– Ti sei ripreso allora?
Si avvicinò Didier
– Sarà stato il colpo di testa che hai dato sotto il barchino di vetroresina.
Lo guardai
– Si certamente…
Poi guardando lei
-… ma cos’è successo Nina, il mio ultimo ricordo è quando ho colpito qualcosa al porto e…
Contenta con la mano sulla mia bocca
– Inizia a fare freddo quassù scendiamo e ti racconto tutto.
Didier aveva preparato la cena e mentre Nina raccontava cosa era accaduto, non riuscivo a mangiare
– E’ venuto Giosef?
Ero meravigliato
– Si, ma è dovuto andare via perché avevano fermato quelle auto alla stazione dell’eurostar…
– E poi cos’è successo?
Era diventata rossa all’improvviso
– Sono stata nel tuo appartamento.
E mi guardò, rimasi a bocca aperta
– Perché?
Si girò dall’altra parte
– Non potevo lasciarti solo, sapevo che qui non conoscevi nessuno, i medici avevano detto che potevi andare a casa e ho deciso, è venuto mio padre…
E saltò il mio primo boccone
– Cosa?
Divertita, stava per rispondermi, quando una sirena ululò, Didier
– E’ una corvetta della Capitaneria.
E si avviò all’esterno, guardai Nina
– Sarà per un controllo…
Ma non riuscì a proseguire, Didier l’aveva chiamata sul ponte, ci alzammo e quando uscimmo in coperta, un fascio di luce la illuminò, c’era un ufficiale della marina con un megafono
– Mlle Legroxe, le directeur du capitaine m’a envoyé pour vous inviter au dîner de gala ce soir. (Signorina Legroxe il Direttore della capitaneria mi ha inviato per invitarvi stasera alla Cena di Gala)
Non avevo capito nulla, Didier lo capì
– E’ stata invitata stasera ad un galà in Capitaneria…
Nina
– Je le remercie, mais je suis avec un invité. (Lo ringrazio, ma sono con un ospite)….
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Buona lettura la dodicesima puntata sarà pubblicata il 13 aprile 2020